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Genova, nuova vittoria dei portuali: nessuno sbarco per la nave carica di armamenti
Mobilitazione per la Palestina e contro la logistica delle armi. A Genova questa mattina i portuali del collettivo Calp, insieme al sindacato Usb, hanno annunciato che tre container contenenti materiale bellico, destinati a La Spezia e trasportati dalla nave Cosco Pisces, non verranno sbarcati né a Genova né a La Spezia. La compagnia Evergreen ha deciso di farli rientrare direttamente verso l’Estremo Oriente, dove erano stati inizialmente caricati. La decisione segue le ampie proteste portate avanti dai lavoratori portuali in questi mesi presso gli scali liguri: “Questa decisione rappresenta un risultato concreto dell’azione sindacale e della pressione esercitata da USB, che aveva proclamato 24 ore di astensione dal lavoro per il 5 agosto al terminal PSA Genova Prà”, scrivono i Calp che ribadiscono con forza: “Non lavoreremo per la guerra“. Redazione Italia
Genova è nel mirino?
Quanto uscito sui media in queste settimane potrebbe sembrare il prologo di una pellicola di Fernando Di Leo degli anni ’70. Invece, è cronaca. Carlo De Simone, sub-commissario alla realizzazione della nuova diga foranea di Genova, ai microfoni di Primocanale conferma che l’infrastruttura è “dual use“; perché funzionale allo sbarco […] L'articolo Genova è nel mirino? su Contropiano.
Non lavoriamo per la guerra: il 5 agosto i portuali di Genova scioperano!
Genova si prepara a una giornata di sciopero contro la logistica di guerra. L’Unione Sindacale di Base Porto di Genova ha proclamato 24 ore di astensione dal lavoro per martedì 5 agosto 2025 al terminal PSA-GP, dopo aver ricevuto segnalazioni sul trasporto di materiale bellico all’interno di tre container della […] L'articolo Non lavoriamo per la guerra: il 5 agosto i portuali di Genova scioperano! su Contropiano.
Fuori la guerra dalla città di Genova!
Venerdì sera centinaia di cittadini e cittadine hanno partecipato a una assemblea pubblica a Genova proposta e organizzata dal locale Coordinamento “Disarmiamoli”. In una piazza gremita abbiamo portato a conoscenza dei presenti che l’idea del governo centrale e della giunta regionale sulla duplice natura della nuova diga foranea (uso civile […] L'articolo Fuori la guerra dalla città di Genova! su Contropiano.
I portuali annunciano il blocco di una nave israeliana a Genova per fine luglio
La nave Cosco Pisces con un carico di acciaio destinato a Israele, era stata già bloccata da parte dei portuali greci del sindacato Enedep/Pame del Pireo. I portuali italiani hanno fatto sapere di aver appreso che la stessa nave è adesso diretta ai porti liguri di La Spezia prima, dove […] L'articolo I portuali annunciano il blocco di una nave israeliana a Genova per fine luglio su Contropiano.
Portuali di Genova: “Noi non lavoriamo per la guerra!”
Porti liguri chiusi alla filiera bellica e al genocidio: 25 luglio presidio al Comune di Genova, USB pronta allo sciopero per operazioni di carico e scarico. Dopo aver assistito al blocco da parte dei portuali del sindacato Enedep/Pame del Pireo allo scarico di acciaio destinato all’uso di guerra dalla nave Cosco Pisces diretta in Israele, abbiamo appreso che la stessa nave è diretta ai porti de La Spezia prima, dove è prevista arrivare il 25 luglio prossimo, e successivamente a Genova, per poi continuare il suo viaggio in altri porti del Mediterraneo. Sulla base di queste informazioni disponibili, che oramai si appoggiano su una rete di solidarietà tra portuali sempre più attiva in tutto il Mediterraneo, stiamo monitorando costantemente le possibili attività della nave. Al momento in cui scriviamo, non risultano attività di scarico previste dei container incriminati, né altre attività di carico di altro materiale bellico nei due porti liguri, ma seguiremo con la massima attenzione l’evoluzione delle operazioni. Nel caso la situazione dovesse cambiare e risultasse il coinvolgimento di portuali nelle operazioni di carico e scarico di questo materiale, USB Mare e Porti è pronto a dichiarare immediato sciopero rispetto a queste attività, chiamando alle mobilitazioni lavoratori e cittadini coerentemente con i principi del manifesto “Il lavoro ripudia la guerra”, preparato insieme a Ceing e sottoscritto in queste ore da molte associazioni, costituzionalisti, giuristi, avvocati ed esponenti di movimenti per la pace. La mattina del 25 luglio saremo comunque in presidio davanti alla sede del Comune di Genova: il nostro porto deve essere dichiarato off limits per le navi dirette o provenienti da Israele, affiancandoci in questa battaglia di pace e di civiltà contro il genocidio in Palestina, così come per qualsiasi altro luogo di guerra. Nel pomeriggio invece è convocata un’assemblea cittadina per denunciare il progetto di trasformare la diga foranea in un’enorme infrastruttura di guerra grazie ai soldi stanziati per il riarmo e sottratti ai servizi essenziali. Oramai il ruolo dei porti nel nuovo contesto internazionale di folle riarmo e di guerra assume un rilievo sempre maggiore: per questo USB, affiliato al WFTU/FSM, ha lanciato per il 25 settembre prossimo a Genova l’assemblea internazionale delle sigle sindacali dei portuali europei che vogliono schierarsi contro la guerra. L’obiettivo è di consolidare la rete di solidarietà e lanciare la prima giornata di iniziativa internazionale dei portuali europei contro la guerra. Noi non lavoriamo per la guerra! USB Porto di Genova Unione Sindacale di Base
Dalla Piazza Carlo Giuliani di Genova un forte invito a non mollare
Una Piazza Alimonda affollata ieri come non mai si è ritrovata per ricordare come ogni anno quelle tragiche giornate di 24 anni fa. E quest’anno, più che mai, la tre giorni di Genova non è stata solo un modo Per Non DimentiCarlo, ma l’occasione per riflettere sullo stato di erosione, sul vero e proprio attacco sferrato nel corso degli anni alla nostra già fragile democrazia: “dallo stato sociale minimo allo stato penale massimo” come in estrema sintesi aveva detto Italo Di Sabato (Osservatorio Repressione) in occasione della presentazione del suo ultimo libro, solo due giorni prima. Come per le scorse edizioni infatti, il programma della tre giorni concepito dal Comitato Piazza Carlo Giulini si è inaugurato già da venerdì pomeriggio, con un dibattito in forma di presentazione di ben quattro libri, alla  Sala Vik di Music For Peace e i quattro titoli erano tutti molto “in tema”:  Carcere ai Ribell3. Storie di attivist3 (Ed. Multimage APS, a cura di Nicoletta Ouazzene), Police Abolition. Corso di base sull’abolizione della Polizia (Momo Edizioni, di Italo Di Sabato e Turi Pulidda), oltre ai due romanzi di Francesco “Baro” Barilli E non fummo più ragazzi (Red Star Press) e Il silenzio di Sabina (Momo Edizioni). E inevitabilmente l’incontro con e tra gli autori, ottimamente orchestrato dal conduttore Luca Greco, e’ stato un modo per fare il punto sulla realtà delle nostre piazze, centri sociali o anche solo canali social, luoghi di riunione, manifestazioni di dissenso, dopo il G8 di Genova: con la “panpenalizzazione” del conflitto imposta dai sempre più draconiani decreti-sicurezza, e la globalizzazione della guerra che solo apparentemente sigla il tramonto della globalizzazione dei mercati, che mentre si aggrava la deriva bellicista su tutti i possibili fronti. Al bel dibattito con apericena di venerdì 18 luglio a Music For Peace e’ seguita il giorno dopo l’apericena con film al Centro Sociale Pinelli, oasi di verde ad alta concentrazione di cicale nel quartiere San Gottardo: e il film in programma era Portuali, che la giovane regista Perla Sardella si è trovata a presentare purtroppo senza gli attivisti del C.A.L.P. (Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali di Genova) che in questi giorni sono impegnati in riunioni no stop. Gli scioperi contro le “navi delle armi” tra il 2019 e il 2023, e la ricerca di un sindacato più sensibile alle istanze del presente. La sicurezza sempre più incerta e precaria sul posto di lavoro. Il corale e individuale impegno di antimilitarismo, il dialogo con gli altri portuali del Mediterraneo, l’aspirazione di contribuire a un mondo diverso, il prezzo che tutto questo comporta: un pezzo di resistenza attiva contro un mondo sempre più in armi, che Perla Sardella è riuscita a registrare, condividendo per mesi le lotte dei protagonisti. Ed eccoci arrivati alla giornata di ieri, domenica 20 luglio, dalle ore 14,30 fino a sera a Piazza Alimonda. Come ogni anno il lungo pomeriggio si è inaugurato con la rassegna delle tesi vincitrici del Bando per Borse di Studio indetto dal Comitato Piazza Carlo Giuliani: quest’anno i premi del Comitato Piazza Carlo Giuliani sono andati a Giulia Carati (con una tesi magistrale in focus sulle analogie delle uccisioni di Francesco Lorusso a Bologna e Carlo Giuliani a Genova), Mattia D’Incecco e Andrea Campodonico (entrambi in corsi di laurea triennali) e Michelangelo Pistilli (V superiore). Tutti loro all’epoca dei fatti di Genova. Non erano ancora nati o erano proprio piccolissimi. A seguire gli interventi di Rete Kurdistan, Mamme in piazza per la libertà di dissenso di Torino, Mamme per Roma Città Aperta, Associazione Culturale Liguria Palestina, Osservatorio Repressione, Amnesty Liguria e particolarmente applaudito l’appassionato contributo di Nicoletta Dosio circondata dai compagni e dalle bandiere del Movimento NoTav. “La nostra partecipazione a quei giorni del G8, insieme al variegato mondo del Movimento NoGlobal, segnava non certo la nascita del nostro movimento, perché già da anni eravamo consapevoli delle conseguenze devastanti della “grande opera”, e quindi in lotta; ma in un certo senso quella era la prima volta che ci presentavamo con le nostre bandiere, con il nostro logo che era nato da poco… (…) E oggi a distanza di anni siamo qui per dirvi che non possiamo arrenderci, che tutte e tutti dobbiamo ritrovare fiducia nelle ragioni della nostra lotta.” Molto belli, a tratti commoventi, gli interventi sonori di Alessio Lega, Luca Lanzi, Contratto Sociale di Gnu-Folk, Pietro Amico, I Professori, Marco Rovelli, Renato Franchi e l’Orchestrina del Suonatore Jones, oltre che dei musicisti di Viva Viva Palestina che hanno accompagnato l’emozionante intervento poetico di Biancamaria Furci. Infine la mostra “Genova 2001, una ferita aperta”, esposta sulla cancellata di Piazza Alimonda risultato dei Laboratori di fotografia sociale condotti da Giulio Di Meo, che riportano lo sguardo sui luoghi simbolo delle proteste del G8: da via Tolemaide alla scuola Diaz, passando per i muri segnati da scritte, targhe, murales e volti che continuano a parlare di Carlo Giuliani. La fotografia diventa così uno strumento di memoria attiva, capace di cogliere le tracce ancora vive di quei giorni nelle pieghe della città e nell’umanità di chi la abita. Ancora una volta, dopo 24 anni: Per Non Dimenticarlo. Daniela Bezzi
Dual use: porti per la guerra?
Il sub commissario De Simone, ha finalmente ammesso che la nuova diga foranea di Genova, quando sarà pronta (con questi ritmi sembra ci vorranno almeno 10 anni) sarà dual use.  Cioè avrà un doppio scopo, da un lato quello dei traffici mercantili, dall’altro servirà per favorire gli attracchi militari, i […] L'articolo Dual use: porti per la guerra? su Contropiano.
Un ragazzino appena diciottenne
-------------------------------------------------------------------------------- Foto di pixabay.com -------------------------------------------------------------------------------- La città di Genova si stringe attorno al carcere cittadino e affronta con forza il drammatico episodio accaduto all’istituto penale Marassi all’inizio di questo mese. Su iniziativa del Garante regionale dei diritti dei detenuti, oltre duecento persone tra operatori sociali, avvocati, medici, insegnanti, semplici cittadini hanno firmato un appello per farsi carico di un percorso di accompagnamento per il giovane seviziato per giorni nel buio di quelle mura. Un ragazzino appena diciottenne entrato in carcere in attesa di giudizio sarebbe stato sequestrato da quattro detenuti per due giorni, tra il primo e il 3 di giugno, e sottoposto a brutali sevizie che andrebbero dalla violenza fisica a quella sessuale, dalle ustioni con olio bollente ai tatuaggi sulla faccia. La dinamica dei fatti si chiarirà con le indagini, ma certo è che il ragazzo è oggi traumatizzato e che il cappellano del carcere ha affermato di non aver mai visto nulla di simile in vent’anni di servizio. “Non possiamo lasciarlo solo”, dice oggi la città di Genova attraverso l’appello promosso dal Garante. E chiede che le istituzioni si facciano carico del percorso di riabilitazione fisica e psicologica del giovane, oggi agli arresti domiciliari in una struttura esterna protetta. I fatti, come detto, si chiariranno (auspicabilmente al più presto). Ma possiamo già da ora interrogarci su alcune questioni che riguardano in generale lo stato delle nostre carceri. La vita interna è oggi allo sbando e l’episodio genovese ce lo dimostra in tutta la sua crudezza. “Il carcere trasparente” era il titolo del primo Rapporto in assoluto che l’associazione Antigone pubblicò all’inizio delle attività del proprio Osservatorio sulle condizioni di detenzione di Italia. In quel titolo era racchiusa una grande parte della nostra filosofia: è la trasparenza delle carceri che previene gli abusi, le violenze dell’istituzione ma anche le distorsioni violente della vita quotidiana che possono arrivare a creare dinamiche come quella tragica avvenuta nella casa circondariale genovese. Trasparenza significa tante cose diverse. Un carcere trasparente è un carcere che non ha paura di farsi attraversare dal territorio esterno, un carcere in cui la città entra con vigore, e non invece dove si ritrova solamente a firmare appelli una volta che il danno è oramai avvenuto. Oggi le carceri italiane sono sempre più chiuse. Si cancellano attività, si ostacolano percorsi. Ma trasparenza significa anche che, al proprio interno, la vita carceraria deve fondarsi sulla conoscenza delle dinamiche sociali – di quella società complessa che la comunità penitenziaria costituisce – e non solamente sull’interposizione di barriere fisiche. I muri non costruiscono sicurezza. Gli organismi internazionali parlano di sorveglianza dinamica per riferirsi a quell’approccio alla sicurezza penitenziaria che la fonda sulla conoscenza delle interazioni, sulla prossimità, sul vivere i reparti detentivi. Se i poliziotti e gli educatori conoscono le dinamiche interne, se il direttore non governa il carcere dalla propria scrivania ma piuttosto scende nelle sezioni, avranno allora ben più possibilità di riuscire a intercettare e a prevenire episodi come quello di Marassi. Un’autentica sicurezza non si può costruire solamente con cancelli e sbarre. Bisogna conoscere le relazioni che si creano nella popolazione detenuta. Oggi invece il modello carcerario imposto è poco trasparente e chiuso, tragicamente chiuso. La carcerazione si concretizza in chiusura in celle affollate e insane, ozio forzato, vita senza stimoli. Ciò è sempre l’anticamera del degrado. Fatti come quelli che sarebbero avvenuti a Genova non devono sorprenderci ma devono indignarci. Serve prevenirli con un approccio educativo, conoscitivo e non chiudendo le persone in celle senza spazio come fossero bestie. -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo Un ragazzino appena diciottenne proviene da Comune-info.
I portuali, la città e il traffico delle armi del genocidio
DA MARSIGLIA A GENOVA, I BLOCCHI AL TRAFFICO DI ARMI VERSO I PAESI IN GUERRA, COME ISRAELE, RICORDANO NON SOLO CHE LA GUERRA ORIENTA SEMPRE DI PIÙ QUALSIASI SCELTA DEI GOVERNI BEN OLTRE LA PRODUZIONE, MA ANCHE CHE LA LOGISTICA HA DEI PUNTI DEBOLI, INTORNO A CUI POSSONO EMERGERE MANIFESTAZIONE D’INTELLIGENZA POPOLARE DI CUI ABBIAMO MOLTO BISOGNO IN QUESTO TEMPO Sabato 7 giugno, c’è stata a Genova un’importante manifestazione organizzata dal CALP (Collettivo Autonomo dei Lavoratori del Porto), con il blocco del varco di Ponte Etiopia e un breve corteo nell’area portuale, con alcune centinaia di partecipanti. La motivazione è quella di cui il CALP ha fatto una bandiera e persegue con convinzione da anni: il blocco al traffico di armi verso i paesi in guerra, in questo caso Israele. Vale la pena precisarlo, perché nel 2019 la stessa azione ha avuto come obiettivo un’altra guerra. In quel caso il carico era destinato all’Arabia Saudita, impegnata a massacrare la popolazione Huti dello Yemen del Sud. La collaborazione con i portuali organizzati di altre città è un punto di forza di questa lotta. La nave della compagnia israeliana ZIM sarebbe dovuta arrivare a Genova con un carico di quattro containers pieni di materiale bellico da Marsiglia e destinata a Israele, ma i portuali di quella città si sono rifiutati di caricarli. La nave è così arrivata a Genova con un giorno di ritardo rispetto al previsto e senza il famigerato carico di morte. Tutto questo era già a conoscenza del CALP e l’informazione era stata condivisa il giorno precedente in una affollata assemblea a Music For Peace. Nonostante questo, si è deciso di proseguire con la manifestazione in programma per sabato (personalmente, la considero una scelta sacrosanta). Provando a vedere le cose al di là del singolo evento, va ribadito un punto fondamentale che ha a che vedere con la crescente forza strategica della logistica e della finanza nei processi globali di creazione di valore. La logistica ha dei punti deboli nella catena di approvvigionamento su scala mondiale (ne ha anche la finanza, ma sono di altra natura). Sono quelli in cui una forza organizzata riesce a bloccare temporaneamente o rendere problematico il fluire di merci. Questo vale per i porti, per Amazon, per gli Steamers americani. Mettersi con i propri corpi in quegli snodi, con il blocco di un varco o il picchetto all’entrata di un magazzino, significa mettere in evidenza la (parziale) vulnerabilità della supply chain, costringere a cambiamenti di rotta marittima o autostradale le corporations che gestiscono quelle catene. Viene in mente una domanda che ha fatto Foucault nel corso di due interviste nella seconda metà degli anni Settanta: “Quando parliamo di lotta di classe, di che lotta stiamo parlando?” Di queste azioni, non c’è dubbio. Ciò che è accaduto nel porto di Genova ha una strettissima relazione con tutto questo, ma con un valore aggiunto, anzi due. Il primo è quello già ricordato della stretta collaborazione con i lavoratori di altri porti, che crea un effetto moltiplicatore del danno prodotto dalla lotta. Il secondo è la forza d’attrazione che il CALP riesce a emanare, producendo una variegata partecipazione alle proprie iniziative. Rappresenta a Genova un punto di riferimento importante, funziona come elemento attorno a cui si articolano altri soggetti. Questo anche perché il CALP sa porsi non solo come collettivo di lavoratori, ma come collettivo politico, nel senso più preciso del termine. La lotta che conduce il CALP su questo fronte è una lotta che contribuisce a definire, nel suo articolarsi con altre forze, l’essere di un soggetto politico collettivo. Da anni ormai, come ribadiscono con chiarezza sia Sandro Mezzadra, sia Maurizio Lazzarato, la guerra è alla base del modello governamentale, quindi ben oltre quello produttivo, che sta definendo il nuovo assetto globale. Le strategie continentali, oltre che nazionali (il piano Von Der Layer da 800 mld, e il processo di riarmo della Germania, ad esempio) stanno disegnando nuovi rapporti ed equilibri, nuove priorità nella destinazione di risorse e di potere decisionale. La finanza e la logistica (non dimentichiamoci che quest’ultima ha una impostazione organizzativa che deriva dal modello bellico) divengono sempre più strategiche nella costruzione di quel nuovo ordine. I grandi centri d’investimento che muovono migliaia di trilioni di dollari hanno già scelto su cosa puntare, come dimostrano le crescite vertiginose del valore delle grandi multinazionali degli armamenti. Senza sminuire il valore, che non può essere altro che simbolico, delle manifestazioni in cui ci sdraia in piazza nei sudari, dell’esibizione di gigantesche bandiere palestinesi negli stadi (non prendo neanche in considerazione le ipocrite dichiarazioni di politici che, dopo oltre 50.000 morti, affermano che si sta passando il segno!), l’iniziativa del CALP e dei lavoratori di altri porti assume una tonalità diversa. È una manifestazione d’intelligenza operaia, popolare, che dimostra di aver capito bene dove si deve intervenire se si vuole produrre un sia pur parziale ostacolo. Ma è soprattutto un progetto politico che si manifesta in uno spazio pubblico (in questo caso del porto, pubblico-privato), dove al danno materiale si somma la manifestazione della “alleanza dei corpi” attorno a una lettura del mondo, dove si produce senso vero di quale sia oggi l’agire politico. Un caro amico e grande esperto di traffici marittimi-portuali, nonché sostenitore della prima ora del CALP, con cui eravamo insieme alla manifestazione (Riccardo degli Innocenti), mi ha detto indicando una nave che caricava centinaia di container della ZIM: “Chi lo sa cosa può contenere realmente anche solo il 2% di quei container?” Ha ragione, chiaro. Lui più di me sa bene come possa essere facile aggirare i controlli. Oltre a correre il rischio di divenire oggetto d’interesse delle nuove norme del DDL Sicurezza, chi organizza e chi partecipa a queste forme di lotta sa bene quali siano i loro limiti. L’estensione del fronte ad altri soggetti, anche di categorie differenti, può consentire una maggiore efficacia di quelle lotte, aggiungendo informazioni che consentano di mappare con maggior chiarezza i nodi della rete logistica che devono essere presidiati. Informazioni, intelligenze, reti e logistica: del resto, il nemico va affrontato e combattuto sul suo terreno. -------------------------------------------------------------------------------- Ricercatore indipendente e lavoratore nomade, Stefano Rota gestisce il blog di “Transglobal”. La sua ultima pubblicazione collettiva è: La fabbrica del soggetto. Ilva 1958-Amazon 2021 (Sensibili alle foglie, 2023). Collabora saltuariamente con riviste online italiane e lusofone. Ha aderito alla campagna Partire dalla speranza e non dalla paura -------------------------------------------------------------------------------- LEGGI ANCHE: > Global march to Gaza -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo I portuali, la città e il traffico delle armi del genocidio proviene da Comune-info.