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Repressione in Egitto sulla Global March to Gaza. Il racconto del rappresentante dell’Osservatorio
Il nostro “rappresentante” al Cairo, referente per il folto gruppo laziale della Global March to Gaza, riepiloga qui di seguito sia l’organizzazione complessiva e l’unicità di questa iniziativa dal basso a livello mondiale sia la forte, ma non feroce, repressione del governo egiziano stretto tra due fuochi: il primo rappresentato dal legame indissolubile col Governo statunitense che, finanziando quello egiziano, tiene quest’ultimo in vita e sotto ricatto, il secondo da una popolazione ampiamente pro Palestina tragicamente povera e oggi impoverita dalla situazione economica generale e sempre pronta a sollevarsi. Proprio per questo la repressione poliziesca e militaresca portata avanti spesso da soldati-ragazzini non addestrati alla situazione da ordine pubblico, è gioco forza portata avanti anche per non indispettire troppo ampie fette di popolazione che non vedrebbero di buon occhio l’uomo bianco che viene a manifestare proprio a casa loro indisturbato. Proprio per questo motivo militari e poliziotti sono coadiuvati da gruppi speciali di giovani e giovanissimi presi dai bassifondi cui venne data una sorta di libertà a patto di seminare lo scompiglio tra i manifestanti e fornire in ogni situazione un casus belli per intervenire così come è avvenuto durante i fatti di Ismailia, in cui un folto gruppo di attivisti ha deciso di compiere almeno un passo anche se piccolo, ma altamente simbolico, verso la strada per Rafah. La Global March to Gaza, la convergenza pacifica di oltre cinquanta delegazioni di gruppi di persone da altrettanti paesi da tutto il mondo, per mettere pressione al governo sionista affinché apra il valico di Rafah agli aiuti umanitari, rappresenta un unicum nel suo genere. Un movimento genuinamente popolare, a-partitico che voleva avvicinarsi a quel valico che una volta aperto, potrebbe, già da domani, dare un po’ di respiro ai palestinesi, perseguitati e martoriati da oltre un anno e mezzo di massacri indiscriminati guidati da un unico obiettivo: la costituzione della “Grande Israele” un’idea nata verso la fine dell”800 in Europa all’interno del movimento nazionalista, ebreo ortodosso, che vide l’anomala convergenza di movimenti cristiano-evangelici che avevano tutto l’interesse a far convergere la diaspora su un territorio chiamato da secoli Palestina dove da sempre convivevano pacificamente popolazioni di religione ebraica e mussulmana ed altre comunità. Quello di fine ‘800 fu un periodo caratterizzato da un’impennata dell’antisemitismo in tutta Europa, dei movimenti nazionalisti, suprematisti bianchi e cristiani che portò ad una nuova fase dell’imperialismo occidentale e ad espansioni coloniali senza precedenti. Venne quindi “inventato” lo Stato di Israele, prima come forma di presidio imperialista dell’impero britannico, sulle ceneri del nemico turco sconfitto e poi, di quello nascente nordamericano. Questi interessi “occidentali” in Medioriente non sono finiti, tanto che quel lembo di terra con la sindrome, più che comprensibile, dell’accerchiamento, si sono palesati in modo violento, proprio contro il movimento popolare, inedito, chiamato Global March to Gaza che tra l’altro ha anche un’altra particolarità, di cui i governanti occidentali filo-israrliani e le lobby sioniste, in seno alle istituzioni europee, dovrebbero tener conto. Innanzitutto si tratta di una “triade”, via terra e via mare, composta dalla marcia stessa, promossa da diverse associazioni, collettivi, sanitari e medici palestinesi, alcuni dei quali reduci da esperienze sul posto a contatto col genocidio in corso, il convoglio Al-Soumud, una carovana di decine di mezzi, compresi pullman stracolmi di attivisti provenienti da Algeria, Tunisia e Libia e poi la Freedom Flottilla. Quest’ultima, dopo il quasi affondamento di fronte a Malta, della nave Conscience, battente bandiera (poi tolta su ordine di USA/ISRAELE) dell’isolotto di Palau, nel pacifico, ex colonia yankee nel bel mezzo Pacifico, è stata vittima di un’azione bellica gravissima: Barcarole, ribattezzata Madleen dalla Freedom Flottilla, un ketch a vela di 18 mt. è stata raggiunta, ad oltre 120 miglia dal porto israeliano più vicino, da quattro droni che hanno circondato ed irrorato con dei gas urticanti l’imbarcazione che poi è stata abbordata da militari israeliani che ne hanno sequestrato l’equipaggio e rimorchiato la barca, a tutta velocità, fino al porto di Ashdod: un autentico atto di guerra gravissimo in “territorio” inglese, non “apolide” come, appunto, la Conscience che non è stato stigmatizzato a dovere da nessun paese, a cominciare proprio dall’ ex-potenza mandataria di Palestina, il Regno Unito. D’altra parte, ottant’anni di vita militarizzata per chi si illudeva di recarsi, quale “popolo senza terra in una terra senza popolo”, col fucile in mano per imporre un colonialismo di insediamento feroce non sono trascorsi senza fratture interne: via terra, infatti, c’è anche la pressione di alcune minoranze dissidenti israeliane che da est si sono incamminate verso Gaza partendo appunto dal territorio dell'”invasore”. Questo clima militarizzato soffocante è stato mirabilmente descritto da un docufilm “scomodo” come Innocence, del regista ebreo-israeliano Guy Davidi, la cui proiezione è stata recentemente rifiutata da una nota sala “parrocchiale” di Roma a conferma di questa perdurante convergenza tra alcune “sensibilità” cristiane tendenzialmente sioniste, soprattutto in una città in cui la comunità ebraica, così come l’apparato del Vaticano, sono entrambe molto influenti. Nel lavoro di Davidi si trovano tutte le ragioni dei suicidi tra i disertori israeliani e dei sempre più numerosi rimpatri di ebrei da Israele, una sorta di nuova diaspora. Tornando alla “fastidiosa” Global March to Gaza, una serie di circostanze, tra le quali lo scoppio a poca distanza del conflitto armato con scambi reciproci di missili tra Iran e Israele, l’impetuoso avvicinarsi della carovana Sumoud composta da qualche migliaio di commoventi ma scalmanati algerini e tunisini ha fatto saltare i nervi al governo egiziano. Questo da anni si ritrova sempre in bilico tra rapporti di amicizia con gli USA e l’Europa e un rapporto con gli altri paesi arabi del nord Africa sempre molto articolato e complesso. Al-Sisi è al potere anche grazie ai fondi USA, ma tenere a bada una popolazione, ampiamente pro-Palestina sotto scacco di una dittatura che sempre meno è in grado di redistribuire adeguatamente le ricchezze, non è affatto facile: oltre 5mila persone da tutto il mondo e qualche migliaio da ovest via terra, in perfetta coincidenza coi primi missili che si incrociavano nelle vicinanze proprio del valico di Rafah, con accanto numerosi potenziali bersagli militari dell’Iran, hanno rappresentato una variabile semplicemente da accantonare, con le buone (poche) o con le cattive (molte). Ciò che rimane, però, è la consapevolezza di dover fare di più, anche e soprattutto con i propri corpi nei rispettivi paesi complici, per opporsi, proprio come hanno fatto, con i metodi della non violenza, gli oltre mille attivisti ad Ismailia: un passo, non una marcia ma pur sempre verso Gaza. Stefano Bertoldi, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Solidarietà e sostegno dell’Osservatorio alla Global March to Gaza, bloccata in Egitto
L’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università esprime tutta la sua solidarietà alle migliaia di cittadini e cittadine provenienti da tutto il mondo, fra i quali anche Stefano Bertoldi nostro collaboratore, che sono stati bloccati in Egitto, maltrattati e privati di libertà individuali. Ma la Global March to Gaza, il cui intento nobile era quello di portare aiuti alla popolazione palestinese fino a Gaza, continuerà in altre forme. Auguriamo a tutte le volontarie e i volontari che hanno partecipato all’iniziativa di tornare sane e salvi nei loro rispettivi Paesi per continuare a lottare per la liberazione di Gaza. Stupisce come dopo gli aventi malcapitati alla Freedom Flotilla, che aveva provato l’accesso via mare, anche nel caso del tentativo via terra attraverso il passo di Rafah, siano sempre dei semplici cittadini e cittadine ad arrivare fino a lì, mentre è assordante il silenzio delle nazioni, che potrebbero avere mezzi e risorse ben più cospicui per intervenire negli aiuti a Gaza (clicca qui per ulteriori dettagli). Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Staffetta per Gaza. Appello a supporto della Global March to Gaza e alla Carovana Sudoum
In questi tempi bui stringiamoci più forte. Questo è un appello a mostrare il nostro supporto al popolo palestinese, alla Global March to Gaza, alla Carovana Sudoum, agli attivisti della Madleen sequestrati dal governo israeliano e ad alzare la nostra voce per i diritti umani calpestati. Non sentiamoci inutili, non lo siamo, ogni gesto adesso è necessario,ogni nostra parola deve ritornare ad avere peso. Oggi più che mai! Quando: in qualunque momento, a partire dal 13 giugno fino alla fine effettiva del blocco agli aiuti umanitari a Gaza. Dove: ovunque si possa camminare. Lungo qualsiasi tratto di passeggiata a mare, perché il Mar Mediterraneo – oggi strumento di abusi, isolamento e confine – torni ad essere via di unione, fratellanza e cooperazione tra popoli in cammino verso l’autodeterminazione. Nelle città e nei paesi lontani dal mare, la staffetta sarà nelle aree pedonali centrali Chi può partecipare: chiunque e in qualunque momento. Cammina, tutto qui. Cammina per strada – vicino al mare o in città – indossando un simbolo visibile: una kefiah, una bandiera palestinese, un cartello con una frase di solidarietà, una fascia bianca al braccio con i due hashtag: #ALL EYES ON GAZA #ALL EYES ON HUMAN RIGHTS. Fai una foto, pubblicala sulla tua pagina Instagram taggando la pagina IG di Global March to Gaza, aggiungi due hashtag #ALL EYES ON GAZA #ALL EYES ON HUMAN RIGHTS. Ogni passo, anche in momenti e luoghi diversi, sarà parte di un’unica marcia collettiva. Staffetta nautica: hai una barca a motore , a vela, un windsurf, un canotto, Una canoa, un pattino? Partecipa alla staffetta in mare di solidarietà per Gaza e per i diritti umani. Naviga, sotto costa o in mare aperto, in solitaria o in compagnia, sventolando una bandiera bianca con i due hashtag #All eyes on Gaza #ALL EYES ON HUMAN RIGHTS. Gaza ci mostra come sia facile cancellare i diritti umani. Lottare per Gaza significa lottare per noi stessi.
L’Osservatorio contro la militarizzazione aderisce e parte per la Global March to Gaza
Il 12 giugno prossimo anche l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università dopo aver dato la propria adesione all’iniziativa mondiale, sarà in cammino verso il valico di Rafah prendendo parte alla Global March to Gaza attraverso il nostro collaboratore, Stefano Bertoldi, attivista per i diritti umani delle persone migranti e antimilitarista membro dell’Osservatorio. Come referente per il Lazio, Bertoldi raccoglie, come i suoi compagni di viaggio per le varie regioni d’Italia, le domande e i dubbi sia di coloro che ancora non hanno deciso di partire sia di coloro che hanno già il biglietto aereo in mano ma già sentono, a due settimane dalla partenza, quel mix di ansia, gioia, esaltazione ma anche preoccupazione. Una di queste, ricorrenti, ruota intorno all’obiettivo del viaggio, quei 50km di strada a piedi nel deserto del Sinai che separa l’ultima tappa del percorso in autobus fino ad Al Arish dal valico e soprattutto, sulle azioni che verranno fatte sul posto. «In un’organizzazione spontanea nata dal basso – ci spiega Stefano – con diverse sensibilità, gruppi di persone appartenenti a decine di collettivi e associazioni ma anche individui singoli, serpeggia sempre il timore per l’assenza di una “guida”: non siamo abituati all’auto-organizzazione, siamo sempre alla ricerca di un leader salvo poi lamentarci successivamente, se questo leader poi prende anche una sola decisione per tutti. In realtà il coordinamento c’è sia in Italia, con una fitta ramificazione di gruppi e sottogruppi su Telegram ed altre piattaforme sia in Egitto, dove diverse organizzazioni non governative offriranno un supporto organizzativo e logistico. I gruppi di coloro che effettivamente partiranno e non si sono limitati  ad aprire ampi dibattiti su questa tragica situazione, peraltro in un contesto geopolitico tra i più a rischio di conflitto bellico su larga scala degli ultimi 80 anni, si vedranno anche di persona prima della partenza». «Per tornare all’obiettivo, dunque – conclude Stefano – io rispondo a  tutti questi interrogativi sottolineando proprio l’importanza dei corpi in movimento spontaneo, il popolo che fisicamente esprime il proprio dissenso e la propria dissociazione dai vari poteri istituzionalizzati , complici di un genocidio. Gruppi di persone che appunto si auto-organizzano, coordinatori  o meglio referenti e non “leader” e una portavoce nazionale, Antonietta Chiodo che tira le fila dando tutta sé stessa facilitando il dialogo ed arginando le  voci demotivate e demotivanti  che puntualmente si imbucano succhiando energie preziose per fare gruppo». L’Osservatorio, quindi, sarà sul posto, per dare voce a chi non ha voce, a quel 90% della popolazione mondiale che avrà alcuni dei loro rappresentanti, tutte persone “comuni” e senza bandiere di partito, lungo quei 50Km di strada polverosa e assolata in cammino verso quella porta chiusa sull’inferno di Gaza. Un inferno voluto e finanziato dal restante 10% della popolazione. Nel frattempo le delegazioni partecipanti sono arrivate a 32 e la lista italiana di chi materialmente o idealmente aderisce si allunga di giorno in giorno, al 27 maggio erano le seguenti: * – Dimensioni Diverse * – Spazio di Relazione e di Pensiero Odv * – Porti Aperti e Frontiere Aperte * – Parolechefunzionano Odv * – I pri-ccp ( istituto italiano ricerche per la Pace-rete corpi civili di Pace) * – Aamod * – Associazione di Solidarietà con il popolo palestinese * – Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle Università * – Sentiero di Pace Odv Boves * – Parole che funzionano.it * – New Weapons Research Group * – Dimensioni Diverse * – Spazio di Relazione e di Pensiero Odv * – Porti Aperti e Frontiere Aperte * – Ipri-ccp ( istituto italiano ricerche per la Pace-rete corpi civili di Pace) * – Tarantula Rubra ( Progect with Palestinian people) * – Rete No Bavaglio * – Forum Della Pace Rifiutiamo La Guerra di Lucca * – Collettivo Registi Opponiamoci Per approfondire tutti i dettagli di questo evento straordinario e trovare  anche tutti i riferimenti web, rimandiamo all’esaustivo articolo di Massimiliano Cangelosi pubblicato su Comune-Info.net > Global march to Gaza Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università