Tag - omicidio

MILANO: MORTE DI RAMY, PM CONFERMANO L’OMICIDIO STRADALE PER UN CARABINIERE. ALTRI MILITARI INDAGATI PER DEPISTAGGIO
La Procura di Milano ha chiuso le indagini, per la seconda volta, in vista della richiesta di processo per omicidio stradale a carico del carabiniere che era alla guida dell’ultima macchina inseguitrice che provocò la morte di Ramy Elgaml, in sella al TMax, dopo un inseguimento durato 8 km nel quartiere Corvetto di Milano. È quanto emerge dal nuovo avviso di conclusione delle indagini, notificato oggi, sulla morte del 19enne avvenuta il 24 novembre 2024. I Pm chiedono il processo per omicidio stradale anche per Fares Bouzidi, che guidava lo scooter. Pochi giorni fa, lunedì 24 novembre, nel quartiere Corvetto di Milano si è ricordato Ramy a un anno dal suo omicidio. Amici di Ramy e Fares e numerose realtà sociali e di movimento meneghine dalle ore 18 si sono mossi in corteo, con una fiaccolata; alle ore 20 apposta una targa per Ramy e, a seguire, in piazza Gabrio Rosa, musica e parole, dietro lo slogan “Ramy vive nel cuore di chi resta”. Nel nuovo atto complessivo di conclusione dell’inchiesta figurano anche gli altri sei militari indagati con accuse, a vario titolo, di favoreggiamento e depistaggio per la cancellazione di video e file di testimoni, di false informazioni ai pm e di falso ideologico sul verbale d’arresto per resistenza di Bouzidi. Imputazione quest’ultima che riguarda, tra gli altri, anche il carabiniere che guidava che, inoltre, è accusato anche di lesioni nei confronti di Bouzidi per l’incidente. Il commento di Rajaa, del centro sociale Lambretta. Ascolta o scarica.
VERONA: A UN ANNO DALL’OMICIDIO DI STATO, TRASMISSIONE SPECIALE “PER NON DIMENTICARE MOUSSA DIARRA”
Speciale Moussa Diarra, per non dimenticarlo, per chiedere verità e giustizia (30 minuti). Ascolta o scarica 364 giorni dopo l’omicidio Diarra, un migliaio di persone hanno risposto all’appello della comunità maliana e del Comitato verità e giustizia: si sono ritrovate a Verona questo sabato 18 ottobre e hanno sfilato in una manifestazione partecipata e sentita, per ricordare Moussa e le altre vittime del razzismo dello Stato. Moussa Diarra è stato ucciso il 20 ottobre del 2024 da un agente della polfer alla stazione ferroviaria di Porta Nuova, una violenza inaccettabile la cui dinamica rimane non chiara. “Perché non sono stati utilizzati mezzi alternativi all’uso della pistola? Perché nessuno è intervenuto per rispondere al disagio psicologico che Moussa stava esternando, dopo anni di difficoltà dovute ad un tortuoso percorso di migrazione?” Sono queste alcune delle tante domande alle quali si pretende una risposta. A un anno dall’omicidio il corpo di Moussa è ancora a disposizione dell’autorità giudiziaria, poiché le indagini sono ancora in corso. La mamma, i fratelli e le sorelle lo stanno aspettando in Mali per poterlo piangere e seppellire. Al grido di “Verità e giustizia per Moussa”, la Verona migliore ha portato in piazza dignità, memoria e determinazione, chiedendo giustizia per tutti coloro che non possono più parlare. Moussa Diarra era nato in un villaggio nei pressi di Djidian, a circa 200 km dalla capitale del Mali, Bamako. Ancora minorenne, aveva lasciato la famiglia e deciso di raggiungere l’Europa. Aveva attraversato il deserto, era stato rinchiuso in un lager per migranti in Libia, poi attraversato il Mediterraneo, spedito nel centro di accoglienza di Costagrande, in provincia di Verona, poi chiuso a causa della pessima gestione. Moussa lavorava sfruttato nei campi e viveva in alloggi precari. Aveva trovato casa al Ghibellin Fuggiasco, struttura occupata per tre anni da attiviste e attivisti veronesi e nella quale vivevano oltre 40 persone. Anche a causa delle lungaggini burocratiche, fatte di documenti che non arrivano mai, Moussa aveva probabilmente sviluppato un malessere psicologico. La mattina del 20 ottobre di un anno fa’ vagava per la zona della stazione Porta Nuova di Verona, ha sbattuto i pugni sulle vetrine dei negozi, brandiva forse un piccolo coltello da cucina. Per questo, il poliziotto della polfer, per fermare la rabbia di Moussa, ha deciso di sparare direttamente al cuore. Alla manifestazione di sabato per Moussa Diarra erano presenti il fratello di Moussa, Djemagan, il Presidente dell’Alto Consiglio dei Maliani d’Italia Mahamoud Idrissa Boune e il Presidente della comunità maliana veronese Ousmane Ibrahim Diallo. In trasferta a Verona anche la signora Djenabou, madre di Moussa Baldé e il fratello Thierno, a rappresentare le troppe vittime di un sistema escludente, razzista e violento. La storia di Moussa Baldé ha infatti molte affinità con quella di Moussa Diarra. Baldé era nato in Guinea, attraversato il nordafrica e il Mediterraneo, poi finito nel cosiddetto sistema dell’accoglienza. Aveva subito una grave aggressione da parte di tre uomini a Ventimiglia, trovato con i documenti non in regola, quindi raggiunto dall’ordine di espulsione e rinchiuso nel CPR di Torino. Nel lager di Stato Moussa Baldé subisce altre violenze, poi una mattina viene ritrovato morto, in una cella dove era stato lasciato solo, in isolamento. Aveva 20 anni. I nomi delle troppe altre vittime del razzismo di questo paese sono stati scritti su alcuni cartelli depositati in un’aiuola di piazzale XXV aprile. In quel luogo è stato installato un nuovo memoriale per Moussa, dopo che per un anno fiori e foto posti davanti all’ingresso della stazione sono stati regolarmente danneggiati o rimossi. Lo speciale “Moussa Diarra, per non dimenticarlo” contiene le voci registrate durate la manifestazione del 18 ottobre 2025 a Verona: Djemagan Diarra, Mahamoud Idrissa Boune, Ousmane Ibrahim Diallo, La Marie Claire, Djenabou Baldé, Thierno Baldé, Alessia Toffalini e Giovanna.  
La notte di Stammheim
Le cosiddette “democrazie liberali” hanno sempre avuto un problema nel far corrispondere le dichiarazioni di principio sui “valori occidentali” e l’effettiva pratica di governo. Oggi questa distanza appare netta ed infinita. solare nelle evidenze quotidiane che riguardano la deferenza verso i genocidi all’opera a Gaza o in Cisgiordania oppure anche […] L'articolo La notte di Stammheim su Contropiano.
VERONA: “MOUSSA NON SI DIMENTICA”. SABATO MANIFESTAZIONE NAZIONALE A UN ANNO DALL’OMICIDIO DI STATO
La Comunità Maliana e il Comitato Verità e Giustizia per Moussa Diarra invitano a partecipare al doppio appuntamento previsto per questo fine settimana a Verona, in occasione del primo anniversario dalla morte. Sabato 18 corteo nazionale con ritrovo alle ore 14 in piazzale XXV aprile, nel piazzale antistante alla stazione di Verona Porta Nuova. Domenica 19 incontro sui CPR con lo spettacolo teatrale di e con Oscar Agostoni e la collaborazione di Helga Bernardini, presso il Laboratorio Autogestito Parato@s di viale Venezia 51, inizio alle ore 15. Ci presentano le iniziative Ousmane Ibrahim Diallo, presidente della Comunità Maliana di Verona e Rachele del Laboratorio Autogestito Parato@s, entrambi parte del Comitato Verità e Giustizia per Moussa Diarra. Ascolta o scarica Pubblichiamo il comunicato che promuove il doppio appuntamento per il fine settimana a Verona: Domenica 20 ottobre di un anno fa, Moussa Diarra, giovane maliano di 26 anni, veniva ucciso alla stazione Porta Nuova di Verona da un agente della Polfer. Tre colpi di pistola che si sarebbero potuti evitare, esplosi tutti ad altezza d’uomo, e di cui uno dritto al cuore. A distanza di un anno, e con una dinamica dei fatti tuttora poco chiara, continuiamo con forza a chiedere verità e giustizia, ed un processo che restituisca a Moussa ed alla sua famiglia almeno in parte la dignità che gli è stata tolta in una vita di diritti negati. A distanza di un anno continuiamo a pensare che questa morte abbia radici profonde e che l’arma usata dall’agente della polfer abbia prodotto solo l’ultima delle ferite che hanno segnato la vita di Moussa. Ferite profonde, frutto di scelte politiche precise che hanno finanziato l’orrore dei campi di detenzione in Libia e dei CPR in Italia, che hanno imposto leggi infami come il decreto Salvini del 2018 e tutto il contesto sociale e politico che Moussa ha attraversato una volta arrivato in Italia. Un sistema razzista e discriminante fatto di file interminabili in questura e permessi di soggiorno ritirati già scaduti, di sfruttamento nei luoghi di lavoro, in cui la discrezionalità con cui vengono riconosciuti diritti fondamentali genera esclusione e marginalità. Welfare, servizi sociali, e politiche di cura vengono smantellate e sostituite con pratiche sempre più punitive e di repressione sociale per cui il diritto all’abitare diventa un problema di ordine pubblico gestito a colpi di daspo, sgomberi, profilazione razziale e zone rosse. La storia di Moussa è legata a quelle di centinaia di altre vittime spesso senza volto e senza giustizia, e solo la comunità che Moussa aveva attorno a sè (Comunità Maliana, Ghibellin Fuggiasco) e quella più ampia che si è raccolta immediatamente dopo la morte, hanno impedito che quella storia finisse come tante altre in fondo ad un cassetto. A distanza di un anno questa comunità resistente sostiene il complesso lavoro del team legale, continua a raccontare questo profondo bisogno di giustizia, ad alimentare il presidio di memoria collettiva in stazione contro ogni atto di rimozione, a costruire dal basso iniziative e proposte. Un percorso che, dalla grande manifestazione a Verona del 27 ottobre e dall’incontro a Roma con la senatrice Ilaria Cucchi, ha poi attraversato piazze, mobilitazioni, spazi sociali intrecciando linguaggi, storie e lotte. Ed è questa comunità che sabato 18 Ottobre chiama a Verona una manifestazione nazionale: per rivendicare il diritto ad un processo che ricostruisca verità e garantisca giustizia per Moussa Diarra, per pretendere politiche di cura, non di repressione e di marginalizzazione. E per denunciare che la stessa logica coloniale e razzista che ha tolto la vita a Moussa è quella che oggi sostiene ed alimenta il genocidio del popolo palestinese, la negazione quotidiana della sua esistenza e della sua dignità. E’ la stessa logica criminale che divide i corpi e le vite da proteggere da quelle da respingere e da eliminare. Invitiamo tutte le comunità, le realtà sociali, i collettivi e le persone solidali ad aderire e partecipare alla manifestazione che partirà dalla stazione di Verona Porta Nuova alle ore 14 di sabato 18 Ottobre. Moussa non si dimentica. Info sul percorso e sulla manifestazione sui canali social Verità e Giustizia per Moussa Diarra. Hanno aderito (in aggiornamento): – Donne in Nero, – Senegambia, – Gruppo Radici dei Diritti dell’Università di Verona, – Mediterranea Saving Humans Verona, – Osservatorio di Comunità, – Rifondazione Comunista Verona, – One Bridge to – ETS, – Associazione Nissa, – Coordinamento veronese per il diritto alla Salute, – Il Gheriglio APS, – Bozen Solidale, – Spazio 77, – Rete Verona Rainbow, – Tumulto Pride, – Comitato Acqua Bene Comune Verona, – Verona per la Palestina, – Valdesi Verona, – Sbarre di zucchero APS, – La Fraternità ODV, – UGS Verona (Unione dei Giovani di Sinistra Verona), – Il mondo di Irene, – Eimì Univr, – Associazione Sesamo Odv, – sez. ANPI Verona centro, – Sinistra Italiana, – Comunità Cristiane di Base Verona, – Rete Radié Resch, – Collettivo Tamr, – Assopace Verona, – Assopace Nazionale, – Potere al Popolo – Veneto, – Attac Verona, – Possibile Verona, – Afrodiscendenti Antimperialisti, – Casa Madiba, – Casa Don Gallo Rimini, Per adesioni: permoussadiarra@gmail.com Rinnoviamo l’invito a sostenere le spese legali e di supporto alla famiglia di Moussa. CC MPS Intestato al Circolo Pink: IBAN: IT65G 01030 11707 0000 11099 492 PayPal: permoussadiarra@gmail.com Causale: Per Moussa Diarra
Il trionfo del moralismo fuorviato sulla precisione descrittiva
Io davvero non riesco a capire come siamo finiti in questo tombino dialettico permanente, fatto di dicotomie e polarizzazioni inutili, stupide, anti logiche, di timore reverenziale nei confronti della argomentazione, anzi della precisione delle parole, dell’utilizzo assennato dei loro significati, del vittimismo costante, del mal riposto riflesso d’indignazione, della sudditanza […] L'articolo Il trionfo del moralismo fuorviato sulla precisione descrittiva su Contropiano.
STATI UNITI: A 5 ANNI DALL’OMICIDIO FLOYD, “LA POLIZIA HA INTERIORIZZATO LO SPIRITO DEL SUPREMATISMO BIANCO”
A Minneapolis, nel Minnesota, cinque anni fa si verificò l’omicidio razzista e di Stato di George Floyd, soffocato dal ginocchio di un poliziotto. Domenica 25 maggio la morte del 46enne afroamericano è stata commemorata in piazza George Floyd, tra opere d’arte di protesta, rose gialle e un murales con la scritta “Hai cambiato il mondo, George”. L’omicida, il poliziotto bianco Derek Chauvin, condannato nel 2022 a 21 anni di reclusione, potrebbe vedersi concedere la grazia se il Presidente Donald Trump cedesse alle pressioni degli alleati più razzisti. Inoltre i dati raccolti tra il 2017 e il 2024, mostrano un aumento degli omicidi razziali nei confronti delle minoranze statunitensi nere e ispaniche. In calo invece i numeri delle persone bianche uccise dalla polizia. Questo attesterebbe una perdita di slancio del movimento Black Lives Matter a favore del trumpismo e del suprematismo bianco, cui esponenti stanno facendo cancellare tutte le riforme fatte per cercare di arginare il razzismo. Il Presidente Trump sta anche demolendo le politiche in favore di diversità, equità ed inclusione. Nonostante la eco globale delle proteste del movimento Black Lives Matter, il suprematismo bianco è oggi in continua ascesa, facendo arretrare sulle recenti conquiste dei movimenti antirazzisti. Anche le donazioni verso Fondazione Black Lives Matter sono in continuo calo: dai 79,6 milioni di dollari raccolti nel 2021, si è passati l’anno seguente a soli 8,5 milioni. Nel frattempo negli Stati Uniti stanno arrivando i primi cosiddetti rifugiati dal Sudafrica che fuggirebbero dal “razzismo contro i bianchi”. I discendenti dei coloni europei, gli Afrikaner, che imposero la segregazione razziale fino al 1991, possono ottenere l’asilo negli Stati Uniti: lo stesso diritto viene però negato alle persone che scappano da povertà, guerre e persecuzioni, come ad esempio i rifugiati Sudanesi e Congolesi, a cui l’amministrazione Trump ha bloccato le procedure per richiedere l’asilo. Ai nostri microfoni l’analisi dello scrittore Salvatore Palidda, già docente in sociologia presso l’Università di Genova. Ascolta o scarica