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Turismo e militarismo non fanno rima
Spiagge incantevoli, natura selvaggia, monti rocciosi, una cucina ricca e genuina, la cultura, la musica, le maschere, le tradizioni. Così viene pubblicizzata la Sardegna dalle agenzie turistiche. L’operazione sembra funzionare e infatti il turismo è cresciuto in modo prepotente in Sardegna in questi ultimi anni, complici anche il risveglio post covid e la scarsa sicurezza di altre rotte internazionali. Ma va detto che sia nelle locandine che nei manifesti della Regione, manca qualcosa di estremamente importante, che non può essere taciuto al turista che arriva da fuori e non può conoscere le grandi questioni irrisolte dell’isola. La Sardegna è la regione più militarizzata d’Italia. Oltre il 60% del territorio che lo Stato italiano cede alle forze armate è qua, sull’isola posta al centro del Mediterraneo. Ma questo fatto di per sé potrà far riflettere qualche persona, ma non la media dei turisti, concentrati esclusivamente sulle loro vacanze. E’ quindi necessario che sappiano che quelle basi non stanno lì ferme, ma propagano per tutta l’isola e per miglia e miglia di mare intorno, le loro esercitazioni, in cui fanno esplodere missili, ordigni e droni autentici, molti dei quali continuano ad inquinare l’istmo di Capo Teulada, la famigerata penisola Delta, ma molti altri finiscono in mare, alcuni dei quali inesplosi e quindi pericolosi per l’incolumità e la salute pubblica. Anche quest’anno ne sono stati dichiarati dispersi due, tra cui un missile Astar di cui non conosciamo esattamente le potenzialità inquinanti. Sappiamo però che per recuperare questi ordigni verrà interdetto il mare ai pescatori e alle barche in piena estate, nella costa prossima alla base militare di Quirra, ma anche oltre, lungo la rinomata costa orientale sarda. Sarà una società legata all’industria di armamenti nazionale Leonardo ad occuparsi della bonifica, pagata dalle casse pubbliche. I turisti che arrivano e che godono delle bellezze di questa terra, dovrebbero anche sapere che, a pochi chilometri da una delle pareti di roccia più famose in Italia ed Europa, presso la grotta di San Giovanni, visitata da migliaia di turisti, nel territorio di Domusnovas e in quello adiacente di Iglesias, c’è una fabbrica di armi da guerra. E’ la RWM-Italia, con sede a Ghedi (Brescia), succursale della multinazionale tedesca Rheinmetal. Armi fatte in Sardegna, in una delle zone più depresse dell’isola, col ricatto occupazionale e con il silenzio e l’indifferenza dei sindacati principali, CGIL, CISL, UIL. Armi che hanno ucciso migliaia di civili nello Yemen, oggi vendute nei teatri di guerra: dall’Ucraina al Medioriente, con un rapporto di cooperazione con Israele per i droni-killer, mentre si consuma il genocidio a Gaza. Non sono gli unici uncini questi che penetrano la carne della Sardegna, da sempre colonia dei potenti di turno. Le speculazioni energetiche in atto, dimostrano ancora che quest’isola viene considerata terra di conquista. Ma come può il turismo coniugarsi col militarismo?  Il militarismo si traveste, prova a mettersi gli abiti eleganti, con l’Amerigo Vespucci, o quelli del benefattore, con gli screening sanitari gratuiti sulle navi da guerra, con i militari che fanno lezione nelle scuole, con i premi prestigiosi ai generali. Con l’apparenza e la superficialità di chi ha potere, con la noncuranza e “la banalità del male”, riporta l’orologio all’indietro, sputo in faccia alla Storia. Bisogna invece intendersi sul concetto di turismo. Viaggiare, di per sé, è una gran bella cosa: ci porta a cambiare orizzonti, a conoscere altre terre e nuove persone, a confrontarci con diverse culture, con usanze e modi fare, ad aprirci al non conosciuto. D’altro lato, oggi il turismo è in buona misura monopolio di grandi aziende multinazionali, seguite a catena dalle medio-piccole. Seguono il progetto capitalistico più in voga e molto semplice: guadagnare il più possibile, il più velocemente possibile, con ogni mezzo possibile. Il risultato è quello dei sovraffollamenti, delle spiagge a numero chiuso, delle strade intasate, dei rifiuti, degli incendi, del turismo irresponsabile. L’esatto contrario del libero viaggiare, che può aprire orizzonti di conoscenza.  No, turismo non può far rima con militarismo. Anche se vorrebbero farcelo credere, non potrà funzionare: amore e violenza sono ossimori, stelle inconciliabili. Chi viene in Sardegna è giusto che sappia quel che non appare sugli schermi pubblicitari, ma che ferisce profondamente la nostra terra. Carlo Bellisai
La Spezia. Corteo antimilitarista
Il 31 maggio si terrà a La Spezia un corteo antimilitarista contro l’industria bellica, la militarizzazione dei territori e il genocidio a Gaza. Si tratterà di un’iniziativa interregionale. Antimilitarist si danno appuntamento a La Spezia, una città ed un golfo ostaggi delle servitù militari, segnati dalla presenza dell’Oto Melara, oggi del gruppo Leonardo, che produce […]
Defendeus sa terra nostra: a Teulada, un convegno su salute, ambiente e poligoni
Si è svolto sabato 26 aprile a Teulada il convegno DEFENDEUS SA TERRA NOSTRA, promosso dal movimento A FORAS, che da oltre dieci anni propone iniziative di informazione e di lotta contro le basi e i poligoni militari in Sardegna. Sul territorio di Teulada e, in parte, su quello del comune di Santa Maria Arresi, ricade una delle più ampie servitù militari dell’isola, pari a 7500 ettari, a cui vanno aggiunte le acque prospicenti. Davanti ad un pubblico di alcune decine di persone, di cui una buona metà abitanti del paese, i relatori si sono concentrati sulle ricadute sulla salute e sull’ambiente delle esercitazioni militari e sulle azioni legali intentate dalla società civile. Il fisico e attivista Massimo Coraddu ha parlato delle indagini epidemiologiche svolte, dalle quali risulta che tra gli abitanti delle case e dei terreni agricoli prossimi al poligono militare si è riscontrata un’incidenza di mortalità doppia rispetto a quella riscontrata a Teulada centro. Queste persone hanno subito detonazioni pari o superiori ai 120 decibel, oltre la soglia del dolore uditivo, con probabili conseguenze sulla funzione, hanno respirato polveri sottili dense di elementi tossici. Ha poi ricordato il caso della così detta Penisola Delta, un istmo del promontorio che da almeno trent’anni è stato usato come bersaglio durante le periodiche esercitazioni. Il Ministero della Difesa, costretto dai ricorsi delle associazioni, ha deciso infine di bonificarla, dopo che per anni l’aveva definita “imbonificabile.” Ma al momento non c’è nessun piano di bonifica, se non quello di aprire una strada, facendo brillare gli ordigni inesplosi e portando via i detriti. Ma soprattutto si vuole bonificare quel martoriato istmo, solo allo scopo di riprendere a bersagliarlo. Graziano Bullegas, di Italia Nostra-Sardegna, ha approfondito il discorso dal punto di vista del danno ambientale, ricordando che all’interno dell’area militare e nel tratto di mare limitrofo esistono due aree protette SIC, di salvaguardia ambientale. Ma come può essere compatibile la protezione della flora e della fauna con la deflagrazione delle bombe? Diremmo incompatibile. E se anche si procedesse davvero alla bonifica della penisola delta, si dimentica che la maggior parte degli ordigni utilizzati durante le esercitazioni finisce in mare. Sulla Valutazione di Impatto Ambientale presentata dalla Difesa, le associazioni Italia Nostra, Assotziu Consumadoris Sardigna, Unione Sindacale di Base hanno fatto ricorso al TAR, di cui si attende il giudizio. La parola passa quindi all’avvocato Paolo Pubusa, che ricorda che oltre alle basi militari, in Sardegna è presente anche la fabbrica di armamenti della RWM e che le battaglie legali su poligoni e armi si sono spesso intrecciate. Rivela, tra l’altro, che nei documenti presentati dal Ministero della Difesa non c’è traccia dell’esigenza che, dopo la bonifica, si ricominci a bersagliare; questo perché altrimenti faticherebbero a spiegarne il senso. L’avvocato Giulia Lai riporta invece indietro la memoria al processo penale per disastro ambientale, svoltosi a Cagliari nei confronti dei quattro generali che avevano responsabilità dirette nella gestione delle esercitazioni a Capo Teulada. Sono stati assolti nel 2024 “perché il fatto non sussiste.” Ma la sorpresa arriva leggendo le motivazioni della sentenza che ammette “che risulta dimostrata la compromissione dell’ecosistema e il rapporto causa-effetto tra esercitazione e inquinamento.” Ma subito dopo, al contrario, ribadisce che “l’attività addestrativa militare risponde agli impegni istituzionali ed agli accordi internazionali della Difesa.” Si è parlato della salute, si è parlato dell’ambiente, due principi che dovrebbero essere tutelati. Ma constatiamo che esiste anche un terzo principio, quello della sicurezza nazionale, quello della così detta difesa. Che passa sopra gli altri due come un carrarmato. Aggiungiamo che si può allora chiedere di quale difesa si parla? Difendersi dalle malattie, con una buona sanità territoriale, difendersi dall’inquinamento con le comunità energetiche. La difesa non deve essere armata, ma solidale. Tutto il resto, il Ministero, gli eserciti, l’aviazione, le fabbriche di morte, i droni-killer, fanno parte di altri interessi, quelli del profitto disumano. Carlo Bellisai