Ungheria, appello per lasciar sfilare il Budapest PridePer 30 anni, il Budapest Pride è stato un momento di visibilità, solidarietà e
libertà in uno stato, l’Ungheria, dove le persone Lgbtqia+ venivano
progressivamente emarginate.
Da quando Victor Orbán è salito al potere, la prima volta a cavallo dei due
secoli per poi rimanerci stabilmente dal 2010, gli spazi di libertà sono stati
via via erosi e il Budapest Pride è diventato un luogo condiviso di resistenza
all’autoritarismo.
Non è un caso, dunque, che il 18 marzo – 24 ore dopo la sua presentazione – il
Parlamento ungherese abbia approvato un emendamento costituzionale che colpisce
ulteriormente la libertà di espressione. Con un linguaggio generico che ricorda
le disposizioni della legge sulla “propaganda gay” adottata dalla Russia nel
2023, il testo vieta ogni raduno ritenuto “contrario allo sviluppo morale dei
minorenni”.
La legge, adottata con 136 voti a favore, consente l’uso della tecnologia per il
riconoscimento facciale per identificare le persone che prendono parte a
iniziative ora vietate, nonché una multa di 500 euro (il salario minimo in
Ungheria è di poco superiore ai 700 euro e l’inflazione è una delle più alte in
Europa) per chi vi partecipa.
Chi organizza eventi vietati rischia fino a un anno di carcere. Infine, la legge
amplia il numero dei casi in cui le forze di polizia possono disperdere
manifestazioni di cui era stata data notifica.
È dal 2020 che il governo ungherese si accanisce contro i diritti delle persone
Lgbtqia+: ha vietato il riconoscimento legale delle persone trans, ha cancellato
da gran parte della dimensione pubblica compresa le scuole e la programmazione
televisiva diurna le minoranze sessuali e di genere, ha impedito le adozioni
alle coppie omosessuali e ha emendato la Costituzione in modo tale da definire
la famiglia “unione di un uomo e di una donna”.
Quello di Orbán è un misto di ideologia e cinico calcolo politico: additando
come capri espiatori le persone Lgbtqia+, il governo devia l’attenzione dalla
crisi economica e riduce il dissenso al silenzio.
I mezzi d’informazione pro-Orbán, praticamente quasi tutti, definiscono il Pride
“una provocazione illegale” che ha l’obiettivo di “corrompere i giovani”.
Ma il 28 giugno le persone Lgbtqia+, i movimenti per i diritti umani e quella
parte della società civile non ancora “orbanizzata”, intendono scendere in
piazza. Nel rispetto delle attuali disposizioni, un mese prima, il 28 maggio,
l’organizzazione del Budapest Pride chiederà l’autorizzazione e la polizia avrà
48 ore di tempo per rispondere. Qui l’appello di Amnesty International a
sostegno della richiesta: https://www.amnesty.it/…/ungheria-lasciar-sfilare-il…/
L’Unione Europea intenderà sostenere questa elementare rivendicazione dei
diritti alla libertà di espressione e di manifestazione pacifica?
Riccardo Noury