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Mirare alla coscienza
Sarà presentato a Palermo il prossimo 16 giugno presso il No Mafia Memorial, il bel libro edito dal Centro Gandhi nella collana Quaderni di Satyagraha “La coscienza dice no alla guerra. Per un rilancio dell’obiezione di coscienza a tutti gli eserciti e per una nuova idea di difesa”, curato da Enzo Sanfilippo e Annibale Raineri e prefato da Alex Zanotelli. Ne parliamo con i due curatori, che appartengono entrambi alla Comunità dell’Arca fondata da Lanza Del Vasto. D. Caro Enzo, com’è nata l’idea di realizzare questo volume e in che relazione si trova con la campagna di obiezione alla guerra? R. Tutto nasce con l’inizio del conflitto in Ucraina che ha riportato tutti noi all’evidenza della guerra come dato epocale e drammatico. Abbiamo sentito nel nostro piccolo gruppo un senso di impotenza aggravato dal fatto che esso è legato alla tradizione nonviolenta che tramite Lanza del Vasto arriva direttamente a Gandhi. Perché – ci siamo chiesti – questa nostra cultura e le pratiche che ad essa si ispirano non dicono più niente al mondo? Sono anzi spesso derise e ritenute non credibili… Due persone impegnate nell’Arca hanno deciso di recarsi in Ucraina con una Carovana organizzata da Stop the War Now per un’esigenza di condivisione e di comprensione. Al loro rientro è iniziata una riflessione collettiva che ci ha portati a conoscere le azioni che altri movimenti dell’area pacifista e nonviolenta avevano già messo in campo, ad incontrarli e dialogare con loro.  Abbiamo così aderito alla “Campagna Obiezione alla Guerra” lanciata dal Movimento Nonviolento e abbiamo fatto sì che tante persone potessero tradurre in questo primo gesto individuale ciò che ciascuno di noi sente nel profondo: un rifiuto ad uccidere e un desiderio di trovare e sperimentare vie concrete alla gestione nonviolenta dei conflitti. Quel Sì che in più parti del libro tutti gli autori propongono di accompagnare al semplice rifiuto della guerra e degli eserciti. In questo percorso di approfondimento abbiamo preso consapevolezza che il diritto all’obiezione di coscienza e la necessità di forme istituzionali di difesa non armata e nonviolenta sono scomparse dal dibattito pubblico già da vent’anni, da quando cioè la leva non è più obbligatoria. Questo è un dato paradossale: il fatto che i giovani non vengano più chiamati a svolgere il servizio militare o quello civile in forma sostitutiva, ha fatto sì che il tema della difesa, che la costituzione aveva collocato tra i “doveri” di ogni cittadino (art.52), non venga più preso in considerazione dai più e affidato ai militari di professione.  Quella che ai più era sembrata una vittoria (la cancellazione della naja) si è rivelata un boomerang. La ripresa di questo tema è in linea con due pronunciamenti della Corte Costituzionale che ha sancito che si può assolvere al dovere di difesa della patria sia in forma armata sia in forma non armata. Bisogna pertanto istituire formalmente l’istituto della Difesa nonviolenta a cui potranno partecipare i cittadini obiettori di coscienza. D. Il libro è un corale a molte voci, che muove dagli interrogatori e dalle testimonianze degli obiettori durante la guerra d’Algeria, narrati da Lanza del Vasto, per giungere alle esperienze di diserzione attuali in Russia e Ucraina, Israele e Palestina. R. Sì, abbiamo voluto inserire, ad inizio del volume, questo diario che racconta dell’incontro tra giovani francesi chiamati alla leva nei primi anni sessanta con alcuni compagni della Comunità dell’Arca del tempo. Questi giovani sentivano forte nel proprio intimo la volontà di non partecipare alla guerra d’Algeria in cui la Francia era impegnata in quegli anni e nella quale manifestava in pieno l’idea di dominio coloniale, con l’uso di tutti i mezzi, compresa la tortura contro i dissidenti. Atti di questo genere sono stati ripetuti oggi da giovani russi, bielorussi, ucraini e israeliani, come è detto in un’altra parte del libro. Far conoscere direttamente queste testimonianze ci è sembrato molto significativo per due motivi. In primo luogo perché nel caso della Francia degli anni ‘60 si realizzò l’incontro tra persone di generazioni diverse che oggi molti di noi pensano assente o in forte sofferenza: non sarà forse perché si cerca il confronto su idee e opinioni e non su atti di vita?   L’altro motivo risiede nel fatto che l’obiezione di coscienza, testimoniata con atti di disobbedienza ad una legge dello Stato, ha storicamente introdotto istituti assolutamente innovativi nella concezione stessa dello Stato. Specialmente in Italia l’istituto della Difesa non armata e nonviolenta è contenuto nel nostro ordinamento giuridico, come in pochi altri paesi al mondo (cosa ignorata dall’opinione pubblica).   Quindi le scelte politiche in tema di difesa, compresa la sospensione della leva obbligatoria e la costituzione dell’esercito professionale e la trasformazione del servizio civile in forme di semplice tirocinio pre-lavorativo (nonostante esso sia ancora formalmente finalizzato alla difesa nonviolenta), hanno di fatto interrotto un interessante percorso di riforma dello Stato che può e deve essere ripreso e sostenuto. D. Caro Annibale, tu e gli altri autori e autrici siete fermamente convinti che le pratiche di ripudio nonviolento della guerra – espresse per esempio negli Interventi Civili di Pace in contesti bellici internazionali o nelle attività dell’Osservatorio contro la Militarizzazione delle Scuole e delle Università o nei numerosi Presidi di Donne per la Pace, che proprio in questi giorni stanno coordinandosi per dare vita ad una manifestazione diffusa e unitaria il 26 giugno in molte città – possano costituire esempi concreti di una “politica dal basso”, alternativa alle passerelle istituzionali, ormai estranee alla società civile, e molto più coinvolgente. R. Sì, ma la questione ha contorni più radicali. Non si tratta di “rivitalizzare” la politica con un incremento dell’attivismo “dal basso”. Si tratta piuttosto di mettere in campo forme di agire e di pensare diverse dall’agire politico che ha strutturato la modernità, l’ordine simbolico dentro cui si è mosso tanto il potere di governo che chi a quel potere si è contrapposto (anche quando, come per me, si sente la storia di quelle lotte come la propria storia). Ogni agire politico è un agire che definisce mezzi e strategie per conseguire obiettivi sulla base di una “mappa” della “congiuntura”, cioè di un tempo non lungo. Nell’agire politico, cioè, i mezzi e le strategie non valgono per se stessi, ma solo per la loro (presunta) efficacia. Ma qual è la congiuntura attuale? Viviamo in un tempo di crisi radicale di una storia millenaria in cui le società sono state strutturate in base al principio della forza, al potere di dare la morte (principio figlio della sovversione patriarcale). Questo modello sociale attraversa una crisi radicale perché, grazie allo straordinario sviluppo della scienza-tecnica, ha condotto l’umanità sull’orlo del baratro.  Se si ha questa coscienza storica, allora non si tratta di mettere in campo altre forme di agire strategico, ma anzitutto di mirare alla coscienza, come scriviamo nel libro, in forza unicamente della verità. Il resto verrà di conseguenza, e con esso la costruzione di un “campo comune” e di percorsi parziali, passo dopo passo. Ripeto: il primo ed essenziale passo è un duplice atto di coscienza, individuale, responsabile, pubblico: un No che sia anche un Sì, come diceva prima Enzo. D.Infine un interrogativo che ci angoscia da sempre e per il quale forse non esiste una risposta univoca: ci sono momenti storici, dolorosissimi e conflittuali, in cui anche i nonviolenti sono coinvolti in conflitti ineludibili, se vogliono stare, come oggi si usa dire, “dalla parte giusta della Storia”.  Penso a Lidia Menapace, staffetta partigiana disarmata, allo stesso Gandhi che invitò gli indiani a combattere a fianco degli inglesi nelle due guerre mondiali suscitando enorme scandalo, alle donne curde del Rojava costrette fino a poco fa a imbracciare il fucile nonostante Ocalan oggi raccomandi il disarmo.  Il sangue versato – che sia in una guerra o in una rivoluzione – è pur sempre preziosissimo sangue… R. La questione che poni è un dilemma impossibile da sciogliere. Eppure qualcosa mi sento di dirti, provando a distinguere due livelli. Anzitutto il piano morale, quello che esplicitamente indichi. Su questo piano non si può far altro che appellarsi alla coscienza individuale, evitando scorciatoie: chi non si sente di portare le armi ma nondimeno partecipa ad una lotta partigiana ne condivide il peso morale. Nei drammi morali non è mai questione della “salvezza della mia anima”. Nessuno dei maestri della nonviolenza condannerebbe chi usasse la violenza (anche a costo del “proprio inferno”) di fronte ad una impossibilità a non “usare il male” di fronte ad un male infinitamente maggiore. Ma chi decide? Sul piano della moralità non c’è altro che la coscienza individuale di fronte ai drammi della storia.  Ma, oltre al piano della moralità, c’è il piano della eticità, cioè dell’orientamento di valore oggettivato nella concretezza storica in cui sono immerse le vite delle comunità, con le loro istituzioni e gli universi simbolici dentro cui si rappresentano. Se il nostro tempo è il tempo storico in cui l’uccidibilità come millenario principio ordinatore delle comunità umane è “oggettivamente” posto in questione perché sta precipitando l’umanità in una catastrofe mortale irreversibile, allora è chiaro che di fronte a questa “situazione del tempo” del tutto nuova è necessario uscire da quel paradigma (e dalle forme simboliche corrispondenti).  Uscire dal paradigma della guerra (che non è un conflitto fra stati, ma qualcosa che struttura tutti gli ambiti della nostra esistenza) con un pensiero ed una pratica nonviolenta è l’unico modo di stare all’altezza del presente. Al contrario continuare a pensare in termini di conflitto fra poteri e contropoteri ci ricaccia dentro quell’agire strategico subalterno, nei presupposti impliciti, all’ordine dominante. Non si tratta di sfuggire ai conflitti, ma di stare dentro essi con un’altra logica, la logica della vita e non della morte. Come dici tu, si tratta di stare dalla parte giusta della storia: nonviolenza non è, come molti credono, essere equidistanti, è stare nell’unico posto in cui è possibile guardare il mondo con giustizia creativa: la parte delle vittime, tutte. le modalità per ricevere una copia del libro si trovano alla pagina https://www.trefinestre.com/come-ricevere-il-libro Daniela Musumeci
Convegno e Assemblea Nazionale dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
16 maggio 2025 Spin Time Via di Santa Croce di Gerusalemme 55, Roma Dopo l’esperienza positiva dello scorso anno (clicca qui per tutti i riferimenti), l’Associazione Nazionale “Per la Scuola della Repubblica“- OdV, (soggetto accreditato alla formazione Decreto MIUR 5.7.2013 Elenco Enti Accreditati/Qualificati 23.11.2016) insieme all’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università hanno organizzato a Roma per il 16 maggio 2025 un Convegno nazionale in presenza e online sul processo di militarizzazione dei luoghi della formazione e sulla necessità di costruire percorsi di pace all’interno di un quadro europeo e mondiale che vira inesorabilmente verso un conflitto globale. Il corso, aperto a tutta la cittadinanza e gratuito, rientra nell’ambito della Formazione docente; tutto il personale scolastico è esonerato per tutta la giornata dal servizio, ai sensi del CCNL vigente. Per iscrizione del personale a tempo indeterminato Codice SOFIA 98693 (clicca qui per aprire la piattaforma SOFIA, accedi con SPID e cerca il corso con il codice 98693). Al convegno si potrà partecipare anche da remoto con il link https://us02web.zoom.us/j/84347922587?pwd=poPvxORKgLQxohsaP3YT8rJOMUWHuq.1 su piattaforma ZOOM: Coloro che volessero informazioni e il personale a tempo determinato possono inviare un messaggio o telefonare al n. 347-9421408 (Cosimo Forleo). Prenotazioni fino ad esaurimento posti. «Il 6 marzo scorso, a Bruxelles, il Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo ha approvato ufficialmente ReArm Europe, il piano per il riarmo europeo da 800 miliardi di euro per potenziare la difesa comune. 800 miliardi che saranno sottratti alle spese sociali (sanità, scuola, trasporti…), nonostante le difficoltà economiche che oggi attraversano le maggiori potenze continentali. Di più, il riarmo è indicato anche come un credibile volano, grazie alla cooperazione fra capitale pubblico e privato, per lo sviluppo economico europeo. […] Come negli anni che precedettero la prima guerra mondiale, tanti, troppi, intellettuali stanno assecondando questa escalation bellica. C’è chi ribadisce la superiorità intellettuale/culturale del mondo occidentale (roba da far impallidire persino le teorizzazioni del Darwinismo sociale) e chi si rammarica nel vedere una gioventù europea incline alle “mollezze” e, quindi, poco disponibile alla guerra. […] Impediamo che ragazze e ragazzi siano quotidianamente oggetto della propaganda militare, facciamo vivere nei processi didattici la bellezza dell’educazione alla pace, perché la nostra Costituzione ripudia la guerra. Ma, soprattutto, perché solo degli irresponsabili verso l’intera umanità, possono essere tanto indifferenti di fronte ai conflitti da auspicarli e prepararli»… dal Bollettino n. 3 dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università. PROGRAMMA 16 MAGGIO 2025 MATTINO (9.00-13.00) 8.30 Accoglienza e registrazione dei partecipanti Moderatrice Alessandra Alberti Scuole e Università di Pace. Fermiamo la follia della guerra Ludovico Chianese, Presidente Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università La scuola del ReArm Europe: insegnare le competenze di guerra Anna Angelucci, Presidente Associazione Nazionale Per la Scuola della Repubblica OdV Il sistema guerra. Ideologia e pratica dello sterminio nell’età del turbocapitalismo Angelo d’Orsi, Già Ordinario di Storia del pensiero politico, Università degli Studi di Torino Il commercio di armi mondiale e il ruolo dell’Italia Futura D’Aprile, Giornalista freelance – Il Fatto Quotidiano, Domani, Altraeconomia Pausa caffè Moderatrice Maria Teresa Silvestrini La costruzione sociale della guerra. Una prospettiva di analisi Maria Perino, Già docente di Analisi dei Processi Migratori all’Università del Piemonte Orientale Sull’orlo dell’abisso: nonviolenza o non-esistenza Alex Zanotelli, Missionario comboniano, Direttore Mosaico di Pace POMERIGGIO (14.30-18.00) Moderatore Michele Lucivero Il ritorno della leva e l’impatto sulla scuola Serena Tusini, Docente Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università Militarismo e antimilitarismo in Turchia e Israele Murat Cinar, Giornalista freelance Umanità violata. La pace e il diritto internazionale Roberta de Monticelli, Già docente di Filosofia all’Università di Ginevra e all’Università San Raffaele di Milano Previsto intervento di rappresentanti di associazioni studentesche e dibattito Conclusioni: Pace e diritti, decolonizzare il pensiero per costruire nuovi percorsi didattico-educativi Antonino De Cristofaro, Docente Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università 17 maggio 2025 Assemblea Nazionale Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università ORE 9.00-18.00 SEDE NAZIONALE UAAR (UNIONE DEGLI ATEI E DEGLI AGNOSTICI RAZIONALISTI), VIA FRANCESCO NEGRI 67/69, ROMA   Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Il mito del buon soldato nella scuola di Pollenza (MC)
Dopo anni il tenente dell’esercito torna nella scuola elementare frequentata da bambino, vi torna non come cittadino, ma in veste di militare (clicca qui per la notizia). Quante volte sarà capitato a ciascuno di noi ritornare negli istituti scolastici a distanza di decenni magari per accompagnare un figlio o un nipote o semplicemente per tenere viva la memoria? E nella nostra vita ci è capitato che illustri alunni o alunne siano stati/e richiamati/e a tenere lezioni su qualche materia, ma questa volta la situazione è assai diversa, anzi ogni occasione è propizia per la propaganda militare e nel nostro caso arriva il Progetto Legalità che potrebbe essere rappresentato degnamente da un avvocato, da un operatore di strada, da un medico, da un operatore ecologico. La scelta del militare non è casuale, soprattutto in tempi di riarmo, di perseverante propaganda di guerra, i soliti luoghi comuni sul valore educante della divisa che ci restituisce dopo oltre 20 anni una persona “responsabile e determinata” motivata dai tre pilastri educativi: famiglia, scuola e sport. In tempi nei quali valori e pratiche di solidarietà e collettività, se collegati a istanze di miglioramento sociale, vengono occultate o demonizzate scopriamo, invece, una loro rivisitazione all’ombra del militare dentro regole gerarchiche, ma edulcorate e umanizzate. Le immagini e i disegni presenti nell’articolo sembrerebbero riferirsi all’arruolamento nel trasmettere ai giovani scolari visioni assolutamente semplificate, da qui alla magnificazione della divisa, alle pratiche dell’indottrinamento, alla magnificenza della vita militare corre poca differenza. Ci sembra evidente la strategia comunicativa che mira a trasmettere alle giovani generazioni alcuni messaggi: la certezza del posto fisso in tempi di precarietà, la scissione tra vita militare e guerra, un sistema valoriale a senso unico, chiuso e rassicurante, la esaltazione della divisa e di un modello sociale. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università