La forza della nostra classe: lavoro/diritti/sovranità, un congresso in GaliziaNel 2023 ho fatto parte della commissione che all’Università di Trento ha
discusso una tesi di dottorato sul lavoro marittimo; lì ho incontrato un docente
di diritto del lavoro e della previdenza sociale dell’Università di A Coruña,
che conosceva i miei scritti: Xosé Manuel Carril Vàzquez. Suo fratello è il
Segretario Generale della Confederazione Intersindacale Galiziana (CIG), il più
forte sindacato della Galizia, con 90 mila iscritti. Così sono stato invitato a
presenziare al IX Congresso della CIG, a tenere una conferenza per le
delegazioni invitate (Cuba, Iran, Algeria, Palestina, Sahara Occidentale,
Brasile, Angola, Argentina, Nicaragua, Portogallo…), per altre delegazioni
sindacali spagnole (Paesi Baschi, Catalogna, Valencia, Andalusia…) e per alcuni
dirigenti della CIG. Il congresso si è svolto nei giorni 23 e 24 maggio, nei
giorni precedenti ho visitato la città e ho tenuto una conferenza sul lavoro
marittimo-portuale all’Università. Per l’occasione è stato tradotto in
gallego il mio saggio “Nazismo e classe operaia”, che è stato distribuito ai
partecipanti.
Dopo la caduta di Franco, nel 1976/77, la Galizia ha chiesto nuovamente di
essere riconosciuta come Nazione (la prima richiesta era stato effettuata ai
tempi della Seconda Repubblica) e quindi di avere diritto
all’autodeterminazione. Naturalmente non le è stato concesso (nella Costituzione
spagnola è considerata una delle 17 comunità autonome, pur essendo una
“nazionalità” secondo i termini della Costituzione stessa).
Nel 2024 le ultime elezioni per il Parlamento galiziano hanno visto una netta
vittoria del Partido Popular; solo tre partiti hanno ottenuto dei seggi, altri
otto, tra cui Vox di estrema destra, non hanno superato il quorum. L’astensione
è stata altissima, superiore al 43%.In queste elezioni la seconda forza più
votata è stata il Bloque Nacionalista Galego (una federazione di partiti
politici che si caratterizzano per posizioni di nazionalismo di sinistra,
battendosi per la sovranità della Galizia, presente nei parlamenti spagnolo ed
europeo; ha ottenuto il 31,34% dei voti e 25 seggi su un totale di 75),
confermandosi prima forza d’opposizione.
Il sindacato galiziano, che sposa totalmente la causa della sovranità della
Galizia, con la sua presenza costante e intransigente nelle questioni del
lavoro, dell’ambiente, dei diritti delle donne – si definisce sindacato
femminista – raccoglie più iscritti di ogni altra sigla sindacale. Per la CIG le
parole “soberanìa” e “nacionalista” sono sinonimo di sindacato conflittuale. Lo
slogan del congresso era: La forza della nostra classe: lavoro – diritti –
sovranità.
Il sindacato ha raccolto la tradizione culturale e identitaria della Galizia,
territorio strettamente collegato al Portogallo anche nella lingua e, di
conseguenza, ai paesi di lingua portoghese (si spiega anche così la presenza di
delegazioni del Brasile, dell’Angola, del Mozambico…), ma al tempo stesso di
forti legami con la cultura celtica, con l’Irlanda, la Scozia, il Galles. Uno
degli strumenti musicali tipici della Galizia è una versione autoctona di
cornamusa.
I segni della guerra civile spagnola sembrano conficcati nella carne di questi
posti. Francisco Franco era nativo di Ferrol, che si vede a occhio nudo da
Coruña. La ferocia con cui ha voluto “ripulire” la sua terra di repubblicani e
“galeguistas” è ricordata in vari luoghi della memoria. Come triestino mi ha
fatto un certo effetto sapere che nelle Brigate Internazionali l’armiere del
Quinto Reggimento di Vittorio Vidali (Carlos) era un biologo strettamente legato
alla Galizia, Faustino Cordòn, di fama internazionale.
Invece di darvi un mio resoconto del congresso, vi rimando al link.
Se desiderate divertirvi con il galiziano – lo capirete senza problemi – allora
guardate questo.
Siamo rimasti entusiasti del calore, l’interesse e la premura con cui siamo
stati accolti e dall’altissimo livello di efficienza dell’organizzazione, in
un’atmosfera di amicizia e solidarietà, di entusiasmo, a cui non eravamo più
abituati. La simbologia, la ritualità, l’atmosfera ricordavano moltissimo gli
anni Settanta, anche nei suoi difetti. All’inizio ne eravamo sconcertati, ma poi
abbiamo capito.
In Italia la sconfitta degli anni Ottanta e la lunghissima stagione di
devastazione sociale che ci ha portati a un governo di estrema destra, la
dissoluzione della Sinistra, l’incivilimento del nostro Paese, hanno disseccato
in noi anche certi sentimenti. Quando, in chiusura, si è cantata
l’Internazionale mi sono venute le lacrime agli occhi. Ho pensato che fosse per
l’età, per il mio cuore malandato e la prostata malconcia. Invece era perché
stavo tornando, per un istante, quello di cinquant’anni fa.
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Redazione Italia