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Lo strano caso di Alberto Trentini, operatore umanitario arrestato in Venezuela
Il 15 Novembre di un anno fa veniva arrestato Alberto Trentini e in questi giorni tutti i giornali e le tv italiane si stanno occupando del suo caso con una narrazione sensazionalistica ma omertosa e ricca di zone d’ombra. Trentini viene presentato come un povero operatore umanitario giunto in Venezuela […] L'articolo Lo strano caso di Alberto Trentini, operatore umanitario arrestato in Venezuela su Contropiano.
Il corpo delle donne come campo di battaglia: la violenza sessuale sulle donne durante il conflitto nella Repubblica Democratica del Congo
> RACCONTARE E’ UN ATTO POLITICO.  RACCONTA, DIFFONDI, PARTECIPA AL CROWDFUNDING > DADAxCONGO. > > Trasformiamo la solidarietà in azione, insieme.   Réseau des Femmes pour un Développement Associatif Réseau des Femmes pour la Défense des Droits et la Paix International Alert CAPITOLO 3 La posizione delle donne e le percezioni socio-culturali della violenza sessuale nel Sud Kivu Per comprendere le ragioni per cui si verificano tali atti di violenza sessuale, è necessario prendere in considerazione la situazione sociale ed economica delle donne nel Sud Kivu. Una conoscenza approfondita del modo in cui vengono percepite le relazioni di genere nella società e, soprattutto, delle attitudini degli uomini nei confronti del corpo femminile in tempo di pace — sia nel Sud Kivu che nei Paesi limitrofi da cui provengono alcuni autori di queste violenze — permette di capire più chiaramente come tali atrocità abbiano potuto verificarsi. Questo capitolo analizza quindi brevemente la posizione delle donne nella società del Sud Kivu, e il contesto socio-culturale ed economico in cui vivono. 3.1 La posizione delle donne La posizione delle donne nel Sud Kivu è caratterizzata, da un punto di vista economico, dalla “femminilizzazione della povertà”, aggravata dall’assenza di politiche o meccanismi per la promozione femminile; e, da un punto di vista socio-culturale, dalla persistenza di costumi, pratiche e leggi discriminatorie nei confronti delle donne. Questi fattori le rendono particolarmente vulnerabili in un contesto di conflitto armato: non solo aumentano la probabilità che si verifichino violenze di genere, ma — agli occhi degli autori — contribuiscono persino a legittimarle. 3.1.1 La femminilizzazione della povertà Quando scoppiò la guerra nella Repubblica Democratica del Congo, la popolazione locale — e in particolare le donne — era già stata resa vulnerabile dal malfunzionamento delle strutture statali e dalla mancanza di infrastrutture economiche e sociali adeguate, dovuta a trent’anni di regime dittatoriale sotto il presidente Mobutu. Per decenni gli stipendi dei funzionari pubblici e dei dipendenti delle imprese statali non erano stati pagati regolarmente, e così la popolazione era stata costretta ad assumersi compiti che avrebbero dovuto spettare allo Stato: costruzione di scuole, pagamento degli insegnanti, manutenzione delle strade e fornitura di servizi sanitari. In questo contesto di impoverimento generalizzato, il peso della sopravvivenza è ricaduto sempre più sulle donne. La mancanza di sviluppo economico e sociale ha determinato un ulteriore impoverimento della popolazione femminile, soprattutto nelle aree rurali e semi-urbane. Le donne costituiscono la forza trainante dell’economia di sussistenza del Sud Kivu, basata essenzialmente su agricoltura e allevamento. Circa l’80% della popolazione della provincia si dedica all’agricoltura, e il 70% di queste persone sono donne. Le donne sono attive anche nel settore informale, in particolare nel piccolo commercio, nella sartoria, nella tintura, nella ceramica e nella lavorazione dei cesti. Operano inoltre ai margini dell’industria mineraria, dove vengono impiegate come manodopera sfruttata e sottopagata. La guerra ha avuto un effetto devastante sulle attività economiche e sociali delle donne. Le risorse già scarse e i mezzi di produzione delle organizzazioni femminili di base sono stati distrutti o saccheggiati. Oltre alla situazione di insicurezza, le donne devono affrontare problemi strutturali che aggravano ulteriormente la loro povertà: * difficoltà di accesso alla terra a causa della sovrappopolazione e dell’eccessivo sfruttamento dei terreni fertili, e per via delle tradizioni patriarcali; * distruzione delle infrastrutture economiche o loro assenza; * tassazione pesante imposta dal Rassemblement Démocratique Congolais (RCD), che ha contribuito a erodere ulteriormente i redditi femminili. La guerra ha inoltre prodotto un elevato numero di vedove e donne sfollate, improvvisamente divenute capofamiglia senza alcuna preparazione. Esse vivono al di sotto della soglia di povertà e dipendono in larga misura dagli aiuti alimentari (quando disponibili) per sopravvivere. I tassi di HIV/AIDS sono elevati, anche a causa della diffusione degli stupri commessi dai gruppi armati. La guerra e la povertà hanno costretto molte donne e ragazze alla prostituzione di sopravvivenza, che le rende particolarmente vulnerabili alla violenza sessuale. Tale fenomeno crea condizioni “in cui le relazioni sessuali abusive sono più largamente accettate e in cui molti uomini, civili e combattenti, considerano il sesso come un servizio facilmente ottenibile mediante coercizione”. Parallelamente, la violenza domestica è aumentata, a causa della disoccupazione maschile, delle tensioni e dell’incertezza sul futuro politico del Paese. Questo aumento della violenza domestica durante i periodi di guerra è un fenomeno diffuso, confermato da studi — ad esempio — sull’ex Jugoslavia, dove durante il conflitto si verificarono episodi di violenza sessuale di crudeltà senza precedenti. 3.1.2 Costumi, pratiche e legislazione discriminatori Alcuni costumi, pratiche e leggi ostacolano l’accesso delle donne alla proprietà, all’istruzione, alle tecnologie moderne e all’informazione. Le donne soffrono spesso di analfabetismo o di scarsa istruzione, poiché in molte famiglie i maschi continuano a essere privilegiati rispetto alle femmine nell’accesso alla scuola. Molte ragazze appartenenti ai gruppi più svantaggiati abbandonano gli studi per matrimonio o gravidanza precoce. È difficile per le donne accedere ai mezzi di produzione come terra, proprietà o credito. Alcuni aspetti della legislazione congolese discriminano ancora le donne: ad esempio, una donna sposata deve ottenere il permesso del marito per aprire un conto bancario o richiedere un prestito. Tradizionalmente, le donne non possono ereditare dai padri o dai mariti. Nelle zone rurali, le donne producono e gestiscono il 75% della produzione alimentare, trasformano i prodotti per il consumo familiare e vendono circa il 60% nei mercati locali, ma spesso non ricevono alcun guadagno, poiché i proventi vanno direttamente ai mariti. Molti gruppi etnici mantengono pratiche tradizionali che perpetuano la sottomissione femminile, riducendo le donne allo status di proprietà privata. Tra i Bashi, Bavira, Fulero e Bembe, la consuetudine del levirato — per cui una vedova viene “ereditata” dal fratello del marito — è ancora viva, privando le donne della libertà di scegliere un nuovo coniuge. Tra i Banyamulenge, le donne erano considerate proprietà collettiva del clan: il suocero, il cognato o il marito della cognata avevano il diritto, con il consenso del marito, di avere rapporti sessuali con lei. Sebbene tali pratiche siano state in parte limitate dall’influenza del cristianesimo, non sono del tutto scomparse. Alcuni Bami (capi tradizionali) rivendicavano il droit de seigneur sulle donne della comunità che desideravano, facendole “consegnare” alle proprie case per un matrimonio forzato o per rapporti sessuali. Tali costumi persistono tuttora in alcune etnie (Lega, Fulero, Bembe e Bashi), e i genitori spesso li tollerano per il prestigio e i vantaggi che derivano dai legami con i Bami. 3.1.3 L’assenza di politiche e meccanismi di promozione femminile La provincia del Sud Kivu dispone di pochissimi meccanismi di promozione femminile. Un Ministero per gli Affari Femminili fu creato a livello nazionale all’inizio degli anni ’80, con una sede provinciale a Bukavu. Tuttavia, molte organizzazioni femminili lo consideravano solo uno strumento politico per mobilitare l’elettorato femminile a favore del presidente Mobutu. I fondi destinati alla promozione delle donne furono poi ridotti, e il ministero fu assorbito da quello per gli Affari Sociali, diventandone un semplice dipartimento. Durante l’amministrazione del Rassemblement Démocratique Congolais (RCD), al potere nel Sud Kivu dal 1998 al 2003, fu istituito un Consiglio Provinciale delle Donne (marzo 2001), indipendente dal ministero di Kinshasa ma privo di risorse per sviluppare progetti di sviluppo femminile. Strumenti internazionali come la Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne (CEDAW) e la Piattaforma di Pechino sono stati raramente applicati, a causa della mancanza di finanziamenti. Un’indagine condotta nel 2001 dal governo della RDC e dall’UNICEF su tutto il territorio nazionale ha rivelato un quadro allarmante, mostrando che la situazione delle donne e dei bambini era peggiorata sotto quasi tutti gli aspetti dal 1995.   > RACCONTARE E’ UN ATTO POLITICO.  RACCONTA, DIFFONDI, PARTECIPA AL CROWDFUNDING > DADAxCONGO. > > Trasformiamo la solidarietà in azione, insieme.   Questo paper rappresenta un estratto tradotto di uno studio più ampio dal titolo: Il corpo delle donne come campo di battaglia: la violenza sessuale contro donne e ragazze durante la guerra nella Repubblica Democratica del Congo  Sud Kivu (1996–2003) Réseau des Femmes pour un Développement Associatif Réseau des Femmes pour la Défense des Droits et la Paix International Alert 2005 Questo studio è stato condotto e redatto da un team di consulenti composto da: Marie Claire Omanyondo Ohambe Professoressa Associata Institut Supérieur des Techniques Médicales Sezione Scienze Infermieristiche Kinshasa Repubblica Democratica del Congo Jean Berckmans Bahananga Muhigwa Professore Dipartimento di Biologia Centre Universitaire de Bukavu Bukavu Repubblica Democratica del Congo Barnabé Mulyumba Wa Mamba Direttore Institut Supérieur Pédagogique Bukavu Repubblica Democratica del Congo Revisione a cura di: Martine René Galloy Consulente internazionale Specialista in Genere, Conflitto e Processi Elettorali Ndeye Sow Consigliera Senior International Alert Catherine Hall Addetta alla Comunicazione International Alert I dati sul campo sono stati raccolti da un team composto da: Donne del Réseau des Femmes pour un Développement Associatif (RFDA), che hanno condotto la ricerca a Uvira, nella Piana della Ruzizi, a Mboko, Baraka, Fizi e Kazimia: 1. Lucie Shondinda 2. Gégé Katana 3. Elise Nyandinda 4. Jeanne Lukesa 5. Judith Eca 6. Brigitte Kasongo 7. Marie-Jeanne Zagabe Donne del Réseau des Femmes pour la Défense des Droits et la Paix (RFDP), che hanno condotto la ricerca a Bukavu, Walungu, Kabare, Kalehe e Shabunda: 1. Agathe Rwankuba 2. Noelle Ndagano 3. Rita Likirye 4. Venantie Bisimwa 5. Laititia Shindano 6. Jeanne Nkere La ricerca è stata coordinata da: Annie Bukaraba Coordinatrice Programma “Women’s Peace” di International Alert, Repubblica Democratica del Congo orientale    
OLIVI SOTTO ASSEDIO. Il secondo report della Campagna Olivi-Cultura di Pace
LEGGI, SCARICA E DIFFONDI IL REPORT COMPLETO In questo periodo la stagione della raccolta delle olive in Palestina dovrebbe essere nel pieno del suo svolgimento, ma i contadini palestinesi si trovano ad affrontare ancora una volta una realtà fatta di aggressioni sistematiche, danneggiamenti e restrizioni all’accesso ai terreni. Nella prima settimana dall’avvio ufficiale della stagione, dal 15 al 21 ottobre 2025, coloni e militari israeliani si sono resi responsabili di episodi sempre più intensi e ricorrenti a danno della popolazione civile palestinese, che hanno interessato tutta la regione della Cisgiordania occupata, dopo che numerosi altri attacchi erano stati registrati contro i contadini che avevano provato ad anticipare la raccolta nel tentativo di sfuggire alle violenze. Particolarmente gravi sono gli episodi documentati nella zona di Hebron e Nablus, dove la violenza dei coloni armati e dell’esercito ha raggiunto livelli fuori controllo, con attacchi mirati anche contro donne e bambini, mentre continuano le espulsioni sistematiche, le demolizioni e i tentativi di intimidazione volti a costringere i palestinesi ad abbandonare le proprie terre. Il presente rapporto è il risultato delle attività di monitoraggio e documentazione condotte sul campo dai partner palestinesi della campagna “Olivi – Cultura di Pace”: Arab Agronomists Association (AAA), Palestinian Agricultural Relief Committee (PARC), Palestinian Farmers’ Union (PFU) e Arab Center for Agricultural Development (ACAD), in collaborazione con le comunità rurali e con il supporto di media, istituzioni e organizzazioni locali, nell’ambito della campagna “Olivi – Cultura di Pace”. LEGGI, SCARICA E DIFFONDI IL REPORT COMPLETO
OLIVI SOTTO ASSEDIO. Il primo report della Campagna Olivi-Cultura di Pace
LEGGI, SCARICA E DIFFONDI IL REPORT COMPLETO Nelle colline ricoperte di uliveti e nelle fertili valli della Cisgiordania occupata la stagione della raccolta delle olive è iniziata ufficialmente il 15 ottobre. Quest’anno, tuttavia, molte famiglie palestinesi hanno deciso di anticiparne l’avvio, nel tentativo di prevenire le sempre più frequenti aggressioni da parte dei coloni israeliani e riuscire a salvare almeno parte del raccolto. Ma già nei primi giorni i contadini sul campo hanno assistito a un’ondata di violenze senza precedenti che ha scandito la raccolta, con attacchi sistematici, furti di olive, incendi e distruzione degli oliveti e gravi restrizioni alla libertà di movimento. Nel corso della scorsa raccolta delle olive del 2024, l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (OCHA) ha registrato almeno 225 attacchi da parte dei coloni in 82 aree della Cisgiordania, con 171 casi di uccisione o ferimento di palestinesi. Più di 2.500 ulivi sono stati bruciati, oltre a numerosi episodi di distruzione e furto di attrezzi agricoli. Le prime testimonianze e gli eventi documentati nelle prime settimane di raccolta fanno presagire che il record dello scorso anno potrebbe essere ampiamente superato. I contadini palestinesi sono sottoposti a un costante clima di terrore, soggetti ad intimidazioni quotidiane che preannunciano un crollo drammatico della produzione olivicola, pilastro dell’economia rurale e fonte primaria di sostentamento per migliaia di famiglie palestinesi. Le testimonianze raccolte sul terreno dai partner palestinesi della campagna “Olivi-Cultura di Pace” segnalano un’escalation di violenze già nelle settimane precedenti l’avvio ufficiale della stagione olivicola, previsto a inizio ottobre. Le organizzazioni palestinesi attive sul campo stanno portando avanti un’intensa attività di monitoraggio e assistenza alle comunità agricole locali, documentando sul campo numerose violazioni da parte di coloni e militari israeliani, tra cui alberi sradicati o incendiati, accessi negati ai terreni, contadini aggrediti fisicamente anche con armi da fuoco. Un contesto allarmante che evidenzia l’urgenza di proteggere il diritto al lavoro, alla terra e alla sicurezza di migliaia di famiglie palestinesi, e che rafforza il significato della campagna “Olivi-Cultura di Pace”, nata per sostenere la resistenza contadina e la difesa nonviolenta del territorio. LEGGI, SCARICA E DIFFONDI IL REPORT COMPLETO READ, DOWNLOAD AND SHARE THE REPORT (English version)
Russia e Venezuela stringono sulla cooperazione strategica
Il presidente russo Vladimir Putin ha inviato alla Duma – ieri, giovedì 16 – l’accordo di associazione strategica e cooperazione con il Venezuela per la sua ratifica finale. Il documento presentato al Parlamento russo si intitola “Accordo tra la Federazione Russa e la Repubblica Bolivariana del Venezuela sull’associazione strategica e […] L'articolo Russia e Venezuela stringono sulla cooperazione strategica su Contropiano.
Migliaia di ricercatori chiedono lo stop alla collaborazione scientifica con Israele
In una lettera inviata ai Presidenti dei maggiori enti di ricerca italiani, migliaia di ricercatori hanno chiesto la rescissione di ogni contratto di collaborazione con entità israeliane. Qui di seguito il testo della lettera inviata e il contatto per sostenere e allargare l’iniziativa. “Nei mesi scorsi, in diversi Enti Pubblici […] L'articolo Migliaia di ricercatori chiedono lo stop alla collaborazione scientifica con Israele su Contropiano.
Cosa si pensa nel resto del mondo? Intervista cinese a Putin
Se si guarda con un minimo di distacco emotivo il panorama dell’informazione occidente – quella italica è un caso di morte cerebrale ormai conclamato – ci si accorge subito che ciò che accade nel resto del mondo è sostanzialmente ignorato. Almeno fin quando non ci si inciampa sopra. Peggio ancora, […] L'articolo Cosa si pensa nel resto del mondo? Intervista cinese a Putin su Contropiano.
La Cina alla conquista del Sud globale
Un “nuovo ordine commerciale globale”. È ciò che sta emergendo dalla rete sempre più fitta di scambi tra la Cina e i paesi emergenti in risposta al protezionismo statunitense e all’aumento delle tensioni geopolitiche. A sostenerlo è uno studio di Standard & Poor’s che evidenzia che, dal 2015, le esportazioni […] L'articolo La Cina alla conquista del Sud globale su Contropiano.
Un raggio di sole a Kiev
Martedì 19 agosto ho incontrato a Kiev, nella sede della Ong Arca, Sofia Torlontano, venticinquenne di Pescara, responsabile di un progetto della cooperazione italiana. Sofia si è laureata in Cooperazione internazionale e ha fatto un master sul tema della Risposta umanitaria in emergenza. Ha lavorato nel marketing/fundraising per Save the children, poi ha fatto un tirocinio in Comunicazione alle Nazioni Unite a Copenaghen e la sua prima esperienza sul campo è stata in Kenya con ActionAid Kenya. Ora il suo ruolo è davvero importante: è Project Manager in Ucraina con un progetto dell’Ong Arca, che ha vinto un bando della Cooperazione Italiana. Il progetto su cui ha lavorato Sofia e che ha diretto nell’ultima fase si è concluso in questi giorni e riguardava la situazione di emergenza delle persone più fragili. E’ un progetto multisettoriale con interventi a Kiev e focus geografico su Sumy, Kharkiv e Mykolaïv, a ridosso della linea del fronte e con diverse aree di attività: * Costruzione di rifugi per le scuole e per gli istituti di formazione professionale. Attività con i bambini. * Acquisto di materiali e attrezzature mediche per gli ospedali delle città interessate dal progetto. * Distribuzione di cibo, prodotti per l’igiene e stufe elettriche ai civili delle cittadine e dei villaggi a ridosso del fronte e vicini a tal punto che l’insieme dei villaggi della Comunità di Yunakivka, una hromada, nell’oblast (si tratta di nomi di entità territoriali e amministrative) di Sumy, dove Arca stava portando aiuti, è stata da poco occupata dalle armate russe. * Installazione di filtri per la purificazione delle acque per renderle potabili, problema serissimo a seguito dei bombardamenti sulle infrastrutture (centrali elettriche, impianti idrici…) * Distribuzione di cibo a Kiev a persone senza fissa dimora. Queste esistono in Ucraina, come in Italia e in qualsiasi città del mondo, ma tra loro vi sono tanti sfollati interni che hanno perso tutto e non sono ancora riusciti a integrarsi, trovando un lavoro e una abitazione decente, come invece molti altri sono riusciti a fare avendo maggiori possibilità economiche  professionali. Molti di loro sono scappati prima dell’arrivo dell’Armata Russa dalle regione del Donbass e dalla Crimea, altri dalle città fantasma semidistrutte ed evacuate a ridosso del fronte, oppure dalle città spesso colpite dai droni e anche da missili di vario tipo e potenza. Gran parte degli sfollati interni, che provengono ovviamente dalle regioni orientali, se non la quasi totalità, sono di madrelingua russa o di famiglie linguisticamente russo-ucraine. Il progetto non è terminato, ma esaurito il supporto italiano proseguirà grazie ai partner locali di Arca, e cioè Remar e Hope Ukraine, a cui resterà ad esempio la tensostruttura dove vengono serviti i pasti, montata accanto alla stazione centrale di Kiev. Il secondo progetto che Sofia dirigerà e che partirà a breve, con focus geografico su Rivne e Kiev, si ripromette di creare opportunità di lavoro a lungo termine, attraverso corsi di formazione professionale e microcredito, ad alcune donne e in particolare a quelle che, dopo anni di guerra al fronte, necessitano di un reinserimento sociale. Durante la nostra lunga conversazione Sofia mi spiega che sono stato molto fortunato, perché l’ultimo attacco è stato il missile della strage del 31 luglio; dal mio arrivo a Kiev in poi non ci sono stati attacchi di nessun tipo. In effetti alla mia partenza più d’uno mi aveva fatto capire che la situazione di Kiev era molto più pericolosa di quella di Leopoli. Mi dice che in effetti la situazione è stata per giorni e giorni veramente drammatica, con continue esplosioni che hanno colpito anche zone centrali della città, che mi indica sulla mappa e che proverò a raggiungere perché non sono troppo distanti da dove alloggio. Per lei, come per tutti gli abitanti di Kiev, ci sono state notti di vera paura, passate insieme ad amici con i sacchi a pelo nei rifugi. Poi, tra un attacco e l’altro, mazzi di splendidi fiori ricevuti per festeggiare di essere ancora vivi, il lavoro che deve riprendere con il massimo della concentrazione possibile e serate a ballare in luoghi frequentati da tanti giovani e a offerta libera, perché divertirsi è un modo di distrarsi, riprendere energia e resistere. Mi chiedo e le chiedo se non vi sia ancora il rischio di un’escalation disastrosa, che potrebbe essere addirittura causata dall’incertezza sul fatto che un missile in arrivo sia dotato di un ordigno nucleare. Sofia mi dice che il problema permane, che del resto lei da anni (mi dice “fin da giovane” e a me viene da ridere perché ha, come ho già detto, venticinque anni e quindi mi vien da pensare “fin da bambina”) è attiva e impegnata a favore del trattato per la messa al bando delle armi nucleari (TPAN), di cui abbiamo parlato tante volte su Pressenza. Sofia, come tutti del resto quelli con cui ho parlato, è molto scettica sui colloqui di questi giorni in Alaska e a Washington: troppe volte si era ad un passo dalla pace e poi tutto è saltato. Sono stato fortunato a incontrarla perché l’indomani era in partenza per rientrare, per un paio di settimane di vacanza, nella sua Pescara. “Vai al mare?” le chiedo. “A dire il vero vado in montagna in un campo organizzato dalla Croce Rossa… Mi “diverto” così, lì ci saranno i miei amici più cari… Altrimenti restavo qui” mi risponde. Sofia tornerà dopo le ferie per coordinare il nuovo progetto di sostegno all’imprenditoria femminile. Questa ragazza, nata nel 2000(!), attiva sui social, a cui piace andare a ballare e divertirsi con gli amici, non è diversa dai ragazzi della sua generazione, ma come molti di loro vive quotidianamente, come attività professionale, come volontariato o come nel suo caso entrambi le cose, l’impegno a favore di un mondo migliore, diverso, altro. La mia generazione ha fallito e abbiamo poco da insegnare; possiamo soltanto metterci con grande umiltà al loro servizio, perché se non altro evitino di ripetere i nostri errori. Loro ci insegnano la concretezza sociale e umana indissolubilmente legata all’impegno politico. Il sorriso con cui mi congeda mi sembra un piccolo raggio di sole che illumina questo mondo “vasto e terribile”.   Mauro Carlo Zanella
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ACS lavora insieme a Nazra dal 2017, nella convinzione che la 𝙘𝙪𝙡𝙩𝙪𝙧𝙖 𝙙𝙞𝙛𝙛𝙪𝙨𝙖 𝙚 𝙡𝙖 𝙥𝙡𝙪𝙧𝙖𝙡𝙞𝙩à 𝙙𝙞 𝙨𝙜𝙪𝙖𝙧𝙙𝙞, 𝙫𝙤𝙘𝙞 𝙚 𝙨𝙩𝙤𝙧𝙞𝙚, siano la via da percorrere per praticare, educarci e resistere. 𝗢𝗴𝗻𝗶 𝗰𝗼𝗻𝘁𝗿𝗶𝗯𝘂𝘁𝗼 è 𝗶𝗺𝗽𝗼𝗿𝘁𝗮𝗻𝘁𝗲, perché per costruire un progetto così complesso c’è bisogno di risorse. 𝙈𝙖 𝙣𝙤𝙣 𝙙𝙞 𝙩𝙪𝙩𝙩𝙚 𝙡𝙚 𝙧𝙞𝙨𝙤𝙧𝙨𝙚. Nazra vive del lavoro di un piccolo collettivo, che mette a disposizione energie e competenze per continuare a preservare la libertà e l’indipendenza degli spazi della cultura. È per questo che 𝙥𝙪ò 𝙘𝙧𝙚𝙨𝙘𝙚𝙧𝙚 𝙨𝙤𝙡𝙤 𝙞𝙣𝙨𝙞𝙚𝙢𝙚 𝙖 𝙘𝙝𝙞 𝙘𝙞 𝙘𝙧𝙚𝙙𝙚 𝙙𝙖𝙫𝙫𝙚𝙧𝙤, a chi riconosce il valore di una rete fatta di pluralità di voci, non mediate. Noi ci crediamo e facciamo nostro questo progetto per stare insieme nella resistenza. E per diffonderla. Se anche tu credi nel valore di questo progetto sostienilo e diffondilo. Ecco il link al Crowdfunding Nazra 2025