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OPEN-ARMS: LA PROCURA DI PALERMO PRESENTA RICORSO IN CASSAZIONE CONTRO L’ASSOLUZIONE DI SALVINI
La Procura di Palermo ha deciso di presentare ricorso direttamente in Cassazione, e non in appello, contro l’assoluzione di Matteo Salvini nel “processo Open Arms“. Il leader della Lega, all’epoca dei fatti ministro dell’Interno (oggi ministro delle Infrastrutture e vice-premier), era accusato di sequestro di persona plurimo per aver impedito – nell’agosto 2019 – lo sbarco di 147 migranti che si trovavano a bordo della nave dell’ong Open Arms dopo essere stati soccorsi nel mar Mediterraneo centrale. Il 20 dicembre 2024, il Tribunale di Palermo aveva deciso per l’assoluzione di Salvini. Secondo la Procura palerminatana, però, la sentenza ha riconosciuto i fatti contestati – l’avere trattenuto a bordo i migranti illecitamente – sbagliando però l’interpretazione delle leggi e delle convenzioni internazionali: secondo l’accusa, insomma, i giudici sbagliano nell’interpretazione della normativa. A suffragio della tesi della Procura, a febbraio 2025 il Ministero dell’Interno è stato condannato per un caso analogo, quello della nave Diciotti a cui le autorità italiane avevano negato lo sbarco. Sulle frequenze di Radio Onda d’Urto è intervenuto Arturo Salerni, avvocato della Open Arms, parte civile nel processo che vede imputato Salvini. Ascolta o scarica.
Il Tribunale di Locri dichiara Mimmo Lucano decaduto dalla carica di sindaco. Annunciato ricorso
In base alla legge Severino, il Tribunale di Locri ha dichiarato oggi Mimmo Lucano decaduto dalla carica di sindaco, accogliendo il ricorso presentato dalla Prefettura di Reggio Calabria che faceva riferimento alla condanna a 18 mesi di reclusione per falso, con pena sospesa e si opponeva alla delibera del Consiglio Comunale di Riace. In aprile infatti questo si era espresso contro la decadenza del sindaco, sostenendo che il reato di falso per cui Mimmo Lucano era stato condannato non faceva parte di quelli commessi “con abuso di potere o in violazione dei doveri” contemplati dalla legge Severino. Nella sua pagina Facebook Mimmo Lucano ha reagito prontamente a questa ennesima ingiustizia: “Ormai sono abituato all’idea che certe battaglie non si finiscono mai di combattere, perché se ti ostini a portare avanti un progetto politico di uguaglianza, libertà, dignità e riscatto degli ultimi, non puoi aspettarti che i Poteri che impongono lo status quo te lo lascino realizzare. Il Tribunale di Locri ha ritenuto che la condanna per un falso in una determina comunale, che non ha provocato nessun danno di nessun tipo, che non è stato perpetrato con abuso di potere, per il quale i giudici avevano escluso l’applicazione della pene accessorie (anche perché fatto in buona fede) sia sufficiente a causare la decadenza dalla mia carica da sindaco. Il mio unico reato è stato quello di proporre un modello umano di accoglienza e crescita sociale, politica, economica e morale, che ribalta completamente la narrazione xenofoba lanciata dalle destre per gonfiare paure e consensi elettorali. La resistenza continua: io non mi fermerò. Con i miei legali farò ricorso contro questa ingiusta sentenza, e resterò sindaco fino alla decisione della Corte di Cassazione, che sono certo legittimerà pienamente gli effetti della volontà popolare. Hasta la Victoria siempre.”   Redazione Italia
Ultima Generazione: Firenze, ricorso alla Corte Costituzionale
Nel corso del processo per l’imbrattamento della sede regionale del Ministero Economia e Finanza, il giudice ha sollevato la questione della legittimità costituzionale per l’articolo 18 TULPS. Sì è tenuta questo lunedì l’udienza per del processo per l’imbrattamento della sede regionale del MEF a Firenze nel gennaio 2023: Le persone imputate erano accusate di imbrattamento, articolo 639 c.p., concorso in reato (110 c.p.) e manifestazione non preavvisata, articolo 18 TULPS. Nell’udienza in questione il giudice avrebbe dovuto emettere la sentenza, invece è accaduto qualcosa di inaspettato: il giudice ha deciso di sollevare la questione della legittimità dell’articolo 18 TULPS ricorrendo alla Corte Costituzionale.  Il TULPS – Testo unico di leggi per la pubblica sicurezza – è stato emanato nel 1931, in pieno periodo fascista; l’articolo 18 sostanzialmente impone che le manifestazioni in luogo pubblico debbano essere preavvisate alla Questura. Il ricorso non riguarda l’articolo nella sua interezza, ma la sanzione penale prevista, in caso di mancato preavviso (fino ad un anno di carcere o una multa) L’accettazione del ricorso porterebbe ad abrogare la sanzione penale per il mancato preavviso (rimarrebbe l’obbligo di preavviso sancito dall’articolo 17 della Costituzione). Si ritiene che la sanzione penale per la mancata comunicazione alla questura di una manifestazione in luogo pubblico sia sproporzionata e quindi incostituzionale. Il risultato porterebbe a una sanzione amministrativa, molto meno grave di una sanzione penale che criminalizza coloro che esercitano un diritto fondamentale protetto dalla Costituzione. Ovviamente il ricorso può essere respinto e in questo caso il giudice dovrebbe emettere sentenza di condanna. Da notare che lo stesso giudice ha chiesto il ricorso alla Corte Costituzionale in un’udienza svoltasi poco prima della nostra, sempre in merito all’applicazione del 18 tulps (in questo caso si trattava di una manifestazioni di anarchici contro il 41 bis). Questa decisione può rappresentare una svolta per il diritto di manifestare in Italia, eliminando – o ridimensionando – un reato che, fin dalla sua istituzione, tradisce la sua origine repressiva. Una svolta tanto più importante perché arriva a poche settimane dall’approvazione del Dl Sicurezza e dimostra che le azioni dirette nonviolente, dalla strada al Parlamento, passando per le aule dei tribunali, portano alla trasformazione della società. I nostri canali: Aggiornamenti in tempo reale saranno disponibili sui nostri social e nel sito web: * Sito web:https://ultima-generazione.com * Facebook@ultimagenerazione.A22 * Instagram@ultima.generazione * Twitter@UltimaGenerazi1 * Telegram@ultimagenerazione Ultima Generazione è una coalizione di cittadini ed è membro del network A22.   . Ultima Generazione
Decreto Piantedosi, domani l’udienza alla Corte Costituzionale
La questione di costituzionalità era stata sollevata dal Tribunale di Brindisi grazie al ricorso di SOS MEDITERRANEE contro il fermo amministrativo del 9 febbraio 2024, a seguito dello sbarco di 261 sopravvissuti nel porto salentino. Il fermo era stato motivato in base alle false accuse mosse dalle autorità marittime libiche. In discussione al Palazzo della Consulta l’intero impianto di una legge ingiusta, discriminatoria e punitiva.  Si svolgerà domani l’udienza nel corso della quale la Corte Costituzionale sarà chiamata a valutare la costituzionalità del Decreto-legge 1/2023 poi convertito in legge n° 15/2023: il cosiddetto Decreto Piantedosi. La questione di costituzionalità era stata sollevata dal Tribunale di Brindisi, nell’ambito del giudizio dovuto al ricorso con il quale SOS MEDITERRANEE aveva contestato il fermo amministrativo alla nave Ocean Viking il 9 febbraio 2024. «Qualunque sia la decisione della Corte – spiega la direttrice di SOS MEDITERRANEE Italia Valeria Taurino – quella di domani è già una giornata storica: di fronte ai tentativi di questo governo di aggirare con leggi ingiuste il diritto internazionale, quello umanitario e, soprattutto, i doveri di umanità, il fatto di essere di fronte alla più Alta Corte del Paese dimostra in modo inequivocabile che lo Stato di Diritto non è scavalcabile. Soccorrere chi è in pericolo di vita è un diritto e un dovere, e sta a chi vorrebbe rovesciare questo principio inviolabile dimostrare che così non è, non certo a chi, animato da spirito umanitario, è in mare per provare a salvare vite umane. Del resto, già nell’accoglimento della nostra richiesta di sospensione del fermo, il Tribunale di Brindisi aveva sottolineato come le nostre attività di ricerca e soccorso siano ‘di per sé meritevoli’ di tutela istituzionale.». I legali di SOS MEDITERRANEE Dario Belluccio e Francesca Cancellaro ribadiranno, davanti ai giudici della Suprema Corte, quanto già aveva convinto il Tribunale Brindisino a richiede l’intervento del Palazzo della Consulta. Secondo i legali dell’associazione, infatti, è in gioco un principio giuridico fondamentale: “Non può essere sanzionata una condotta che è finalizzata a salvare la vita di altri”. Oltre a questo, gli avvocati che rappresentano la ONG contesteranno diversi elementi di dubbia costituzionalità nel decreto Piantedosi. Le principali questioni riguardano: Il principio di proporzionalità e ragionevolezza della sanzione. “Il principio di proporzionalità dovrebbe sempre guidare le decisioni del legislatore quando si tratta di limitare i diritti fondamentali”, avevano dichiarato gli avvocati nell’udienza che ha avuto luogo nell’ottobre 2024. “In questo caso, sono in gioco diritti fondamentali, sia per coloro che sono colpiti dalla sanzione prevista dalla legge, come le navi di soccorso, sia per i naufraghi stessi. La detenzione della nave rappresenta una sanzione che inibisce le attività di salvataggio e quindi impedisce l’accesso ai diritti fondamentali delle persone in pericolo in mare.” Il principio di determinatezza. Questo principio è incrinato dal fatto che il decreto subordina l’accertamento della condotta illecita della Ocean Viking alle valutazioni delle autorità di uno Stato terzo, in questo caso la Libia.  Inoltre, il team legale di SOS MEDITERRANEE sostiene che la legge è così vaga da obbligare la ONG di ricerca e soccorso a rispettare qualsiasi indicazione, anche se provenienti da autorità appartenenti ad altri Stati come la Libia: dal punto di vista legale quindi la sanzione dell’Italia alla Ocean Viking -una nave battente bandiera norvegese e in acque internazionali – per non aver rispettato le indicazioni delle autorità libiche è ampiamente discutibile. I giudici della Corte Costituzionale sono dunque chiamati a esprimersi principalmente su questi rilievi sollevati dal giudice di merito, che mettono in dubbio non soltanto singole previsioni legislative ma l’intero impianto di una legge ingiusta, discriminatoria e punitiva.       Redazione Italia