Tag - Uruguay

Pepe Mujica, il riposo del guerriero
Lo scorso martedì 13 maggio, il presidente uruguaiano Yamandù Orsi ha annunciato la morte del suo predecessore José Mujica, da cui era stato pubblicamente appoggiato in una delle ultime uscite ufficiali. Del resto, Pepe – come tutti lo conoscevano – … Leggi tutto L'articolo Pepe Mujica, il riposo del guerriero sembra essere il primo su La Città invisibile | perUnaltracittà | Firenze.
La nave elettrica più grande del mondo salpa dalla Tasmania
L’imbarcazione Hull 096, chiamata China Zorrilla come la famosa attrice uruguaiana, è stata realizzata da Incat Tasmania per essere utilizzata da Buquebus. Secondo Incat, la nave a batteria viaggerà tra Buenos Aires, in Argentina, e Colonia, in Uruguay, con la capacità di trasportare fino a 2.100 passeggeri e 225 veicoli.Secondo il presidente di Buquebus, Juan Carlos López Mena, la Hull 096 doveva originariamente funzionare a gas naturale liquefatto, ma grazie a una conversazione con il presidente di Incat, Robert Clifford, hanno optato di creare la nave elettrica più grande del mondo. La nave risultante include più di 250 tonnellate di batterie e 40 megawatt/ora di capacità nel sistema di stoccaggio dell’energia (ESS), ha riferito Incat. L’ESS della Hull 096 è quattro volte più grande di qualsiasi altro sistema marittimo simile al mondo. > «Non stiamo solo costruendo una nave, stiamo costruendo il futuro» ha > dichiarato Stephen Casey, CEO di Incat, in un comunicato stampa. «La Hull 096 > dimostra che le soluzioni di trasporto su larga scala a basse emissioni non > solo sono possibili, ma sono anche pronte. Questo è un giorno di orgoglio per > la Tasmania e per la produzione australiana». Dopo il varo, Incat e i suoi partner finiranno di completare gli interni della Hull 096 mentre le finalizzazioni avverranno quando il team preparerà le imbarcazioni per le prove in mare entro il 2025. L’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) ha determinato che nel 2022 il trasporto marittimo rappresentava circa il 2% di tutte le emissioni di carbonio legate all’energia. Con il previsto aumento della domanda di trasporto marittimo a livello globale, la transizione verso fonti di carburante più pulite per le navi sarà essenziale per ridurre al minimo le emissioni. Il mese scorso, i Paesi del Comitato per la protezione dell’ambiente marino dell’Organizzazione marittima internazionale delle Nazioni Unite hanno votato per la riduzione delle emissioni del trasporto marittimo e per l’azzeramento delle emissioni del settore entro il 2050. Il quadro di riferimento per l’obiettivo del comitato comprenderà la definizione di uno standard per i combustibili per ridurre le emissioni legate ai carburanti marini nel tempo e la definizione di una tassa che le navi dovranno pagare se superano i limiti di emissione. LA CHINA ZORRILLA È STATA VARATA NEL CANTIERE NAVALE DI INCAT A HOBART, IN TASMANIA. FOTO DI INCAT. Secondo il Lawrence Berkeley National Laboratory, le navi elettriche potrebbero offrire una significativa riduzione delle emissioni di gas serra rispetto alle navi convenzionali alimentate a combustibili fossili. In un rapporto del 2023, il laboratorio ha dimostrato che l’elettrificazione delle navi statunitensi di stazza lorda pari o inferiore a 1.000 tonnellate ridurrebbe le emissioni del 34-42% entro il 2035 (rispetto ai livelli del 2022) e del 75% entro il 2050, soddisfacendo pienamente la domanda di viaggi. Il varo della più grande nave elettrica potrebbe contribuire a ridurre le emissioni a livello globale se in futuro un numero maggiore di armatori passerà a navi a propulsione elettrica. Roger Holm, presidente di Wärtsilä Marine e vicepresidente esecutivo di Wärtsilä Corporation, che ha collaborato alla realizzazione della Hull 096, ha dichiarato: > «I traghetti svolgono un ruolo fondamentale nel soddisfare la crescente > domanda di opzioni di trasporto sostenibili dal punto di vista ambientale, e > l’elettrificazione delle navi è una soluzione chiave per consentire al settore > di passare a emissioni nette zero». Traduzione dall’inglese di Mariasole Cailotto. Revisione di Filomena Santoro. EcoWatch
Pepe Mujica, ex Presidente dell’Uruguay Conferenza Magistrale: «y la Cultura?»
Conferenza internazionale “Con todos y para el bien de todos” (La Habana, 25-28 Gennaio 2016) Atto Finale, giovedì 28 Gennaio 2016 Trascrizione a cura di Gianmarco Pisa Leader rivoluzionario, guerrigliero nei Tupamaros ai tempi della dittatura, poi deputato, senatore, ministro, leader del Movimento di Partecipazione Popolare, José “Pepe” Mujica (Montevideo, 20 maggio 1935 – 13 maggio 2025) è stato presidente dell’Uruguay dal 2010 al 2015 e una delle grandi figure del socialismo del XXI secolo. Cuba sorprende sempre: perché è unica e singolare. In quale altro Paese del mondo si potrebbe tenere una conferenza come questa “con todos y por el bien de todos?”. L’umanità è presa, in quanto tale, nelle grandi sfide della nostra epoca: di fronte alle epoche della storia umana, le sfide che l’umanità è chiamata ad affrontare nel tempo presente sono praticamente infinite. L’economia capitalistica, in primo luogo, ci obbliga ad una gravosa contraddizione: il capitalismo è stato, per lunghi decenni, il motore della scienza, della tecnica, dello “sviluppo”, ci ha consentito un mirabolante sviluppo umano e un formidabile progresso tecnologico; e contemporaneamente, in quegli stessi decenni e a maggior ragione adesso, è stato anche all’origine delle più grandi devastazioni, delle maggiori distruzioni e delle più profonde diseguaglianze. Abbiamo a lungo pensato che, cambiando i rapporti sociali di produzione, avremmo cambiato anche la qualità delle relazioni umane, ma questo solo in parte, talvolta per nulla, si è verificato. La cultura è in grado di produrre cambiamenti, movimenti e trasformazioni, perché la cultura è quell’aspetto della vita umana che è in grado di generare sensazioni, percezioni ed impressioni che finiscono poi per condensarsi nell’anima stessa della società. In altri termini, la cultura non è semplicemente “sovrastruttura” e non è certo neanche un repertorio di sapere consolidato o un catalogo di cose dette e scritte; cultura è una stratificazione più profonda che riguarda la vita delle persone e l’anima dei popoli. La cultura è cosa profonda nel quadro della vita umana. Perciò, abbiamo bisogno di una cultura che sia funzionale all’evoluzione delle persone e allo sviluppo del sistema umano. Il consumismo è funzionale alla accumulazione capitalistica perché alimenta la sovrapproduzione e sostiene il sovraconsumo e, di conseguenza, contribuisce ad alimentarla. Si possono quindi avere culture dei più diversi tipi e, per la nostra “civilizzazione” contemporanea, nell’auge del capitalismo, del mercantilismo e del neo-liberalismo, la cultura tende a riprodurre una quantità gigantesca di messaggi, perfino subliminali, per tenerci come nella tela di un ragno. Nell’Unione sovietica si facevano calcoli comparativi con le quantità prodotte in patria e le quantità prodotte in Occidente, e si riteneva così di promuovere una cultura della liberazione che non era però autenticamente di liberazione, perché basata, in fondo, sul medesimo principio produttivista. La cultura non si crea per decreto e non può essere determinata solo dalla dinamica dello sviluppo delle forze produttive: se è vero che essa ha a che fare con i rapporti sociali e, in generale, con i rapporti sociali di produzione, di distribuzione e di scambio tra le persone e i gruppi sociali, è altrettanto vero che essa va bel al di là della pura e semplice meccanica delle forze economiche produttive. I rapporti sociali di produzione sono dunque fondamentali, ma la cultura va oltre il sistema dei rapporti sociali di produzione e concorre a determinare, a propria volta, la qualità dei rapporti sociali a tutti i livelli, tanto è vero che, nel mondo odierno, l’innovazione, e l’innovazione sociale in particolare, si è trasformata in qualcosa di altro, sempre più lontano dai suoi presupposti. L’aspetto più negativo della cultura del capitalismo è la sua cultura produttivista, consumista ed omologante. I movimenti progressisti – avanzati, socialisti, comunisti – si fondano, essenzialmente, sull’utopia, sull’iniziativa per il cambiamento e la trasformazione sociale e sulla fiducia e l’azione delle grandi masse popolari. Non si può essere progressisti e convivere con le diseguaglianze, le sperequazioni e i privilegi del capitalismo. I fautori di una cultura progressista sono fautori, al tempo stesso, di una cultura di autodeterminazione, di liberazione e di emancipazione, e quindi deve essere instaurata e praticata, di conseguenza, una economia di solidarietà e di sobrietà, che non vuole dire “povertà” o “privazione”, ma piuttosto “giustizia” e “perequazione”. Se il modello di mercato non se ne cura e si basa e si preoccupa esclusivamente della accumulazione, della acquisizione e della appropriazione, è l’intero destino dell’umanità che viene così messo a rischio. Questa cultura dell’individualismo, del consumismo e dell’omologazione si combatte con un impegno collettivo, consapevole e coordinato per una diversa economia, una diversa società e una diversa cultura. I migranti, sia in Europa, sia in America, viaggiano verso l’illusione ottica del capitalismo moderno, tanto è vero che non si dirigono, in ultima istanza, verso l’Italia e la Spagna, ma verso la Germania e la Svezia, e la stessa tendenza è in corso dall’altra parte del mondo, in America, dove non si dirigono verso l’Uruguay (alle cui spalle c’è il Brasile), ma verso il Messico (alle cui spalle ci sono gli Stati Uniti), perché si spingono verso i confini del “sogno dei più poveri”. Per questo è necessario cambiare la cultura, modificare l’immaginario, definire una nuova visione. Discutiamo di politica, di elezioni e di programma, ma dobbiamo discutere anche di idee, di utopie e di visioni, per lottare per la felicità umana. Non è vero che si è più felici se si possiedono più cose – anche se tanti messaggi e tante pubblicità del mondo del capitalismo tendono a farci credere questo – ma ciascuno di noi è più felice se siamo tutti insieme più felici e se godiamo tutti delle condizioni del “buen vivir” insieme. Non possiamo dunque essere progressisti – avanzati, socialisti, comunisti – se non sfidiamo l’infelicità di milioni e milioni di persone. Non dobbiamo dimenticare che l’economia più importante è la vita umana e nulla è più importante della grandezza universale della vita umana, dell’essere vivi, del mantenersi in vita e nel rendere migliore la vita di ciascuno e ciascuna di noi, perseguendo così il bene comune della felicità, non solo personale, ma di tutti. Ciò che ci dobbiamo impegnare a fare è di lottare tutti insieme per costruire un mondo migliore, perché la società non cambia se non a partire da un cambio strutturale che, al suo fondo, comporti un cambio etico, perché la società non cambia se non cambiano le persone che la costituiscono e se non cambiano i rapporti sociali che la sostanziano. In altri termini, la civilizzazione è cultura sociale più solidarietà intergenerazionale. La cultura della vita è amore per la vita e senso più profondo della solidarietà. Una cosa è vivere per una causa o con un’utopia; un’altra cosa è vivere senza o indifferentemente. La costruzione della solidarietà presuppone a sua volta di vivere nella solidarietà e nell’utopia, con la coscienza che permette di perseguire consapevolmente questa lotta e questo impegno e, con essa, una tale visione e una tale utopia. Per tutti questi motivi, una cultura liberatrice è una necessità reale e ha bisogno di una riforma autentica del sapere e dell’istruzione. L’uomo non è una cosa, perché l’umanità è ideali, valori, relazioni, sentimenti e creazione, creatività. Sotto un profilo progressivo e progressista, occorre avere un approccio positivo e affermativo nei confronti della vita e delle sue sfide. Significa: rivedere il significato dell’istruzione verso un fine di emancipazione; trasformare la fiscalità generale per evitare ogni forma di concentrazione della ricchezza; impostare un altro modello economico per salvare i lavoratori e le lavoratrici e, in definitiva, la stessa classe media dalla “plutocrazia” del sistema finanziario; salvaguardare l’ambiente e preservare l’ecosistema, definendo nuovi modelli produttivi e nuove condotte sociali; approvare un sistema nuovo di giustizia internazionale, per smetterla con l’unilateralismo e il doppio standard. Quindi, o una governance internazionale e internazionalista, universale, universalista e umanista, o il rischio dell’estinzione dei rapporti umani, dell’esaurimento della solidarietà e della fine dell’umanità. La globalizzazione odierna non ha capo: ha un messaggio di mercato, ma non ha alcun orientamento umano. Abbiamo creato megalopoli, infrastrutture gigantesche, aerei supersonici, aggregati super-sofisticati e prodotti iper-tecnologici; ma le persone non si guardano e non si parlano. Non un “mondo aperto” come all’inizio si era auspicato e ci avevano raccontato, ma due, tre, quattro grandi blocchi economici, commerciali e finanziari mondiali, che sappiamo da dove partono ma non sappiamo dove ci portano. La cultura progressista, quindi, ha di fronte a sé una sfida grande: il pensiero liberatorio non può e non deve essere sconfitto. Le istanze di emancipazione dell’uomo sono antiche quanto l’uomo stesso e certo non smettono di essere valide per l’oggi e l’avvenire. Gianmarco Pisa
Pepe Mujica, una vita coerente e piena di senso
Una vita coerente. Una vita con il chiaro scopo di migliorare le condizioni di vita del popolo uruguaiano. Una vita con un significato profondo. Grazie per la tua vita, caro Pepe. Vola alto, Pepe Mujica”. Queste le parole del cileno Tomás Hirsch, deputato di Acción Humanista, nel salutare la partenza dell’ex presidente uruguaiano verso l’eternità. Membro del movimento guerrigliero dei Tupamaros negli anni Sessanta, imprigionato dalla dittatura uruguaiana tra il 1972 e il 1985, poi ministro, presidente e due volte senatore dopo la sua presidenza, leggendario leader del Movimento di Partecipazione Popolare (MPP) – settore maggioritario del Frente Amplio, ora nuovamente al governo – “Pepe” ha messo tutta la sua vita al servizio del suo popolo. Coerente con il suo approccio critico nei confronti della spinta capitalista ad accumulare beni materiali che non contribuiscono alla felicità umana, Mujica ha condotto uno stile di vita austero fino alla fine, donando il 90% del suo stipendio a istituzioni di azione sociale a beneficio di settori impoveriti e piccoli imprenditori. Tra i principali risultati politici durante il suo mandato presidenziale, va ricordato il Piano di edilizia sociale “Juntos”, il cui obiettivo era quello di fornire alle famiglie bisognose una casa in cui vivere. La costruzione delle case ha coinvolto non solo i professionisti, ma anche le persone stesse, insieme ai loro vicini e ai volontari. Nel giugno 2012, con una decisione da pioniere, il governo Mujica ha proposto di legalizzare e regolamentare la vendita di marijuana. Un altro progetto importante è stata la promozione dell’Università Tecnologica dell’Uruguay, un’istituzione pubblica e autonoma che offre istruzione in sei dipartimenti del Paese, consentendo agli studenti dell’interno del Paese di accedere all’istruzione universitaria. Mujica è anche riuscito a promulgare, dopo un’accanita resistenza conservatrice, la legge sul matrimonio egualitario nel maggio 2013. Sempre sotto il suo mandato presidenziale, nel 2012 è stato depenalizzato l’aborto con la legge n. 18.987, che regola l’interruzione volontaria della gravidanza (IVE). Strenuo oppositore della guerra, nel suo discorso alle Nazioni Unite del settembre 2013 ha affermato che il primo compito dell’umanità è “salvare la vita”. In quel messaggio poetico e pieno di significato, ha sottolineato: “Porto il fardello dei milioni di poveri dell’America Latina, una patria comune in via di formazione. Porto con me le culture originarie schiacciate, i resti del colonialismo nelle Malvine, gli inutili blocchi di quell’alligatore sotto il sole dei Caraibi chiamato Cuba. Porto con me le conseguenze della sorveglianza elettronica che ci avvelena con la sfiducia. Porto con me un gigantesco debito sociale, con il dovere di lottare per l’Amazzonia, per una patria per tutti e perché la Colombia trovi la strada della pace. Porto con me il dovere della tolleranza. La tolleranza è necessaria per chi è diverso e non per chi è d’accordo con noi. La tolleranza è la base per vivere insieme in pace”. Mujica ha poi definito “piaghe contemporanee” l’economia sporca, il traffico di droga e la corruzione. “Abbiamo sacrificato i vecchi dei immateriali e occupato il tempio con il dio mercato, che organizza la nostra economia, la politica, la vita e finanzia persino l’apparenza della felicità a rate. Sembra che siamo nati solo per consumare e consumare, e quando non possiamo farlo, ci sentiamo oppressi dalla frustrazione e dalla povertà”, ha aggiunto. Ha criticato con forza il consumismo. Se l’umanità aspira a consumare come l’americano medio, ci vorrebbero tre pianeti per vivere. Gli sprechi e le speculazioni andrebbero puniti. “Né i grandi Stati, né le multinazionali e tanto meno il sistema finanziario dovrebbero governare il mondo”. Per il presidente uruguaiano, è l’alta politica intrecciata con la scienza, “che non brama il profitto”, che dovrebbe fornire le linee guida. Al di là delle critiche, Pepe Mujica ha concluso il suo discorso con un messaggio di speranza per la capacità dell’umanità di trasformare i deserti, di creare piante che vivono nell’acqua salata, di sradicare l’indigenza dal pianeta e di accettare il fatto che la vita è un miracolo di cui bisogna prendersi cura. Attivo promotore dell’integrazione regionale sovrana, ha fatto parte dell’asse politico latinoamericano, accanto a Cristina Kirchner, Lula da Silva e Hugo Chávez, tra gli altri. Nell’ambito delle Giornate Latinoamericane e Caraibiche dell’Integrazione dei Popoli, che si sono svolte a Foz de Iguazú nel febbraio 2024, alle quali ha partecipato con i suoi 88 anni, il veterano attivista ha affermato che “non c’è integrazione senza popoli che la sostengano”, tracciando una chiara rotta per gli sforzi di costruzione di una casa comune in America Latina e nei Caraibi. Nel suo intervento nell’atto finale della Conferenza, Mujica ha illustrato interessanti esempi sulla necessità e l’utilità dell’integrazione per il miglioramento della deplorevole situazione del gruppo che siamo soliti chiamare “popolo”, anche se molti dei suoi membri, forse influenzati da false promesse individualistiche, non sempre si considerano tali. Mujica ha proposto una prima fase con possibili questioni, difficili da respingere, che potrebbero facilitare la comprensione da parte della base sociale dei vantaggi e dei requisiti di sopravvivenza che l’integrazione continentale comporta. “L’integrazione non è fine a se stessa e non prospera se non migliora la vita dei popoli. Inoltre, per non essere uno slogan vuoto e inutile, deve configurarsi con immagini precise, acquisire colore, forma, plasticità, suscitare passione…”. E’ difficile descrivere in modo completo della sua persona, a volte affabile e altre acida nella sua franchezza, profonda e allo stesso tempo affezionata ai detti popolari. José Alberto “Pepe” Mujica Cordano passa alla storia come un umanista integrale. Come ha detto durante una recente visita del Presidente cileno Boric alla sua fattoria di Rincón del Cerro, alla periferia di Montevideo: “Siamo diversi, ma sappiamo tutti che ci sono troppe persone che non hanno una possibilità nella vita. Per questo ci definiamo di sinistra, ma in realtà non siamo né di destra né di sinistra, siamo umanisti. Pensiamo a ciò che è meglio per il futuro dell’umanità. E moriremo sognando questo.” Traduzione dallo spagnolo di Anna Polo Javier Tolcachier