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Antonio Lupo: “Le guerre moderne sono terrorismo”
Riceviamo a volentieri pubblichiamo l’intervento di Antonio Lupo di Sanitari per Gaza Liguria alla manifestazione di sabato 31 maggio “Restiamo umani” a La Spezia. Sono un vecchio medico e negli anni ’60 ho studiato a Milano nello stesso liceo di Gino Strada, che non si definiva pacifista, ma contro ogni guerra. Già nel 2015, ricevendo al Parlamento svedese il “Right Livelihood Award”, considerato il premio per la pace alternativo al Nobel, Gino disse: “La percentuale di civili morti è passata dal 15% nella prima guerra mondiale ad oltre il 60% nella seconda, per arrivare intorno al 90% del totale nelle guerre successive e attuali.” Anche l’attuale Presidente Nazionale dell’ANPI, Pagliarulo, continua a ripetere che le guerre moderne non si vincono, nessuno vince. Mi sento di dire che le guerre moderne sono terrorismo. Bombardare dal cielo con aerei militari e/o droni non è guerra, sono atti compiuti da vigliacchi e criminali. Ricordiamoci e diciamo che ormai siamo tutti bersagli, tanto più in una città in cui predomina la produzione militare come La Spezia; questo i nostri concittadini lo devono capire bene. Sbagliamo a dire e ricordare troppo poco che i governi di Israele sono così arroganti e violenti perché Israele è l’unica nazione di tutto il Medio Oriente che possiede bombe nucleari, almeno 100, (mentre due continenti, Africa e America Latina, non ne possiedono). Come Sanitari per Gaza, una rete di medici e operator sanitari che sta crescendo in Liguria e in tutta Italia, siamo indignati per tutto quello che è avvenuto dopo il 7 ottobre, con la distruzione completa a Gaza di tutte le strutture sanitarie e gli ospedali. Da tempo assistiamo anche alle morti per fame e per sete: ricordiamoci che per morire di fame ci voglio parecchi giorni, quasi un mese, ma senza acqua si muore in 3 giorni! In questi anni abbiamo visto tanta indignazione e mobilitazione, che sta crescendo ulteriormente negli ultimi giorni, ma ci sembra che si faccia troppo poco il boicottaggio dell’industria militare, la questione principale per fermare le guerre.  Chi produce armi, le produce per venderle a chi poi le usa, non per tenerle nei depositi. Vendono bombe che sanno benissimo che verranno buttate principalmente su donne e bambini. Questo Leonardo e Oto Melara lo sanno benissimo! Il boicottaggio del finanziamento dell’industria militare è un’azione nonviolenta, anche se Israele giudica terrorista il BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni), un movimento nato nel 2005 in Palestina e ora internazionale. Il boicottaggio è un’azione concreta, che possiamo fare ogni giorno, che ci fa sentire attori e non persone impotenti o complici. In Italia, a differenza di altri Paesi anche europei, se ne fa ancora troppo poco, ma sta crescendo. E’ stato pensato per pretendere il rispetto del Diritto Internazionale, soprattutto per le attività di produzione israeliana nei Territori occupati, come la Cisgiordania, attività vietate dall’ONU. Sul sito del BDS Italia https://bdsitalia.org/index.php potete trovare informazioni e i prodotti da boicottare. Io vorrei accennare solo a due prodotti di largo e quotidiano consumo: 1. I farmaci generici prodotti dalla multinazionale israeliana TEVA, che ha anche una filiale e 5 fabbriche in Italia, in Lombardia e Piemonte. In Italia la TEVA, con i suoi prodotti a marchio Teva, Ratiopharm, Dorom, è in prima posizione nella vendita di farmaci generici, con il 30% del totale, con sconti online e ai farmacisti, che così spesso propongono in primis i prodotti Teva, quando in farmacia si presenta la ricetta con prescrizione del principio attivo chimico. Chiediamo lo stesso farmaco di un’altra marca! 2. I prodotti di CARREFOUR, la multinazionale francese, che recentemente ha licenziato quasi un settimo dei 700 dipendenti totali presenti nei suoi supermercati in Italia, e che ha un accordo di franchising con la società israeliana Electra Consumer Products e la sua controllata Yenot Bitan, entrambe attive nelle colonie israeliane illegali. Ricordiamoci che gli ebrei nel mondo, che non sono tutti sionisti, sono solo circa 15-16 milioni, di cui meno di 8 milioni in Israele, meno di 7 milioni negli Stati Uniti, e che c’è in atto un movimento di ebrei, anche in Israele, per fuggire dal vivere nell’odio e nella paura. Inoltre il governo di Israele è in grave crisi economica, perché la guerra moderna costa moltissimo, e sta tagliando i servizi sociali. Con il boicottaggio dei prodotti israeliani possiamo accelerare questa crisi, così contribuendo a sconfiggere e mandare via la cricca di Netanyahu e i suoi alleati di governo fascisti.   Redazione Italia
Adesione alla lettera dei Sanitari per Gaza diretta agli ordini professionali
Il presente modulo è riservato ai medici e al personale sanitario iscritto agli ordini professionali e servirà per mandare la lettera non solo firmata “Sanitari per Gaza”, ma anche con le singole firme di ogni professionista aderente.Di seguito il testo a cui aderire: “Noi operatori sanitari (medici, infermieri, farmacisti, psicologi, tecnici delle professioni sanitarie, medici veterinari, ostetrici, biologi, fisioterapisti, chimici e fisici) scriviamo con preoccupazione questa lettera per descrivere il livello di distruzione causato da Israele al sistema sanitario di Gaza e per denunciare l’utilizzo della fame come un’arma a Gaza, in ennesima palese violazione del diritto internazionale. Dal 2 marzo 2025 a Gaza è stato imposto un totale blocco in termini di entrata degli aiuti umanitari. Questo, seguito dalla ripresa dei bombardamenti e degli attacchi israeliani, ha causato e causerà un numero inimmaginabile di vittime, distruzione di infrastrutture civili e evacuazioni forzate di massa. Non si contano più i report che descrivono attacchi alle case, alle tende, alle scuole, e – ancora una volta – agli ospedali. Nell’elenco – ormai interminabile – degli attacchi agli ospedali, spicca la data del 13 maggio, quando l’esercito israeliano ha attaccato sia il Nasser Hospital che lo European Gaza Hospital, i due principali ospedali di Khan Younis. Per aggiungere orrore, tra le mura del Nasser Hospital è stato ucciso un giornalista, Hassan Eslaih, che si trovava nella struttura come paziente, in cura per le ustioni derivanti da un pregresso attacco contro una tenda della stampa. Tra il 7 ottobre 2023 e il 7 maggio 2025, l’OMS ha documentato 686 attacchi contro strutture sanitarie: molti di questi attacchi sono stati scagliati dopo che Israele ha violato il cessate il fuoco, il 18 marzo 2025. È stato distrutto il Turkish-Palestinian Friendship Hospital, il dipartimento chirurgico del Nasser Hospital è stato danneggiano, come la Terapia Intensiva e i pannelli solari dell’Al-Durrah Hospital, o come il dipartimento di emergenza dell’Al-Ahli Hospital. Oltre alla distruzione delle strutture e dei dipartimenti, a Gaza i colleghi devono affrontare una sempre crescente carenza di farmaci e dispositivi medici di base. Il 43% dei farmaci fondamentali è fuori produzione, e il 64% dei consumabili è già stato utilizzato. Questo ovviamente ha un peso su tutti i reparti, ma in particolare su quelli di emergenza, chirurgia e terapia intensiva – già messi a dura prova dal sempre maggior numero di pazienti da trattare. I dati di Medici Senza Frontiere citano un numero di ustionati trattati negli ospedali superiore a 100 al giorno: il 70% delle vittime di ustioni è costituito da bambini e la gran parte muore per la mancanza di trattamento adeguato. Anche i pazienti con patologie croniche e gravi (insufficienza renale, neoplasie, patologie ematologiche, cardiopatie) sono drammaticamente a rischio in questa situazione. Negli ospedali mancano anche macchinari, come sistemi di acquisizione per RX, materiale per anestesia e strumentazione chirurgica – ma anche letti dove accogliere i pazienti, lenzuola, teli sterili… Naturalmente, le misure di controllo delle infezioni sono ridotte al minimo, anche per la mancanza di disinfettanti. Anche il personale sanitario continua a essere oggetto di attacchi, spesso con l’uccisione o il ferimento anche dei membri delle famiglie. Dal 7 ottobre 2023, almeno 1400 operatori sanitari sono stati uccisi da Israele: è un numero che dovrebbe portarci a reagire. Va sottolineata anche l’instancabilità dei colleghi, che lavorano senza veri e propri turni di lavoro, pur essendo anche loro soggetti a malnutrizione, trauma fisico e psicologico, e condizioni di lavoro inimmaginabili per noi. Una nuova emergenza riguarda la fame. Secondo la scala IPC, che classifica la gravità dell’insicurezza alimentare e della malnutrizione, i 2.1 milioni di persone a Gaza affronteranno livelli gravi di insicurezza alimentare tra l’11 maggio e il settembre 2025, con circa mezzo milione di persone (una su cinque!) a rischio di morire di fame. Circa 71.000 bambini tra i 6 e i 19 mesi e quasi 17.000 donne in gravidanza o in allattamento avranno bisogno (secondo le proiezioni) di trattamenti urgenti per malnutrizione acuta tra aprile 2025 e marzo 2026. La situazione nutrizionale dei bambini a Gaza è particolarmente grave e in rapido peggioramento. L’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (OCHA) sottolinea come l’80% dei bambini a Gaza soffra di malnutrizione, con un 92% nella fascia di età tra i 6 mesi e i due anni senza apporto nutrizionale minimo. Inoltre, il 65% della popolazione di Gaza non ha accesso ad acqua pulita da bere. La ripresa delle operazioni militari, le evacuazioni forzate, il collasso del sistema alimentare (e il blocco) e del sistema sanitario hanno portato a questa drammatica situazione, che richiede una presa di posizione immediata. La IPC Global Initiative, a conclusione del report, richiede una immediata e permanente cessazione degli attacchi, l’entrata senza ostacoli di aiuti umanitari, la protezione incondizionata di civili, operatori umanitari e infrastrutture, e l’espletamento di interventi multisettoriali nel campo della nutrizione, della salute, della sicurezza delle acque e dei sistemi di produzione del cibo. Anche la FAO ha sollecitato l’accesso immediato alla Striscia per salvare la produzione di cibo e di mezzi di sostentamento: in un comunicato, ha richiesto immediato accesso di aiuti umanitari e commerciali. Non solo: nel loro comunicato si sottolinea che anche il sistema di produzione degli alimenti è stato colpito. Le uniche fonti disponibili di alimenti di origine animale sono rappresentate da animali che vagano sul territorio, con ulteriori rischi per la salute, legati a tossinfezioni, intossicazioni e zoonosi. Attualmente, l’unica chance per fornire cibo salubre è consentire l’accesso agli aiuti umanitari. Nuovamente, di fronte a questa situazione, ci troviamo a esprimere una ferma condanna contro la condotta genocida israeliana. Non possiamo restare a guardare mentre degli esseri umani vengono ammazzati, con proiettili, bombe o con armi più subdole – la fame, la devastazione delle strutture sanitarie. Abbiamo giurato di proteggere la vita umana e non lo stiamo facendo. Chiediamo a tutte le Istituzioni di schierarsi, fare pressione per richiedere un immediato e permanente cessate il fuoco e l’ingresso urgente di aiuti umanitari e di cibo a Gaza. Come già in passato, auspichiamo che i primi a farsi carico di questa richiesta siano proprio gli Ordini Professionali che rappresentano le categorie di noi operatori sanitari. Siamo certi che, leggendo questo breve riassunto della situazione, sarete fermi con noi nella condanna di quanto sta succedendo a Gaza, e sarete quindi al nostro fianco nel richiedere alle Istituzioni politiche di prendere una posizione netta.” Rete dei Sanitari per Gaza Link per adesione Redazione Italia