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Manifestazione del 29 novembre a Roma: la speranza in un mondo migliore
Hanno scritto in molti sulla manifestazione di ieri, 29 novembre, Giornata internazionale di solidarietà con il popolo palestinese. Che emozione dall’inizio alla fine, da Porta San Paolo a Piazza San Giovanni e vedere quest’ultima stracolma come una volta, dando a tutti la speranza in un mondo migliore possibile. Grazie a USB, a Guido Lutrario, a Pierpaolo Leonardi e ai sindacati di base per avere unito le lotte: quella dei lavoratori e quella della Palestina e di tutti i popoli oppressi, perché se è vero che nella nostra Costituzione sta scritto che l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, è pur vero che il lavoro onesto e ben retribuito sembra essere una chimera oggi! Al grido di “Blocchiamo tutto” e “Palestina libera” il corteo di circa 100.000 persone di età diverse ha percorso le strade di Roma incuriosendo molti turisti che hanno scattato foto e fatto domande. Questo è positivo, così come è stata positiva la presenza degli ospiti nazionali e internazionali, quali Francesca Albanese , Thiago Avila, Greta Thumberg, José Nivoi e il collegamento telefonico con Roger Waters, grazie a Federico Greco. I loro interventi sono stati applauditi a lungo e tutti insieme abbiamo cantato ” BELLA CIAO”, altro che i saltelli buffi visti nei giorni scorsi da parte del governo Meloni. Anche una rappresentanza di rabbini antisionisti provenienti da New York ha partecipato alla manifestazione ed è e intervenuta dal palco, spiegando bene che l’antisionismo non significa antisemitismo e che loro sono per una convivenza pacifica fra israeliani, musulmani e cristiani in Palestina, terra che ha dato vita alle tre religioni monoteiste. Foto di Francesca Perri Foto di Marco Cinque Tutti gli oratori hanno sottolineato che la  lotta per  la Palestina è la lotta di tutti ed è la molla che ci ha portato a reagire ai soprusi dei prepotenti criminali che non pensano alla tutela delle persone, ma solo a riempire le loro tasche. Alla fine ho avuto l’occasione di parlare anch’io come Sanitari per Gaza, spiegando perché quello in Palestina è un genocidio, spiegando che i nostri 1.700 colleghi palestinesi uccisi devono essere menzionati come eroi, perché l’unica colpa è stata quella di non volere abbandonare il loro ospedale e i loro pazienti. Foto di Francesca Perri Francesca Anna Perri
Lunedì 4/10 h 20.30 – Presentazione nuovo dossier di “Sanitari per Gaza”
“Sanitari Per Gaza” presentano il loro ultimo dossier: “La deliberata distruzione del sistema sanitario a Gaza”. Il nuovo dossier di Sanitari per Gaza, sarà sempre sulla distruzione del sistema sanitario ma con un focus sulla salute delle donne, sulle malattie croniche e l’uso della fame come arma di guerra. h 20.30 Cena benefit popolo Saharawi A seguire presentazione dossier
Sanitari per Gaza: più di 50.000 in 230 ospedali commemorano i 1677 sanitari uccisi a Gaza
Il 2 ottobre oltre 50mila operatori sanitari di 230 ospedali italiani hanno partecipato al flash mob nazionale per commemorare i colleghi palestinesi caduti. In Lombardia, Toscana, Sardegna e Puglia le adesioni più alte. Aodi (Amsi, Umem, Uniti per Unire, Aisc News): “Un grido di coscienza civile e professionale che attraversa l’Italia. Ora pace, corridoi umanitari e rispetto delle convenzioni internazionali” Una catena di luci davanti agli ospedali Alle 21 di ieri sera, 2 ottobre, davanti a 230 ospedali italiani si è accesa una catena di luci, torce e lampade. Oltre 50mila operatori sanitari – tra medici, infermieri, ostetriche, farmacisti, Oss e professionisti della salute, senza dimenticare gli studenti e i parenti dei professionisti – hanno preso parte al flash mob nazionale “Luci sulla Palestina”, organizzato dalle reti #DigiunoGaza e Sanitari per Gaza, in ricordo dei 1.677 colleghi palestinesi uccisi a Gaza negli ultimi due anni e dei 361 tuttora detenuti senza processo nelle carceri israeliane. In ogni Regione, la lettura “a staffetta” dei nomi ha dato voce a chi è stato ucciso mentre curava e soccorreva. Un momento di forte impatto emotivo che ha trasformato l’Italia sanitaria in un’unica piazza di solidarietà. I numeri della mobilitazione La partecipazione ha superato ogni aspettativa, con punte significative in diverse Regioni: • Lombardia: quasi 5mila adesioni e 36 ospedali coinvolti, di cui oltre 2.200 professionisti solo nell’area metropolitana di Milano. • Toscana: 2.267 operatori davanti a 23 ospedali, con 642 adesioni nella sola provincia di Firenze. • Sardegna: 1.955 partecipanti in 15 ospedali, quasi 800 a Sassari. • Puglia: 1.905 adesioni in 10 ospedali, con oltre 1.300 professionisti presenti a Bari. • Lazio: 1.658 adesioni in 13 ospedali, oltre 1.100 a Roma e provincia. • Piemonte: 1.656 partecipanti davanti a 26 ospedali, in prevalenza a Torino e Cuneo. • Emilia-Romagna: 1.620 adesioni in 16 ospedali, 304 delle quali a Bologna. • Veneto: 1.193 adesioni in 14 ospedali, con picchi a Treviso e Padova. • 5mila circa nelle altre città • 10mila professionisti della sanità di origine straniera • 10mila studenti di medicina • 5mila familiari dei sanitari Numeri che testimoniano come la sanità italiana abbia risposto in modo compatto, trasformando la commemorazione in una mobilitazione nazionale. Aodi: “La neutralità non è possibile davanti al genocidio” “Ieri sera l’Italia sanitaria ha acceso una luce per la Palestina – dichiara il Prof. Foad Aodi, medico, giornalista internazionale ed esperto in salute globale, Presidente dell’Associazione Medici di Origine Straniera in Italia (AMSI), dell’Unione Medica Euromediterranea (UMEM), del movimento internazionale Uniti per Unire, Direttore dell’AISC News – Agenzia Internazionale Senza Confini, quattro volte consigliere dell’Ordine dei Medici di Roma e docente all’Università di Tor Vergata, membro della FNSI e dell’Associazione Stampa Romana –. È stata una presa di coscienza collettiva, un grido che attraversa ospedali, università e associazioni. Non una semplice commemorazione, ma un atto di responsabilità: difendere la salute significa difendere l’umanità, e non possiamo restare neutrali davanti alla distruzione deliberata di ospedali, ambulanze e vite. Ricordare i 1.677 colleghi uccisi non è solo un gesto simbolico: è ribadire che la sanità mondiale non può tollerare la cancellazione di chi, anche sotto le bombe, sceglie di curare. Oggi più che mai, come medici e come professionisti della salute, dobbiamo alzare la voce contro il genocidio, per chiedere corridoi umanitari, protezione dei civili e rispetto delle convenzioni internazionali. Ringraziamo la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri (FNOMCeO) nella persona del Presidente Filippo Anelli, che ancora una volta ha dimostrato di essere in prima linea nella difesa dei valori umanitari e professionali, e tutti i colleghi italiani che hanno partecipato con coraggio. Le luci accese in Lombardia, Toscana, Sardegna, Puglia, Lazio e in tutto il Paese sono la prova che la comunità sanitaria italiana è viva, consapevole e solidale. Questa mobilitazione resterà come un faro di coscienza e di umanità per l’Italia e per il mondo”. Un segnale che resta Il flash mob “Luci sulla Palestina” ha unito oltre 20mila professionisti della salute italiani, dando vita a una mobilitazione che ha ricordato i caduti e rilanciato un messaggio politico e umanitario forte: difendere la salute significa difendere la vita. Un gesto collettivo che resterà come un segnale destinato a durare, e che testimonia la volontà della comunità sanitaria italiana di farsi voce dei diritti umani, al di là dei confini e delle appartenenze.   AMSI Associazione di Medici di Origine Straniera in Italia
Palestina Libera sulla vetta della Sardegna
Una lunga fila colorata di persone (circa 500 persone) con tantissime bandiere palestinesi, sono salite ieri fino ai 1834 m. di Punta La Marmora del Gennargentu, la cima più alta della Sardegna . Forse qualcuno non è riuscito ad arrivare fino in vetta, ma non importa. Importante invece era la motivazione comune: la solidarietà col popolo Palestinese, contro il genocidio in atto e la viltà dell’Europa che sta a guardare, Italia in primis. C’erano bambine e bambini, giovani, genitori e nonni; c’era anche Mattia Moro, giovane consigliere comunale di Mamoiada con la piccola figlia saltellante; c’era chi era arrivato il giorno prima da Londra, anticipando il volo per non perdersi questa bellissima giornata, favorita anche da un cielo limpido e ben ventilato; e poi tanti membri di varie associazioni e cittadini comuni. E c’eravamo anche noi, che viviamo in provincia di Genova. Foto di Chiara De Poli Come la Sumud Flotilla anche nel Gennargentu una piccola flotta è salpata verso la vetta. Ci auguriamo che, come ieri le bandiere palestinesi hanno sventolato su Punta La Marmora, così vada a buon fine la navigazione delle parecchie imbarcazioni della Flotilla per arrivare a Gaza. Grazie agli amici di “Sardegna per la Palestina” per aver organizzato l’iniziativa! Chiara De Poli e Antonio Lupo – Sanitari per Gaza Liguria Redazione Sardigna
Sanitari per Gaza, manifestazione a Venezia e Global Sumud Flotilla
Successo al di là delle aspettative per la giornata di sciopero della fame per un giorno in solidarietà con la popolazione di Gaza affamata dal criminale Netanyahu, dal suo governo e dal suo esercito assassino. Per la giornata di ieri è stata indetta da Sanitari per Gaza una giornata nazionale di sciopero della fame contro il genocidio a Gaza. 9.000 mila gli iscritti nella piattaforma, ma i partecipanti hanno superato – in tutta Italia – i 40.000. Molti presidi davanti agli ospedali durante la pausa. Clicca per leggere tutto e guardare la galleria di immagini. La stampa cosiddetta nazionale mainstream ha oscurato lo sciopero che parla chiaramente di genocidio, chiede il boicottaggio dei prodotti farmaceutici israeliani e la fine dell’esportazione di armi a Israele. Domani, 30 agosto, si svolgerà la manifestazione “Stop al genocidio – Palestina libera”, in programma al Lido di Venezia in occasione della Mostra del cinema. La notizia, snobbata o peggio storpiata dai media nazionali, è stata pubblicata con foto dal quotidiano britannico The Guardian. Da Genova il 31 agosto e da Catania e Siracusa il 4 settembre salperanno le barche e le navi per portare aiuti umanitari a Gaza. Nelle città siciliane sono programmate una grande manifestazione il 3 settembre nel pomeriggio e un raduno il 4 per salutare gli equipaggi. Ieri al porto di Genova migliaia di cittadini hanno portato aiuti in cibo e medicine, da caricare sulla nave della Global Sumud Flotilla. Ogni giorno in piazza del Duomo a Milano dal 16 giugno si tiene un flash-mob silenzioso con lettura di poesie contro il genocidio compiuto da Israele a Gaza. Clicca   ANBAMED
Giovedì 28 agosto, il personale sanitario digiuna per Gaza
Si stima che digiuneranno 15 mila persone. Oltre 100 associazioni hanno aderito.  Don Luigi Ciotti sostiene l’iniziativa. L’appuntamento è per il 28 agosto, giornata nazionale del digiuno degli operatori e operatrici del servizio sanitario per protestare contro il genocidio che si sta perpetrando a Gaza e dell’intero popolo palestinese. L’iniziativa, partita il 29 luglio scorso in Toscana, con il digiuno a staffetta che ha coinvolto oltre 4 mila persone, ha oltrepassato i confini toscani ed ha raggiunto tutte le regioni con la pronta adesione di “Sanitari per Gaza”, Medicina Democratica e “BDS Teva? No grazie!”. Vista la grande mobilitazione e l’adesione immediata del personale sanitario di Lazio, Piemonte, Emilia Romagna, Campania, è stata istituita la Giornata Nazionale del 28 agosto, quando circa 15 mila sanitari digiuneranno davanti ai principali ospedali e alle diverse strutture sanitarie territoriali di tutta Italia (complessivamente oltre 500 presidi). A sostenere la protesta anche Don Luigi Ciotti, insieme a oltre 100 associazioni, alla CGIL FP, all’USB, all’ANPI provinciale di Pisa, all’ARCI, solo per citarne alcune, a singoli cittadini e cittadine, che hanno scelto di aderire al digiuno iscrivendosi al form specifico. “In qualità di professionisti sanitari e di operatori ed operatrici che lavorano nel sistema sanitario, in nome dei valori deontologici che ci accomunano e che ci impegnano a difendere sempre e comunque la dignità umana, esprimiamo la nostra profonda indignazione e rifiutiamo di rimanere in silenzio di fronte al genocidio in corso a Gaza, pianificato deliberatamente dal governo di Israele con la complicità dei governi occidentali”.  Questo l’incipit del documento. Un digiuno di massa, auto organizzato e partito dal basso, con un appello che si lega a richieste molto concrete e attuabili. Cosa chiediamo: Al governo italiano di sospendere immediatamente accordi militari e fornitura di armi a Israele e di chiedere con urgenza il cessate il fuoco e l’apertura di corridoi umanitari per aiuti alimentari e sanitari alla popolazione di Gaza allo stremo delle forze. Alle aziende e istituzioni sanitarie, agli ordini professionali, alle società scientifiche, alle università e ai centri di ricerca di adottare formalmente una Dichiarazione ove si riconosca il genocidio in corso e si affermi l’impegno dell’istituzione a contrastarlo con ogni mezzo a disposizione, come la petizione internazionale “Stop the Silence: Call on academic and professional associations to publicly recognise the genocide in Gaza”. Ai medici, ai farmacisti, ai pazienti, alle Regioni, ai Comuni di aderire alla campagna di boicottaggio No Teva promossa da Sanitari per Gaza e BDS contro l’azienda farmaceutica israeliana TEVA per la risoluzione di contratti in essere, o il declinare accordi futuri con un’azienda non solo complice di occupazione e apartheid, da cui trae profitti, ma anche attivamente coinvolta nel genocidio. Fb https://www.facebook.com/groups/1267273637723589 IS https://www.instagram.com/digiuno_gaza/   Redazione Italia
“Voi che sprofondate nelle poltrone rosse dei parlamenti”
Grandissimo intervento del Cardinale e Arcivescovo di Napoli: Domenico Battaglia su Gaza e contro tutte le guerre: “E voi che sprofondate nelle poltrone rosse dei parlamenti, abbandonate dossier e grafici: attraversate, anche solo per un’ora, i corridoi spenti di un ospedale bombardato; odorate il gasolio dell’ultimo generatore; ascoltate il bip solitario di un respiratore sospeso tra vita e silenzio, e poi sussurrate – se ci riuscite – la locuzione «obiettivi strategici»”. L’Onu nel frattempo prende le distanze dai piani di Israele di deportare la popolazione di Gaza. Il portavoce dell’UNR-A ha affermato: “Non parteciperemo ad alcun progetto volto a costringere i residenti di Gaza a sfollare. I progetti israeliani mirano a deportare i palestinesi, non semplicemente a trasferirli nella Striscia meridionale di Gaza. L’Agenzia non parteciperà ad alcun progetto volto a deportare coercitivamente i palestinesi al di fuori della Striscia.” Poi è entrato nel merito dei piani israeliani smascherando l’operazione criminale in corso: “Se l’esercito di occupazione insiste nel mantenere le tende a Rafah, sta spianando la strada al progetto della cosiddetta ‘città umanitaria’. Israele cerca di limitare gli sforzi umanitari e di costringere le agenzie delle Nazioni Unite a operare attraverso tale visione israeliana restrittiva. Non supervisioneremo alcuna area istituita dall’esercito di occupazione come preludio alla deportazione degli abitanti palestinesi di Gaza”. In Israele intanto è in corso, oggi domenica, una grande mobilitazione in oltre 350 località per contestare la politica attendista di Netanyahu nella trattativa per lo scambio di prigionieri. Uno sciopero generale per chiedere la firma di un cessate il fuoco a Gaza e riportare a casa gli ostaggi. In Italia, i sanitari prendono una chiara posizione contro il genocidio. “Il nostro obiettivo, come Sanitari per Gaza, è far prendere posizione a tutte le Istituzioni contro il genocidio in corso e boicottarne ogni forma di complicità. Perché fermi il genocidio, Israele dovrà percepire l’isolamento e la pressione politica ed economica da parte della comunità internazionale”. Migliaia di iniziative locali vengono organizzate per chiedere il blocco dell’esportazione di armi in Israele e di rompere il blocco degli aiuti a Gaza… ANBAMED
Diario del genocidio quotidiano a Gaza
Una condanna unanime rimbalza in tutto il mondo contro il piano del criminale di guerra ricercato dalla Corte Penale Internazionale dell’Aja. Il cancelliere tedesco Merz ha annunciato il blocco delle esportazioni di armi a Israele. In una telefonata, Netanyahu lo ha sgridato e definito “filo-terrorista”. L’arroganza del nuovo Führer di Tel Aviv lo porta a offendere il capo di governo del paese che, tra i fornitori di armi al genocidio di Gaza, era al secondo posto dopo gli Stati Uniti e prima dell’Italia. Irriconoscente. Sul fronte militare finora non è cambiato nulla in seguito alla decisione del governo israeliano di occupare Gaza città e cacciarne la popolazione. I bombardamenti aerei e gli interventi dell’artiglieria si sono intensificati, ma le truppe ammassate nella zona est del capoluogo sono ancora ferme. Il piano militare di occupazione è stato contrastato dal capo di Stato maggiore. Zamir ha sostenuto, durante la lunga riunione del Consiglio ristretto di guerra – secondo i rapporti della stampa israeliana –, che l’occupazione di Gaza avrà dei tempi lunghi, che potrebbero essere da 6 mesi a diversi anni, e un costo alto di perdite tra i soldati. Non ha accennato minimamente alle perdite tra la popolazione civile palestinese. Nel battibecco con i ministri estremisti, Zamir avrebbe sbottato contro Smotrich rinfacciandogli che lui si è sottratto al servizio militare e vuole invece mandare i figli di altre famiglie a morire per un piano tutto politico e che non ha nulla a che fare con la sicurezza dello stato. Intanto il genocidio della popolazione di Gaza continua anche con il blocco alimentare. L’esercito israeliano fa passare pochi camion e li consegna ai collaborazionisti, per rivendere gli aiuti al mercato nero. Negli ospedali di Gaza sono arrivati 72 corpi di civili uccisi, 16 dei quali nei centri trappola degli aiuti della GHF. 314 i feriti, 250 dei quali affamati alla ricerca di un sacco di farina. Dall’inizio di luglio sono 201 i morti a causa della malnutrizione e della fame. 98 di loro sono bambini. I sanitari continuano a lanciare appelli per l’ingresso di materiale salvavita e integratori alimentari, soprattutto latte in polvere per i bambini, ma l’esercito israeliano si oppone. Gli appelli dell’OMS (l’organizzazione mondiale di sanità dell’ONU) e delle organizzazioni internazionali di soccorso medico come Medici senza Frontiere ed Emergency sono caduti nel vuoto. A tutto questo si aggiunge la carenza dell’acqua potabile. I pochi pozzi ancora sani, dopo le devastazioni sistematiche dell’esercito israeliano, sono operativi a metà a causa della mancanza di carburante per far funzionare le pompe idrauliche. Le mamme, anche quando trovano il latte in polvere per i loro bambini, non hanno la possibilità di prepararlo per l’allattamento. Devono ricorrere a filtrarlo con la stoffa e bollirlo. Una missione ardua perché manca la legna per scaldare l’acqua fino all’ebollizione. Cisgiordania Truppe israeliane su veicoli blindati hanno lanciato numerose azioni militari in Cisgiordania, anche nel villaggio di Tayasir, a est di Tubas. Le forze di occupazione hanno preso d’assalto il villaggio con diversi veicoli, hanno schierato truppe di fanteria e hanno fatto irruzione in un negozio nel centro di Tayasir. Le forze dell’Autorità Nazionale Palestinese hanno collaborato all’azione: hanno fatto detonare mine piazzate da gruppi di resistenza palestinesi, prima dei raid israeliani nella provincia di Tubas. Le forze israeliane hanno inoltre preso d’assalto il villaggio di Kafr Qaddum, situato a est di Qalqilya, e hanno allestito un posto di blocco militare per ispezionare i veicoli. A Dahr al-Abed, a sud di Jenin, l’esercito di occupazione ha sradicato e distrutto decine di ulivi da un terreno di proprietà di palestinesi. ONU Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu si riunirà domani per discutere del piano israeliano di occupazione di Gaza. La riunione che era prevista per oggi è stata rinviata di 24 ore su richiesta degli Usa. L’incontro di emergenza si terrà domani alle 15 ora locale, le 21 italiane. È stato chiesto – su iniziativa palestinese – da Gran Bretagna, Danimarca, Francia, Grecia e Slovenia con il sostegno dell’Algeria. Libano In Libano si affaccia una crisi interna che potrebbe sfociare in una nuova guerra civile. Un comunicato ufficiale di Hezbollah respinge totalmente il piano del governo di Beirut per il disarmo della milizia del partito. “Il governo ha ascoltato le imposizioni di potenze straniere (Stati Uniti) e non ha rispettato gli accordi inter-libanesi e gli stessi impegni assunti al momento dell’incarico. Consegnare le armi prima del ritiro degli occupanti dal suolo nazionale è una resa al nemico. Non ci sarà mai!”. Solidarietà in Italia Opposizione italiana contro Meloni: richieste di sanzioni e stop alle armi verso Israele per Gaza. Schlein, Conte e Bonelli criticano duramente il governo Meloni per l’inerzia sulla crisi di Gaza, chiedendo sanzioni, embargo alle armi e riconoscimento immediato dello Stato di Palestina. Anche Sanitari per Gaza hanno deciso di compiere lo stesso passo. Si può firmare il ricorso da tutti i cittadini. Tutte le indicazioni nell’articolo: Sanitari x Gaza ricorrono alla CPI contro le responsabilità italiane nel genocidio in corso . Siamo entrati nella tredicesima settimana di Digiuno x Gaza, l’iniziativa lanciata a maggio da Anbamed. Oggi, sabato 09 agosto, prosegue per la 85a giornata l’azione nonviolenta di sciopero della fame. La solidarietà non dorme. Si mobilita anche in tempo di vacanze. Continueremo la campagna di sciopero della fame H24 a staffetta fino alla fine definitiva della guerra contro la popolazione di Gaza. L’azione continuerà nei prossimi giorni con la partecipazione di altri gruppi. Gli iscritti sono tantissimi e, secondo le disponibilità espresse, costruiremo il calendario con l’elenco dei partecipanti di tantissime città italiane, europee e arabe. È arrivata la 46esima adozione a distanza di bambini e bambine di Gaza, grazie all’associazione Al-Najdah (Soccorso Sociale). Ogni giorno in piazza del Duomo di Milano, dal 16 giugno, si tiene un flash-mob silenzioso con lettura di poesie contro il genocidio compiuto da Israele a Gaza. Di tutte le mobilitazioni e iniziative per la Palestina, però, la stampa, scorta mediatica del genocidio, non ha dato informazioni. ANBAMED
Antonio Lupo: “Le guerre moderne sono terrorismo”
Riceviamo a volentieri pubblichiamo l’intervento di Antonio Lupo di Sanitari per Gaza Liguria alla manifestazione di sabato 31 maggio “Restiamo umani” a La Spezia. Sono un vecchio medico e negli anni ’60 ho studiato a Milano nello stesso liceo di Gino Strada, che non si definiva pacifista, ma contro ogni guerra. Già nel 2015, ricevendo al Parlamento svedese il “Right Livelihood Award”, considerato il premio per la pace alternativo al Nobel, Gino disse: “La percentuale di civili morti è passata dal 15% nella prima guerra mondiale ad oltre il 60% nella seconda, per arrivare intorno al 90% del totale nelle guerre successive e attuali.” Anche l’attuale Presidente Nazionale dell’ANPI, Pagliarulo, continua a ripetere che le guerre moderne non si vincono, nessuno vince. Mi sento di dire che le guerre moderne sono terrorismo. Bombardare dal cielo con aerei militari e/o droni non è guerra, sono atti compiuti da vigliacchi e criminali. Ricordiamoci e diciamo che ormai siamo tutti bersagli, tanto più in una città in cui predomina la produzione militare come La Spezia; questo i nostri concittadini lo devono capire bene. Sbagliamo a dire e ricordare troppo poco che i governi di Israele sono così arroganti e violenti perché Israele è l’unica nazione di tutto il Medio Oriente che possiede bombe nucleari, almeno 100, (mentre due continenti, Africa e America Latina, non ne possiedono). Come Sanitari per Gaza, una rete di medici e operator sanitari che sta crescendo in Liguria e in tutta Italia, siamo indignati per tutto quello che è avvenuto dopo il 7 ottobre, con la distruzione completa a Gaza di tutte le strutture sanitarie e gli ospedali. Da tempo assistiamo anche alle morti per fame e per sete: ricordiamoci che per morire di fame ci voglio parecchi giorni, quasi un mese, ma senza acqua si muore in 3 giorni! In questi anni abbiamo visto tanta indignazione e mobilitazione, che sta crescendo ulteriormente negli ultimi giorni, ma ci sembra che si faccia troppo poco il boicottaggio dell’industria militare, la questione principale per fermare le guerre.  Chi produce armi, le produce per venderle a chi poi le usa, non per tenerle nei depositi. Vendono bombe che sanno benissimo che verranno buttate principalmente su donne e bambini. Questo Leonardo e Oto Melara lo sanno benissimo! Il boicottaggio del finanziamento dell’industria militare è un’azione nonviolenta, anche se Israele giudica terrorista il BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni), un movimento nato nel 2005 in Palestina e ora internazionale. Il boicottaggio è un’azione concreta, che possiamo fare ogni giorno, che ci fa sentire attori e non persone impotenti o complici. In Italia, a differenza di altri Paesi anche europei, se ne fa ancora troppo poco, ma sta crescendo. E’ stato pensato per pretendere il rispetto del Diritto Internazionale, soprattutto per le attività di produzione israeliana nei Territori occupati, come la Cisgiordania, attività vietate dall’ONU. Sul sito del BDS Italia https://bdsitalia.org/index.php potete trovare informazioni e i prodotti da boicottare. Io vorrei accennare solo a due prodotti di largo e quotidiano consumo: 1. I farmaci generici prodotti dalla multinazionale israeliana TEVA, che ha anche una filiale e 5 fabbriche in Italia, in Lombardia e Piemonte. In Italia la TEVA, con i suoi prodotti a marchio Teva, Ratiopharm, Dorom, è in prima posizione nella vendita di farmaci generici, con il 30% del totale, con sconti online e ai farmacisti, che così spesso propongono in primis i prodotti Teva, quando in farmacia si presenta la ricetta con prescrizione del principio attivo chimico. Chiediamo lo stesso farmaco di un’altra marca! 2. I prodotti di CARREFOUR, la multinazionale francese, che recentemente ha licenziato quasi un settimo dei 700 dipendenti totali presenti nei suoi supermercati in Italia, e che ha un accordo di franchising con la società israeliana Electra Consumer Products e la sua controllata Yenot Bitan, entrambe attive nelle colonie israeliane illegali. Ricordiamoci che gli ebrei nel mondo, che non sono tutti sionisti, sono solo circa 15-16 milioni, di cui meno di 8 milioni in Israele, meno di 7 milioni negli Stati Uniti, e che c’è in atto un movimento di ebrei, anche in Israele, per fuggire dal vivere nell’odio e nella paura. Inoltre il governo di Israele è in grave crisi economica, perché la guerra moderna costa moltissimo, e sta tagliando i servizi sociali. Con il boicottaggio dei prodotti israeliani possiamo accelerare questa crisi, così contribuendo a sconfiggere e mandare via la cricca di Netanyahu e i suoi alleati di governo fascisti.   Redazione Italia
Adesione alla lettera dei Sanitari per Gaza diretta agli ordini professionali
Il presente modulo è riservato ai medici e al personale sanitario iscritto agli ordini professionali e servirà per mandare la lettera non solo firmata “Sanitari per Gaza”, ma anche con le singole firme di ogni professionista aderente.Di seguito il testo a cui aderire: “Noi operatori sanitari (medici, infermieri, farmacisti, psicologi, tecnici delle professioni sanitarie, medici veterinari, ostetrici, biologi, fisioterapisti, chimici e fisici) scriviamo con preoccupazione questa lettera per descrivere il livello di distruzione causato da Israele al sistema sanitario di Gaza e per denunciare l’utilizzo della fame come un’arma a Gaza, in ennesima palese violazione del diritto internazionale. Dal 2 marzo 2025 a Gaza è stato imposto un totale blocco in termini di entrata degli aiuti umanitari. Questo, seguito dalla ripresa dei bombardamenti e degli attacchi israeliani, ha causato e causerà un numero inimmaginabile di vittime, distruzione di infrastrutture civili e evacuazioni forzate di massa. Non si contano più i report che descrivono attacchi alle case, alle tende, alle scuole, e – ancora una volta – agli ospedali. Nell’elenco – ormai interminabile – degli attacchi agli ospedali, spicca la data del 13 maggio, quando l’esercito israeliano ha attaccato sia il Nasser Hospital che lo European Gaza Hospital, i due principali ospedali di Khan Younis. Per aggiungere orrore, tra le mura del Nasser Hospital è stato ucciso un giornalista, Hassan Eslaih, che si trovava nella struttura come paziente, in cura per le ustioni derivanti da un pregresso attacco contro una tenda della stampa. Tra il 7 ottobre 2023 e il 7 maggio 2025, l’OMS ha documentato 686 attacchi contro strutture sanitarie: molti di questi attacchi sono stati scagliati dopo che Israele ha violato il cessate il fuoco, il 18 marzo 2025. È stato distrutto il Turkish-Palestinian Friendship Hospital, il dipartimento chirurgico del Nasser Hospital è stato danneggiano, come la Terapia Intensiva e i pannelli solari dell’Al-Durrah Hospital, o come il dipartimento di emergenza dell’Al-Ahli Hospital. Oltre alla distruzione delle strutture e dei dipartimenti, a Gaza i colleghi devono affrontare una sempre crescente carenza di farmaci e dispositivi medici di base. Il 43% dei farmaci fondamentali è fuori produzione, e il 64% dei consumabili è già stato utilizzato. Questo ovviamente ha un peso su tutti i reparti, ma in particolare su quelli di emergenza, chirurgia e terapia intensiva – già messi a dura prova dal sempre maggior numero di pazienti da trattare. I dati di Medici Senza Frontiere citano un numero di ustionati trattati negli ospedali superiore a 100 al giorno: il 70% delle vittime di ustioni è costituito da bambini e la gran parte muore per la mancanza di trattamento adeguato. Anche i pazienti con patologie croniche e gravi (insufficienza renale, neoplasie, patologie ematologiche, cardiopatie) sono drammaticamente a rischio in questa situazione. Negli ospedali mancano anche macchinari, come sistemi di acquisizione per RX, materiale per anestesia e strumentazione chirurgica – ma anche letti dove accogliere i pazienti, lenzuola, teli sterili… Naturalmente, le misure di controllo delle infezioni sono ridotte al minimo, anche per la mancanza di disinfettanti. Anche il personale sanitario continua a essere oggetto di attacchi, spesso con l’uccisione o il ferimento anche dei membri delle famiglie. Dal 7 ottobre 2023, almeno 1400 operatori sanitari sono stati uccisi da Israele: è un numero che dovrebbe portarci a reagire. Va sottolineata anche l’instancabilità dei colleghi, che lavorano senza veri e propri turni di lavoro, pur essendo anche loro soggetti a malnutrizione, trauma fisico e psicologico, e condizioni di lavoro inimmaginabili per noi. Una nuova emergenza riguarda la fame. Secondo la scala IPC, che classifica la gravità dell’insicurezza alimentare e della malnutrizione, i 2.1 milioni di persone a Gaza affronteranno livelli gravi di insicurezza alimentare tra l’11 maggio e il settembre 2025, con circa mezzo milione di persone (una su cinque!) a rischio di morire di fame. Circa 71.000 bambini tra i 6 e i 19 mesi e quasi 17.000 donne in gravidanza o in allattamento avranno bisogno (secondo le proiezioni) di trattamenti urgenti per malnutrizione acuta tra aprile 2025 e marzo 2026. La situazione nutrizionale dei bambini a Gaza è particolarmente grave e in rapido peggioramento. L’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (OCHA) sottolinea come l’80% dei bambini a Gaza soffra di malnutrizione, con un 92% nella fascia di età tra i 6 mesi e i due anni senza apporto nutrizionale minimo. Inoltre, il 65% della popolazione di Gaza non ha accesso ad acqua pulita da bere. La ripresa delle operazioni militari, le evacuazioni forzate, il collasso del sistema alimentare (e il blocco) e del sistema sanitario hanno portato a questa drammatica situazione, che richiede una presa di posizione immediata. La IPC Global Initiative, a conclusione del report, richiede una immediata e permanente cessazione degli attacchi, l’entrata senza ostacoli di aiuti umanitari, la protezione incondizionata di civili, operatori umanitari e infrastrutture, e l’espletamento di interventi multisettoriali nel campo della nutrizione, della salute, della sicurezza delle acque e dei sistemi di produzione del cibo. Anche la FAO ha sollecitato l’accesso immediato alla Striscia per salvare la produzione di cibo e di mezzi di sostentamento: in un comunicato, ha richiesto immediato accesso di aiuti umanitari e commerciali. Non solo: nel loro comunicato si sottolinea che anche il sistema di produzione degli alimenti è stato colpito. Le uniche fonti disponibili di alimenti di origine animale sono rappresentate da animali che vagano sul territorio, con ulteriori rischi per la salute, legati a tossinfezioni, intossicazioni e zoonosi. Attualmente, l’unica chance per fornire cibo salubre è consentire l’accesso agli aiuti umanitari. Nuovamente, di fronte a questa situazione, ci troviamo a esprimere una ferma condanna contro la condotta genocida israeliana. Non possiamo restare a guardare mentre degli esseri umani vengono ammazzati, con proiettili, bombe o con armi più subdole – la fame, la devastazione delle strutture sanitarie. Abbiamo giurato di proteggere la vita umana e non lo stiamo facendo. Chiediamo a tutte le Istituzioni di schierarsi, fare pressione per richiedere un immediato e permanente cessate il fuoco e l’ingresso urgente di aiuti umanitari e di cibo a Gaza. Come già in passato, auspichiamo che i primi a farsi carico di questa richiesta siano proprio gli Ordini Professionali che rappresentano le categorie di noi operatori sanitari. Siamo certi che, leggendo questo breve riassunto della situazione, sarete fermi con noi nella condanna di quanto sta succedendo a Gaza, e sarete quindi al nostro fianco nel richiedere alle Istituzioni politiche di prendere una posizione netta.” Rete dei Sanitari per Gaza Link per adesione Redazione Italia