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Un agronomo romano trapiantato in Trentino e un pastore valdese al ritorno dalla Palestina
I due si incontreranno la sera di giovedì 4 dicembre al webinar, aperto alla partecipazione di tutti gli interessati, sul tema “Cisgiordania tra uccisioni, devastazioni e nuovi insediamenti. Quale pace?”. L’iniziativa è promossa dal gruppo DALLA PARTE DI ABELE. A riferire della situazione nei Territori Occupati e in particolare sui cristiani in Palestina sarà Michel Charbonnier, pastore della comunità valdese di Torre Pellice dal 2019, precedentemente a Trieste e Bologna, inoltre membro del Comitato centrale del Consiglio Ecumenico delle Chiese (WCC), che nei giorni scorsi ha partecipato al Convegno di Kairos Palestina dove è stato approvato il documento KAIROS II – Momento di verità: la fede al tempo del genocidio, un appello rivolto ai cristiani palestinesi e di tutto il mondo per sollecitare il loro rifiuto dell’ingiustizia e dell’apartheid e a impegnarsi con coraggio per contrastare il genocidio, la colonizzazione e la pulizia etnica e per gettare le basi e consolidare le prospettive di una pace giusta e duratura. Insieme a lui interviene Pier Francesco Pandolfi De Rinaldis, agronomo, anche formatore e progettista nell’agricoltura sociale, che come volontario dell’Associazione Pace per Gerusalemme ha appena trascorso un periodo in Cisgiordania per cooperare alla raccolta delle olive e con l’Unione dei lavoratori agricoli palestinesi. L’incontro con loro è stato organizzato in sinergia con alcune realtà, non solo evangeliche: la Commissione Globalizzazione e Ambiente (GLAM) della FCEI, il Centro interconfessionale per la Pace (CIPAX) e la rete di Ambasciatori e Ambasciatrici di Pace dell’UCEBI.   CISGIORDANIA TRA UCCISIONI, DEVASTAZIONI E NUOVI INSEDIAMENTI. QUALE PACE? giovedì 4 dicembre, in serata – dalle 20:30 alle 22:30 * ZOOM https://us06web.zoom.us/j/89437655980 * ID riunione 894 3765 5980 Maddalena Brunasti
Lo sfregio alla sinagoga di Monteverde è una provocazione contro la pace
Il Comitato Monteverde per la Pace esprime massima solidarietà alla comunità ebraica romana, offesa dall’atto vandalico compiuto nel cuore della notte tra domenica e lunedì 1° dicembre da ignoti incappucciati che hanno sfregiato la targa in ricordo del piccolo Stefano Gaj Tachè, vittima dell’attentato dell’82 al Tempio maggiore di Roma, posta all’ingresso della sinagoga del quartiere Monteverde a Roma. Viviamo in un momento storico in cui tutti i piani sembrano confondersi: legittima e auspicabile opposizione alle politiche genocidarie dello Stato d’Israele, l’appartenenza alla religione ebraica che nulla ha a che fare con il fanatismo messianico che anima l’oppressione e la violenza contro il popolo palestinese sia a Gaza che in Cisgiordania, l’accusa di antisemitismo, mai sopito in Europa, strumentalmente evocato dalle forze reazionarie per contrastare il legittimo sdegno suscitato nel mondo dal genocidio in atto del popolo palestinese. Come Comitato per la pace abbiamo partecipato alla manifestazione antifascista indetta dall’Assemblea autonoma di Monteverde che si è svolta pacificamente domenica 30 novembre scorso, con la partecipazione di molti giovani, per protestare contro le ripetute aggressioni di stampo squadrista e sionista nel nostro quartiere e auspichiamo che i responsabili dell’atto vandalico siano al più presto individuati a seguito delle indagini in corso. Roma – Monteverde, 2 dicembre 2025 Redazione Italia
La NATO si prepara alla guerra contro la Russia. Attacchi di Israele a Gaza, in Cisgiordania e Siria. Intanto in Sudan…
Le informazioni raccolte e divulgate oggi, 2 dicembre, da ANBAMED. Sono passati tre anni, 9 mesi e 7 giorni dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. L’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, presidente del Comitato Militare NATO, ha dichiarato al Financial Times che l’alleanza sta valutando di intensificare la sua risposta alla guerra ibrida di Mosca e ha affermato che un “attacco preventivo” potrebbe essere considerato una ”azione difensiva”. Per spiegare la sua neolingua, ha aggiunto: “Siamo in un certo senso reattivi. Essere più aggressivi o proattivi invece che reattivi è qualcosa a cui stiamo pensando”. GAZA – Le operazioni militari israeliane conto i civili sono intensificate ultimamente, dopo la consegna degli ultimi corpi di ostaggi israeliani uccisi dagli stessi bombardamenti dell’esercito di occupazione. L’aviazione di Tel Aviv ha colpito duramente a Khan Younis e Rafah. Elicotteri hanno bersagliato i campi di sfollati a ovest di Khan Younis. L’artiglieria ha bombardato a Zeitoun, a sud di Gaza città. Il rapporto del ministero della sanità palestinese informa dell’uccisione di 9 civili, nella giornata di ieri, i corpi dei quali sono arrivati negli ospedali. Mentre le violazioni israeliane della tregua non trovano eco sulla stampa scorta mediatica del genocidio e non vengono condannate dalle cancellerie dei paesi colonialisti di Stati uniti e Ue, la situazione umanitaria si aggrava. Le operazioni di ricerca dei dispersi palestinesi sotto le macerie vanno a rilento, a causa del blocco israeliano dell’ingresso di macchinari di movimento terra. Ogni giorno vengono recuperati decine di corpi, ma il numero totale si aggira tra i 10 e i 15 mila vittime dei bombardamenti israeliani sulle zone residenziali. È un dramma per molte famiglie che non riescono a dare una degna sepoltura ai loro cari, caduti vittime dei bombardamenti israeliani. Migliaia di famiglie stanno cercando di estrarre i corpi dei loro cari da sole, in assenza di risorse. “Alcune ci riescono, altre falliscono, ma la realtà è che migliaia di vittime sono ancora oggi sepolte sotto le macerie – ha detto il portavoce della protezione civile, Al-Basal  – Ci sono corpi che possono essere identificati direttamente, ma molte vittime che potranno essere identificate solo attraverso test di laboratorio (DNA)”, sottolineando che la Protezione Civile ha recuperato centinaia di corpi negli ultimi mesi di persone senza nome e che sono stati sepolti nelle ‘tombe non identificate’ nel cimitero dei numeri a Deir al-Balah. CISGIORDANIA – Il 17enne Muhannad Taher Zaghir è stato assassinato dalle truppe israeliane a el-Khalil (Hebron). È stato colpito dalle pallottole dei soldati israeliani mentre era nell’auto del padre. All’ambulanza della Mezzaluna rossa è stato impedito di soccorrerlo e poi il suo corpo è stato preso in ostaggio dall’esercito di occupazione. Anche a nord di Ramallah, le truppe israeliane di occupazione hanno impedito il soccorso ad un ragazzo ferito dalle pallottole dei soldati nel villaggio di Omm Safa. A nord di Gerusalemme, un gruppo di coloni ebrei, arrivati da ogni dove, ha issato costruzioni provvisorie per la realizzazione di una nuova colonia nel villaggio palestinese, Mikhmas. L’esercito ha accompagnato i colonizzatori e allontanato, con la minaccia delle armi, i contadini nativi dalle loro terre. SIRIA – Truppe di Tel Aviv avanzano verso nord nella provincia siriana di Quneitra. È la terza incursione israeliana in territorio siriano, sempre più vicino alla capitale Damasco. I soldati di Tel Aviv hanno eretto posti di blocco, compiuto azioni di rastrellamento e distrutto infrastrutture e demolito case. In una zona rurale hanno sradicato alberi, per costringere i contadini alla deportazione. Gruppi di coloni ebrei israeliani hanno tentato di creare degli insediamenti nelle zone occupate militarmente da Israele all’interno del territorio siriano, ma sono stati rispediti indietro dallo stesso esercito israeliano, con la motivazione che l’area non è ancora sicura e non sarebbe possibile garantire l’incolumità dei cittadini israeliani. LIBANO – Una tregua silente per la visita del papa. Ma la pressione sul governo e l’esercito libanesi da parte degli “intermediari” statunitensi è sempre più sfacciatamente a fianco di Israele. La rappresentante Usa nella commissione di supervisione sulla tregua pretende la restituzione ad Israele di un missile inesploso lanciato su Beirut. Gli Stati Uniti hanno chiesto urgentemente al governo libanese di recuperare la bomba intelligente GBU-39 lanciata da Israele durante l’assassinio del comandante militare di Hezbollah Haytham Ali Tabatabai, ma che non è esplosa ed è rimasta intatta sul luogo dell’attacco. La Casa Bianca teme che la bomba sofisticata, di fabbricazione USA, finisca nelle mani di Hezbollah che poi potrebbe consegnarla all’Iran, Russia o Cina. SUDAN – Le milizie hanno affermato di aver conquistato la caserma dell’esercito governativo a Babmusa. La scena militare sudanese sta assistendo a una rapida escalation dopo che le Forze di Supporto Rapido hanno preso il controllo della città di Babnusa nel Kordofan occidentale, aprendo un nuovo capitolo nel conflitto e ristabilendo un nuovo equilibrio di potere tra le due parti. Il risultato più drammatico della guerra civile sudanese è il prezzo pagato dalla popolazione civile costretta alla fuga ed a subire le angherie di milizie senza controllo. Sono state denunciate dai superstiti violenze indicibili che vanno dallo stupro fino alla richiesta di riscatto alle famiglie delle persone prese in ostaggio. ALEGERIA – Aumento del salario minimo e reddito di disoccupazione. Il governo algerino ha approvato due decreti per la lotta contro la povertà. Secondo una dichiarazione del Consiglio dei ministri, il salario minimo è stato aumentato da 20˙000 dinari (circa 155 dollari) a 24˙000 dinari (circa 185 dollari) a partire dall’inizio del prossimo anno. Come riportato dalla televisione di Stato e da una dichiarazione del consiglio, il presidente Tebboune ha deciso di aumentare l’indennità di disoccupazione da 15˙000 dinari (115 dollari) a 18˙000 dinari (circa 140 dollari).   INIZIATIVE Libertà per Marwan Barghouti : È in corso la campagna italiana in favore della liberazione dei prigionieri politici palestinesi e in particolare per mettere fine alle torture e maltrattamenti. Al centro di tale campagna vi è l’obiettivo di salvare il Mandela palestinese, Marwan Barghouti, da 23 anni in carcere. Sciopero della fame a staffetta contro il genocidio – Sono passati 6 mesi e 17 giorni di sciopero della fame a staffetta, dall’avvio della campagna di Digiuno x Gaza, l’iniziativa lanciata a maggio da Anbamed. Oggi, martedì 02 dicembre, il digiuno a staffetta prosegue. Il digiuno a staffetta prosegue fino alla conclusione vera dell’aggressione militare. Si propone di devolvere il costo di un pasto a favore di una raccolta fondi per la Palestina: “Oltre il digiuno, Gaza nel cuore” (https://gofund.me/4c0d34e2c). La petizione BDS chiede di cancellare il gemellaggio Milano-Tel Aviv e le collaborazioni economiche del Comune con Israele e un appello implora per la liberazione dei medici in ostaggio nei campi di concentramento israeliani. Il 13 dicembre a Milano, alle ore 18:00, ci sarà la presentazione della fiaba illustrata, “Strega!”, di Mia Lecomte – edizione bilingue italiano-arabo di Mesogea – Messina. Una pubblicazione per finanziare i progetti dell’associazione palestinese Al-Najdah a Gaza. Le maestre di Al-Najdah dopo averla ricevuta in formato digitale hanno detto: “Così coniugheremo istruzione e intrattenimento”. La presentazione sarà presso la sede dell’associazione ChiAmaMilano alla presenza di autrice, curatrici e illustratori e illustratrici. Per informazioni e adesioni al progetto Ore Felici per i Bambini di Gaza scrivere a anbamedaps@gmail.com     ANBAMED
‘Basta complicità. Sanzioni subito’: il programma di GMTG per la Giornata Internazionale di Solidarietà con il Popolo Palestinese
Comunicato n° 251125 di Global Movement To Gaza | Delegazione Italiana In occasione della Giornata Internazionale di Solidarietà con il Popolo Palestinese, il 29 novembre, il Global Movement to Gaza annuncia mobilitazioni e manifestazioni pacifiche coordinate in almeno 13 città di tre continenti – Europa, Africa e Americhe: Berlino, Parigi, Barcellona, Madrid, Oslo, Vienna, Varsavia, Lussemburgo, Città del Capo, Washington DC, Città del Messico, San Paolo,… Milano e Roma. A Roma un duplice appuntamento: * alle ore 10:30 presso l’Aula Magna di Giurisprudenza dell’Università Roma Tre, dove ci sarà un evento che vedrà la partecipazione, tra gli altri, della portavoce italiana GMTG e Global Sumud Flotilla Maria Elena Delia, e della relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati Francesca Albanese, oltre ad altre personalità della società civile e della cultura; * alle ore 13:00 al Parco Schuster il concentramento per poi confluire a Piazza di Porta San Paolo (Piramide) nella manifestazione nazionale di solidarietà con il popolo palestinese. Queste mobilitazioni mirano a denunciare e chiedere conto alle istituzioni dell’UE e i governi nazionali, i cui legami politici, militari ed economici con Israele contribuiscono a sostenere il genocidio in corso a Gaza, dove intere famiglie sono state cancellate e le infrastrutture vitali sistematicamente distrutte. L’uso della forza letale prosegue sotto la copertura di un’etichetta diplomatica: centinaia di persone sono state uccise e quasi un migliaio ferite in violazioni documentate del cessate il fuoco da parte di Israele da quando il cosiddetto “piano di pace” è formalmente entrato in vigore. Allo stesso tempo, le consegne di aiuti restano ben al di sotto del necessario: solo un sesto di quanto promesso entra a Gaza, lasciando ampie fasce della popolazione dipendenti da distribuzioni sporadiche e costrette a vivere in una carenza cronica di cibo, medicine, carburante e acqua potabile. In questo contesto, la prosecuzione delle esportazioni di armi, il mantenimento in vigore dell’Accordo di associazione UE–Israele e le fitte reti di commercio, ricerca e cooperazione in materia di sicurezza, tanto nel settore pubblico quanto in quello privato, forniscono un sostegno materiale a un regime costruito su razzismo sistematico, danni massicci ai civili e impunità strutturale. Il Global Movement to Gaza invita i cittadini a unirsi alle mobilitazioni del 29 novembre per consegnare un insieme conciso di richieste ai leader dell’UE e ai governi nazionali: * sospensione totale dell’Accordo di associazione UE–Israele; * immediato embargo sulle armi e sulla cooperazione militare con Israele; * sanzioni mirate contro i responsabili diretti e i complici di crimini di guerra, inclusi crimini contro l’umanità, genocidio e pulizia etnica in Palestina; * sospensione della cooperazione istituzionale con le istituzioni israeliane complici nei settori dell’accademia, dello sport e della cultura; * riaffermazione del primato del diritto internazionale e della sua applicazione universale, con le istituzioni dell’UE e gli Stati membri chiamati a rispettare i propri obblighi giuridici, allineando tutti gli accordi, i finanziamenti e le forme di cooperazione al diritto internazionale umanitario e ai diritti umani, invece di proteggere le violazioni e premiare l’impunità. Poiché i canali esistenti non sono riusciti a garantire un soccorso sufficiente e i governi hanno fallito nel rispettare il diritto internazionale, riaffermiamo che missioni come la Global Sumud Flotilla – e simili iniziative della società civile per rompere l’assedio e aprire corridoi umanitari permanenti – non sono opzionali o meramente simboliche, ma necessarie. Redazione Italia
L’azione legale promossa da 6 associazioni italiane e una donna palestinese
Il ricorso presentato al Tribunale di Roma il 29 settembre scorso è stato dettagliatamente illustrato al ‘lancio’ della mobilitazione che, all’insegna del motto “In nome della legge: Giù le armi, Leonardo!”, coinvolge tutti i cittadini italiani nel sostegno all’iniziativa. A citare in giudizio il gruppo industriale Leonardo SpA, il cui maggiore azionista è il Ministero dell’economia e delle finanze, e il governo italiano sono le associazioni A buon diritto, ACLI, ARCI, Attac Italia, Pax Christi Italia e Un ponte per e una giovane donna palestinese, Hala Abulebdeh, che risiede in Scozia, dove nel 2023 studiava farmacia e ha appreso della morte dei propri familiari, morti a Khan Younis assediata dalle forze armate israeliane. I ‘ricorrenti’ che hanno presentato l’esposto al Tribunale di Roma sono rappresentati dal team di avvocati – composto da Michele Carducci, Antonello Ciervo, Veronica Dini e Luca Saltalamacchia. In attesa degli sviluppi dell’iter procedurale, il 20 novembre le associazioni italiane hanno sollecitato l’attenzione degli italiani su questa loro azione legale, una delle prime di questo genere, mossa contro un’impresa e uno Stato membro dell’UE coinvolti nella fornitura di armi allo Stato israeliano mentre il suo governo conduce operazioni militari e interventi armati che fanno strage di civili nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania, e non solo, anche altre nazioni. PRINCIPI ETICI E NORMATIVI ALLA BASE DEL RICORSO L’azione legale è finalizzata a ottenere che siano dichiarati nulli i contratti commerciali stipulati tra Leonardo SpA e le imprese controllate dal gruppo o ad esso associate e collegate con lo Stato di Israele per la fornitura di strumentazioni, apparecchi e ricambi di attrezzature che l’IDF / Israel Defense Forces (Forze Armate israeliane) e le milizie israeliane impiegano per compiere attività, azioni e interventi non conformi alle norme di diritto internazionale. Se il Tribunale civile di Roma riconoscerà la nullità dei contratti, Leonardo Spa dovrà interrompere ogni attività che coinvolge l’azienda, di riflesso il Governo e lo Stato italiani, nella fornitura allo Stato israeliano di materiali e servizi bellici. All’annullamento dei contratti conseguirà anche che dovrà cessare ogni collaborazione di Leonardo SpA con l’esercito israeliano e con le imprese italiane, israeliane e di qualsiasi altra nazionalità che producono o commercializzano armi e tecnologie militari usate dalle forze armate israeliane. Tali contratti commerciali infatti sono regolamentati dagli accordi bilaterali tra gli Stati, italiano e israeliano, ma devono essere conformi alle norme in materia sancite dalla Costituzione e dalle leggi italiane, che a loro volta sono conformi a quelle sancite nei trattati internazionali – come la Carta (Statuto) dell’ONU – ratificati nell’ordinamento italiano, che impongono divieti tassativi alla consegna di armi interamente o parzialmente fabbricate in Italia a nazioni ed eserciti stranieri che ne fanno un uso criminale. In specifico, l’art. 11 della Costituzione dichiara che: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa della libertà dei popoli e come mezzo per risolvere le controversie internazionali; riconosce, su un piano di uguaglianza con gli altri Stati, i limiti di sovranità necessari per un ordine che assicuri la pace e la giustizia tra le nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali volte a questo scopo”. E in particolare a disciplinare l’esportazione, il transito, il trasferimento intracomunitario e l’intermediazione di materiale militare è la legge 185/1990, il cui art. 1 stabilisce che: 1. L’esportazione, l’importazione, il transito, il trasferimento intracomunitario e l’intermediazione di materiale militare, nonché il trasferimento delle relative licenze di produzione e il trasferimento della produzione, devono essere conformi alla politica estera e di difesa dell’Italia. Tali operazioni sono regolate dallo Stato secondo i principi della Costituzione repubblicana che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. 2. L’esportazione, l’importazione, il transito, il trasferimento intracomunitario e l’intermediazione di materiali militari, di cui all’articolo 2, nonché il trasferimento delle relative licenze di produzione e il trasferimento della produzione, sono soggetti alle autorizzazioni e ai controlli dello Stato. 3. Il Governo predisporrà misure adeguate per sostenere la graduale differenziazione della produzione e la conversione delle industrie del settore della difesa a fini civili. 4. Le operazioni di esportazione, transito e intermediazione saranno consentite solo se effettuate con governi stranieri o con imprese autorizzate dal governo del paese destinatario. Le operazioni di trasferimento intracomunitario saranno consentite secondo le procedure di cui al capitolo IV, sezione I. 5. L’esportazione, il transito, il trasferimento intracomunitario e l’intermediazione di materiali militari, nonché il trasferimento delle relative licenze di produzione e il trasferimento della produzione, sono vietati quando sono contrari alla Costituzione, agli impegni internazionali dell’Italia, agli accordi di non proliferazione e agli interessi fondamentali della sicurezza dello Stato, alla lotta contro il terrorismo e al mantenimento di buone relazioni con gli altri paesi, nonché quando non vi sono adeguate garanzie sulla destinazione definitiva dei materiali di armamento. 6. Sono inoltre vietati l’esportazione, il transito, il trasferimento intracomunitario e l’intermediazione di materiale … b) verso paesi le cui politiche siano in contrasto con i principi dell’articolo 11 della Costituzione; d) verso paesi i cui governi siano responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali sui diritti umani, accertate dagli organi competenti delle Nazioni Unite, dell’Unione Europea o del Consiglio d’Europa…   I FATTI CHE INFICIANO I CONTRATTI Come accertato dagli “organi competenti delle Nazioni Unite”, il ‘cliente’ israeliano di Leonardo SpA, il cui maggiore azionista è il Ministero dell’economia e delle finanze, è un paese il cui governo è responsabile, e colpevole, dei crimini di guerra e dei crimini contro l’umanità. Il genocidio del popolo palestinese in particolare è stato accertato e condannato nel 2024 dalle sentenze di Corte di Giustizia Internazionale e Corte Penale Internazionale e nel 2025 dai rapporti di funzionari e relatori incaricati dall’ONU a riferire della situazione nei territori palestinesi e nelle risoluzioni dell’Assemblea Generale dell’ONU. In specifico, “gravi violazioni delle convenzioni internazionali sui diritti umani” sono state riscontrate nell’assedio della Striscia di Gaza e negli attacchi alle comunità palestinesi in Cisgiordania compiuti nel periodo tra il 7 ottobre 2023 e il 29 settembre 2025 e sono documentate dalle notizie diffuse in questi giorni. Ieri, 23 novembre, ricordando che “Israele ha violato il cessate il fuoco 497 volte” e che nella Striscia di Gaza l’esercito israeliano fa esplodere gli edifici, INFOPAL informava che il sabato precedente un’ondata di attacchi aerei israeliani ha ucciso almeno 24 palestinesi e nella stessa giornata (domenica 23 novembre) una nave da guerra israeliana ha bombardato la città di Rafah uccidendo un bambino e ferendone molti altri, nell’area a sud-est del campo profughi di Al-Bureij i droni israeliani hanno sganciato bombe e aperto il fuoco, nei pressi della moschea al-Abbas un missile israeliano ha bersagliato un’auto civile e ucciso 5 persone, nel quartiere an-Nasr della città di Gaza in una casa bombardata da un aereo da guerra israeliano sono state uccise 4 persone e negli assalti alle case nel campo profughi di an-Nuseirat e nei pressi di Deir al-Balah sono stati uccisi 11 loro abitanti. Contemporaneamente, il 23 novembre 5 persone venivano uccise da un raid israeliano a Beirut dopo che numerose altre lo erano state nelle incursioni israeliane in campi profughi e territori libanesi dei giorni precedenti, in cui inoltre i militari israeliani hanno aggredito i caschi blu della missione UNIFIL che il 14 novembre scorso avevano denunciato l’invasione del Libano. Questi ‘bollettini di guerra’ e molti altri più dettagliati resoconti delle recenti e attuali ‘operazioni’ dell’esercito israeliano riferiscono dell’uso di aerei, cannoni, bombe, missili, proiettili, droni, carri armati e mezzi d’assalto e distruzione fabbricati in molti impianti industriali, anche italiani. Hala Abulebdeh / Israel Killed My Entire Family E come in interviste e reportage pubblicati da Palestine Deep Dive, anche nel ricorso presentato al Tribunale di Roma insieme alle associazioni italiane la giovane palestinese Hala Abulebdeh testimonia l’uccisione dei propri genitori, entrambi insegnanti, e dei suoi cinque fratelli, due ingegneri, due medici e una fisioterapista che collaborava con MSF / Medici Senza Frontiere, colpiti da armi e tecnologie militari ‘made in Italy’. Evidenziando che, in base alle norme della Costituzione italiana e delle leggi nazionali e internazionali che disciplinano le transazioni di materiali e servizi bellici, “il 7 ottobre 2023 è la data ufficialmente conclamata come sospensiva delle forniture di armamenti e di apparecchi, strumenti e mezzi dual use (civile e militare) allo Stato di Israele“, le 6 associazioni italiane hanno presentato al Tribunale di Roma la richiesta di annullamento dei contratti tra Leonardo SpA e lo Stato di Israele documentando il nesso tra le cause di morte dei civili palestinesi con la feralità dei materiali e delle collaborazioni che il gruppo produttore di armi classificato primo nell’UE e 13° al mondo il cui maggiore azionista è il Ministero dell’economia e delle finanze, quindi lo Stato italiano, ha recentemente fornito ed è in procinto di consegnare all’esercito israeliano. In sintesi, il dossier dimostra che: * componenti per velivoli F-35 – prodotti forniti principalmente attraverso la filiale britannica di Leonardo; * velivoli Aermacchi M-346 – Leonardo effettua riparazioni e fornisce pezzi di ricambio per la flotta; * radar di difesa a corto raggio e anti-drone – nel luglio 2022 Leonardo ha acquisito la società israeliana RADA Electronic Industries, che ha partecipato allo sviluppo di Iron Fist, un sistema di protezione attiva montato sui nuovi veicoli corazzati da combattimento (AFV) dell’IDF, gli Eitan a otto ruote; * autocarri a due assi – il Gruppo Leonardo, attraverso le sue controllate con sede negli Stati Uniti, supporta la mobilità dei veicoli pesanti dell’IDF fornendo speciali autocarri a due assi, un nuovo modello di rimorchio per cisterne pesanti (HDTT) prodotto dalla DRS Sustainment Systems Inc., con sede a Bridgeton, nel Missouri, una società del Gruppo Leonardo; * cannoni navali 76/62 Super Rapido MF – sono prodotti negli stabilimenti dell’azienda controllata da Leonardo SpA, OTO Melara che ha sede a La Spezia, e vengono utilizzati per armare le nuove corvette della classe Sa’ar 6; * elicotteri AW119K – Leonardo ha iniziato a inviare gli elicotteri Agusta Westland AW119Kx Koala-Ofer di ultima generazione per addestrare i piloti dell’Aeronautica Militare Israeliana (IAF) presso la base aerea di Hatzerim nel deserto del Negev; * componenti per bombe GBU-39 – il consorzio MBDA (leader in Europa nella costruzione di missili e tecnologie di difesa per i settori aeronautico, navale e terrestre, di cui Leonardo SpA fa parte e al quale contribuisce con una quota del 25%) vende allo Stato di Israele alcuni componenti chiave per le bombe GBU-39, ovvero le ali che si dispiegano dopo il lancio, consentendo alla bomba GBU-39 di essere guidata con estrema precisione verso il suo obiettivo. IL DOSSIER SU LEONARDO SPA COMPONENTI DEGLI F-35 Gli “F-35” sono modernissimi aerei da combattimento prodotti principalmente dall’azienda americana Lockheed Martin; alcuni dei suoi componenti vengono, tuttavia, realizzati da altre aziende dislocate in altri paesi, come il Regno Unito e l’Italia. Israele dispone di 39 F-35 e ne ha ordinati altri 36. Questi aerei sono stati massicciamente utilizzati da Israele per bombardare Gaza con bombe di varia potenza, incluse quelle da 2000 libbre, responsabili di alcune delle peggiori atrocità commesse negli ultimi mesi. Nel giugno 2024, un rapporto delle Nazioni Unite ha rilevato come le bombe sganciate da questa tipologie di aerei sono state utilizzate in diversi casi di attacchi indiscriminati che “hanno portato a un alto numero di vittime civili e a una diffusa distruzione di oggetti civili” a Gaza. L’Italia è un partner chiave nel programma di fabbricazione e produzione degli F-35 (https://www.sldinfo.com/wp-content/uploads/2014/10/Program_F35_Italian_perspective1.pdf). Come accertato dal General Accounting Office (Ragioneria Generale) del Governo degli Stati Uniti, agli inizi degli anni 2000 per entrare nel mercato della produzione di componenti degli F-35 l’Italia ha pagato la somma di $ 1,028 miliardi di dollari (https://www.gao.gov/assets/gao04-554.pdf). Secondo il report Global Production of the Israeli F-35I Joint Strike Fighter (fol. H-63) pubblicato nel gennaio 2025 dall’Istituto di ricerca sulla pace canadese “Project Ploughshares” che si occupa di disarmo e sicurezza internazionale, Leonardo ha incassato quasi tre miliardi e mezzo di dollari per le commesse legate alla produzione dei componenti degli F-35. AEREI M-346 Per effetto del contratto stipulato in data 19.07.2012 (ed autorizzato dall’UAMA con nota 25708 del 1.10.2012), la Alenia Aermacchi – poi divenuta Leonardo – ha prodotto e consegnato all’Aeronautica militare israeliana 30 velivoli di addestramento M-346 e relativi simulatori di volo; gli aerei sono quelli sui cui si sono esercitati i piloti dei caccia F-16 e F-35 che dall’ottobre 2023 stanno bombardando la Striscia di Gaza. Questo accordo assume le forme di una triangolazione: da un lato, Leonardo ha venduto ad Israele i velivoli in oggetto, dall’altro lo Stato italiano si è impegnato ad acquistare velivoli da ricognizione e satelliti spia per la stessa cifra dalle industrie israeliane della difesa Elbit e Rafael; nel giugno 2023, Leonardo ha annunciato che avrebbe trasformato i velivoli da addestramento M-346 dell’aeronautica militare israeliana in aerei da combattimento – con la sigla M-346FA (Fighter Attack) –, installando un cannone “NEXTER” da 20 mm sull’aereo, molto utilizzato dall’IDF per la sua efficacia in contesti bellici.   ELICOTTERI AW119K Nel mese di febbraio 2019 Israele ha acquistato sette elicotteri AW119KX “Koala” d’addestramento avanzato dalla Agusta-Westland del valore di 350 milioni di dollari: anche in questo caso, l’operazione è stata realizzata attraverso una triangolazione in base alla quale l’Italia si è impegnata ad effettuare acquisti di valore equivalente di tecnologia militare israeliana; l’ambito della transazione comprende il supporto e la manutenzione per 20 anni. Nel mese di settembre del 2020, Israele ne ha ordinati altri cinque, per un totale di dodici elicotteri e due simulatori destinati alla Air Force Flight School, presso la base di Hatzerim, più il supporto logistico e manutentivo dei velivoli da parte italiana per vari anni. Nel mese di aprile 2022, Leonardo si è aggiudicata un contratto dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti per la fornitura ad Israele di velivoli AW119Kx per 29 milioni di dollari nell’ambito delle vendite militari all’estero. Nel mese di settembre 2020 l’IMOD (Israel Ministry of Defense) ha siglato un accordo integrativo per l’acquisto di un pacchetto di addestramento avanzato da Leonardo che includerà cinque ulteriori elicotteri da addestramento AW119KX e due addestratori per la scuola di volo dell’Aeronautica Militare; parte di questi veicoli, utilizzati nelle recenti azioni militare dell’IDF sulla Striscia di Gaza, sono stati consegnati anche successivamente al 7.10.2023.   CANNONI NAVALI 76/62 “SUPER RAPIDO-MF” Il gruppo Leonardo (attraverso la controllata OTO Melara) ha prodotto e consegnato in data 13.09.2022 alla Marina militare israeliana i cannoni navali 76/62 “Super Rapido-MF” (Multi-Feeding), in grado di sparare fino a 120 colpi al minuto: la commessa ha un valore di 450 milioni di dollari. I cannoni armano le nuove corvette della classe “Sa’ar 6” realizzate dalla società tedesca ThyssenKrupp Marine Systems, impiegate in questi mesi per attaccare via mare la Striscia di Gaza: la Marina israeliana è stata tra le prime al mondo a utilizzare i cannoni OTO Melara da 76 mm che hanno una cadenza di fuoco di 120 colpi al minuto e un sistema di caricamento ad alimentazione multipla, grazie alle differenti tipologie di munizioni utilizzate (perforanti, incendiarie, a frammentazione, ecc.), contro sistemi missilistici a corto raggio, aerei, navi e obiettivi terrestri. Le navi che dal 9.10.2023 hanno utilizzato i cannoni Leonardo nelle azioni contro la Striscia di Gaza sono le corvette Ins Magen ed Ins Oz, le unità navali più grandi e più moderne della Marina militare israeliana. Diverse testate giornalistiche e le stesse IDF hanno confermato l’impiego delle nuove corvette nei bombardamenti sulla Striscia di Gaza.   TECNOLOGIE PER CARRI ARMATI Nel 2018 Leonardo DRS (la controllata di Leonardo con sede ad Arlington, Virginia) ha sottoscritto con Rafael Defense Systems un accordo per fornire all’Esercito e al Corpo dei Marines USA le tecnologie avanzate da installare nei carri armati Abrams M1A1/A2 MBT (contratto del valore di 80 milioni di dollari). Nello specifico, Rafael Defense Systems si è impegnata a produrre il sistema Trophy APS per la protezione del veicolo terrestre da eventuali attacchi, mentre Leonardo DRS si è impegnata a produrre i caricatori automatici per il sistema Trophy. Il sistema Trophy, sviluppato anche grazie a Leonardo, è stato installato in tutti i carri armati delle forze armate israeliane, come ad esempio i Merkava 3 e 4 ed i Namer; e sin dall’autunno del 2023, proprio i tank Merkava 4, dotati per l’appunto del sistema Trophy, sono stati impiegati nelle azioni militari perpetrate dall’IDF nella Striscia di Gaza.   RADAR Nel giugno 2022, è stato firmato un accordo di fusione tra la controllata americana di Leonardo (Leonardo DRS) e la società israeliana RADA Electronic Industries Ltd. con sede a Netanya, nei pressi di Tel Aviv, il cui sito ora è reperibile all’interno di quello della stessa Leonardo: la RADA è una azienda specializzata nella produzione di radar tattici militari, software avanzati, sistemi di sorveglianza delle frontiere, sistemi di difesa anti-aerea e anti-drone. Il successo dei prodotti RADA è intrecciato alle azioni militari che l’IDF ha ripetutamente condotto nella Striscia di Gaza tant’è che – come riportato sul sito della Leonardo – “è stata premiata dalle Forze di Difesa Israeliane (IDF) per la sua rete Sense & Warn di radar Counter-Mortars, Artillery and Rockets (C-RAM) subito dopo l’operazione Protective Edge nel 2014”. Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (OCHA) l’operazione “Margine Protettivo” (Protective Edge) avrebbe provocato la morte di migliaia di palestinesi, dei quali la gran parte civili (tra di loro centinaia di bambini). I sistemi di protezione attiva e i radar tattici prodotti da Leonardo DRSRADA sono da anni in dotazione anche dei vari blindati quali i Caterpillar D9 – dai soldati israeliani soprannominati Doobi – che sistematicamente accompagnano le operazioni militari e che hanno provocato la morte per schiacciamento di diversi palestinesi (nonché della militante nonviolenta americana Rachel Corrie) e la distruzione delle abitazioni e delle infrastrutture palestinesi. Attraverso le forniture di RADA, di fatto, il Caterpillar D9 è dunque diventato una vera e propria “arma automatizzata e comandata a distanza”, fondamentale per l’esercito israeliano, impiegata in quasi tutte le attività militari dal 2000, per liberare le linee di incursione, neutralizzare il territorio e uccidere i palestinesi. Dall’ottobre 2023, è stato documentato l’uso di attrezzature Caterpillar per eseguire demolizioni di massa – tra cui case, moschee e infrastrutture di sostentamento – raid negli ospedali e schiacciare a morte i palestinesi”, come accertato (al par. 45) dal Rapporto della Relatrice Speciale sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati dal 1967 “From economy of occupation to economy of genocide”.   DRONI MIRACH 100/5 «L’M-40 è l’ultimo arrivato nella famiglia di droni “Mirach” di Leonardo, progettata per simulare minacce nemiche e consentire alle forze aeree, navali e terrestri di addestrarsi con missili aria-aria e terra-aria come Stinger, Aster e Aspide. Osservando, tramite sensori, gli stessi bersagli di un aereo o di un missile guidato, l’M-40 consente agli operatori di armi e radar di addestrarsi contro un bersaglio realistico». Questo si legge nel comunicato di Leonardo del 16.04.2018. Questi droni bersaglio, come ammesso da Leonardo, sono stati venduti anche ad Israele, in relazione ai quali le forze armate israeliane hanno ricevuto anche il relativo training.   COMPONENTI PER LE BOMBE GBU-39 Leonardo è parte del consorzio MBDA che vende allo Stato di Israele alcuni componenti chiave per le bombe tipo “GBU-39”, prodotte dalla Boeing. Nel dettaglio, il consorzio produce in una fabbrica situata in Alabama (USA) le ali che si dispiegano dopo il lancio, consentendo alla bomba GBU-39 di essere guidata con estrema precisione verso il bersaglio. Secondo un’inchiesta svolta dal giornale britannico The Guardian, poi riportata da diverse testate giornalistiche, Israele, che ha ricevuto migliaia di queste bombe dal consorzio MBDA, in 24 casi le ha impiegate in attacchi che hanno causato la morte di civili, tra cui molti bambini. Gli attacchi in questione sono avvenuti di notte, senza preavviso, in edifici scolastici e campi tendati, dove si erano rifugiate famiglie sfollate, provocando vasti incendi in cui i civili sono arsi vivi o sono stati mutilati. In particolare, merita menzione l’attacco lanciato alle 2 del mattino del 26.05.2025, che squarciò il tetto della scuola Fahmi al-Jarjawi a Gaza mentre decine di famiglie, che vi avevano trovato rifugio, dormivano, provocando la morte di 36 persone, metà delle quali bambini. In un video diventato virale, si vede la figura della piccola Hanin al-Wadie, di soli 5 anni, che cerca di uscire dalla stanza in fiamme. Ma non meno disumano è stato l’attacco sferzato la notte del 26.05.2024, quando le bombe furono lanciate contro il Kuwait Peace Camp 1 a Rafah, innescando un incendio che ha incenerito decine di tende, provocando 45 morti e 249 feriti e dove un bambino e una donna furono decapitati dai frammenti dell’esplosivo.   RIFERIMENTI INFORMATIVI : * Genocidio nella Striscia di Gaza, giorno 779: decine di vittime in una serie di attacchi aerei israeliani. Israele ha violato il cessate il fuoco 497 volte / INFOPAL – 23.11.2025 * L’allarme di Unifil: Israele sta occupando i territori del Libano / CITTA’ NUOVA – 19.11.2025 * Le associazioni per la pace trascinano il governo italiano in tribunale / PRESSENZA – 22.11.2025 * In nome della legge, giù le armi: azione legale della società civile contro Leonardo e lo Stato italiano / ACLI – 20.11.2025 * “In nome della legge: Ricorso della società civile contro Leonardo e lo Stato Italiano”  (il video della presentazione del ricorso e dell’iniziativa)/ ASSOPACE PALESTINA – 21.11.2025 * In nome della legge giù le mani, Leonardo / ATTAC ITALIA – 20.11.2025 * “ In nome della legge! – Giù le armi, Leonardo!” / PAX CHRISTI – 21.11.2025 * Le associazioni della società civile portano Leonardo spa e lo Stato italiano in tribunale e chiedono di dichiarare nulli i contratti stipulati per la vendita e la fornitura di armi ad Israele / UN PONTE PER – 20.11.2025 Maddalena Brunasti
“Palestina al di là della tregua. Il dramma di un popolo ci chiama” – mercoledì 12 novembre a Palermo
Un incontro per capire come sostenere chi ha perso tutto verrà svolto nella cappella San Giuseppe del Gonzaga Campus, aperto a tutta la città e rivolto a giovani, genitori, educatori, personale non docente e referenti di associazioni. Intitolato Palestina al di là della tregua. Il dramma di un popolo ci chiama, sarà un momento di ascolto e riflessione. Interverrano il professor Aron Allegra e padre Francesco Cavallini SJ che, in tempi e modalità diverse, si sono recati in Palestina per conoscere da vicino la realtà dei palestinesi che continuano a vivere in uno stato di forte povertà e sofferenza anche in questo tempo di apparente “tregua”. Le loro esperienze dirette aiuteranno a comprendere cosa stia realmente accadendo per capire quale possa essere il contributo della comunità educativa. Oltre al dramma nella Striscia di Gaza, l’attenzione verrà rivolta anche alla situazione drammatica che si vive in Cisgiordania. “Come comunità del Gonzaga Campus ci siamo sentiti interpellati da quanto accaduto in Palestina – spiega padre Vitangelo Denora, direttore generale del Gonzaga Campus – Spesso proprio i nostri studenti ci hanno sollecitato a non dimenticare quello che sta succedendo nel mondo e noi, che crediamo che l’educazione passi anche dalla capacità di guardare con attenzione e cuore ciò che accade nel mondo, ci siamo subito attivati come realtà educativa, pensando ai giovani studenti che vivono in quella terra. Vogliamo raccontarvi cosa abbiamo fatto e cosa pensiamo di fare per porre dei segni di speranza alla nostra portata”. “L’incontro, infatti, sarà anche l’occasione per riflettere insieme – precisa padre Vitangelo Denora – su possibili iniziative concrete, ad esempio un gemellaggio con scuole del territorio palestinese, per continuare a costruire ponti di pace e di solidarietà sulla scia delle testimonianze ricevute. Per partecipare attivamente, abbiamo bisogno di conoscere di più, informarci, ascoltare e, soprattutto, continuare a costruire la pace nel nostro piccolo, attraverso l’educazione”.   PALESTINA AL DI LÀ DELLA TREGUA. IL DRAMMA DI UN POPOLO CI CHIAMA * PALERMO / Gonzaga Campus – via Piersanti Mattarella, 38-42 * mercoledì 12 NOVEMBRE alle h 18:30 Redazione Palermo
Genocidio palestinese e dissenso in Italia: le piazze per la Palestina sono scenario di repressione?
Dal boicottaggio dei consumi alle manifestazioni di piazza: cresce in Italia il movimento di solidarietà con il popolo palestinese, mentre si moltiplicano episodi di repressione e dibattiti sulla libertà di espressione. Nel nostro paese stiamo assistendo a imponenti manifestazioni contro l’occupazione israeliana e il genocidio palestinese, attraverso l’attraversamento fisico dello spazio pubblico (presidi di piazza e cortei nelle strade) e anche mediante altri strumenti, come il boicottaggio dei consumi e delle strutture considerate coinvolte nelle violazioni dei diritti umani. Il tema “Palestina” attraversa le nostre coscienze: a partire da un moto di empatia umana, le posizioni di tante e tanti diventano politiche, poiché non piangiamo solo le persone uccise e, soprattutto, i tanti bambini, ma iniziamo a reclamare giustizia per il popolo palestinese e rispetto del diritto internazionale. Il che, tradotto in parole semplici, significa condannare l’intero progetto sionista e le azioni atroci che gli organi governativi che oggi lo portano avanti stanno perpetrando ai danni del popolo palestinese. Forse non sempre si è consapevoli di questo, ma è di questo che si tratta: quando scendiamo in piazza per la Palestina oppure acquistiamo Gaza Cola invece di Coca-Cola, lo facciamo per condannare il genocidio ma anche, necessariamente, per combatterne i presupposti. Vi è un nesso storico tra ciò che è accaduto cento anni fa con l’insediamento dei primi coloni attraverso il “primo aliyah”, “il primo ritorno”, cioè l’immigrazione dei primi coloni sionisti che avvenne tra il 1882 e il 1903, portando migliaia di ebrei in Palestina, e ciò che accade oggi con il colonialismo di insediamento iniziato nel 1948 in Cisgiordania, che ha portato sempre più persone a comprimersi dentro lo spazio della Striscia di Gaza per sfuggire all’apartheid e alla violenta sottrazione delle terre e del diritto di abitarle in modo dignitoso e sicuro. Senza infilarci in complicate ricostruzioni storiche, salta all’occhio che il fulcro della questione sia sempre la terra: la terra dei padri ma, soprattutto, la terra dei figli e per i figli. Il sionismo getta le basi per un’economia giorno dopo giorno sempre più fiorente, fuori e dentro Israele, e sempre più strettamente legata, purtroppo, anche alle operazioni militari. Uno sviluppo basato su un modello di investimento neoliberale, che ha consentito alle aziende israeliane di diventare dei colossi mondiali in alcuni settori; un esempio eclatante è il caso di TEVA, azienda farmaceutica che più volte ha dimostrato di non attenersi ad alcuna regola di controllo sulla produzione dei farmaci né sul divieto di fare cartello per imporre i propri prodotti al mercato. Il suo profilo etico (per quanto dichiarino i suoi siti ufficiali) è ampiamente compromesso dalle sanzioni dell’Unione Europea, che nell’ottobre del 2024 l’ha multata per 462 milioni di euro per concorrenza sleale e abuso di posizione dominante. Inoltre, di recente, la multinazionale sembra essere coinvolta, insieme ad altre realtà, in gravissime azioni contrarie al codice etico sanitario: “Rapporti inquietanti suggeriscono che il Ministero della Salute israeliano avrebbe permesso a grandi aziende farmaceutiche nazionali di testare prodotti sui prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. Questa affermazione, fatta dalla professoressa Nadera Shalhoub-Kevorkian e da Mohammad Baraka, capo dell’Alto Comitato di Follow-up per gli Arabi in Israele, solleva serie preoccupazioni etiche. Nel 1997, l’ex politica israeliana Dalia Itzik riferì che oltre 5.000 test erano stati eseguiti su questi prigionieri. Inoltre, storicamente, le autorità israeliane restituiscono sempre con grande ritardo i corpi dei prigionieri deceduti e questo alimenterebbe i sospetti di sperimentazioni mediche.” Fonte: BDS Italia. TEVA, ancora, effettua forniture dirette all’esercito israeliano e finanzia campagne di immagine a sostegno delle azioni belliche a Gaza. Per tutti questi motivi, BDS, il movimento globale per i diritti del popolo palestinese, è attivo da vari anni con una campagna massiva contro TEVA. A tal proposito è bene precisare cosa dice BDS: il boicottaggio combatte la complicità, non l’appartenenza. Può sembrare una precisazione banale, ma è meglio non dare spazio ad equivoci. È necessario farlo perché il terreno si fa sempre più scivoloso. In Italia, il 6 agosto scorso, è stato presentato un disegno di legge (S.1627, cosiddetto disegno di legge “Gasparri”) che si ispira, con molta approssimazione, alla definizione di antisemitismo adottata dalla “International Holocaust Remembrance Alliance” il 26 maggio 2016: “L’antisemitismo è una certa percezione degli ebrei che può essere espressa come odio per gli ebrei. Manifestazioni di antisemitismo verbali e fisiche sono dirette verso gli ebrei o i non ebrei e/o alle loro proprietà, verso istituzioni comunitarie ebraiche ed edifici utilizzati per il culto.” Ma l’aspetto innovativo portato nella proposta è un salto, quasi un volo pindarico, di associazione dell’antisemitismo all’antisionismo, nesso che (ci correggano i giuristi) non esiste nel testo della definizione adottata da IHRA. Le domande sono tante. Chi scrive immagina che, tra le persone giuste che attraversano le comunità ebraiche europee e tra le componenti sane della società israeliana, vi sia ampio dibattito per capire come la definizione dell’IHRA possa e debba essere aggiornata alla luce delle recenti accuse mosse dalla Corte Penale di Giustizia e degli avvenimenti storici. Lo testimonia il fatto che il noto storico israeliano Ilan Pappé ha pubblicato un libro che si chiama La fine di Israele e che delinea proprio come la spaccatura interna rispetto al progetto sionista sarà la motivazione del suo annientamento. I fatti sembrano confermare questa visione dello studioso, che forse, ad alcuni, era potuta sembrare poco fondata poiché proiettata in un futuro troppo lontano. È di oggi la notizia della presenza in piazza a Gerusalemme di “una massiccia protesta che ha scosso la città, con la partecipazione di circa duecentomila ebrei ultraortodossi che hanno protestato contro la leva obbligatoria nell’esercito israeliano. Lo riporta il quotidiano Ynet, sottolineando il grande impatto della protesta che ha coinvolto una fetta significativa della comunità haredi locale. La manifestazione, denominata la ‘Marcia di un milione di uomini’, ha purtroppo registrato un tragico incidente: la morte di un ragazzo di 15 anni.” Altro quesito: è necessario un rafforzamento dei dispositivi di legge che puniscono l’antisemitismo nel nostro paese, in tutte le sue forme? Sì, certamente. Purtroppo, la scarsa o distorta conoscenza dei fatti storici porta tutt’oggi ancora troppe persone ad avere una percezione strisciante degli ebrei, considerati, nel pensiero di molti, come entità lobbistica. È ovvio che tale percezione, come tutte le azioni da essa generate, vada contrastata duramente. Ma allo stesso modo, se vogliamo restare in una posizione di correttezza etica e di efficacia giuridica, sono necessarie condanne di tutti i tipi di razzismo ben radicati nel nostro paese: vale per il razzismo anti-nero, l’antiziganismo, l’islamofobia, il razzismo antipalestinese, per tutti i giudizi negativi preconcetti basati su stereotipi riguardo a un gruppo etnico o razziale. Se la vediamo da questa prospettiva, individuando nell’antisionismo, d’emblée, una moderna manifestazione di antisemitismo, il progetto di legge pare promuovere una criminalizzazione del dissenso contro Israele, colpendo anche chi protesta per il riconoscimento dei diritti dei palestinesi e per l’affermazione della giustizia internazionale. È così? C’è chi, nel mondo dei giuristi democratici, solleva dubbi di incostituzionalità qualora la proposta venisse approvata dalle Camere. E ancora, la proposta si alimenta della deriva reazionaria che una sempre più poderosa parte della società civile sta denunciando, con particolare riguardo al modo con cui le forze dell’ordine agiscono nei confronti degli attivisti e delle attiviste per la Palestina? Fatto sta che, in tutta la penisola, da Milano a Torino, poi a Roma e infine a Napoli, si sono registrati episodi di violenza delle forze dell’ordine contro gli attivisti. Nel capoluogo partenopeo, in particolare, a seguito di una contestazione alla presenza di TEVA alla fiera PharmaExpò alla Mostra d’Oltremare, ci sono stati tre arresti. Dalle ricostruzioni della dinamica, effettuate grazie ai tanti video condivisi da parte di persone presenti, anche non direttamente coinvolte nella protesta, vi sarebbe stato un accanimento di alcuni agenti della Polizia e della Guardia di Finanza, che hanno accerchiato un gruppetto di venti attivisti che si stavano pacificamente avviando all’uscita dalla Mostra, dopo aver aperto uno striscione, minacciandoli e malmenandoli. Dopo tre giorni di detenzione, i fermi sono stati annullati senza che venisse convalidata la richiesta di arresti domiciliari mossa dal PM: solo obbligo di firma per gli attivisti, secondo il GIP. Una mitigazione della pena dovuta all’accertamento degli eventi che presenta una verità più vicina alla versione dei manifestanti che a quella della Questura? I fatti andranno accertati nelle sedi opportune. È però lecita una domanda: c’è reale possibilità di manifestare per una causa giusta come l’immediata sospensione della pulizia etnica dei palestinesi? Oppure, quando si toccano obiettivi sensibili economici (quelli che, tra l’altro, ha individuato la rapporteur delle Nazioni Unite per il popolo palestinese, Francesca Albanese, nei suoi due ultimi rapporti come base per le complicità con il genocidio “ongoing” da parte di imprese presenti in sessantatré Stati, tra cui l’Italia), si rischia di impattare con forme di repressione? * Storia degli insediamenti israeliani in Palestina – Vatican News * Colonialismo e apartheid in Israele – BDS Italia * Proteste in Israele: circa 200mila ultraortodossi in piazza, morto un ragazzo – Alanews * Disegno di legge S.1627 – Senato della Repubblica * DDL “antisemitismo”: il piano Gasparri tra università e propaganda – Domani * Napoli: fermi e abusi della polizia durante la protesta contro l’azienda israeliana TEVA – SiCobas * Scarcerati gli attivisti per la Palestina arrestati a Napoli – Rai News Campania * Rapporto ONU sul genocidio palestinese – Il Fatto Quotidiano   Nives Monda
“Blocchiamo tutto”: era la parola d’ordine di tutte e tutti – Paolo Punx
Blocchiamo tutto è stata la colonna sonora che ha attraversato tutte le iniziative dello sciopero generalizzato del 22 settembre. Blocchiamo tutto contro il silenzio complice del genocidio in palestina. Blocchiamo tutto per contrastare dal basso la vendita d’armi e gli scambi commerciali e finanziari che alimentano il genocidio. Blocchiamo tutto perché siamo l’equipaggio di [...]
Blocchiamo tutto. Lo sciopero dei quartieri – di Maddalena Fragnito
Sta nascendo una nuova forma di lotta: non solo categorie professionali e sigle sindacali, non solo legami affettivi e appartenenza politica, ma i quartieri. Quartieri in sciopero, in rivolta, che si danno appuntamento sotto casa, nei parchi, nei condomini, al mercato rionale, nelle farmacie, davanti ai bar. Quartieri che si organizzano in assemblee, stampano volantini, [...]
L’offensiva israeliana su Gaza City deve essere fermata immediatamente
Gaza City, MSF: “Interi quartieri distrutti, centinaia di migliaia di persone a rischio” 6 settembre 2025 – A Gaza City l’attività militare delle forze israeliane sta crescendo, mettendo a rischio la vita di centinaia di migliaia di persone. I team di Medici Senza Frontiere (MSF) continuano a fornire assistenza medica ai feriti e cure per la malnutrizione, mentre gli ospedali sono sovraffollati. Qui di seguito la dichiarazione di Esperanza Santos, coordinatrice delle emergenze di MSF a Gaza: > “Negli ultimi giorni, le forze israeliane hanno accelerato la loro campagna > genocida e di pulizia etnica espandendo la loro attività militare a Gaza City. > Ci sono bombardamenti di giorno e di notte, la popolazione è terrorizzata e > non sa dove andare né cosa fare. Abbiamo visto interi quartieri distrutti e > demoliti, senza praticamente nessun edificio rimasto in piedi. Sono zone > soggette a ordini di evacuazione, ma gli attacchi avvengono anche nel resto di > Gaza City, dove vivono ancora centinaia di migliaia di persone. > > I nostri team stanno continuando a fornire assistenza alle persone ferite dai > bombardamenti israeliani – ustionati, traumatizzati e con fratture gravi – e a > coloro che soffrono di malnutrizione nelle unità di terapia intensiva materna > e neonatale di MSF. Gli ospedali rimasti a Gaza City sono sovraffollati. > Stanno già operando oltre la loro capacità e l’eventuale evacuazione di tutti > i pazienti, compresi i neonati e i malati gravi, sarebbe estremamente > difficile. > > Pochissime persone sono riuscite a spostarsi verso sud perché la maggior parte > di loro non può permetterselo dato che i trasporti sono costosi. E anche al > sud non c’è spazio per accogliere quasi un milione di persone, oltre ad essere > un luogo che non è immune dagli attacchi. La popolazione non solo è confusa da > messaggi contraddittori, ma è anche assediata da bombardamenti e attacchi e > non vede davvero alcuna soluzione. Molti rimangono ancora a Gaza City > semplicemente perché non hanno altra scelta. > > L’offensiva israeliana su Gaza City deve essere fermata immediatamente”. L’Ufficio stampa di Medici Senza Frontiere Medecins sans Frontieres