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Tryzub e svastica, esiste un uso “neutrale” dei simboli politici nella storia?
A maggio 2023, scrissi un articolo dal titolo Tryzub, lo stemma nazista dell’Ucraina. Un articolo che aveva lo scopo fornire gli elementi basici per capire quanto quel simbolo, spacciato per nazionale (come se fosse per noi il tricolore), in realtà ha ben poco di neutrale, ma ha un’origine antica che affonda le sue radici tra paganesimo e cristianesimo per poi essere usato per tutto il Novecento da movimenti ed organizzazioni nazisti, collaborazioniste naziste ed in seguito da gruppi sia politici sia paramilitari di stampo neonazista. Ebbene questo breve articolo, che tutti potete leggere, è stato accusato recentemente di avere “un’impostazione che appare più vicina a una narrazione propagandistica che a un’analisi storica equilibrata”. Il tatuaggio di Carlo Calenda (da X) Secondo chi ha commentato alla nostra redazione, il tridente indossato dal presidente Zelensky (esaltato recentemente da Pina Picierno e tatuato da Carlo Calenda) “il riferimento è alla sovranità e all’identità storica ucraina, non a gruppi estremisti”. Se “è vero che dagli anni ‘30 in avanti il simbolo è stato occasionalmente strumentalizzato da minoranze di estrema destra, ma ciò accade ovunque: croci, bandiere nazionali e persino simboli religiosi sono stati usati da estremisti senza perdere il loro significato originario” – si afferma. Lo scritto prosegue affermando che “indossare il tridente significa esibire un simbolo nazionale e non un marchio ideologico. Equipararlo al nazismo significa delegittimare la simbologia statale dell’Ucraina e contribuire a diffondere una narrativa propagandistica oltre che omettere come nasce e come si diffonde questo simbolo. È giusto condannare l’uso improprio del tryzub da parte di estremisti, ma è altrettanto necessario riconoscerne la natura storica e costituzionale”. Questo importante commento, mi ha permesso di sviluppare una riflessione che non avevo mai elaborato prima d’ora su tutti quei simboli religiosi, spirituali od esoterici che immancabilmente finiscono per essere strumentalizzati ed usati da gruppi politici connotati in precisi contesti culturali, il cui uso strumentale di questi simboli impedisce di fatto un uso neutrale di questi simboli. Il tryzub ha origini medievali, legato alla dinastia di Volodymyr il Grande (X secolo), e divenne emblema dei principi Rjurikidi, dominante a partire dall’862 d.C. La riduzione dell’uso del tryzub iniziò a metà dell’XI secolo, quando cessò di essere coniato sulle monete della Rus’ di Kiev. Il periodo dell’oblio del tryzub durò dalla metà del XIII secolo fino alla fine del XVIII secolo, quando furono trovate le prime monete della Rus’ di Kiev con questo segno. I tentativi di analizzare il tryzub iniziarono all’inizio del XIX secolo e il termine “tryzub” fu usato per la prima volta dallo storico russo Nikolaj Karamzin nella sua opera del 1815 Storia dello Stato russo. Il suo significato si perde nella notte dei tempi. Secondo lo storico ucraino Volodymyr Sičyns’kyj (V. S. Sičyns’kyj, Український тризуб і прапор, Winnipeg, 1953, p. 24.) poteva rappresentare in modo stilizzato o una colomba “simbolo dello Spirito Santo”, o fiore, o un candeliere, o un “kuša” (simbolo di arco e freccia usato come segno del magistrato di Kiev nei secoli XVI-XVIII), o una runa, o un vessillo, o la testa (estremità) della mazza o dello scettro del principe, o una corona (come simbolo del potere nei secoli XVI-XVII), o la parola “volontà”, o il simbolo del fulmine. Quest’ultimi risultano improbabili perché si riferiscono a periodi in cui è documentato il suo disuso. Lo storico del XIX secolo Bernhard Karl von Koehne affermò che il tryzub rappresentava uno dei corvi Huginn e Muninn del dio norreno Odino presente nello stendardo del corvo (O. F. Belov e G. I. Šapovalov, Український Тризуб. Історія дослідження та історичний реконструкт, Zaporižžja, Дике поле, 2008.). Huginn e Muninn viaggiano per il mondo portando notizie e informazioni al loro padrone. Odino li fa uscire all’alba per raccogliere informazioni e ritornano alla sera, siedono sulle spalle del dio e gli sussurrano le notizie nelle orecchie. È da questi corvi che deriva l’epiteto dio-corvo che rappresenta Odino. La tradizione, riconosciuta anche dall’articolo 20 comma 4 della Costituzione ucraina, vuole che il tryzub sia lo stemma del principe Volodymyr il Grande: “Articolo 20§4. L’elemento principale del grande stemma di Stato dell’Ucraina è il segno dello Stato principesco di Volodymyr il Grande (piccolo stemma di Stato dell’Ucraina).” Nel dicembre 1917 fu riadottato dalla nascente Repubblica Popolare Ucraina (che durò pochi mesi) come stemma ufficiale nazionale. E’ proprio in questo frangente che il tryzub inizia ad assumere un significato politico in seno al nascente nazionalismo ucraino. La Repubblica Popolare Ucraina, inizialmente di ispirazione sovietica ed anti-zarista, ben presto assiste ad uno scontro interno tra nazionalisti e i comitati filo-sovietici. Nella Russia rivoluzionaria di quei convulsi momenti si apre una stagione di possibilità e prospettive per il nazionalismo ucraino che persegue apertamente gli obiettivi di una autonomia territoriale e di una riorganizzazione dello stato russo. Prende corpo l’opzione indipendentista, fino a quel momento coltivata solo da frange politiche minoritarie. Le pretese della Rada ucraina vengono prima fortemente contestate dalle 4 regioni tradizionalmente non Ucraine per composizione etnica ovvero quella di Kharkov, di Kherson, la Crimea e la regione di Dnepropetrovsk dove gli intellettuali di estrazione russa di queste regioni insorgono contro le pretese di ucrainizzazione di territori non ucraini. Il 9 agosto , dopo un violento dibattito fra nazionalisti e i rappresentanti dei soviet, la Rada approva una risoluzione sulle Istruzioni nella quale si prende atto delle decisioni del governo centrale ma al tempo stesso si insite sulla necessità dell’ampliamento dell’autonomia e delle competenze del segretariato con un cenno finale alla convocazione di una «Assemblea costituente ucraina», da affiancare a quella pan-russa. Il 12 agosto si apre a Mosca la conferenza di Stato, organizzata dal nuovo governo rivoluzionario alla quale i delegati del segretariato ucraini, pur invitati, decidono di non partecipare. Si apre da questo punto in poi un confronto anche serrato fra nazionalisti ucraini, Soviet ucraini e comitato centrale ucraino che porterà conseguenze fino allo scontro armato. La Rivoluzione sovietica dell’ottobre 1917 e la vittoria dell’Armata Rossa su quella Bianca nei furiosi scontri che si avranno in quel periodo, metterà fine all’esperimento ucraino che nella sostanza non avrà mai una vera consistenza politica anche per gli scontri interni alla stessa Rada e soprattutto per la mancanza di un vero sostegno popolare. È proprio da questo momento in poi che il tryzub assumerà un significato storico che rispecchia il suo significato politico di oggi: simbolo del nascente nazionalismo ucraino. Il tryzub, in seguito assume fortemente un carattere politico nel 1929, in funzione anti-sovietica, come simbolo dell’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini (OUN), un partito politico nazionalista e fascista che nel giugno 1941, sotto la guida di Stephan Bandera, annunciò la creazione di uno Stato ucraino indipendente nella regione che era sotto il controllo della Germania nazista, sostenendo i piani espansionistici nazisti, giurando fedeltà ad Adolf Hitler e rendendosi responsabile del massacro di 100.000 civili polacchi ed ebrei attraverso il suo braccio armato, l’Esercito Insurrezionale Ucraino (UPA). Quindi il Tryzub non è stato un simbolo occasionalmente strumentalizzato da minoranze di estrema destra, ma è diventato un simbolo – contestualmente a ciò che è accaduto – dell’etnonazionalismo ucraino. Non solo sappiamo che i movimenti neonazisti ucraini, dal 2014, hanno utilizzato più volte questo simbolo, ma sappiamo che è stato ed è l’emblema principale delle più importanti e influenti organizzazioni dell’estrema destra ucraina, sia storica sia contemporanea (vedi articolo). Nel maggio 2022 lo Stemma dell’Unità (del battaglione Azov), che faceva riferimento al Wolfsangel, è stato sostituito dal tryzub stilizzato, formato da tre spade d’oro: quindi il tryzub è anche simbolo del Battaglione mercenario paramilitare di stampo neonazista responsabile di pulizia etnica dal 2014, documentate dall’OCSE e da Amnesty International. Non si tratta di un “uso improprio del tryzub da parte di estremisti”, ma si tratta dell’uso del tryzub che viene fatto fin dal 1929 dai neonazisti ucraini, esattamente come oggi i neonazisti europei usano la svastica perchè si è configurata storicamente come simbolo nazista fin dall’estate 1920. L’articolo 20 della Costituzione ucraina, adottata il 28 giugno 1996, riconosce il tryzub – con la risoluzione “Sull’emblema di Stato dell’Ucraina” – come “l’elemento principale del grande emblema di Stato dell’Ucraina” in quanto “simbolo dello Stato Principesco di Volodymyr il Grande”. E’ tipico di Stati etnonazionalisti introdurre legalmente simboli che rimandano all’ideale su cui si fondano. Vedasi Israele con la Stella di David, simbolo religioso ebraico. Come hanno suggerito importanti analisti, è giusto e altrettanto necessario riconoscere che il tryzub in Ucraina non avrebbe natura costituzionale se non avesse il suo significato storico legato al patriottismo e il suo significato ideologico legato all’etnonazionalismo ucraino. Il tryzub è ora, contestualmente, un simbolo nazista che viene usato da partiti, movimenti e battaglioni paramilitari di estrema destra ucraini in rappresentanza del patriottismo, della loro identità nazionale e dell’etnonazionalismo ucraino in opposizione a tutto ciò che lo rinnega. Quando il tryzub viene indossato dal presidente Zelensky fa riferimento sicuramente al patriottismo e all’identità nazionale ucraina non slegata dall’etnonazionalismo ucraino, oltre a schiacciare l’occhio a tutti quei battaglioni paramilitari di stampo neonazista (Azov, Aidar, Donbass e molti altri…) che sono stati assimilati nell’Esercito Nazionale Ucraino. Azov per esempio fu inquadrato l’11 novembre 2014 nella Guardia Nazionale dell’Ucraina, il corpo di gendarmeria nazionale ucraina e forza militare interna sotto la giurisdizione del Ministero degli Affari Interni, quindi del governo. Ho abbastanza memoria per ricordare che il Battaglione Azov fu fondato nel febbraio 2014 come unità paramilitare di volontari di orientamento neonazista, guidati dal militare e politico suprematista bianco Andrіj Bіlec’kyj, che ne fu primo comandante. Andrіj Bіlec’kyj, dal novembre 2014 al luglio 2019, è stato membro del Parlamento ucraino per l’Unione Ucraina di Patrioti – UKROP e, ora, oltre a guidare il partito politico d’estrema destra Corpo Nazionale (di stampo neo-nazista fondato nel 2016 da lui stesso), è pure comandante del 3º Corpo d’Armata dell’Esercito Ucraino. Esempi di questo tipo sono molteplici e non starò ad elencarli per mancanza di tempo, però credo che sia ingenuo pensare che l’esibizione del tryzub sia un simbolo di solo patriottismo ed identità nazionale. Quindi si può dichiarare che Zelensky sia vicino a movimenti neonazisti. Inoltre non dimentichiamoci che dopo l’inizio dell’invasione russa del 2022, Zelensky ha dichiarato la legge marziale e mobilitato le Forze Armate dell’Ucraina. Legge marziale significa che i pieni poteri sono in mano al governo, vige il divieto di svolgere le elezioni parlamentari e vengono emanati provvedimenti che sospendono temporaneamente le leggi ordinarie per introdurre regole e misure speciali in condizioni di eccezionalità, come la guerra. Quindi definire Zelensky come “vicino ai gruppi d’estrema destra” non è assolutamente retorica propagandistica, in quanto lui stesso si definisce “nazionalista” e a capo di un “governo nazionalista”, quindi non può risultare nemmeno “offensivo”. In Ucraina, i movimenti e i partiti d’estrema destra sono tutt’altro che marginali. Partiti “minoritari” d’estrema destra sono stati la manovalanza della Strage di Odessa del 2 maggio 2014, ed hanno avuto importanti ruoli di governo sotto la presidenza di Poroschenko. Molti dei loro membri attivi hanno intrapreso carriera militare (essendo prima paramilitari di battaglioni volontari) e politica. Il fatto che alle elezioni 2019 i partiti di estrema destra non hanno ottenuto alcun seggio non vuol dire nulla (non erano affiliati a coalizioni importanti), poichè il loro obiettivo l’hanno già ottenuto: infiltrarsi negli apparati di Stato, sia civile sia militare. Non esiste un uso “neutrale” e decontestualizzato dei simboli, i quali – nella storia – vengono da sempre utilizzati in memoria di qualcosa o addirittura strumentalizzati allo scopo di utilizzarli per altri scopi, acquisendo altri significati contestualizzati in un preciso periodo o momento storico. Da appassionato di filosofie orientali, specialmente buddhismo e induismo come esempio lampante mi sovviene la svastica (dal sanscrito “swastika”, che nella scrittura devanagari si scrive स्वास्तिक ), antico e millenario simbolo religioso – utilizzato fin dal Neolitico – da sempre concepito come simbolo universale di buona fortuna e benessere in culture antiche dell’India e dell’Estremo Oriente, simboleggiando il moto del Sole, i punti cardinali o la prosperità. Lo swastika si può trovare nei graffiti rupestri in ValCamonica, nel cristianesimo antico come antico simbolo della Croce di Gesù, si può trovare nelle popolazioni mesopotamiche e si può trovare con diversi significati anche nell’Islam e nell’ebraismo. Nel buddhismo lo swastika rappresenta il sigillo della mente-cuore dei Buddha (i “risvegliati”, o “illuminati”), capace di comprendere tutte le cose (non è un caso trovarla incisa su grandi statue dei Buddha). Nell’induismo simboleggia al contempo i Quattro Veda, i corrispondenti quattro volti di Brahmā (il Dio supremo creatore di tutto e presente in tutte le cose) e i portali solari o i portali lunari, oltre ad avere diversi significati in base a come sono rivolti i rebbi (così 卐 o così 卍). La grande satguru del Sahaja Yoga, Shri Mataji Nirmala Devi, spiegava come lo swastika fosse la rappresentazione del Mooladhara chakra, ovvero il primo chakra, rappresentando le quattro dimensioni della consapevolezza, e il punto di incontro con la quinta dimensione, oltre che ad essere la sorgente della Kundalini. Non a caso la parola chakra significa ‘ruota’, o anche ‘rotazione’, che puó essere in senso orario o anti-orario. Lo swastika, riprendendo i quattro petali del Mooladhara, rappresenta dunque – in base alla direzione della rotazione – “costruzione o distruzione”, se non addirittura la ruota del Dharma stesso. Nel giainismo invece, lo swastika rappresenta i Quattro Regni nei quali un’anima è soggetta al saṃsāra, il ciclo delle vite e delle morti, e può rinascere se non ha raggiunto l’illuminazione e non si è ancora liberata dalla sofferenza terrena dei desideri effimeri. Nonostante tutto ciò, come sappiamo bene, lo swastika fu adottato dai nazisti nel XX secolo, che lo associarono – a causa della risignificazione esoterica che ne fece la destra spiritualista da Julius Evola in poi – alla loro ideologia razzista. Venne chiamata hakenkreuz (“croce uncinata”, in italiano “la svastica”), trasformandola nel simbolo del nazionalsocialismo. La sua odierna notorietà è legata alla sua adozione durante il primo dopoguerra da parte del Partito Nazionalsocialista Tedesco e, successivamente, per l’apposizione sulla bandiera della Germania nazista. In Occidente, dopo la Seconda Guerra Mondiale fino ad oggi – a meno che non venga usata in contesti ben specifici come i templi induisti, buddhisti e nelle sale di meditazione di Sahaja Yoga – chi usa la svastica in contesti pubblici o manifestazioni politiche, non lo fa per augurare benessere e prosperità o per motivi spirituali, ma in ricordo di una determinata storia politica, il nazionalsocialismo tedesco, se non per inneggiare al neonazismo in alcune manifestazioni. Partendo dal fatto che non si capisce quale spazio abbia la narrazione propagandistica e quali siano le omissioni in questa riflessione, io credo che ogni sociologo politico, sociologo delle religioni e studioso di simbologia religiosa potrebbe convenire su quanto detto. In molti parlano oggi – con fare paternalistico – di svolgere un buon lavoro di “fact-checking” prima di pubblicare articoli, studi, libri e lavori di qualunque tipo. Interessante è che lo dicano agli altri, avendo la presunzione di essere nel “giusto” come se nessun “superficialismo” possa intaccarli. Io ritengo che prima di voler fare un “fact-checking” si debba essere a conoscenza di certi dettagli ed importanti distinguo concettuali, altrimenti è razionalmente impossibile condurre un virtuoso “fact-checking”. Prima di voler fare un fact-checking è importante conoscere i fatti: come puoi decidere se i fatti raccontati sono veri o falsi se prima non li si conosce? Spesso e volentieri è importante fare un “contro-factcheking” molto più accurato attraverso analisi e informazioni vere ma che non spesso i media mainstream sono soliti pubblicare. Per questo esistono i libri di storia. Lorenzo Poli
La bufala del “genocidio bianco” usata contro il Sudafrica anti-apartheid
Le radici storiche della “teoria del genocidio bianco” La storia del fatidico “genocidio bianco” è equiparabile alla teoria assurda diffusa dei movimenti dell’alt-right legati a Steve Bannon sul “Piano Kalergi” e la “sostituzione etnica”. Si tratta di teorie artificiali create ad hoc ad uso e consumo della popolazione ultraconservatrice occidentale bianca per seminare l’idea che si voglia rendere “la razza bianca” una minoranza. Partendo dal fatto che basta guardare un mappamondo per vedere che da sempre gli esseri umani di pelle chiara sono una minoranza, queste teorie del “genocidio bianco” non nascono in questi anni ma hanno origine lontana, diffondendosi in seno a gruppi legati al neonazismo, all’estrema destra, al nazionalismo e al suprematismo bianco. Secondo queste teorie l’immigrazione, l’integrazione, oltre a fattori come la denatalità nonché la tutela di diritti come la legalizzazione dell’aborto e la contraccezione verrebbero deliberatamente promossi in quei Paesi dove prevale la cosiddetta “razza bianca” con l’intenzione di causarne l’estinzione. https://www.ingentaconnect.com/contentone/lwish/sou/2017/00000066/00000066/art00006 (Kevin C. Thompson, WATCHING THE STORMFRONT: White Nationalists and the Building of Community in Cyberspace, in Social Analysis: The International Journal of Social and Cultural Practice, vol. 45, n. 1, aprile 2001, pp. 32-52) Preoccupazioni della stessa natura si trovavano già espresse in alcune parti del Mein Kampf di Adolf Hitler (1925), poi riprese nel documento citato del 1934, nel quale il futuro dittatore della Germania nazista spiegava quelli che, a suoi dire, erano i pericoli che correva parte dell’Europa con la progressiva “negrizzazione della razza bianca”. (Adolf Hitler, Mein Kampf , Monaco di Baviera, ed. Franz Eher e Successori, 1925, pag. 642, traduzione italiana presente in: Giorgio Galli, Il «Mein Kampf» di Adolf Hitler. Le radici della barbarie nazista, Kaos Edizioni, 2002) La questione apparve per la prima volta, sporadicamente, nelle pubblicazioni neo-naziste White Power e WAR (Michael Novick, White Lies, White Power: The Fight Against White Supremacy and Reactionary Violence, Common Courage Press, 1995, p. 155) negli anni ’70 ed ’80, in tesi che si focalizzavano soprattutto contraccezione e sull’aborto, oltreché sull’immigrazione. In Italia, negli anni Novanta, fu attivista dell’estrema destra italiana Franco Freda a contribuire maggiormente a questa assurda idea, con il suo testo I lupi azzurri. Documenti del Fronte Nazionale, diffondendo l’idea che “l’immigrazione di elementi non indoeuropei” fosse un attacco per “distruggere la razza bianca”. Nel 1995 il neonazista David Lane – membro fondatore dell’organizzazione terroristica suprematista bianca The Order ed autore degli slogan suprematisti delle “quattordici parole” e degli “ottantotto precetti” – nel suo manifesto White Genocide del 1995 (scritto mentre era incarcerato a vita) approfondisce questa teoria, affermando che le politiche dei governi di molti Paesi occidentali avevano l’intento di distruggere la “cultura europea bianca” rendendo i bianchi una “specie estinta”. Uno dei capisaldi di questa teoria è la negazione di valore alla lotta al razzismo. Nel 2005 il neonazista Alain Finkielkraut (A. Finkielkraut, Nous autres, modernes: Quatre leçons, Ellipse, Paris 2005; trad. it. Noi, i moderni, Lindau, Torino, 2006) dichiarò che «l’antirazzismo è per il XXI secolo quello che è stato il comunismo nel XX secolo»; mentre il nazionalista bianco Robert Whitaker coniò l’espressione “anti-razzista è una parola in codice per anti-bianchi” e il termine “anti-White” (anti bianco) per descrivere coloro che ritiene siano responsabili del genocidio dei bianchi. L’uso del termine «genocidio» viene assurdamente strumentalizzato in un’accezione che va ben al di là della definizione strettamente legale , parificando eventi storici a veri e propri attentati contro la vita umana, siano essi l’omicidio (ad esempio presentando il meticciato come attentato all’integrità genetica di una “razza”) o il suicidio (una società che si autocondanna all’estinzione). Per avallare una lettura distorta ed ampliata di taluni eventi contemporanei, se ne offre così una chiave interpretativa distopica: essi non sarebbero frutto di forze storiche determinate da flussi epocali, ma della pianificazione voluta e consapevole da parte di una élite in malafede, che tradirebbe la sua vocazione di ceto dirigente di una nazione. E’ su queste basi che assieme alle teorie cospirazioniste della «sostituzione etnica» e di «Eurabia», in seguito alla crisi europea dei migranti negli anni 2010 la teoria sul “genocidio della razza bianca” si è diffusa dai movimenti estremisti di destra, raggiungendo purtroppo anche settori del senso comune moderato. https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/01/15/attilio-fontana-lega-razza-bianca-e-rischio-dobbiamo-ribellarci-dopo-berlusconi-destra-e-gara-di-xenofobia/4093643/ La teoria si è diffusa molto in questi anni negli USA, rispetto alla nicchia di estrema destra dove era confinata, grazie ai nuovi mass media specie in seguito all’elezione di Donald Trump.   La bufala del “genocidio bianco in Sudafrica” In seguito alla vittoria di Nelson Mandela e alla fine dell’apartheid razzista e colonialista bianca in Sudafrica, figure di estrema destra come il cantante Steve Hofmeyr e il partito extraparlamentare boero Afrikaner Weerstandsbeweging (AWB) sostengono l’esistenza di un «genocidio bianco» in Sudafrica. Il terrorista norvegese di estrema destra Anders Breivik – autore della strage nazista di Utøya in cui morirono 77 militanti socialisti – nel suo manifesto dal titolo 2083: una dichiarazione di indipendenza europea dedicò un’intera sezione a un presunto «genocidio» contro gli afrikaner, i boeri di origine olandese, menzionando ripetutamente presunti episodi di persecuzione dei bianchi in quel Paese. Anche Mike Cernovich, commentatore statunitense di estrema destra, sostenne la veridicità di tale genocidio in Sudafrica. In cosa consiste questa “menzogna di guerra”? Diffondere notizie false su un presunto genocidio che il governo socialista, panafricanista e anti-apartheid di sinistra guidato da Matamela Cyril Ramaphosa starebbe attuando contro i “boeri bianchi” (per inciso, i discendente dei coloni occidentali – spesso guidati anche da ideali nazisti e fascisti – che perseguitarono, discriminarono, criminalizzarono e ghettizzarono i neri sudafricani fino al 1994). Si tratta di una vergognosa bufala, una “menzogna di guerra”, una fake news istituzionale che si diffuse nel 2018 dopo la trasmissione del documentario Farmlands dell’attivista canadese Lauren Southern realizzato per Rebel Media, in cui si documentavano assalti alle fattorie in Sudafrica. Per lo stesso canale la giornalista britannica Katie Hopkins aveva girato un analogo documentario dal titolo Plaasmoorde: The Killing Fields. A cavalcare la vicenda, distorcendola e strumentalizzandola, furono gli Stati Uniti dell’alt-right razzista, xenofoba, suprematista bianca ed imperialista di Donald Trump, facendo girare informazioni su social media e su canali di gatekeeping con il fine di intercettare gli utenti della controinformazione e spacciare come “contro-notizia” una vergognosa menzogna al fine di prendere di mira il Sudafrica. Ad agosto 2018 il presidente degli Stati Uniti Donald Trump fu accusato di appoggiare tale teoria quando su twitter chiese al segretario di Stato Mike Pompeo di far chiarezza su «gli espropri e le confische dei terreni e le uccisioni su larga scala dei contadini [bianchi]». A riportare tale tesi sono anche la giornalista conservatrice statunitense Ann Coulter, il politico britannico ultraconservatore Nigel Farage e il politico di destra olandese Geert Wilders. La notizia è stata rilanciata in questi anni dalla galassia mediatica di QAnon in funzione anti-socialista ed in Italia è stata resa nota dall’ambiguo sito ImolaOggi fin dal 2016. Nel 2016 vi è il lancio di un articolo dal titolo fuorviante e distorto Razzismo: la barbarie avanza in Sudafrica, gli eredi di Mandela bruciano la storia “bianca”, nel quale si affermava che a Città del Capo gli studenti neri di un movimento chiamato “Rhodes Must Fall” avessero bruciato “arte, libri, letteratura, pittura e qualsiasi cosa ritenuta collegata al “diavolo bianco” . Hanno inzuppato dipinti storici e scritti nella benzina e poi li hanno bruciati insieme ad opere d’arte e libri risalenti ai secoli passati, dopo aver vandalizzato l’Università. Hanno minacciato la vita dei bianchi nella zona.  In seguito ha continuato a dar fuoco ad autobus e uffici. Ritengono che “l’uomo bianco” stia finalmente avendo quello che si merita.”  Notizia che, oltre a non avere fondamento ribaltava la situazione reale: il Sudafrica, pur essendo un Paese che ha lottato contro l’apartheid bianca, risente ancora oggi della divisione interna tra bianchi e neri, della discriminazione razziale nei confronti dei neri e situazioni di sfruttamento. Ma l’articolo insisteva: “I bianchi in Africa sono vittime di  persecuzioni, espulsioni, sanzioni e sono spesso uccisi o perseguitati a causa della presunta “colpa” della colonizzazione. Eppure, dalla fine della colonizzazione, gli africani sono tornati indietro al tribalismo, alle malattie e alla povertà estrema. Nonostante i bianchi siano una piccola minoranza, sono incolpati di tutti i problemi – anche quando non hanno alcuna influenza sulle decisioni. Europa e America si rifiutano di dare lo status di rifugiato alla minoranza bianca, così migliaia di agricoltori bianchi vengono uccisi o torturati ogni anno per la loro razza. Sentimenti simili, come mostrato nel video, sono espressi in altre parti dell’Africa.” Farebbe ridere se non facesse piangere. Si tratta di notizie volte a stravolgere la storia politica e culturale del Sudafrica date in pasto a chi non conosce quella storia. Nel marzo 2016 viene pubblicato un altro articolo dal titolo Il vero RAZZISMO: cartoline dal Sudafrica, la mattanza dei bianchi in cui addirittura si parla de “l’inferno delle bidonville per i bianchi impoveriti dalla shock economy e dalle leggi razziali “black only” del governo dell’ANC e la quotidiana giungla urbana di una società ad altissimo tasso di violenza che non risparmia alcuna etnia, fatta di diseguaglianza, discriminazione e segregazione sotto altro nome, non ci rimane la sensazione di aver visitato la “nazione arcobaleno” secondo la narrazione allucinatoria della propaganda del politicamente corretto, ma un paese che è veramente un paradiso di crudeltà in preda ad un’apocalisse sadica, come l’ha definito lo scrittore Dan Roodt. Un anus mundi dove sta prevalendo una cultura della vendetta e del saccheggio e che trae ispirazione per le sue orge di ultraviolenza da ancestrali riti di stregoneria ed omicidio rituale.” Un ribaltamento totale della situazione dove i colonizzatori diventano le vittime del popolo discriminato. Si parla addirittura di Ciò “quotidiano pogrom” verso gli agricoltori in Sud Africa, “in larghissima maggioranza bianchi” e di “assalti alle fattorie (…) documentati e verificati dal 2012 ad oggi”. Poi miracolosamente le notizie su questo “genocidio” scompaiono dalla circolazione e riappaiono dopo 2 anni in cui anche uno dei peggiori quotidiani della destra italiana, Libero, ne parla come se fosse un fatto serio. Bisognerà aspettare il 3 maggio 2018 quando ImolaOggi ripubblica un articolo dal titolo Sudafrica, il vero razzismo: è genocidio di bianchi, in cui si afferma: “Grazie all’indottrinamente di massa, l’opinione pubblica è convinta che il razzismo sia una pratica “razzista” operata dai bianchi sulla pelle dei neri. Convincimento infondato! Da anni in Sud Africa, complice il silenzio dei politici occidentali, i coloni boeri sono oggetti di rapine, saccheggi e assassini commessi da bande di neri.” Il 7 agosto 2018, sempre ImolaOggi pubblica un articolo dal titolo Sudafrica: bianchi in fuga dalle violenze dei neri. La Russia accoglie 15mila boeri in cui si legge: “In fuga da violenze e odio razziale. Sono migliaia i boeri, gli agricoltori sudafricani discendenti dai coloni inglesi, olandesi, tedeschi e francesi, che stanno lasciando le proprie terre per sfuggire alle persecuzioni. Ad accoglierli a braccia aperte non ci sono più i Paesi occidentali, ma la Russia di Vladimir Putin. Per ora 30 famiglie sono già arrivate nella regione di Stavropol. Sono solo una piccola porzione dei 15mila afrikaner che stanno programmando di emigrare in Russia. Un vero e proprio esodo, scatenato dalla decisione del neo presidente sudafricano Cyril Ramaphosa di espropriare i terreni dei bianchi e restituirli alla popolazione nera. In effetti, le percentuali, come nota Libero, mostrano una evidente sproporzione. I boeri, che rappresentano solo il 9% degli abitanti controllano i due terzi dei terreni agricoli della nazione. Ma lo scontro su quella che il governo non ha esitato a definire “un’eredità dell’apartheid”, è passato ben presto dalle parole ai fatti.” Un articolo i cui contenuti ricordano tanto i titoloni dei media mainstream occidentali quando la Rivoluzione Cubana guidata da Fidel Castro portò avanti la Riforma Agraria e mise fuori legge la borghesia: in Occidente si piangeva per l’esproprio che subirono i ricchi aristocratici proprietari di latifondi di canna da zucchero che per anni avevano avuto il permesso di sfruttare incondizionatamente la popolazione cubana. Ritornando alla menzogna diffusa dall’alt-right, interessante è vedere come negli articoli che diffondono questa assurdità si cerchi in tutti i modi di prendere di mira il grande rivoluzionario Nelson Mandela che viene accusato di essere la giustificazione di questo “genocidio” in quanto accusato – senza alcuna prova e fonte – di cantare “Uccidi il boero” (Genocidio Bianco in Sudafrica, di D. Duke, 2010) diffondendo un link di YouTube che non è nemmeno attivo (https://youtu.be/DLxKcNVbrMQ). Da qualche mese è stata rilanciata la fake news del “genocidio bianco in Sudafrica” proprio per demonizzare il Paese africano nato dalla grande rivoluzione umanista, socialista, anti-apartheid e fondata sull’ideale Ubuntu del grandissimo rivoluzionario e combattente per i diritti umani Nelson Mandela. Ha fatto scalpore agli inizi di aprile 2025 quando Donald Trump ha palesemente minacciato di disertare il vertice dei leader del G20, in programma il prossimo novembre in Sudafrica, rilanciando le accuse contro il governo sudafricano di “esproprio delle terre” dei bianchi e di “genocidio”. “Come si può aspettare che noi andiamo all’importante incontro del G20 in Sudafrica quando l’esproprio della terra e il genocidio sono il principale argomento di conversazione? Stanno prendendo le terre dei farmer bianchi e li stanno uccidendo insieme alle loro famiglie.” – ha scritto nella notte su Truth Social il presidente – “E’ qui che vogliamo andare per il G20? Non penso proprio!”, aggiunse il tycoon. Già in passato Trump aveva parlato di “uccisioni in larga scala” di farmer bianchi, riecheggiando le accuse di “genocidio dei bianchi” rivolte da Elon Musk, il suo consigliere che è nato e cresciuto in Sudafrica. Accuse che recentemente un tribunale sudafricano hanno riconosciuto come “non reali” e “chiaramente immaginarie”. Non dimentichiamoci inoltre che Elon Musk era figli di suprematisti bianchi che, proprio durante gli anni dell’apartheid in Sudafrica hanno fatto fortuna essendo proprietari di miniere di smeraldi. Musk è ostile ai governi progressisti e socialisti e non si deve dimenticare che finanziò il golpe fascista di Jeanine Anez in Bolivia contro Evo Morales per i ricchi altopiani traboccanti di litio. Il 21 maggio 2025, ricevendo il Presidente sudafricano Cyril Ramaphosa alla Casa Bianca, Trump ha dichiarato: “Molte cose brutte stanno accadendo in Sudafrica. Abbiamo accolto delle persone che si sentivano perseguitate. Le loro terre vengono espropriate, loro vengono uccisi e il governo non fa nulla”. Un’affermazione vergognosa soprattutto con l’aggravante di essere accusatoria, vessatoria e falsa. L’ONG Africa Check definisce false tali affermazioni, asserendo che «i bianchi hanno meno probabilità di essere uccisi rispetto a qualsiasi altro gruppo razziale» e che «laddove i bianchi rappresentano circa il 9% della popolazione sudafricana essi sono solo l’1,8% delle vittime di omicidi». Non è un caso che il Sudafrica sia preso di mira proprio in questo periodo. Il Sudafrica è membro dei Brics ed è sfuggito alla gabbia dell’anglosfera atlantista. Il Sudafrica è tra i paesi che hanno riconosciuto lo Stato di Palestina, anche se non tutti i Paesi nel mondo lo hanno ancora fatto. E’ un Paese, il Sudafrica, che ha intentato la causa presso la Corte Internazionale di Giustizia contro Israele, accusandolo di violare la “Convenzione sul genocidio” in merito alla situazione a Gaza. Il Sudafrica sostiene che Israele abbia compiuto atti di genocidio, in violazione della Convenzione sul genocidio, con accuse chiare: uccisione di massa di palestinesi, tra cui civili; inflizione di gravi danni fisici e mentali; espulsione e il displacement forzato; attacco al sistema sanitario di Gaza; misure per prevenire la nascita di bambini palestinesi. Il Sudafrica ha specificato che Israele ha portato avanti una campagna di azioni che rientrano nella definizione di genocidio, inclusi attacchi a zone designate sicure e uso di bombe potenti.Questo non può che dare fastidio all’Amministrazione Trump, chissà, forse con l’obiettivo di avviare l’ennesima “rivoluzione colorata” in Sudafrica contro il governo di Ramaphosa con la solita strategia della “redutio ad Hitlerum”.  Per quanto possa avere tutte le contraddizioni possibili ed immaginabili, il governo di Ramaphosa non è artefice di nessun “genocidio bianco”, ma anzi è il discendente di quel governo che pose fine all’apartheid razzista e colonialista dei bianchi che per decenni hanno cercato – e ancora cercano – di fare da padroni in un territorio che hanno depredato, sfruttando la popolazione autoctona. Lorenzo Poli
Come la Germania, dopo 80 anni, si ripete
Sappiamo già come la Nato ha provocato la Russia quando iniziò l’operazione militare nell’Ucraina orientale nel 2022. La sua costante espansione verso i confini della Russia e il colpo di stato orchestrato dagli Stati Uniti a Kiev nel 2014, che ha messo al potere i nazionalisti affiliati ai neonazisti, può essere chiaramente osservata da coloro che non seguono ciecamente una narrativa e una propaganda anti-Putin e anti-russa fabbricate dall’Occidente. Si può discutere se l’operazione militare russa sia stata un’invasione di un paese sovrano e quindi un’aggressione che deve essere condannata. Ma per farlo, tutto ciò che è accaduto dalla caduta dell’Unione Sovietica nel 1991 dovrebbe essere messo sotto una lente d’ingrandimento. Qui non è il posto giusto per discutere in maniera approfondita di quegli oltre 30 anni, perché ci vorrebbero molte pagine scritte per farlo. Una cosa però è molto chiara, che l’aggressiva espansione della NATO verso est e la sua tendenza ad accerchiare i confini della Russia sono un fatto che nessuno può negare. Ci si può chiedere cosa avrebbero fatto gli Stati Uniti se la Russia avesse orchestrato un colpo di stato in Messico e poi lo avesse armato fino ai denti. Quello che l’Occidente vuole è che tutti dimentichino che dal 2014 la parte orientale e meridionale dell’Ucraina di lingua russa non ha riconosciuto il violento colpo di stato a Kiev e ha protestato. In risposta, Kiev ha inviato il suo esercito per reprimere le proteste. Quando questo è fallito Kiev ha iniziato a bombardare le città di Donetsk e Lugansk ed ha inviato il battaglione AZOV (ben noti neonazisti) a sconfiggere la popolazione del Donbass fino alla sottomissione. In risposta a quella risposta violenta, il popolo delle due regioni del Donbass dichiarò la propria indipendenza e furono proclamate le repubbliche di Lugansk e Donetsk. Dopo sono iniziati 8 anni di guerra interna, che hanno causato la morte di migliaia di civili. Già a quel tempo l’Occidente, e in particolare l’UE, riteneva conveniente oscurare la presenza reale e di spicco dei neonazisti in Ucraina e nella sua nuova struttura di potere. Scelse di oscurare le celebrazioni della torcia di stile nazista del collaboratore nazista ucraino Bandera che, con le sue truppe di comando delle SS, uccise migliaia di ebrei, polacchi e altre minoranze. Decise di oscurare il fatto che grandi statue di questo criminale di guerra furono erette nelle città dell’Ucraina occidentale. Solo per questo, l’UE è già complice criminale della guerra interna di 8 anni contro il popolo del Donbass. E ora veniamo alla Germania e al suo ruolo nella guerra ucraina. Oltre alla grande quantità di armi, carri armati leopardo, missili e altre attrezzature da guerra che ha inviato al regime di Kiev, come molti altri paesi dell’UE, la Germania sta sostenendo un paese pieno di neonazisti nella parte occidentale dell’Ucraina. Le brigate neonaziste furono inviate nella regione russa di Kursk, portando con sé carri armati leopardi. Dopo 80 anni c’erano quindi di nuovo carri armati tedeschi sul suolo russo, usati dalle brigate neonaziste che uccidevano civili nei villaggi russi. Proprio com’è successo quando l’esercito tedesco era lì nella seconda guerra mondiale. È molto importante menzionare tutto questo a causa delle sue implicazioni morali. Soprattutto la Germania non avrebbe mai più dovuto collaborare o sostenere gruppi affiliati ai nazisti ovunque si trovino. Ma l’ha fatto proprio attraverso il suo governo e il suo parlamento. Aveva persino campi di addestramento militare per soldati ucraini neonazisti sul suo territorio. Qualunque cosa facciano altri paesi con i neonazisti, come gli Stati Uniti e il Canada che li ricevono ufficialmente, è ovviamente immorale e apertamente disgustoso, ma non erano la Germania nazista che ha causato la seconda guerra mondiale e sterminato milioni di ebrei e altri gruppi minoritari. E questa è la grande differenza. Ora il nuovo governo tedesco ha deciso di ricostruire un esercito forte e di militarizzare la sua industria. Questo era esattamente ciò che Hitler fece non appena salì al potere. Inoltre, il governo tedesco ha comunicato che vieterà all’ambasciatore russo e ad altri funzionari russi di partecipare alle commemorazioni della seconda guerra mondiale della sconfitta della Germania nazista l’8 maggio, il che è oltraggioso. È chiaro che la Germania ha tutte le persone sbagliate al potere che hanno portato il paese su una strada buia da cui non sembra voler scappare. Invece di prendere molto sul serio il passato nazista della Germania e imparare da esso, loro, e tutti gli ex governi, hanno deciso di guardare quel passato come se fosse accaduto su un altro pianeta. La Germania e l’Europa, che avrebbero potuto essere i fautori e catalizzatori di un profondo cambiamento di direzione verso un mondo molto migliore, stanno invece ripetendo il loro passato. Così facendo si stanno auto-distruggendo ancora una volta, moralmente, economicamente e politicamente. Forse c’è ancora speranza che un giorno la popolazione tedesca prenderà il futuro nelle proprie mani e imboccherà quella strada di profondo cambiamento a cui la Germania era destinata. Traduzione dall’inglese di Filomena Santoro. Revisione di Thomas Schmid. Peter Noordendorp