Sanzione penale per una manifestazione nonviolenta a Schio
Assurda condanna per due attivisti di Altovicentino per la Palestina e del
Collettivo Rotte Balcaniche. Di seguito il comunicato stampa congiunto.
A poche settimane dall’approvazione del decreto sicurezza, a due attivisti di
Schio viene notificata una condanna per un’azione pacifica contro una banca
armata di oltre un anno fa.
Mentre il genocidio di Gaza continua impunito e accelera una corsa al riarmo
senza precedenti, vogliamo non solo denunciare l’assurdità e la sproporzionalità
di tale misura, ma anche ribadire le ragioni di quel gesto simbolico.
Poche settimane fa è stato consegnato un decreto penale di condanna a due
attivisti di Altovicentino per la Palestina e del Collettivo Rotte Balcaniche.
Si tratta di una vera e propria condanna penale, senza processo, a sei mesi di
reclusione ciascuno, ridotti a tre e convertiti in un totale di 4500 euro di
multa. L’accusa di «deturpamento e imbrattamento» si riferisce alla
manifestazione per la Palestina tenutasi a Schio il 2 marzo 2024, nella quale un
gruppo di manifestanti aveva simbolicamente segnalato la complicità nel
genocidio delle banche armate che finanziano Israele, in particolare di Banca
Intesa.
Lo abbiamo fatto alla luce del sole. Quel giorno abbiamo deciso,
collettivamente, di denunciare la complicità di Banca Intesa nel genocidio in
corso in Palestina con una performance simbolica e non violenta. Nell’azione
l’ingresso della banca è stato sporcato di tempera lavabile, per rappresentare
il sangue dei bambini di Gaza, mentre venivano attaccati dei cartelloni alle
pareti e posate a terra delle macerie, simbolo della distruzione della guerra.
Poche ore dopo la banca era intonsa, come nuova, senza nessun danno.
Ricordiamo che Banca Intesa investe e fa profitti sulle guerre, e che il
genocidio non sarebbe possibile senza la continua vendita di armamenti
all’esercito israeliano, che non si è mai fermata. Secondo il rapporto di Pax e
altre 19 organizzazioni non governative, solo tra il 2021 e il 2023 Banca Intesa
ha concesso 622 milioni in prestiti a Leonardo e Boeing, colossi europei degli
armamenti.
Banca Intesa, infatti, si muove a braccetto con Leonardo – a beneficio di
Leonardo sono il 63% dei finanziamenti totali di Intesa Sanpaolo al settore
aerospazio e difesa dal 2016 a oggi –, società italiana che continua a vendere
sistemi d’arma agli Stati Uniti e Israele. Dal 2016 ad oggi, questa banca ha
destinato al settore degli armamenti 2,135 miliardi di dollari, tra
finanziamenti e investimenti. Ma non solo: Banca Intesa investe in società di
cybersecurity e in una molteplicità di start-up israeliane.
Immediatamente dopo il gesto le voci di sdegno e condanna nei nostri confronti
non si sono risparmiate, dal centrodestra al centrosinistra, fino ai giornali
locali. Un frastuono se paragonato all’assordante silenzio di fronte alla
pulizia etnica del popolo palestinese. Violenti! Vandali! Pagherete i danni! Un
oltraggio per il tranquillo Alto Vicentino, una deturpazione del salotto buono
della città. L’ordine e il decoro sono oggi i valori inalienabili. Guai a chi
osa alzare la voce, a chi rompe le righe, a chi prova ad esprimere, con un
semplice gesto, il dolore del mondo.
Più che dare risposte, vorremmo porre delle domande. Chi sono i violenti? Cos’è
la violenza? Cosa è legale e cosa non è legale?
Per esempio: è legale per una banca finanziare gli armamenti per un esercito
indagato per genocidio? Quale violenza è legittima? Quella (presunta) dei
manifestanti o quella delle istituzioni che foraggiano la guerra ovunque nel
mondo? Che società è quella che condanna e si indigna per della tempera lavabile
mentre fatica finanche a pronunciare la parola genocidio, di fronte al massacro
di decine di migliaia di bambini?
Per un attimo, abbiamo provato a rendere visibile un frammento della violenza
che ogni giorno è esercitata – dal nostro governo, dalle nostre banche e dalle
nostre aziende – dall’altra parte del Mediterraneo. Con un gesto performativo,
abbiamo capovolto la finzione nella quale viviamo: un frammento di guerra e
distruzione in centro città, i conti correnti tramutati in macerie e sangue.
Questa finta pace che ci viene imposta nasconde una realtà di morte: la guerra,
il riarmo, il genocidio. È questo squarcio che ha fatto scandalo, perché rende
visibili delle contraddizioni profonde. Una realtà che vorrebbero nascosta,
lontana, mascherata nel decoro, nell’ordine, nella disciplina.
Con il recente «decreto sicurezza», assistiamo ad una criminalizzazione senza
precedenti di chi esercita il proprio dissenso. Queste condanne spropositate
sono solo un assaggio. Non sorprende che il governo più a destra della storia
non tolleri l’opposizione. Preoccupa, invece, la diffusa accettazione di questo
scivolamento verso l’autoritarismo e la guerra, in tutti gli ambiti della vita
sociale. La paura di esporsi, il silenzio autoimposto. E in guerra i primi
nemici sono interni: i disertori, i sabotatori, gli oppositori.
Non saranno queste intimidazioni giudiziarie a farci tacere. Continueremo a
scegliere di non distogliere lo sguardo. Contro il genocidio di Gaza che
continua nel silenzio del mondo, contro il mastodontico piano di riarmo europeo,
contro le misure repressive del governo Meloni – continueremo a gridare con
tutta la nostra voce.
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Redazione Italia