Primo discorso di Prevost. Continuità con FrancescoRiceviamo e pubblichiamo dalla agenzia stampa Interris.it
“Ho sentito forte la presenza spirituale di Francesco che dal Cielo ci
accompagna”, ha detto ieri visibilmente emozionato Leone XIV alla recita del
Regina Coeli.
Se il buongiorno si vede dal mattino l’era Prevost è iniziata sotto i migliori
presagi.
L’avvio del pontificato rimarrà nella memoria per il bagno di folla in
papamobile e soprattutto per l’omelia densa ed emozionante con cui ha toccato il
cuore ai 200 mila partecipanti alla cerimonia e a milioni di fedeli in tutto il
mondo.
Di fronte ad oltre centocinquanta delegazioni arrivate da ogni angolo del
pianeta, il Papa ha pronunciato un’accorata richiesta di una pace giusta e
duratura.
Un’invocazione di pacificazione e armonia mentre Gaza è alla fame, l’Ucraina
sotto i bombardamenti russi e decine di focolai dimenticati dilagano in Africa e
Asia.
Commosso alla consegna del Pallio e dell’Anello del Pescatore, il Pontefice ha
richiamato l’unità e l’amore come risposta alle “troppe ferite causate
dall’odio, dalla violenza, dai pregiudizi, dalla paura del diverso”.
Leone ha invocato pace e giustizia sociale.
“Sono stato scelto senza alcun merito – afferma -.
Pietro deve pascere il gregge senza cedere mai alla tentazione di essere un
condottiero solitario o un capo posto al di sopra degli altri, facendosi padrone
delle persone a lui affidate”.
Lo stile della predicazione è pacato e diretto nella limpida consapevolezza che
il futuro della comunicazione prospettato tanto tempo fa è già qui adesso.
La sfida degli evangelizzatori, infatti, è sempre stata quella di incontrare le
persone là dove vivono e, sempre di più, ciò significa andare incontro a tutti e
a ciascuno.
I pastori devono esserci, dialogando con la gente ovunque si trovi.
“Questo è lo spirito missionario che deve animarci, senza chiuderci nel nostro
piccolo gruppo né sentirci superiori al mondo – testimonia il Pontefice -.
Siamo chiamati a offrire a tutti l’amore di Dio, perché si realizzi quell’unità
che non annulla le differenze, ma valorizza la storia personale di ciascuno e la
cultura sociale e religiosa di ogni popolo”.
Riecheggiano profetiche le parole di Paolo VI ai vescovi convocati per il
Concilio Vaticano II: “Riprovate gli errori, sì; perché ciò esige la carità, non
meno che la verità; ma per le persone solo richiamo, rispetto ed amore.
Invece di deprimenti diagnosi, incoraggianti rimedi; invece di funesti presagi,
messaggi di fiducia verso il mondo contemporaneo”.
Chi approfondisce il Magistero pontificio, nel passaggio dei vari successori di
Pietro, si rende conto della profondità, della complessità delle questioni,
della dottrina e delle domande sull’uomo, sul creato e sulle questioni del mondo
e della vita che richiede una risposta collegiale, decentrata.
Il vescovo di Roma presiede alla carità di tutte le Chiese e Leone riceve dai
predecessori il timone della carità.
Secondo le tre parole da lui indicate come chiave di lettura della propria
missione: pace, giustizia, verità.
Redazione Italia