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Segretario Esecutivo dell’ALBA Rander Peña: “Il Venezuela sostiene la pace per tutta l’America Latina”
Al termine della conferenza stampa settimanale del Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV), abbiamo avuto l’opportunità di conversare con Rander Peña, Segretario Esecutivo dell’ALBA, e anche incaricato di dirigere l’organizzazione dell’Internazionale Antifascista, che sta riunendo di nuovo a Caracas delegati provenienti da tutto il mondo. Lei sta svolgendo il ruolo di Segretario Esecutivo dell’ALBA, l’Alleanza Bolivariana per i Popoli della Nostra America, fondata da Cuba e Venezuela, che sta perdendo forza dopo il ritorno a destra di alcuni paesi membri: un compito assai complesso in questo momento, di fronte alla minaccia imperialista nei Caraibi. Come vede dal suo punto di osservazione ciò che sta accadendo nella Patria Grande, ma anche a livello mondiale? L’America Latina è minacciata da poteri suprematisti che cercano di imporre i propri interessi con la forza. L’America Latina ha però deciso da tempo di intraprendere il cammino della sovranità, dell’indipendenza, dell’autodeterminazione dei popoli e di proteggere la pace al di sopra di ogni cosa. Nel 2014, al vertice de L’Avana, dove si riunirono i paesi della CELAC, una delle grandi decisioni che furono prese lì, e che rimarrà registrata per la storia, è dichiarare l’America Latina come una zona di pace: e questo è un bene prezioso che abbiamo difeso in quel momento, che difendiamo ora e difenderemo sempre in qualsiasi circostanza. Se c’è qualcosa che il Venezuela ha fatto in tutto questo tempo, in cui vediamo una minaccia reale, provocazioni reali per generare un “cambio di regime”, non è sostenere se stesso. Il Venezuela non sostiene se stesso. Il Venezuela sostiene la pace intera di tutta l’America Latina. Una situazione indesiderabile per il Venezuela, avrà un impatto su tutta la regione. Fortunatamente, la maggior parte dei paesi della regione lo capisce, ed è per questo che hanno contribuito, attraverso le loro azioni e dichiarazioni, a proteggere quella pace che tanto vogliamo e a cui tanto aneliamo. L’Alleanza Bolivariana per i Popoli della Nostra America [ALBA] è stata in prima linea in ognuno di questi scenari, attraverso dichiarazioni, azioni, attraverso vertici straordinari che abbiamo realizzato, ognuno dei presidenti che fanno parte dell’Alleanza, i primi ministri dei Caraibi Orientali. Insomma, in questa fase stiamo difendendo il nostro diritto a vivere in pace, il nostro diritto al futuro, ed è qualcosa che continueremo a fare con tutta la forza indomita di questo popolo latinoamericano, ma specialmente quando parliamo del Venezuela, parliamo anche del popolo bolivariano, che è già una responsabilità storica che abbiamo noi figli e figlie di Bolívar. E questo carico storico ci dà una responsabilità, una altissima responsabilità, e in nome di Bolívar continueremo a difendere la nostra autodeterminazione, la nostra indipendenza e la pace che abbiamo conquistato. Da alcuni paesi dei Caraibi, che sono passati a destra, ma anche quelli in cui governa una falsa sinistra, parliamo ad esempio della Guyana, arriva un attacco anche alla Caricom, un attacco all’integrazione latinoamericana, ma anche una concreta minaccia militare. Come stanno rispondendo gli altri paesi? E cosa sta facendo lei come Segretario esecutivo dell’Alba? Gli Stati uniti adotteranno sempre stratagemmi per strumentalizzare alcuni governi che hanno deciso di non curarsi dei loro popoli, ma di difendere gli interessi degli Stati Uniti. Questo accade con alcuni governi, non solo dei Caraibi, ma dell’America Latina. Sono presidenti che sono arrivati al potere politico con una chiara intenzione, un chiaro obiettivo, che è quello di poter beneficiare gli interessi degli Stati Uniti in ciascuno di questi paesi. Noi, di fronte a ciò, confidiamo nella saggezza di ognuno dei popoli dell’America Latina. Se c’è qualcosa che hanno dimostrato lungo tutta questa storia è che sono popoli con una profonda vocazione di difesa della sovranità, dell’indipendenza, dell’autodeterminazione. Prima o poi, i fiumi torneranno al loro corso e quei governi che hanno deciso di sottomettersi agli interessi imperialisti, la storia li espellerà dalle sue pagine. E lì non rimarrà che un pessimo ricordo di quei governi che hanno ceduto o hanno preteso di cedere i loro paesi a interessi stranieri. I popoli dell’America Latina, dei Caraibi, ricorderanno, invece, i presidenti che hanno saputo proteggere gli interessi del loro popolo. Nessuno, assolutamente nessuno parlerà dei leader di estrema destra nella regione. Ma sono sicuro che passeranno 300, 400, 500 anni e tutti parleranno di Hugo Chávez, di Fidel Castro, dei nostri dirigenti e delle nostre dirigenti: di Nicolás Maduro, di Raúl Castro, di Daniel Ortega. Insomma, questa è la storia. Ognuno decide come vivere la propria vita. Noi abbiamo deciso di viverla in coerenza con il desiderio, con l’anelito dei nostri popoli e lo stiamo facendo. Difendiamo a ogni costo gli interessi del popolo venezuelano. Per questo siamo tanto attaccati dall’imperialismo nordamericano. Perché se Nicolás Maduro si fosse arreso agli interessi imperiali, avrebbe sicuramente un tappeto rosso a Washington, ma il popolo in questo momento starebbe soffrendo. Abbiamo deciso di unire la nostra sorte a quella del nostro popolo, all’interesse del nostro popolo, all’anelito del nostro popolo, al desiderio del nostro popolo e lo stiamo facendo. Come quadro politico socialista, come vede questo piano di Trump, che non riguarda solo la Patria Grande, ma una ricerca di nuova egemonia da parte di un imperialismo che è in una crisi di modello conclamata? Come vede il futuro dell’Alba e quali sono le contromisure a livello generale che il Venezuela può mettere in campo? Vediamo chiaramente quali siano gli interessi imperialisti, che cercano sempre di fare, commettere o intraprendere azioni atte a raggiungere i loro obiettivi. In America Latina agiscono due dottrine antagoniste tra loro, che hanno combattuto storicamente e che combattono anche ora, la dottrina bolivariana e la dottrina monroista. Il nuovo monroismo intende l’America Latina come un territorio che deve essere disarticolato per far sì che l’imperialismo nordamericano possa realizzare i suoi desideri e interessi nella regione. Il bolivarianismo propone tutto il contrario. Intende che l’America Latina debba essere unita, rafforzata. Crediamo nell’unione latinoamericana come principio fondamentale per poter raggiungere gli obiettivi e i grandi aneliti dei popoli dell’America Latina, dei Caraibi. E questi scontri fanno sì che ci siano posizioni inconciliabili tra l’imperialismo nordamericano e i desideri e le aspirazioni del popolo latinoamericano. Quell’anelito continuerà, con loro là con i soliti piani di aggressione, noi qui con la nostra agenda: un’agenda di pace, di sovranità, di autodeterminazione, un’agenda di pace con giustizia sociale. Loro, invece, intendono la pace attraverso la forza, lo hanno dichiarato, e agiscono in questo senso, e sembrano sentirsi orgogliosi di usare il termine pace attraverso l’uso della forza. Noi no, noi crediamo nella pace attraverso la giustizia sociale, attraverso l’incontro con l’altro, nella pace, accompagnata sempre dalla felicità, utilizzando la massima bolivariana della ricerca della maggiore somma di felicità possibile per tutti e tutte. Lei ha organizzato l’Internazionale Antifascista. Una proposta di estrema attualità per il mondo. Che bilancio fa fino ad oggi e come proseguirà questa proposta? L’Internazionale Antifascista è un potente movimento che si è formato in tutto il mondo. Più di 77 paesi stanno formando l’Internazionale Antifascista con diversi capitoli, con un chiaro messaggio, che è condannare quello che sta cercando di essere la rinascita di nuove forme del fascismo, e neofascismo come si definisce. E i neofascisti stanno usando diversi strumenti, ma per fare ciò che hanno sempre fatto in passato: sterminare l’avversario, uccidere l’altro, fare i propri comodi attraverso l’odio e la violenza. Noi non possiamo permettere la rinascita di cose maligne per l’umanità. Se c’è qualcosa in cui crediamo e di cui siamo convinti, è che dobbiamo mettere a disposizione tutto ciò che abbiamo per difendere l’esistenza stessa dell’umanità. Ed è quello che stiamo facendo. L’Internazionale Antifascista, se ha uno scopo, è impedire che il neofascismo possa avanzare, perché l’avanzare del neofascismo è il regresso dell’umanità. Ed è quello che noi ci proponiamo e che stiamo facendo: impediamo che il neofascista avanzi, perché il neofascismo fa regredire l’umanità, e può arrivare fino allo sterminio completo di un’intera civiltà, come vediamo con il genocidio in Palestina. Quello che vediamo in Palestina fa parte di quelle azioni sioniste, neofasciste, che riuniscono il peggio che ci possa essere, o i peggiori orrori dell’umanità e tentano di applicarlo. Questo è per noi inammissibile. Per questo, se c’è qualcosa di molto attuale, oggi, è l’Internazionale Antifascista. Fonte Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba
Cartel de los Soles, la menzogna del “narco-Stato” come giustificazione di guerra contro il Venezuela
Spesso come argomentazione per sostenere che la Rivoluzione Bolivariana è una “dittatura criminale”, si afferma che il Venezuela sia un “narco-Stato” che inonda gli Stati Uniti di cocaina. Notizia veicolata sia dalla propaganda neocoloniale occidentale (USA ed europea) e spesso cavalcata dalle destre venezuelane in funzione anti-chavista, come successo nelle elezioni presidenziali del 28 luglio 2024. Tutto nacque quando il Comandante Hugo Chavez, notoriamente astemio, rivelò nel 2008 di masticare abitualmente pasta di foglie di coca, una sorta di chewgum tradizionale ed artigianale tipica dell’America Latina che – chiunque voglia tenersi lontano da pregiudizi e stereotipi razzisti e colonialisti – sa essere una delle tante usanze quotidiane delle popolazioni nuestramericane.  Durante un discorso lungo quattro ore dinnanzi all’Assemblea Nazionale, Chavez affermò: «Mastico coca ogni giorno, al mattino (…) e guardate come sto. (…) Ve la consiglio» – mostrando i bicipiti agli interlocutori e dichiarando chiaramente che come Fidel Castro gli inviava «il gelato Coppelia e molte altre cose» che gli arrivavano «regolarmente dall’Havana», così anche il presidente Boliviano Evo Morales lo omaggiava di «pasta di coca». Gli indigeni boliviani e peruviani masticano foglie di coca regolarmente, come stimolante, regolatore della pressione, per non sentire la fame e durante i rituali ancestrali del culto di Pachamama, essendo tutto questo consentito dalla legge. Spiegava a tal riguardo il Miami Herald – quotidiano statunitense pubblicato a Miami dal 1903 di proprietà della The McClatchy Company – che la “pasta di coca” è un prodotto semiraffinato, che determina assuefazione e che viene fumata come il basuco, ovvero il residuo dell’estrazione della cocaina base, di pessima qualità e altamente nocivo[3]. Eppure, a partire da folkloristiche dichiarazioni di analisti colombiani e venezuelani, per l’Occidente colonialista, razzista e ignorante questo era simbolo dell’avallo di Chavez alla cocaina, nonché la prova che il Venezuela Bolivariano fosse un “narco-Stato” e persino “un atto illegale da parte di un capo di stato”. Ne seguirono dichiarazioni schizofreniche da parte di personalità legate a Miami e alla destra venezuelana: «È un altro segnale che Chavez ha perso completamente il senso del limite» – ha commentato Anibal Romero, docente di scienze politiche all’università di Caracas, aggiungendo – «Dimostra che Chavez è fuori controllo». «Nel momento in cui afferma di consumare pasta di coca, ammette di consumare una sostanza che è illegale, tanto in Bolivia che in Venezuela» – affermò Hernan Maldonado, osservatore politico boliviano residente a Miami, aggiungendo – «Di più, si tratta di una vera e propria accusa a Morales di essere un narcotrafficante» per avergli invitato la pasta di coca. La realtà era molto diversa. I governi di Hugo Chavez si sono contraddistinti per la lotta al narcotraffico, sull’onda di quella che è stata la ferrea e intransigente lotta intrapresa ormai da decenni dal socialismo cubano contro la droga che periodicamente viene ribadita[4]. Basta recarsi in Venezuela per vedere con i propri occhi il lavoro anti-droga da parte della Polizia Bolivariana negli aeroporti. Più volte in passato agenti DEA e FBI hanno espresso ammirazione verso le rigorose politiche antidroga dei comunisti cubani. Il Venezuela chavista ha sempre seguito il modello anti-droga cubano inaugurato da Fidel Castro in persona attraverso cooperazione internazionale, controllo del territorio, repressione delle attività criminali. Il mito secondo cui il Venezuela è un “narco-Stato” fu sfatato dall’Ufficio di Washington in America Latina (WOLA) – un think tank di Washington che generalmente sostiene le operazioni di regime-change degli Stati Uniti nella regione – nonché dalla FAIR, 15 y Ultimo, Misión Verdad, Venezuelanalysis e altri enti e siti di giornalismo investigativo. Maduro venne definito da Trump “il narcotrafficante più potente al mondo”, oltre ad essere accusato di armonizzare quello che sarebbe il Cartel de los Soles, un presunto super-cartello della droga che permetterebbe al governo venezuelano di arricchirsi. Secondo questa narrazione, il governo venezuelano avrebbe messo in atto un complotto per inondare gli Stati Uniti con “qualcosa come 200-250 tonnellate di cocaina”. Sebbene tale cifra appaia alta, è importante sapere che gli Stati Uniti sono il maggiore consumatore mondiale di cocaina; la Colombia è il maggiore produttore; e che il Venezuela non coltiva coca, non produce cocaina e, secondo le cifre del governo nordamericano, meno del 7% del totale della droga dal Sud America transita in Venezuela e che meno del 10% del traffico globale di cocaina attraversa il Paese[5], come mostrano le mappe sotto (la regione dei Caraibi orientali comprende la penisola di Guajira in Colombia). Queste mappe, prodotte rispettivamente da Drug Enforcement Agency e Comando Meridionale degli Stati Uniti, sollevano immediatamente dubbi sul perché il Venezuela sia il Paese preso di mira. Pino Arlacchi, già sottosegretario generale dell’ONU e direttore dell’UNDCCP (ufficio ONU per il controllo delle droghe e la prevenzione del crimine), ha affermato nel 2019: «La notizia dell’incriminazione del Presidente Maduro e di membri del suo governo per traffico di droga mi ha lasciato senza parole. Osservando la persecuzione contro il Venezuela ne ho viste tante, ma sinceramente non pensavo che l’associazione per delinquere al potere negli Stati Uniti si spingesse fino a questo punto. Dopo aver fatto una rapina da 5 miliardi di dollari delle risorse finanziarie del Venezuela depositate nelle banche di 15 paesi. Dopo aver messo in atto un blocco dell’intera economia del paese tramite sanzioni atroci, rivolte a colpire la popolazione civile per spingerla a ribellarsi (senza successo) contro il suo governo. E dopo un paio di falliti tentativi di colpo di stato, ecco la mossa finale, la calunnia più infamante. Il colpo è talmente fuori misura che non penso abbia conseguenze di rilievo. Né le Nazioni Unite, né l’Unione europea, né la maggioranza degli Stati del pianeta che lo scorso settembre hanno votato a favore dell’attuale esecutivo del Venezuela e del suo Presidente durante l’Assemblea generale dell’ONU, daranno il minimo peso a questo episodio di guerra asimmetrica. Non succederà nulla perché non esiste la minima prova a sostegno della calunnia secondo cui il Venezuela ha inondato gli Stati Uniti di cocaina negli ultimi anni. Sono rimasto interdetto anche perché mi occupo di anti-droga da una quarantina di anni, e non ho mai incontrato il Venezuela lungo la mia strada. Prima, durante e dopo il mio incarico di Direttore esecutivo dell’UNODC (1997-2002), il programma antidroga dell’ONU, non ho mai avuto occasione di visitare quella nazione perché il Venezuela è sempre stato al di fuori dei maggiori circuiti del traffico di cocaina tra la Colombia – il principale paese produttore – e gli USA, il principale consumatore. Non esiste se non nella fantasia malata di Trump e soci alcuna corrente di commercio illegale di narcotici tra Venezuela e Stati Uniti». Era lo stesso Arlacchi che invitava a consultare le due fonti più importanti sul tema: il World Drug Report 2019, ovvero l’ultimo rapporto UNODC sulle droghe[6]; e il National Drug Threat Assessment del dicembre 2019, documento della DEA, la polizia antidroga americana[7]. Secondo quest’ultimo, il 90% della cocaina introdotta negli USA proviene dalla Colombia, il 6% dal Peru e il resto da origini sconosciute. “Se in quel 4% rimanente ci fosse stato anche il profumo del Venezuela, esso non sarebbe passato inosservato. Ma è il rapporto ONU che fornisce il quadro più dettagliato, menzionando il Messico, il Guatemala e l’Ecuador come le sedi di transito della droga verso gli Stati Uniti. E l’assessment della DEA cita i celebri narcos messicani come i maggiori fornitori del mercato USA” – sottolineava Arlacchi. Nel 2020 il Dipartimento di Stato USA, durante l’Amministrazione Trump, stabilisce vergognosamente una taglia da 15 milioni di dollari sulla testa del Presidente costituzionale del Venezuela, Nicolas Maduro Moros, offrendola a chi avrebbe collaborato al suo arresto. Maduro viene accusato – dagli USA – di essere il capo di un «narco-Stato» che, in collaborazione con una fazione dissidente delle Farc colombiane, era responsabile di «inondare gli Stati Uniti di cocaina». Durante l’amministrazione “democratica” di Joe Biden, la taglia passa dai 15 ai 25 milioni. Nel 2020, lo stesso Arlacchi, intervistato da Ruggero Tantulli per IlPeriodista, affermava che le accuse di narcotraffico e di narcoterrorismo al Presidente Nicolas Maduro e al Venezuela Bolivariano erano “spazzatura politica”: «Sono accuse assurde. Mi occupo di droga da più di 40 anni, ho scritto un po’ di libri sul tema e sono stato ai vertici dell’antidroga mondiale. Non mi è mai capitato di dovermi occupare di Venezuela e non l’ho mai visitato quando ero all’Onu perché non ce n’era bisogno. Sono falsità clamorose: non c’è un solo rigo sul traffico di droga dal Venezuela agli Usa nei documenti americani e dell’Onu. Sono andato a rileggere tutti gli ultimi rapporti della Dea (Drug Enforcement Administration, ndr). L’ultimo è di tre mesi fa. La produzione e le rotte sono quelle classiche». Affermava Arlacchi: «La produzione mondiale di cocaina è, grosso modo, così ripartita: in Colombia il 70%, in Perù il 20% e in Bolivia il restante 10%. La mediazione per arrivare negli Stati Uniti, che sono il principale mercato di consumo del mondo, avviene attraverso i narcos messicani, ma questo lo sanno anche i bambini. Dal lato del Pacifico ma anche dei Caraibi. Una rotta più marginale, poi, passa per Ecuador e Guatemala, quindi per l’America centrale. Ma questi sono tutti dati conosciutissimi, infatti nessuno sta prendendo sul serio queste accuse, nemmeno chi è contro Maduro». Secondo Arlacchi si trattava dell’ennesimo tentativo di ingerenza e di colpo di stato: «E’ una guerra non convenzionale. Gli americani non possono più fare colpi di stato “alla vecchia maniera” con la Cia e i marines, anche perché Maduro ha un ottimo sistema di intelligence e protezione personale. Tentativi, comunque, ne sono stati fatti e ne vengono fatti, ma senza successo. Gli Usa non riescono a sottomettere il Venezuela anche perché con Guaidó hanno scelto una strategia totalmente sbagliata. Juan Guaidó è adesso totalmente isolato. Il blocco economico e finanziario non sta portando alla ribellione contro il governo. Scartata l’invasione militare, quindi, non resta che il character assassination, l’assassinio morale. Ma queste accuse sono un colpo a vuoto per qualunque osservatore obiettivo, un colpo che finirà per rafforzare l’idea che il Venezuela sia vittima di una aggressione da parte degli Stati Uniti». L’11 agosto 2024 l’ANSA pubblicava una notizia insolita: “Gli Stati Uniti stanno tenendo una serie di colloqui segreti per convincere il presidente venezuelano Nicolas Maduro a lasciare il potere in cambio della grazia. Lo riferiscono fonti informate al Wall Street Journal secondo le quali l’amministrazione Biden ha messo “tutto sul tavolo” per convincere il leader venezuelano ad andarsene prima della fine del suo mandato a gennaio. Maduro deve affrontare una serie di incriminazioni da parte del dipartimento di Giustizia americano e nel 2020 gli Usa hanno messo una ricompensa di 15 milioni di dollari per informazioni che potessero portare al suo arresto.”[1] Oltre a propagandare la bufala del “narco-Stato”, l’ANSA e i media mainstream atlantisti ed occidentali hanno diffuso l’idea che ci fosse in atto una trattativa tra USA e il governo bolivariano affinchè Maduro lasciasse la presidenza in cambio della cancellazione della taglia sulla sua testa. La notizia della presunta trattativa oltre ad essere falsa, era stata smentita anche dalla stessa Casa Bianca che ha definito “falsa” la notizia rilanciata, precedentemente, dal Wall Street Journal (WSJ)[2]. Lunedì 19 agosto 2024, è stato proprio il Dipartimento di Stato USA, nella figura del vice portavoce principale Vedant Patel, a smentire categoricamente la falsa notizia di una amnistia per Maduro e per altri alti funzionari venezuelani. Ancora una volta emergono le falsità e la guerra mediatica contro il Venezuela. Anche la Casa Bianca smentisce ma non rinuncia alla sua azione destabilizzatrice contro il Presidente Maduro e la Costituzione Bolivariana del Venezuela. Ad agosto 2025, gli Stati Uniti raddoppiano assurdamente – in contrasto con il diritto internazionale – la ricompensa offerta a chiunque fornisca informazioni utili all’arresto del presidente del Venezuela Nicolás Maduro e sul suo Ministro dell’Interno affinché possano essere processati per “traffico di droga e corruzione”. La taglia passa da 25 a 50 milioni di dollari. La decisione di raddoppiarla è stata annunciata dal procuratore generale Pam Bondi, alla quale il Ministro degli Esteri di Caracas Yvan Gil ha risposto definendo la scelta “patetica” e “propaganda politica”, usata dagli Stati Uniti per distrarre l’opinione pubblica dal caso Jeffrey Epstein. Il fine inoltre è incolpare il Venezuela Bolivariano dell’immissione negli Usa di cocaina tagliata con fentanyl. Dichiarazioni nuovamente assurde che nonr ispecchiano i dati ufficiali mondiali sul traffico di droga. Come afferma Arlacchi in un recente articolo su Il Fatto Quotidiano (ripubblicato da Pressenza Italia): “Il Rapporto Onu 2025, recentemente pubblicato, è di una chiarezza cristallina: solo una frazione marginale della produzione di droga colombiana passa attraverso il Venezuela nel suo cammino verso Usa ed Europa. Il Venezuela, secondo l’Onu, ha consolidato la sua posizione storica di territorio libero dalla coltivazione di foglia di coca, marijuana e simili, nonché dalla presenza di cartelli criminali internazionali. Il documento non fa altro che confermare i 30 rapporti annuali precedenti, che non parlano del narcotraffico venezuelano perché questo non esiste.” (Foto di Infografica da Limes narcotraffico Sud America) I dati sono chiari: solo il 5% della droga colombiana transita attraverso il Venezuela. Afferma Arlacchi: “Ben 2.370 tonnellate – dieci volte di più – vengono prodotte o commerciate dalla Colombia stessa, e 1.400 tonnellate passano dal Guatemala. Sì, avete letto bene: il Guatemala è un corridoio di droga sette volte più importante di quello che dovrebbe essere il temibile “narco-Stato” bolivariano. Ma nessuno ne parla perché il Guatemala è a secco dell’unica droga non naturale che interessa Trump: il petrolio. Il paese ne produce lo 0,01% del totale globale.” Anche il Rapporto Europeo sulle Droghe 2025 dell’Unione Europea, basato su dati reali e non su wishful thinking geopolitici, non cita neppure una volta il Venezuela come corridoio del traffico internazionale di droga, e ignora del tutto il Cartel de los Soles. Secondo il Rapporto Europeo, la cocaina è la seconda droga più usata nei 27 paesi Ue, ma le sue fonti principali sono chiaramente identificate: Colombia per la produzione, America centrale per lo smistamento, e varie rotte attraverso l’Africa occidentale per la distribuzione finale. In questo scenario, Venezuela e Cuba non ci sono. L’Europa ha bisogno di dati affidabili per proteggere i suoi cittadini dalla droga, quindi produce studi accurati. Gli Usa hanno bisogno di giustificazioni per il loro bullismo petrolifero, quindi producono propaganda mascherata da intelligence. Eppure, anche le menzogne USA hanno un limite: quando sono smentite dalle sue stesse istituzioni anti-droga. I Rapporti della DEA 2024 e 2025, infatti, affermano chiaramente che il Venezuela non è toccato dal narcotraffico mondiale. L’Amministrazione per il Controllo delle Droghe degli Stati Uniti (DEA) ha riconosciuto nei suoi rapporti annuali (rapporti “National Drug Threat Assessment” del 2024 e del 2025) che gli Stati Uniti hanno un rapporto strutturale con il traffico di droga. Ha ammesso problemi estremamente gravi, come il fatto che la popolazione è immersa nel consumo di vari tipi di droghe e che il Paese è l’epicentro delle reti di traffico di droga, essendo produttore, mercato di destinazione di stupefacenti e una grande macchina finanziaria del denaro della droga. Nel rapporto del 2024 si afferma che “i cartelli messicani ottengono carichi di diverse tonnellate di cocaina in polvere e base di cocaina dai trafficanti sudamericani, per poi contrabbandarla attraverso rotte terrestri o fluviali costiere in America Centrale, o via mare verso isole caraibiche come Porto Rico e Repubblica Dominicana, prima di introdurla negli Stati Uniti”. In questo riferimento alle rotte caraibiche, non viene fatto alcun cenno al Venezuela. Nel rapporto del 2025, la DEA afferma che la maggior parte dei sequestri di cocaina sono stati effettuati in California, al confine con il Messico, dimostrando che gran parte del traffico di tale stupefacente avviene attraverso rotte terrestri e marittime nell’Oceano Pacifico. In entrambi i rapporti, la DEA cita specificamente Colombia, Perù e Bolivia come paesi produttori di cocaina e fa riferimento a Messico, El Salvador, Honduras, Guatemala, Porto Rico e Repubblica Dominicana come punti chiave della rotta della cocaina verso gli Stati Uniti. La DEA ammette nei suoi rapporti del 2024 e del 2025 che gli Stati Uniti sono il fulcro del riciclaggio di capitali provenienti dal traffico internazionale di droga. Sottolinea che sul suolo statunitense operano riciclatori di denaro che prestano i loro servizi a diverse organizzazioni criminali. La DEA indica metodi quali case di cambio di criptovalute, portafogli digitali, trasferimenti di tipo mirror, compravendita di beni mobili e immobili tramite agenzie immobiliari statunitensi e altri meccanismi esistenti nel sistema bancario nordamericano. Secondo la DEA, e come affermato dall’ONU (ONU contro la droga e il crimine, UNODC), il Venezuela non è un Paese produttore di droga. C’è solo un piccolo accenno al cosiddetto “Tren de Aragua” nel rapporto DEA del 2025, dopo che è stato classificato come “organizzazione terroristica”. Si tratta di un riferimento fondato su prove segrete, che non lo sarebbero se avessero un minimo di consistenza e fossero supportate da altre fonti. “Come può un’organizzazione criminale così potente da meritare una taglia di 50 milioni di dollari, essere completamente ignorata da chiunque si occupi di antidroga al di fuori degli Usa?” – si è domandato Arlacchi. Infatti né nel rapporto del 2025, né in quello del 2024, né in nessun altro rapporto precedente della DEA, compare da nessuna parte il cosiddetto Cartel de los Soles, poichè il Venezuela non figura come Paese produttore di cocaina nemmeno secondo lo stesso governo statunitense, il quale invece mediaticamente lancia accuse false. Il Cartel de los Soles è una finzione comunicativa ed esiste solo sui tavoli di progettazione propagandistica del governo statunitense, dell’opposizione venezuelana e della destra internazionale. Il Cartel de los Soles è una creatura dell’immaginario trumpiano. Il “cartello della droga” che sarebbe “guidato dal presidente del Venezuela Maduro” non viene citato né nel rapporto del principale organismo mondiale antidroga né nei documenti di alcuna agenzia anticrimine europea o di altra parte del pianeta. Quello che viene venduto su Netflix come un “super-cartello della droga” in Venezuela, è in realtà un miscuglio di piccole reti locali, di qualche episodio di corruzione, un tipo di criminalità spicciola che si trova in qualsiasi Paese del mondo, inclusi gli Usa, dove – come ha ricordato Arlacchi – “muoiono ogni anno quasi 100 mila persone per overdose da oppiacei che nulla hanno a che fare col Venezuela, e molto con Big Pharma americana.” Insomma non c’è traccia del Venezuela in alcuna pagina dei due documenti e in nessun altro materiale delle agenzie anticrimine USA degli ultimi 15 anni si fa menzione di fatti che possano anche indirettamente ricondurre alle accuse lanciate contro il legittimo Presidente del Venezuela e contro il suo governo. Il fatto stesso che in Venezuela transiti una minima parte del narcotraffico e che si veda la lotta ferrea del suo governo ad opporvisi con tutti gli strumenti, non fa del Venezuela un “narco-Stato” ma piuttosto di un governo che reprime questo fenomeno. Si tratta quindi di spazzatura politica, che però non è stata trattata come tale nemmeno fuori dal sistema politico-mediatico degli Stati Uniti. Vergognosa è stata l’intervista[8] pubblicata il 21 agosto 2024 su Il Corriere della Sera fatta da Roberto Saviano al giornalista venezuelano Alfred Meza, colui che ha inventato la macchina del fango contro Alex Saab[9], diplomatico venezuelano che è stato prosciolto da tutte le accuse dal giudice della Florida, Robert Scola con una sentenza dell’8 aprile 2024, a seguito dell’indulto firmato dal presidente USA Joseph Biden il 15 dicembre 2023. Il 20 dicembre 2023, Saab è stato liberato a seguito di uno scambio di prigionieri con gli Stati Uniti e, una volta tornato in Venezuela, ha raccontato le torture subite per fargli confessare delitti mai commessi, che avallassero l’idea del Venezuela come “narco-Stato”, e quella di Saab come “prestanome” di Nicolas Maduro[10]. Roberto Saviano ha dimostrato la sua arroganza nel dire: “Studio il narcotraffico in Venezuela da molti anni e questo mi ha permesso di conoscere diversi giornalisti che in questi anni stanno rischiando la vita per raccontare il regime di Maduro e il potere della criminalità organizzata.” Saviano non solo non ha studiato il caso del Venezuela, ma in quell’intervista non ha proposto nemmeno un dato sul narcotraffico tra Colombia e USA e nemmeno un dato sul presunto coinvolgimento del Venezuela. Con un’operazione retorica ha intervistato Alfred Meza, dando adito alla propaganda golpista della destra eversiva che ha messo a ferro e fuoco il Venezuela post-elezioni, paragonando Maduro ad Erdogan e definendo il chavismo come “un movimento fascista” . La verità è che Saviano non ha studiato la storia del Venezuela, del socialismo bolivariano e, con la sua autoreferenzialità, continua a parlare di qualcosa che non conosce perché, se conoscesse, avrebbe i brividi solo ad interfacciarsi con quelli che calunniano la Rivoluzione Bolivariana e i suoi governi. Il vero obiettivo della finzione comunicativa e propagandistica del Cartel de los Soles non è la droga, ma il controllo strategico delle vaste risorse naturali e minerarie del Venezuela, comprese le più grandi riserve di petrolio del pianeta, interamente gestite da un governo socialista e antimperialista i cui proventi reinvesti per il 75% in piani sociali. Siamo dentro alla trama di un film di Hollywood già visto, in cui gli Usa provano a costruire l’immagine del nemico cattivo per giustificare l’ennesima guerra, l’ennesima invasione militare per una “causa umanitaria”.   [1] https://www.ansa.it/amp/sito/notizie/mondo/2024/08/11/usa-offrono-a-maduro-la-grazia-se-lascia-il-potere_e3896f11-15c4-4cea-ae38-891b4d0bddf0.html [2] https://www.cdt.ch/news/mondo/non-abbiamo-offerto-la-grazia-a-maduro-360272 [3] https://www.fuoriluogo.it/mappamondo/chavez-choc_mastico_coca_ogni/ [4] https://italiano.prensa-latina.cu/2024/08/16/cuba-ribadisce-la-sua-intransigenza-di-fronte-al-traffico-di-droga/?fbclid=IwY2xjawEvvehleHRuA2FlbQIxMQABHd8EkRt8uBmPE4WxwK70HVNoq6cfOVFQpOCGQPdHo-cZQZVYSelvVuX5yA_aem_lfxxG74btAgrS5HR6izSaA [5] https://italiacuba.it/2020/03/30/le-accuse-di-trump-a-maduro-sono-una-confessione-sul-golpe-di-guaido/ [6] World Drug Report 2019, https://wdr.unodc.org/wdr2019/prelaunch/WDR19_Booklet_4_STIMULANTS.pdf [7] National Drug Threat Assessment 2019, https://www.dea.gov/sites/default/files/2020-02/DIR-007-20%202019%20National%20Drug%20Threat%20Assessment%20-%20low%20res210.pdf [8] Roberto Saviano, Alfredo Meza: «Quanti errori a sinistra su Chávez e Maduro. Ora il Venezuela è nel caos» https://www.corriere.it/esteri/24_agosto_21/saviano-intervista-alfredo-meza-chavez-maduro-venezuela-e08fa362-840f-47f3-bfd7-7fc208a70xlk.shtml?refresh_ce [9] Geraldina Colotti, Alex Saab. Lettere di un sequestrato, Multimage, 15 novembre 2022 [10] https://www.pressenza.com/it/2024/04/alex-saab-prosciolto-da-tutte-le-accuse/   Fonti: “National Drug Threat Assessment”. Drug Enforcement Administration (2024). Governo degli Stati Uniti: https://www.dea.gov/sites/default/files/2024-05/5.23.2024%20NDTA-updated.pdf “National Drug Threat Assessment”. Drug Enforcement Administration (2025). Governo degli Stati Uniti: https://www.dea.gov/sites/default/files/2025-07/2025NationalDrugThreatAssessment.pdf Presidente colombiano Gustavo Petro difende Maduro dall’accusa di “narcoterrorismo” https://www.youtube.com/watch?v=Xf7ghNJ366U https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-pino_arlacchi__la_grande_bufala_contro_il_venezuela_la_geopolitica_del_petrolio_travestita_da_lotta_alla_droga/5871_62413/ https://italiacuba.it/2020/03/30/le-accuse-di-trump-a-maduro-sono-una-confessione-sul-golpe-di-guaido/ > Il rapporto chiave della DEA per il 2024 non menziona né il Venezuela né il > “Cartello dei Soli” > Legami pericolosi: «Narco» e il suo passato familiare > Stati Uniti: uno Stato narco-trafficante certificato dalla DEA > Il narcotraffico in America Latina e lo stratagemma di Marco Rubio > Il Venezuela da quando ha espulso la DEA statunitense ha sequestrato 182 > velivoli utilizzati per il traffico di droga dalla Colombia > Emergono prove di una cospirazione della DEA in Venezuela Lorenzo Poli
“Il Venezuela è speranza, non una minaccia”
Intervista a Luciano Vasapollo. Il Venezuela, patria di Simón Bolívar e della rivoluzione chavista, è da oltre vent’anni nel mirino delle potenze imperialiste e delle oligarchie locali. Dalla presidenza di Hugo Chávez fino all’attuale guida di Nicolás Maduro, ogni tentativo di riscatto sociale e indipendenza energetica è stato ostacolato da […] L'articolo “Il Venezuela è speranza, non una minaccia” su Contropiano.
Venezuela, Rivoluzione Bolivariana conquista più consenso elettorale rispetto alle elezioni del 2021
In Venezuela, con 4.979.771 voti, il Grande Polo Patriottico chavista conquista oltre 1 milione 200 mila voti in più rispetto alle precedenti elezioni regionali del 2021 (+33,6%) e oltre 660 mila voti in più rispetto alle elezioni parlamentari del 2021 (+15,29%). Questi i numeri elettorali della coalizione socialista, comunista ed alleati del presidente Maduro domenica scorsa. Impossibile leggere sui media internazionali occidentali questi dati ufficiali, mostrati dal presidente del Parlamento Jorge Rodriguez in diretta tv sul canale statale VTV durante il programma Maduro mas (Le immagini con i dati elettorali al minuto 1:10:05 https://www.youtube.com/live/mFJsNWWl84Q?si=2Mh7dOJjrfzHKMYQ). Le ragioni di questa vittoria numerica sono molteplici: ● 14 trimestri consecutivi (oltre 3 anni) di crescita economica del PIL in Venezuela nonostante continuino embargo, sanzioni e guerra economica; ● una opposizione di destra venezuelana frammentata e senza una proposta politica unitaria divisa tra chi si è presentato alle elezioni e chi invitava all’astensione; ● la scelta di candidati socialisti giovani scelti tra coloro che nei quartieri popolari da anni lavorano risolvendo i problemi; ● il ritorno in Venezuela di centinaia di migliaia di venezuelani che erano emigrati in cerca di fortuna per sfuggire alle sanzioni statunitensi e che invece all’estero hanno trovato, umiliazioni, sfruttamento, razzismo, governi e popolazioni ostili; ● l’aumento enorme della sicurezza in Venezuela. La crescita dei posti di lavoro da un lato e dall’altro le bande criminali che sono state quasi interamente sgominate o che sono fuggite all’estero, hanno reso la vita dei cittadini venezuelani migliore che in molti altri paesi latinoamericani. Chiunque viaggi in Venezuela resta sorpreso da questa nuova realtà, totalmente opposta alla descrizione manipolata dei media. Decine di video recenti  su you tube sono lì a testimoniarlo. Furti, omicidi e sequestri sono al minimo storico degli ultimi 30 anni; ● gli aiuti economici del governo alle comunas socialiste, che hanno realizzato i progetti proposti dai cittadini, hanno aumentato la fiducia della popolazione nei progetti sociali. Le case popolari consegnate hanno superato i 5 milioni (su una popolazione di circa 28 milioni); ● una parte di indecisi al voto (i cosiddetti “ni ni”) che vogliono solo serenità e lavoro hanno votato per la coalizione di governo non perché siano chavisti ma nella speranza che continuino il periodo di pace sociale e la crescita economica portata avanti dal governo in alternativa ad una opposizione estremista che chiama al boicottaggio e alla violenza. Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba
La giornata del voto nella Repubblica Bolivariana del Venezuela
Le elezioni del 25 maggio nella Repubblica Bolivariana del Venezuela rappresentano una tornata politica ed elettorale di grande importanza. Non solo si tengono le elezioni parlamentari per il rinnovo dei 285 deputati all’Assemblea Nazionale, ma anche le elezioni statali, per il rinnovo di 24 governatori. È pressoché superfluo, se non fosse necessario per contrastare e smentire le bugie e le falsificazioni della propaganda occidentale, ribadire che si tratta dell’ennesima tornata elettorale in Venezuela dall’insediamento di Hugo Chávez. Un’ennesima conferma della vitalità del processo democratico che caratterizza il modello di democrazia partecipativa e protagonistica del Venezuela e che rappresenta una delle cifre del socialismo bolivariano, un socialismo popolare e umanistico, con una profonda carica antimperialista e rivoluzionaria, ispirato dal pensiero e dalla visione di Chávez e proseguito e aggiornato oggi da Maduro. In questo scenario, la campagna elettorale è stata segnata dalla straordinaria mobilitazione popolare che si raccoglie intorno al Psuv, il Partito socialista unito del Venezuela, fondato su ispirazione di Chávez (2008) che esprime il nucleo dirigente della Repubblica Bolivariana del Venezuela e che rappresenta oggi il più grande tra i partiti socialisti dell’intera America Latina. Un partito, come si sente ripetere qui in Venezuela, di organizzazione e mobilitazione, un partito di “unità, lotta, battaglia e vittoria”, un soggetto popolare con una rilevantissima base di massa. Nell’incontro con le delegazioni internazionali presenti in Venezuela, tenuto lo scorso 24 maggio, il viceministro per l’America Latina e vicepresidente del Psuv per le questioni internazionali, Rander Peña, ha rimarcato alcuni dei temi politici fondamentali della fase, in Venezuela e in America Latina, nella quale si inscrive appunto questa nuova tornata elettorale, la 33esima elezione dall’insediamento di Chávez e dall’avvio del processo storico, politico e sociale noto, appunto, come Rivoluzione bolivariana. Lo scenario è anzitutto quello della contrapposizione tra il modello della pace, che il Venezuela Bolivariano è impegnato a portare avanti, e il modello della violenza, che è in ultima istanza la proposta che il fascismo, a livello internazionale, avanza. Non a caso, è proprio dal Venezuela che è partita la costruzione di una Internazionale Antifascista, una piattaforma di iniziativa  e di mobilitazione che già si va articolando in diversi Paesi, nei cinque continenti, tra cui anche l’Italia. Da un lato, dunque, sconfiggere il fascismo e la violenza, che in Venezuela porta il volto della destra eversiva che aveva già tentato la via dei disordini violenti e del colpo di stato all’indomani delle elezioni presidenziali che, il 28 luglio, hanno confermato Maduro alla Presidenza; dall’altro, costruire un Paese prospero e giusto, capace di coniugare il tema della inclusione e della giustizia sociale con quello dell’avanzamento e della modernizzazione del Paese, un altro dei temi forti della campagna elettorale, percorso sul quale il Paese si è già incamminato, ad esempio con il Piano delle 7 trasformazioni.   Non di meno significativo è stato quindi il passaggio – citando Chávez, “el vivir viviendo, el vivir con dignidad” (“vivere vivendo, vivere con dignità”) – in cui è stata richiamata la contraddizione fondamentale, da una parte il capitalismo, il modello capitalista, “con al centro il denaro e i suoi antivalori” (concorrenza, competizione, ingiustizia, disuguaglianza, profitto), dall’altra il socialismo, il modello socialista, in particolare declinato nel senso umanista e antimperialista proprio del socialismo bolivariano, “con al centro la solidarietà e i suoi valori”, di uguaglianza, emancipazione, giustizia sociale, partecipazione e protagonismo popolare, “a partire” – ha sottolineato lo stesso Rander Peña – “dalla centralità dell’essere umano, della persona e della famiglia”. Pace, serenità e avanzamento degli sviluppi e delle conquiste della rivoluzione bolivariana sono dunque le grandi poste in gioco di questa ennesima, importante, tornata elettorale. La democrazia partecipativa e protagonistica è il vero e proprio motore del potere popolare in azione e questo è il fondamento del processo rivoluzionario bolivariano e socialista. Mobilitazione e partecipazione sono vere e proprie chiavi di volta: “Dove c’è popolo, c’è speranza. Dopo 32 elezioni, ci stiamo dirigendo verso la nostra 33esima vittoria, perché il popolo ha un piano, una direzione e dei progetti”, ha ricordato Maduro in campagna elettorale. L’impegno delle autorità e del popolo è che le elezioni si svolgano in un clima di partecipazione e di serenità. Si tratta poi di elezioni importanti per due ulteriori ragioni. Quella che si va ad insediare con il voto  del 25 maggio, è infatti una legislatura costituente. “Ho parlato con la Commissione per la Riforma Costituzionale e abbiamo concordato di preparare un processo di consultazione e dibattito più inclusivo, più aperto, più comunicativo e più tempestivo per presentare il disegno di legge sulla riforma costituzionale alla nuova Assemblea Nazionale a gennaio”, ha dichiarato Maduro all’uscita dal seggio. Ha poi annunciato una riforma elettorale di sistema, “una riforma di tutte le leggi elettorali per creare il sistema elettorale comunale come nuovo sistema di consultazione ed elezione in Venezuela, un sistema elettorale basato sulle Comuni. Costruire un sistema di consultazione permanente, riprogettare il sistema elettorale per aggiornarlo: dobbiamo essere come architetti e creare un sistema elettorale basato nel territorio in cui le persone vivono”.  Gianmarco Pisa fa parte della delegazione internazionale di osservatori che si trovano in questi giorni in Venezuela per le elezioni che segue per conto di Pressenza. Gianmarco Pisa
Venezuela, Elezioni regionali e legislative: schiacciante vittoria del Grande Polo Patriottico
Questa domenica il popolo venezuelano si è recato alle urne per eleggere 285 deputati al Parlamento, 24 governatori e 260 parlamentari regionali. Alle elezioni regionali e legislative hanno partecipato 54 partiti politici di tutti gli orientamenti politici e più di 6.800 candidati. L’affluenza alle urne ha raggiunto il 42,63% delle liste elettorali attive, con oltre 5,5 milioni di venezuelani che hanno esercitato il loro diritto di voto in una giornata che Amoroso ha descritto come “ardua” ma positiva per il sistema elettorale venezuelano.   Elezioni regionali, Grande Polo Patriottico vince in 23 governatorati e in Guyana Essequiba Dopo un’intensa giornata elettorale il Consiglio Elettorale Nazionale del Venezuela (CNE) ha annunciato che il Gran Polo Patriottico Simón Bolívar (Gppsb) ha vinto 23 governatorati nel paese, tra cui quello di Guayana Esequiba. Con il 93,01% delle schede elettorali scrutinate, la coalizione del Grande Polo Patriottico ha vinto 23 dei 24 governatorati del Paese, dimostrando il sostegno del popolo venezuelano al presidente costituzionale Nicolás Maduro e al proceso rivoluzionario bolivariano. Secondo i risultati annunciati dal vicepresidente del CNE Carlos Quintero, il candidato del Gppsb Luis Marcano Salazar ha vinto la carica di governatore dello stato di Anzoátegui con l’87,30% dei voti. La carica di governatore dello stato di Apure è stata vinta dal candidato ufficiale , Wilmer Rodríguez, con il 96,19% dei voti, mentre la candidata , Joana Norelys Sánchez, ha vinto la carica di governatore di Aragua , nel centro del paese. Gli altri candidati della coalizione di governo usciti vincitori sono stati Yulisbeth García nello stato di Bolívar con l’87,85% dei voti, Donald Rafael Donaire a Guárico con oltre il 93% e Luis Ramón Reyes nello stato di Lara con il 90,95% dei voti. Sono stati rieletti governatori anche Victor Clark a Falcón con oltre l’80% dei voti, Rafael Lacava nello stato di Carabobo con l’87,67% delle schede e Freddy Bernal a Táchira ottenendo l’80% dei voti scrutinati, mentre l’ opposizione Alberto Galíndez tornerà a governare lo stato di Cojedes , nell’ovest del paese. In queste elezioni, il Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV ) ha recuperato le cariche di governatore dello stato di Barinas con il candidato Adán Chávez Frías che ha ottenuto il 72,45% dei voti, di Zulia con Luis Gerardo Caldera Morales che ha vinto con oltre il 64% e dell’entità di Nueva Esparta con la candidata Marisel Velázquez Millán che ha vinto con il 55,33% dei voti. I governatorati degli stati di Mérida , Miranda e Monagas sono stati vinti dai candidati del Grande Polo Patriottico, rispettivamente Arnaldo Sánchez Pérez , Elio José Serrano ed Ernesto Luna González . Le regioni di Amazonas , Delta Amacuro e Yaracuy saranno governate da Miguel Tadeo Rodríguez , Loa Tamaronis e Leonardo Cipullo . In Portogallo, il candidato del GPPSB , Antonio Primitivo Cedeño, ha vinto con il 93,61% dei voti. Da parte sua, lo stato di Sucre sarà governato da Jhoanna Carrillo Malave, che ha ottenuto oltre il 94% dei voti. Le entità di Trujillo e La Guaira sono state lasciate nelle mani dei candidati ufficiali , Gerardo Márquez con il 91,86% dei voti e José Alejandro Terán che ha ottenuto il 90,65%. Nella regione di Guayana Esequiba, il candidato in carica Neil Villamizar ha vinto con il 97,40% dei voti. “L’Essequibo ha un governatore ” – ha detto Maduro. “Avrà pieno appoggio di bilancio affinché il popolo di Essequibo abbia tutti i diritti che merita in quanto popolo del Venezuela” – ha sottolineato. Elezioni legislative, Grande Polo Patriottico ha vinto con l’82,68% Il Grande Polo Patriottico ha ottenuto una schiacciante vittoria anche alle elezioni legislative del Venezuela tenutesi domenica, ottenendo l’82,68% dei voti validi per i deputati della lista nazionale, secondo i risultati ufficiali annunciati dal Consiglio Elettorale Nazionale (CNE). Il partito al governo ha ottenuto 4.553.484 voti su un totale di 5.507.324 voti espressi , assicurandosi 40 dei 50 seggi in disputa, con una “tendenza irreversibile”, ha riferito il presidente del CNE, Elvis Amoroso , durante una conferenza stampa a Caracas. I risultati riflettono un ampio vantaggio del partito al governo sulle forze di opposizione . L’Alleanza Democratica, la principale coalizione di opposizione, ha ottenuto solo 344.422 voti (6,25%), seguita dall’UNTC Única Alliance con 285.501 voti (5,18%) e dalla Neighborhood Force Alliance con 141.566 voti (2,57%). I voti rimanenti , comprese le schede nulle e altre opzioni minori, ammontano a 182.351 voti , pari al 3,31% del totale . Queste cifre consolidano il predominio elettorale del chavismo nel Parlamento venezuelano per la prossima legislatura. Amoroso ha espresso il “profondo orgoglio” del ramo elettorale nell’organizzazione delle elezioni , sottolineando la trasparenza del processo in mezzo alle tensioni politiche che sta attraversando il Paese sudamericano.     I risultati preliminari segnano una nuova vittoria per il progetto politico avviato da Hugo Chávez e proseguito da Nicolás Maduro, rafforzando la gestione governativa della Rivoluzione in un contesto di sfide economiche e diplomatiche internazionali promosse principalmente da Washington. Elvis Amoroso riteneva che il popolo venezuelano fosse protagonista e decidesse il destino del Paese . “Un giorno in cui il popolo ha, per la prima volta, un governatore entrato in carica grazie alla volontà popolare”, ha affermato, sottolineando che siamo profondamente orgogliosi di questa giornata. Ha riconosciuto che si tratta di un lavoro profondo per il quale dobbiamo ringraziare i funzionari del CNE e le Forze Armate. provenienti dal Venezuela che sono stati nei luoghi in cui i venezuelani si sono espressi. ” Siamo grati agli osservatori internazionali che sostengono il Consiglio elettorale nazionale, nella nazione con il miglior sistema elettorale al mondo”, ha affermato. “Il Venezuela è un esempio per il mondo e possiamo dimostrare ancora una volta la forza del CNE”, ha aggiunto. Il presidente venezuelano Nicolás Maduro ha dichiarato domenica che la vittoria appartiene agli uomini e alle donne comuni dei quartieri venezuelani , dopo che il Consiglio elettorale nazionale (CNE) ha annunciato che il Grande Polo Patriottico ha vinto le elezioni legislative tenutesi oggi con l’82,68% dei voti. In un messaggio al popolo venezuelano, il presidente si è congratulato con l’intera nazione per l’elezione democratica dei governatori, dei consigli legislativi e dell’Assemblea nazionale per il mandato 2026-2031, affermando che adesso il loro compito è “perseverare, creare e cercare soluzioni “. “Il popolo è il protagonista” – ha detto Maduro, sottolineando che questa è una vittoria per la pace e la stabilità per tutto il Venezuela. “Dopo i blocchi, il fascismo e la violenza, oggi la Rivoluzione bolivariana ha dimostrato di essere più viva che mai” – ha affermato, sottolineando la ripresa del chavismo in stati come Barinas. Ha menzionato il piano di violenza che “siamo riusciti a sconfiggere contro i centri elettorali, contro Guri, contro le caserme militari ”. “Siamo riusciti a neutralizzare il piano di violenza”, ha affermato Maduro, garantendo al contempo che le elezioni si sono svolte in modo pacifico, calmo e senza incidenti . Maduro ha detto ai governatori che dovranno affrontare una sfida importante nel coordinamento con la comunità e i gruppi di base . “Voglio vederli lavorare insieme alle persone che lavorano alla base”, ha sottolineato. Fonte: teleSUR https://www.telesurtv.net/estado-por-estado-los-resultados-del-las-mega-elecciones-de-venezuela/ https://www.telesurtv.net/maduro-victoria-pertenece-pueblo-venezuela/ https://www.telesurtv.net/gran-polo-patriotico-elecciones-legislativas/ Lorenzo Poli