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Corteo contro il dl Sicurezza: non vincono, non vinceranno, non hanno domani
Un corteo imponente, unitario, pacifico nelle forme ma determinato nei contenuti ha attraversato Roma, dalla multietnica Piazza Vittorio alla storica Piazza di Porta San Paolo, luogo dove iniziò dopo l’8 settembre la Resistenza a Roma contro i nazifascisti. Negli anni Sessanta fu luogo di scontri tra forze dell’ordine e lavoratori a seguito della svolta a destra del quadro politico per il sostegno che il Movimento Sociale Italiano diede al governo del democristiano Tambroni. La svolta a destra venne fermata dando inizio alla stagione riformatrice dei governi di cento sinistra, ma il costo fu alto per le vittime causate dalla iniziale, brutale repressione. Dopo un lungo percorso seguendo le Mura Aureliane, decine di migliaia di giovani e giovanissimi hanno interamente occupato la piazza, riempiendola di colori e della musica sparata a tutto volume dai diversi camion che hanno accompagnato il corteo, che più che marciare ballava libero e scatenato, con la certezza di stare dalla parte giusta della Storia e che il futuro non potrà che appartenere a loro. Un corteo di opposizione politica, sociale e culturale a un governo che senza mezzi termini viene definito reazionario e fascista, a cui non si chiede nulla se non di andarsene (“Te ne vai o no, te ne vai sì o no!”). Durante il percorso si alternano le differenti anime di un movimento unitario con uno slancio che la variegata sinistra italiana riesce ad avere soltanto quando il pericolo di perdere la nostra fragile democrazia diventa concreto. Così sono molte e variegate le associazioni che accompagnano i giovanissimi, quelli dei centri sociali ma non solo, poiché per questo governo essere giovani è di per sé motivo di sospetto, salvo vestirsi con capi firmati che denotano l’appartenenza reale o ideologica al campo delle classi dominanti e privilegiate. L’antiproibizionismo è visto dai ragazzi e dalle ragazze come il cuore di un’ideologia reazionaria pronta a colpire i consumatori di marjuana, ma impotente o direttamente collusa con le mafie in doppio petto che si spartiscono il mercato delle sostanze pesanti, a cominciare dalla cocaina. Prendono la parola i collettivi transfemministi e ambientalisti, i comitati per il diritto ad abitare, i gruppi territoriali antifascisti e antirazzisti, i sintonizzati gruppi di solidarietà con la  Palestina e il Rojava, i comitati dei precari, ma anche i rappresentanti della CGIL e dei Cobas, dell’Anpi e dell’Arci, di Amnesty International, dei Giuristi Democratici e del Cred, dell’Alleanza Verdi Sinistra e di Rifondazione Comunista e infine la variegata galassia di militanti della sinistra comunista. La partecipazione imponente, pacifica ma determinata e unitaria insieme all’età media finalmente piuttosto bassa fanno ben sperare. “È soltanto l’inizio. Non passeranno!” dicono. Inguaribile e velleitario ottimismo? Staremo a vedere, ma non dalla finestra, marciando insieme a loro. Foto di Mauro Zanella e Rete No Bavaglio Mauro Carlo Zanella
In piazza oggi a Roma contro la criminalizzazione del dissenso
In vista del voto per convertire in legge il decreto 48/2025, detto “Sicurezza”, Amnesty International ha annunciato l’adesione alle manifestazioni in programma in tutto il paese contro tale provvedimento Italia, Amnesty International: “La nuova durissima legge che criminalizza la protesta pacifica e aumenta i poteri delle forze di polizia dev’essere respinta” Mentre il parlamento italiano si appresta a votare per tradurre in legge un decreto governativo che pone limitazioni senza precedenti al diritto alla protesta pacifica, Amnesty International ha annunciato l’adesione alle manifestazioni in programma in tutto il paese contro tale provvedimento. “Oggi manifestiamo per chiedere al parlamento di votare contro questa legislazione repressiva. La Costituzione italiana prevede che i decreti debbano essere usati solo in caso di situazioni straordinarie o urgenti anziché per aggirare il controllo parlamentare. L’adozione del ‘decreto sicurezza’ ad aprile ha destato preoccupazione circa l’aumento delle pratiche autoritarie da parte del governo italiano”, ha dichiarato Esther Major, vicedirettrice di Amnesty International per le ricerche sull’Europa. “Se venisse approvata, questa durissima legge introdurrebbe nuovi reati come l’‘occupazione illegale di proprietà’ e aumenterebbe spudoratamente le tutele per le persone potenti. Contemporaneamente, espanderebbe i poteri delle forze di polizia e fornirebbe sostegno finanziario agli agenti che dovessero subire procedimenti giudiziari per atti inerenti al servizio”, ha aggiunto Major. “La nuova legge andrebbe a creare un ambiente ostile in cui le persone che intendono esercitare il loro diritto alla protesta pacifica pagherebbero un alto prezzo. Autorizzerebbe un ulteriore bavaglio nei confronti del dissenso delle persone attiviste per la giustizia climatica, per quelle in povertà, per le persone migranti e per altre persone razzializzate, che subirebbero le conseguenze dell’impatto discriminatorio del provvedimento. Siamo di fronte a un’indebita limitazione dei diritti, come quelli alla libertà di espressione e di raduno pacifico e alla libertà personale. Le disposizioni della legge non sono conformi al diritto internazionale dei diritti umani e devono essere respinte con decisione”, ha concluso Major. Ulteriori informazioni Il decreto legge 48/2025, intitolato “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario”, è entrato in vigore il 12 aprile e dev’essere approvato entro 60 giorni, pena la decadenza. Il voto finale è previsto entro il 10 giugno. La decisione del governo di presentare un decreto, pressoché identico al precedente disegno di legge bloccato in parlamento, è stata criticata da esperti di diritto costituzionale. Relatori speciali delle Nazioni Unite hanno espresso preoccupazione circa il mancato rispetto dei diritti umani da parte di molte delle disposizioni del decreto. In base alla nuova legge, chiunque “occupa un immobile destinato a domicilio altrui” potrà subire una condanna fino a sette anni di carcere (art. 10). Bloccare la circolazione stradale potrà comportare una condanna fino a due anni di carcere (art. 14). Alcune norme avranno un impatto sproporzionato sulle persone manifestanti, che saranno criminalizzate con pene maggiori e attraverso l’aggiunta di nuove circostanze aggravanti ai reati esistenti. I poteri delle forze di polizia saranno ampliati e le pene per i reati contro i pubblici ufficiali saranno inasprite. Amnesty International Italia prenderà parte alla manifestazione contro la conversione in legge del decreto 48/2025, in programma oggi a Roma con partenza alle 14 da piazza Vittorio Emanuele II. Qui puoi firmare l’appello per proteggere il diritto di protesta in Italia    Carolina Bruni – Head of Media and Communications Unit | Office +39 064 490 220 | Cell +39 345 7820 183 | E-mail c.bruni@amnesty.it | | Amnesty International Sezione Italiana, Via Goito 39, Rome   Amnesty International
Dl Sicurezza: Stop Rearm Europe, il 31/05 in piazza per democrazia
Tappa mobilitazione verso il 21/06 per Gaza, contro autoritarismo e militarizzazione. Domani, sabato 31 maggio, a Roma, parteciperemo alla manifestazione nazionale contro il Decreto legge Sicurezza con lo striscione ‘Verso il 21 giugno, Stop Rearm Europe, Per Gaza – No guerra, riarmo, genocidio, autoritarismo’ perché autoritarismo e militarizzazione si alimentano a vicenda, in quanto aspetti delle stesse politiche liberticide. Con il dl Sicurezza in Italia si rischia una deriva antidemocratica, in quanto, come segnalato dal Consiglio d’Europa, questo provvedimento limita i diritti alla libertà di espressione e di riunione pacifica, e, come rilevato dalle Nazioni Unite, lede i diritti umani. Dobbiamo tutelare i diritti civili e scongiurare la criminalizzazione del dissenso e del conflitto sociale. Il corteo del 31/05 è una tappa fondamentale della mobilitazione verso la manifestazione nazionale ‘No guerra, riarmo, genocidio, autoritarismo’, che si terrà il prossimo 21 giugno a Roma alle ore 14 a Porta San Paolo (Piazzale Ostiense) e che in Italia ha già raccolto oltre 300 adesioni di reti, gruppi, organizzazioni politiche e sociali, arrivando fino ad oltre 1.500 sigle in Europa. Per chi il 31/05 vorrà unirsi allo spezzone ‘Stop Rearm Europe’, l’appuntamento è alle ore 13:30 all’Hotel Napoleon, a Piazza Vittorio, 105”. Lo dichiarano i promotori italiani della Campagna europea “Stop Rearm Europe” (https://stoprearm.org/), Arci, Ferma il Riarmo (Sbilanciamoci, Rete Italiana Pace e Disarmo, Fondazione Perugia Assisi, Greenpeace Italia), Attac, Transform Italia). . Redazione Italia
Sanzione penale per una manifestazione nonviolenta a Schio
Assurda condanna per due attivisti di Altovicentino per la Palestina e del Collettivo Rotte Balcaniche. Di seguito il comunicato stampa congiunto. A poche settimane dall’approvazione del decreto sicurezza, a due attivisti di Schio viene notificata una condanna per un’azione pacifica contro una banca armata di oltre un anno fa. Mentre il genocidio di Gaza continua impunito e accelera una corsa al riarmo senza precedenti, vogliamo non solo denunciare l’assurdità e la sproporzionalità di tale misura, ma anche ribadire le ragioni di quel gesto simbolico. Poche settimane fa è stato consegnato un decreto penale di condanna a due attivisti di Altovicentino per la Palestina e del Collettivo Rotte Balcaniche. Si tratta di una vera e propria condanna penale, senza processo, a sei mesi di reclusione ciascuno, ridotti a tre e convertiti in un totale di 4500 euro di multa. L’accusa di «deturpamento e imbrattamento» si riferisce alla manifestazione per la Palestina tenutasi a Schio il 2 marzo 2024, nella quale un gruppo di manifestanti aveva simbolicamente segnalato la complicità nel genocidio delle banche armate che finanziano Israele, in particolare di Banca Intesa. Lo abbiamo fatto alla luce del sole. Quel giorno abbiamo deciso, collettivamente, di denunciare la complicità di Banca Intesa nel genocidio in corso in Palestina con una performance simbolica e non violenta. Nell’azione l’ingresso della banca è stato sporcato di tempera lavabile, per rappresentare il sangue dei bambini di Gaza, mentre venivano attaccati dei cartelloni alle pareti e posate a terra delle macerie, simbolo della distruzione della guerra. Poche ore dopo la banca era intonsa, come nuova, senza nessun danno. Ricordiamo che Banca Intesa investe e fa profitti sulle guerre, e che il genocidio non sarebbe possibile senza la continua vendita di armamenti all’esercito israeliano, che non si è mai fermata. Secondo il rapporto di Pax e altre 19 organizzazioni non governative, solo tra il 2021 e il 2023 Banca Intesa ha concesso 622 milioni in prestiti a Leonardo e Boeing, colossi europei degli armamenti. Banca Intesa, infatti, si muove a braccetto con Leonardo – a beneficio di Leonardo sono il 63% dei finanziamenti totali di Intesa Sanpaolo al settore aerospazio e difesa dal 2016 a oggi –, società italiana che continua a vendere sistemi d’arma agli Stati Uniti e Israele. Dal 2016 ad oggi, questa banca ha destinato al settore degli armamenti 2,135 miliardi di dollari, tra finanziamenti e investimenti. Ma non solo: Banca Intesa investe in società di cybersecurity e in una molteplicità di start-up israeliane. Immediatamente dopo il gesto le voci di sdegno e condanna nei nostri confronti non si sono risparmiate, dal centrodestra al centrosinistra, fino ai giornali locali. Un frastuono se paragonato all’assordante silenzio di fronte alla pulizia etnica del popolo palestinese. Violenti! Vandali! Pagherete i danni! Un oltraggio per il tranquillo Alto Vicentino, una deturpazione del salotto buono della città. L’ordine e il decoro sono oggi i valori inalienabili. Guai a chi osa alzare la voce, a chi rompe le righe, a chi prova ad esprimere, con un semplice gesto, il dolore del mondo. Più che dare risposte, vorremmo porre delle domande. Chi sono i violenti? Cos’è la violenza? Cosa è legale e cosa non è legale? Per esempio: è legale per una banca finanziare gli armamenti per un esercito indagato per genocidio? Quale violenza è legittima? Quella (presunta) dei manifestanti o quella delle istituzioni che foraggiano la guerra ovunque nel mondo? Che società è quella che condanna e si indigna per della tempera lavabile mentre fatica finanche a pronunciare la parola genocidio, di fronte al massacro di decine di migliaia di bambini? Per un attimo, abbiamo provato a rendere visibile un frammento della violenza che ogni giorno è esercitata – dal nostro governo, dalle nostre banche e dalle nostre aziende – dall’altra parte del Mediterraneo. Con un gesto performativo, abbiamo capovolto la finzione nella quale viviamo: un frammento di guerra e distruzione in centro città, i conti correnti tramutati in macerie e sangue. Questa finta pace che ci viene imposta nasconde una realtà di morte: la guerra, il riarmo, il genocidio. È questo squarcio che ha fatto scandalo, perché rende visibili delle contraddizioni profonde. Una realtà che vorrebbero nascosta, lontana, mascherata nel decoro, nell’ordine, nella disciplina. Con il recente «decreto sicurezza», assistiamo ad una criminalizzazione senza precedenti di chi esercita il proprio dissenso. Queste condanne spropositate sono solo un assaggio. Non sorprende che il governo più a destra della storia non tolleri l’opposizione. Preoccupa, invece, la diffusa accettazione di questo scivolamento verso l’autoritarismo e la guerra, in tutti gli ambiti della vita sociale. La paura di esporsi, il silenzio autoimposto. E in guerra i primi nemici sono interni: i disertori, i sabotatori, gli oppositori. Non saranno queste intimidazioni giudiziarie a farci tacere. Continueremo a scegliere di non distogliere lo sguardo. Contro il genocidio di Gaza che continua nel silenzio del mondo, contro il mastodontico piano di riarmo europeo, contro le misure repressive del governo Meloni – continueremo a gridare con tutta la nostra voce. visita la pagina: https://www.facebook.com/coordinamentostudentescoaltovicentino   Redazione Italia
Milano, venite a trovarci in Via Brenta alle case occupate
Siamo andati a conoscere la recente occupazione nella città di Milano, zona Sud, via Brenta incrocio corso Lodi. Un’occupazione a scopo abitativo, fatta dalla rete “Ci Siamo” che da anni, nel capoluogo lombardo, si impegna nell’importante problematica del diritto all’abitare. Incontriamo uno degli attivisti, Rodolfo. Se gli attivisti e le attiviste sono in gran parte italiani, coloro che abitano nella nuova casa sono tutti immigrati. Rodolfo raccontaci da dove nasce quest’occupazione e come sta andando. Noi siamo della rete “Ci siamo”, da anni ci occupiamo della questione del diritto alla casa. Milano da questo punto di vista è sempre più invivibile, ne fanno le spese i disoccupati, ma da tempo anche gli occupati con redditi che non ti permettono di accedere al mercato delle case. Se guadagnano 1000 euro o poco più, spesso con contratti capestro o in nero, ricattati magari perché senza documenti, ne dovrebbero spendere altrettanti per un piccolo appartamento. Non si tratta solo di immigrati, anche se noi di fatto abbiamo a che fare con loro, sia singoli che famiglie. Sono in gran parte lavoratori, quindi indispensabili al funzionamento di questa città, che da una parte li attrae e allo stesso tempo li respinge. Alcuni di loro hanno dormito per strada, anche con i figli. In passato abbiamo fatto diverse occupazioni seguendo un gruppo di migranti che col tempo sono cambiati. L’ultima nostra occupazione era stata in via Fracastoro, poi siamo “passati” attraverso una serie di tende piazzate nei giardini di fronte al Politecnico; infine, in situazione di emergenza, abbiamo occupato la piscina Scarioni, dalla quale siamo stati sgomberati. Per un periodo alcuni di loro sono stati al dormitorio di Milano (casa Jannacci, in viale Ortles), ma vi sono regole molto strette soprattutto con gli orari, inoltre separano le famiglie; alcuni sono transitati per un’occupazione studentesca che ci ha aiutato, da questa esperienza fra l’altro sono nate nuove relazioni, con questi giovani. Ora, dopo tanto peregrinare e dividerci, da pochi giorni, siamo qua. Chi vive in questa nuova occupazione e che cosa era questo spazio? Era una vecchia Asl chiusa da anni, venne riaperta come centro vaccinale durante il Covid. Milano è piena di spazi vuoti, abbandonati, sia nel pubblico che nel privato. L’abbiamo occupata e attualmente ci sono circa 30 persone, famiglie con bambini comprese. La questura, la Digos, è venuta a vedere, ha preso atto di quello che sta succedendo, ma per ora non vi sono stati problemi. Ci sono fuori le nostre bandiere, comprese quelle palestinesi, visto che sosteniamo quella resistenza. Sono tutti immigrati, ma non vi sono italiani con questo problema? Certo e ce ne stiamo rendendo conto sempre di più. L’espulsione dal diritto all’abitazione è trasversale. In questa città ci sono settori anche inimmaginabili in questa situazione di grande difficoltà: insegnanti, forze dell’ordine, trasportatori, ma anche addirittura medici… Molti di loro trovano situazioni fuori Milano. Quando siete entrati cosa vi aspettavate e cosa avete trovato? Non sapevamo bene cosa aspettarci, ma la situazione qui è più che accettabile. Acqua e luce ci sono, i bagni funzionano, certo c’era molto da pulire, da fare qualche piccolo lavoro. Al momento cerchiamo mobili, letti, armadi, materassi, e anche una cucina, che sarà quella comunitaria. C’è anche un piccolo giardino molto grazioso. Minacce di sgombero? Per ora nulla, certo sappiamo che aria tira, come si muove questo governo con questo nuovo decreto-legge, soprattutto rispetto alle occupazioni, ai picchetti, con pene pesanti per chi lotta… vedremo. Sappiamo anche che fanno il possibile per non lasciar “radicare” un’occupazione. Se poi sono decisi a spostare soldi per la spesa militare, le risorse per la spesa sociale diminuiranno e le condizioni peggioreranno, questo è quello che ci aspetta. Il proprietario è il Comune? Sì e speriamo di avere un dialogo. Non ci aspettiamo molto, noi faremo presenti le nostre ragioni, cosa ci spinge, quali sono le contraddizioni, che non abbiamo certo inventato noi. Se ci sgomberassero, queste persone, queste famiglie, verrebbero rimesse per strada. Come sono le dinamiche tra loro? Alcuni sono vostre “vecchie conoscenze”, altri sono nuovi, immagino. Sì è proprio così, ma stanno avvenendo cose belle, si sta crescendo come collettivo, con attenzioni reciproche, a partire da quelle dei bambini.  Il quartiere come ha risposto? Qualcuno è già venuto a vedere, a capire, a conoscerci, hanno anche portato solidarietà. Pochissimi hanno dato risposta negativa, un paio di razzisti con le forme solite. Domenica pomeriggio avete fatto un’assemblea; come è andata, quanti eravate? Moltissimi, almeno un centinaio di persone, qui nel giardino. Pensate che questa vostra azione sia soprattutto “simbolica”, politica, o sia davvero replicabile e quindi capace di rispondere davvero ad un bisogno che è infinitamente più grande? Noi speriamo certo che sia replicabile, perché l’esigenza è forte e chiara, ma ci rendiamo conto che la nostra è soprattutto una denuncia politica di quali sono le condizioni di vita, le contraddizioni di questa città, di questa società. È comunque un’esperienza di resistenza, per questo ci sentiamo vicini a quelle esperienze di lotta e resistenza appunto, sparse nel mondo, a partire da quella palestinese. Sono lotte impari, ma che si portano avanti con coraggio e a testa alta. Tornando alla fine alle persone che vivono in queste occupazioni: loro si trovano a non avere alternative. Loro pagherebbero un affitto, non sono contente di essere in una situazione illegale. Loro vogliono avere un lavoro dignitoso, una vita e una casa dignitose, non hanno nulla di ideologico. Ma provate voi a cercare una casa in affitto a Milano. Un’ultima domanda: cosa chiedete alla città? Noi questo posto vogliamo farlo vivere, vogliamo che ci siano iniziative, che sia aperto al quartiere. Crediamo che in questo modo il posto si rafforza e si difende così. Dal punto di vista del mobilio abbiamo bisogno di un po’ di tutto, ma soprattutto vi diciamo: passate di qua, venite a conoscerci. Ogni domenica alle 14 e mercoledì alle 18 ci sono le nostre assemblee aperte, siete tutti invitati e invitate. Si arriva facilmente in metropolitana, linea gialla, Brenta, appena salite in superficie ci vedete subito. Andrea De Lotto
“Governare con la paura”, la denuncia di 237 giuristi
Il quotidiano La Stampa ha pubblicato ieri sera, on line, l’appello di 237 giuristi contro il ddl sicurezza, definito un attacco alla democrazia. Dopo aver sottolineato che il compito dei giuspubblicisti è interpretare la Costituzione ed assumere posizioni individuali anche all’interno della docenza universitaria, i firmatari proseguono: «Ci sono momenti però nei quali accadono forzature istituzionali di particolare gravità, di fronte alle quali non è più possibile tacere ed è anzi doveroso assumere insieme delle pubbliche posizioni. È questo il caso che si è verificato nei giorni scorsi quando il disegno di legge sulla sicurezza, che stava concludendo il suo iter dopo lunghi mesi di acceso dibattito parlamentare dati i discutibilissimi contenuti, è stato trasformato dal Governo in un ennesimo decreto-legge, senza che vi fosse alcuna straordinarietà, né alcun reale presupposto di necessità e di urgenza, come la Costituzione impone.» Tra l’altro, tale scelta reca un grave “vulnus alla funzione legislativa delle Camere”, cosa del resto purtroppo verificatasi anche in passato. «In quest’occasione – sottolineano però i giuristi – la violazione è del tutto ingiustificata e senza precedenti, dato che l’iter legislativo, ai sensi dell’art. 72 della Costituzione era ormai prossimo alla conclusione, quando è intervenuto il plateale colpo di mano con cui il Governo si è appropriato del testo e di un compito, che, secondo l’art. 77 della Costituzione può svolgere solo in casi straordinari di necessità e di urgenza, al solo scopo, sembra, di umiliare il Parlamento e i cittadini da esso rappresentati. Quanto al merito, si tratta di un disegno estremamente pericoloso di repressione di quelle forme di dissenso che è fondamentale riconoscere in una società democratica. Ed è motivo di ulteriore preoccupazione il fatto che questo disegno si realizzi attraverso un irragionevole aumento qualitativo e quantitativo delle sanzioni penali che – in quanto tali – sconsiglierebbero il ricorso alla decretazione d’urgenza, dal momento che il principio di colpevolezza richiede che chi compie un atto debba poter sapere in anticipo se esso è punibile come reato mentre, al contrario, l’immediata entrata in vigore di un decreto-legge ne impedisce la preventiva conoscibilità.» I giuristi continuano evidenziando i diversi principi costituzionali violati dal decreto in questione: il principio di uguaglianza, calpestato nel caso di stranieri extracomunitari e carcerati, la tutela della libertà personale, messa in pericolo dal daspo urbano e dall’autorizzazione per la polizia a portare (e usare) armi diverse da quelle d’ordinanza e anche fuori dal servizio. Denunciano anche l’aggravio delle misure di repressione penale in caso di pubbliche manifestazioni, “disposizione che per la sua vaghezza contrasta con il principio di tipicità delle condotte penalmente rilevanti, violando per giunta la specifica protezione costituzionale accordata alla libertà di riunione in luogo pubblico o aperto al pubblico (art. 17 Cost.)”. E stigmatizzano “altre disposizioni” che “violano palesemente il principio di determinatezza e di tassatività tutelato dall’art. 25 Cost.: si punisce con la reclusione chi occupa o detiene senza titolo “un immobile destinato a domicilio altrui o sue pertinenze; si rischiano pene fino a sette anni per l’occupazione di luoghi che presentano un’estensione del tutto imprecisata e rimessa a valutazioni e preferenze del tutto soggettive dell’interprete.” Qui il riferimento del testo legislativo, neanche tanto velato, è ai movimenti di occupazione di case sfitte o non assegnate e all’occupazione di scuole e fabbriche. «Torsione securitaria, ordine pubblico, limitazione del dissenso, accento posto prevalentemente sull’autorità e sulla repressione piuttosto che sulla libertà e sui diritti rappresentano le costanti di questi interventi.» sostengono i giuristi, per concludere: «Insegniamo che la missione di chi governa dovrebbe essere quella di cercare un equilibrio nel rapporto tra individuo e autorità. Invece, il filo che lega il metodo e il merito di questo nuovo intervento normativo rende esplicito un disegno complessivo, che tradisce un’impostazione autoritaria, illiberale e antidemocratica, non episodica od occasionale ma mirante a farsi sistema, a governare con la paura invece di governare la paura. «Confidiamo che tutti gli organi di garanzia costituzionale mantengano alta l’attenzione e censurino questo allontanamento dallo spirito della nostra Costituzione, che fonda la convivenza della comunità nazionale su democrazia, pluralismo, diritti di libertà ed uguaglianza di fronte alla legge, affinché nessuno debba temere lo Stato e tutti possano riconoscerne, con fiducia, il ruolo di garante della legalità e dei diritti.» Seguono 237 firme; tra le prime quelle di cinque presidenti e vicepresidenti emeriti della Corte Costituzionale, fra i quali Gustavo Zagrebelsky.   Redazione Italia
Contro le guerre e il riarmo, per i diritti sociali e l’equità
Il 22 aprile, presso il centro sociale “Ex carcere” di Palermo si è tenuta l’assemblea del Forum no guerra per la pace e il disarmo. Numerosa e composita la partecipazione, anche se limitata dal lungo ponte che quest’anno unisce Pasqua al 25 aprile e che ha visto molt* partire. Il dibattito davvero ricco, a tratti vivace, si è concentrato sui metodi di comunicazione interni all’assemblea, sulla struttura e l’articolazione che l’assemblea stessa intende darsi e sulle prossime iniziative, a partire da quelle vicinissime del Presidio di Donne per la Pace il 24 e poi del 25 Aprile. Il confronto è partito da un documento – frutto di un incontro nazionale e sottoscritto da oltre 40 tra associazioni, sindacati di base e collettivi – che invita ad una ulteriore riunione il 24 Maggio per organizzare una manifestazione unitaria contro la guerra e il riarmo il 21 giugno, a ridosso del vertice NATO dell’Aja. In alcuni interventi, a tale documento sono state mosse critiche relative ad un mancato approfondimento sulla guerra in Ucraina, in particolare al mancato appoggio politico oltre che umano che invece andrebbe dato ai disertori sia ucraini sia russi, come pure agli obiettori e alle obiettrici israeliane. Anche l’analisi sul ruolo dell’industria bellica, specie italiana, è apparsa carente. Tali critiche sono state recepite dall’assemblea, che ha incaricato un gruppo di lavoro di integrare il documento con le necessarie osservazioni, così da poterlo far proprio; la stessa commissione, inoltre, procederà a definire le tematiche relative al contenuto dello striscione da portare al corteo del 25 Aprile. L‘assemblea ha anche deciso la partecipazione all’incontro regionale promosso dalla rete contro il DL sicurezza a Catania per il 27 Aprile (con la possibilità di collegamento on line per chi non potrà spostarsi) al fine di organizzare una manifestazione regionale contro il deprecabile decreto. È emersa, però, la necessità di collegare le denunce contro la guerra, contro il genocidio in atto a Gaza con la complicità di USA ed Europa e contro il Dl fascista entro un unico grande e articolato quadro interpretativo dell’evoluzione attuale del capitalismo. E, contestualmente, la necessità di costruire un movimento globale che sappia progettare e realizzare, a partire dalle piazze, una critica pratica alle politiche neoimperiali e autoritarie in atto oggi in tutto l’occidente. E proprio al fine di allargare la partecipazione e renderla sempre più cosciente e sottolineare la necessità di collegare la lotta contro la guerra e il riarmo alla difesa dello stato sociale e del reddito, insomma per rilanciare una risposta anche alla guerra che quotidianamente il capitale conduce contro i lavoratori e i poveri – pure questa con migliaia di vittime innocenti – l’assemblea ha deciso di dotarsi di gruppi di lavoro che siano strumento di creazione di relazioni con sindacati, collettivi o singoli, ma anche di studio e approfondimento. Aldilà di qualche lievissimo screzio iniziale, anche stavolta il Forum (al suo terzo appuntamento) ha espresso una volontà unitaria, nel doveroso rispetto delle diverse identità presenti, attraverso un dibattito alto nei contenuti, disciplinato e inclusivo nelle forme e concreto nelle conclusioni. Adesso la parola va alle piazze antifasciste, antisioniste e pacifiste del 25 Aprile! Redazione Palermo