Processi e processi
Esprimiamo tutta la nostra solidarietà a Luca Casarini per l’accanimento
persecutorio contro di lui e la nostra stima profonda per il suo operato in
mare. Ricordiamo che giovedì 5 giugno alle 18 sarà a Palermo ad Una Marina di
Libri, ai Cantieri Culturali alla Zisa, per intervenire alla presentazione del
volume di Giovanna Fiume “Mediterraneo corsaro. Storie di schiavi, pirati e
rinnegati in età moderna”
Dopo 5 anni dai fatti, siamo chiamati a processo. Un dibattimento pubblico al
quale non vogliamo sottrarci: non invochiamo l’immunità come se fossimo
ministri. L’accusa di “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per aver
introdotto sul suolo italiano 27 persone senza documenti “, e’ una medaglia.
Quelle 27 persone erano state abbandonate in mare per 38 giorni da più Stati:
Malta, Italia, Danimarca, e infine, l’Unione Europea intera.
Durante le udienze preliminari dalla loro voce, di quei 27 che hanno nomi e
cognomi, storie, vita, abbiamo potuto sentire, anche la giudice e anche il
pubblico ministero, in che condizioni erano a bordo della petroliera che li
aveva soccorsi, ottemperando alla legge del mare. Una sola donna, con il marito
e altri 25 uomini, uno minore. Dovevano fare i propri bisogni su un secchio,
senza nemmeno un angolo di privacy. Erano relegati in una parte della prua della
nave, all’aperto giorno e notte.
Il Covid imponeva all’equipaggio il distanziamento, ma comunque su una
petroliera non ci sono cabine passeggeri. A un certo punto sono finiti i piatti
di plastica sui quali poter mangiare quel poco che veniva spartito: hanno dovuto
usare dei pezzi di cartone come recipienti per il cibo. Per lavarsi stessa
storia: davanti a tutti, utilizzando un barile pieno d’acqua dissalata e un
mestolo. L’acqua di mare dissalata era anche quella da bere: si chiama tale, ma
il sale ancora si sente. Ad agosto, con 40 gradi di giorno, si sente ancora di
più. In mezzo al mare, di notte invece fa freddo. Dormivano buttati sul cordame,
sulle cime della nave che è come dormire sui sassi. Il pavimento era tubi,
acciaio, grate di ferro. Come stare su una graticola rovente con il sole, su una
ghiacciaia durante il buio.
La giovane donna, la chiamerò qui Miryam, ha raccontato di come le guardie del
lager libico l’abbiano violentata in gruppo, davanti a suo marito e davanti a
tutti gli altri prigionieri. Ha descritto, e questo la giudice e il pubblico
ministero lo hanno sentito bene, di come quegli uomini strafatti di droga e
viagra, facessero lo stesso con le altre, davanti ai loro figli. Il marito, lo
chiamerò qui Yusuf, ha raccontato del tentativo di suicidio che tre dei
sopravvissuti a bordo della petroliera, dopo un mese di abbandono, hanno
tentato: si sono buttati in mare. Il pubblico ministero ha ironizzato: “si sono
buttati in acqua, non era mica un suicidio”. Peccato che la paratia della Maersk
sia di 15 metri. Equivale a buttarsi da un palazzo di dodici piani in mare
aperto.
Per 38 giorni nessuno, dico nessuno delle civili e democratiche autorità
europee, ha sentito il dovere di mandare almeno un medico. Perché nessuno voleva
essere costretto poi a prendersi carico di quei profughi fuggiti dalla Libia. E
allora, dopo 38 giorni, ci siamo andati noi. Ci condanneranno per questo? Va
bene, lo accetto. Lo rifarei mille volte. Ma loro lo sanno bene questo. E quindi
non gli basta. Sanno che imputarci questo “reato” è come darci una medaglia. Nel
loro mondo chi fa morire i naufraghi, chi paga per tenerli nei lager o perché
siano deportati nel deserto, si può fregiare del titolo di “onorevole”. Chi
protegge i criminali contro l’umanità è ministro o premier. Noi ci teniamo a non
essere del loro mondo.
E allora qual è lo stigma, l’accusa infamante da associare all’articolo 12, per
il quale rischiamo 15 anni di galera? Il “lucro”. Come nel caso del mio amico e
fratello Mimmo Lucano. Aver tratto profitto. Siamo spiati e scandagliati da
anni. Sanno come viviamo, sanno quanti soldi abbiamo, meglio quanti debiti
abbiamo. Sanno che non ci siamo arricchiti, sanno tutto. Si inventano la storia
della Maersk che decide di farci una donazione tre mesi dopo quel settembre del
2020.
Dal dossier dei servizi che è allegato agli atti con la formula della “relazione
di polizia giudiziaria “, si capisce che hanno paura di una possibile, strana
alleanza che potrebbe allargare il sostegno al soccorso in mare: i grandi
armatori del traffico commerciale del Mediterraneo. Lo scrivono nero su bianco,
sulla relazione che è agli atti: “obiettivo che gli imputati perseguono, nel
tentativo di cambiare le leggi sull’immigrazione decise dagli Stati europei”. La
donazione dunque, 125 mila euro, decisa dalla Maersk proprio per scelta politica
dopo l’esperienza vissuta con i 27 naufraghi che nessuno voleva, diventa “il
lucro”.
A nulla valgono le deposizioni degli armatori, che spiegano perché hanno deciso
di donare dei soldi a una ONG. Il pubblico ministero di fronte a tanta evidenza,
nella requisitoria finale dichiara: “non abbiamo trovato le prove di un accordo,
ma come non ipotizzarlo?”. Nessuna prova. Ma ci voleva il “lucro” per farci
condannare subito, dal governo e dai suoi sostenitori, per via mediatica. E per
farci stare male, come lo sono stato io, per una accusa infamante e spregevole,
una menzogna lurida. Una calunnia che infanga.
Chi si leggerà la mia deposizione troverà le parole che ho rivolto al pubblico
ministero: “mi metta in galera per favoreggiamento, mi dia tutti gli anni che
vuole, ma non usi contro di me l’infamia. Lei lo sa chi sono e come vivo. Voi mi
conoscete. Sapete che non abbiamo mai fatto nulla, nessuno di noi, per trarre
profitto “.
Alla fine faremo, dopo 5 anni, questo processo. Lo trasformeremo in un processo
all’omissione di soccorso. E nel mentre, saremo in mare con una nuova nave,
grande il doppio. Oggi abbiamo anche saputo che siamo formalmente parte civile
nel processo per la strage di Cutro. Più di cento morti, tanti bambini. Il
rinvio a giudizio lì è stato chiesto per 4 ufficiali della Guardia di Finanza e
due della Guardia Costiera. L’accusa è aver fatto morire cento persone, cento
esseri umani. Ma non troverete tweet del governo su questo.
Redazione Italia