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Rilevazioni ISTAT 2025: in Italia una donna su tre ha subito violenza
L’indagine sulla violenza contro le donne, denominata “Sicurezza delle donne”, che è armonizzata a livello internazionale e produce dati comparabili a livello europeo, è frutto della collaborazione con il Dipartimento per le Pari Opportunità (DPO) presso la Presidenza del Consiglio (sulla base dell’Accordo Istat – DPO del 2017). Nel 2025 mostra che il numero di vittime di violenza fisica o sessuale nei cinque anni precedenti l’intervista è sostanzialmente stabile rispetto allo stesso dato rilevato nel 2014, ma con importanti aumenti delle violenze subite dalle giovanissime (16-24 anni). Attraverso interviste rivolte a un campione rappresentativo di donne, questo strumento di rilevazione permette di conoscere l’ammontare delle vittime della violenza maschile, includendo anche le esperienze subite e mai denunciate alle autorità, ovvero il sommerso della violenza, nel 2025 ancora elevatissimo. “Si può affermare che la violenza rilevata sia ancora molto sommersa – sottolinea l’ISTAT – Considerando le donne che hanno subito più violenze nella loro vita da parte di qualsiasi autore, il 13,3% (circa 537mila donne) ha denunciato almeno una delle violenze fisiche o sessuali che ha subìto. I livelli di denuncia sono molto bassi soprattutto per le violenze fisiche o sessuali perpetrate dal partner attuale (circa 9.800 vittime, il 3,8% di quelle con partner attuale), mentre sono le violenze da ex partner ad essere maggiormente denunciate (circa 286mila, pari al 19,1% delle vittime di queste violenze), così come gli stupri, le forme più gravi della violenza sessuale”. Le donne italiane dai 16 ai 75 anni di età che hanno subito almeno una violenza fisica o sessuale nel corso della vita (a partire dai 16 anni di età) sono circa 6 milioni e 400mila (il 31,9%). Il 18,8% ha subìto violenze fisiche e il 23,4% violenze sessuali; tra queste ultime, a subire stupri o tentati stupri sono il 5,7% delle donne. Il 26,5% delle donne ha subito violenza fisica o sessuale da parenti, amici, colleghi, conoscenti o sconosciuti. Considerando le donne che hanno un partner o lo hanno avuto in passato, sono il 12,6% le donne vittime di violenza fisica o sessuale nell’ambito della coppia. Dai partner si subisce anche violenza psicologica (17,9%) e violenza economica (6,6%). Il quadro fornito dai risultati dell’indagine evidenzia una maggiore consapevolezza dei rischi da parte delle donne; si registra, infatti, una diminuzione delle esperienze di violenza subite dal partner attuale, sia di natura fisica e sessuale sia psicologica ed economica. Una maggiore consapevolezza si manifesta anche nell’aumento delle vittime che considerano un reato quanto hanno subito e di quelle che ricercano aiuto presso i Centri antiviolenza e i servizi specializzati, soprattutto per le violenze subite da parte dei partner. Rimangono stabili invece i comportamenti di denuncia (10,5% le vittime che hanno denunciato la violenza subita da parte dei partner o ex partner negli ultimi cinque anni), diminuiscono le violenze che hanno comportato delle ferite e per cui si teme per l’incolumità della propria vita. Le donne più a rischio sono le giovanissime e le donne con problemi di salute. Considerando la diffusione delle violenze fisiche e sessuali negli ultimi cinque anni, le donne nubili sono le più esposte al rischio di subire violenza: sono circa il doppio le nubili che subiscono la violenza sia dai partner (7,9% rispetto al 3,9% del valore medio, calcolato sulle donne con partner attuale o precedente) sia dai non partner (19,1% contro 8,7%). Seguono le donne separate o divorziate (10,3%) che, sebbene presentino tassi minori rispetto al 2014, subiscono livelli più elevati di violenze da parte dei partner (5,7%, a fronte di una media del 3,9%). Al contrario subiscono meno violenze da uomini non partner (5,6% contro 8,7% della media), confermando la maggiore esposizione alla violenza all’interno della relazione di coppia. Percentuali più alte della media si riscontrano per le studentesse (36,2%) e le donne più giovani di 16-24 anni (37,6%) e 25-34 anni. Lo stesso avviene anche per le laureate (13,9%) e le diplomate (12,2%). Le donne che hanno dei problemi fisici (riferiscono di stare male o molto male, hanno limitazioni dell’autonomia personale o hanno malattie croniche) sono pari a 6milioni 500mila (il 32,5% delle donne di 16-70 anni). Il 36,1% dichiara di avere subito violenze fisiche o sessuali (circa 2milioni 350mila), con una percentuale più elevata rispetto al valore medio (31,9%). La violenza fisica o sessuale è più frequente tra chi dichiara di sentirsi male o molto male (38,8%, 332.783), chi è affetto da malattie croniche (37,1%, 2.109.160) e chi ha limitazioni gravi (39,4%, 230.074). Considerando invece le violenze subite negli ultimi cinque anni, è minore la prevalenza delle donne che hanno problemi di salute e subiscono violenza (9,5%, 540.560 donne, rispetto all’11% del dato medio). Sono circa 60mila le vittime in cattiva salute, circa 39mila hanno limitazioni gravi e circa 479mila segnalano malattie croniche.   ISTAT – Sicurezza delle donne: La violenza contro le donne dentro e fuori la famiglia – Primi risultati anno 2025 Giovanni Caprio
Non Una di Meno: le foto del corteo del 22 novembre
Partita da piazza della Repubblica, la manifestazione di Non Una di Meno ha proseguito verso Termini e via Cavour, per poi proseguire su via Merulana, verso piazza San Giovanni. Nonostante il freddo e il vento, la marea ha invaso le strade di Roma, rimarcando la determinazione con cui il movimento transfemminista, da ormai dieci anni, sta cambiando la società. LE IMMAGINI DI DANIELE NAPOLITANO * * * * * * La copertina è di Daniele Napolitano SOSTIENI, DIFENDI, DIFFONDI DINAMOPRESS Per sostenere Dinamopress si può donare sul nostro conto bancario, Dinamo Aps Banca Etica IT60Y0501803200000016790388 tutti i fondi verranno utilizzati per sostenere direttamente il progetto: pagare il sito, supportare i e le redattrici, comprare il materiale di cui abbiamo bisogno L'articolo Non Una di Meno: le foto del corteo del 22 novembre proviene da DINAMOpress.
“Si impone il diritto della donna all’autodifesa”: Erri De Luca riflette sul caso Martina Carbonaro
Il 28 maggio 2025, Afragola si è svegliata più sola. Il corpo senza vita di Martina Carbonaro, 14 anni, è stato trovato in un edificio abbandonato. A toglierle la vita, dopo una serie di messaggi e un incontro che non doveva finire così, è stato il suo ex fidanzato, Alessio Tucci, 18 anni, che ha confessato: “Mi aveva lasciato”. Martina sognava di diventare chef. Aveva interrotto la relazione dopo aver subito uno schiaffo. Quella scelta le è costata la vita. Quello di Martina è il sesto femminicidio del mese in Italia, un dato che racconta una ferita profonda e ancora troppo spesso ignorata. Secondo l’ISTAT, oltre 2 milioni di donne italiane hanno subito violenza fisica o sessuale negli ultimi cinque anni. La violenza nelle relazioni di coppia colpisce il 4,9% delle donne, con un’incidenza maggiore tra le più giovani. Nonostante leggi come il “Codice Rosso” e campagne di sensibilizzazione, la violenza contro le donne continua a mietere vittime. Le proposte di introdurre educazione sessuale, sentimentale e civica nelle scuole sono state avanzate più volte, ma i fondi stanziati per questi progetti sono spesso dirottati altrove. Come se educare al rispetto non fosse una priorità. Abbiamo chiesto a Erri De Luca, scrittore e intellettuale, di condividere una riflessione su questo caso e sulla violenza di genere in Italia. Cosa pensa della tragedia di Martina Carbonaro? Come si può raccontare una storia così, senza cedere al rischio di spettacolarizzare la violenza? La violenza è spettacolarizzata al cinema e alla televisione. La narrazione non spettacolarizza. Giusto per esagerare con un esempio: “Delitto e Castigo” non esalta il crimine. Da dove nasce tanta efferata violenza contro le donne? Dove stiamo sbagliando, come società, nell’educare al rispetto e alla nonviolenza? Come possiamo costruire una cultura che protegga davvero le giovani vite? La violenza maschile nei confronti delle donne nasce oggi dallo sgomento dell’impotenza. Non esiste più l’autorità maschile, non ha potere di coercizione. Al suo posto c’è la frustrazione di fronte alla scelta della ragazza, della donna di troncare la relazione. La frustrazione scatena l’estremo gesto di sopraffazione. In Italia, le proposte di legge per introdurre percorsi di educazione sessuale, sentimentale e civica nelle scuole sono state spesso ignorate o private dei fondi. Di fronte a questa carenza di educazione e prevenzione, lei ritiene che le donne debbano essere messe nelle condizioni di difendersi fisicamente? Si impone il diritto della donna all’autodifesa, alla capacità fisica di respingimento. Dallo spray al peperoncino, alla scarica elettrica e oltre. Il prepotente deve sapere che potrà essere sopraffatto, messo in condizione di non nuocere. Perché questo genere di uomini sono intimamente vigliacchi e spadroneggiano su chi credono più debole. Oggi si parla spesso di “genitori eterni adolescenti”, che inseguono una giovinezza senza responsabilità e faticano a mettere limiti e regole. Che lettura dà di questo fenomeno? Cosa ci dice sulla società in cui viviamo e sul rapporto tra adulti e giovani? Non sono padre. Al mio tempo il proverbio napoletano diceva: mazze e panelle fanno i figli belli, cioè percosse e dolcetti. Non era meglio di oggi, ma che un ragazzo, un uomo potesse alzare la mano su una donna era un tabù violato solo dagli ubriachi. Molti invocano l’inasprimento delle pene come deterrente per fermare la violenza contro le donne. Lei pensa che sia davvero una soluzione efficace o che rischi di spostare l’attenzione dalle radici culturali e sociali del problema? L’inasprimento delle pene porta solo a maggiore affollamento in carcere, con le solite eccezioni di chi si può permettere una difesa capace di ritardare e aggirare. Insisto che la difesa deve partire dal basso, da chi deve potersi difendere. Si tratta in definitiva dei rapporti di forza tra aggressore e persona aggredita. Cosa possiamo fare, oggi stesso, per non essere complici del silenzio e del disinteresse verso la violenza sulle donne? Possiamo intervenire, ognuno di noi, a protezione ogni volta che una donna minacciata espone il pericolo in cui si trova e chiede aiuto. Martina Carbonaro non doveva andare da sola a quell’appuntamento. Queste parole, asciutte e taglienti, ci ricordano che la violenza contro le donne non è una tragedia inevitabile, ma il prodotto di una cultura che non sa, o non vuole, cambiare. Sta a noi, oggi stesso, intervenire: ascoltare, proteggere, non restare in silenzio. Un ringraziamento sincero a Erri De Luca per aver condiviso il suo pensiero, con la lucidità e il coraggio che da sempre contraddistinguono la sua voce. Lucia Montanaro