Tryzub e svastica, esiste un uso “neutrale” dei simboli politici nella storia?
A maggio 2023, scrissi un articolo dal titolo Tryzub, lo stemma nazista
dell’Ucraina. Un articolo che aveva lo scopo fornire gli elementi basici per
capire quanto quel simbolo, spacciato per nazionale (come se fosse per noi il
tricolore), in realtà ha ben poco di neutrale, ma ha un’origine antica che
affonda le sue radici tra paganesimo e cristianesimo per poi essere usato per
tutto il Novecento da movimenti ed organizzazioni nazisti, collaborazioniste
naziste ed in seguito da gruppi sia politici sia paramilitari di stampo
neonazista.
Ebbene questo breve articolo, che tutti potete leggere, è stato accusato
recentemente di avere “un’impostazione che appare più vicina a una narrazione
propagandistica che a un’analisi storica equilibrata”.
Il tatuaggio di Carlo Calenda (da X)
Secondo chi ha commentato alla nostra redazione, il tridente indossato dal
presidente Zelensky (esaltato recentemente da Pina Picierno e tatuato da Carlo
Calenda) “il riferimento è alla sovranità e all’identità storica ucraina, non a
gruppi estremisti”. Se “è vero che dagli anni ‘30 in avanti il simbolo è stato
occasionalmente strumentalizzato da minoranze di estrema destra, ma ciò accade
ovunque: croci, bandiere nazionali e persino simboli religiosi sono stati usati
da estremisti senza perdere il loro significato originario” – si afferma. Lo
scritto prosegue affermando che “indossare il tridente significa esibire un
simbolo nazionale e non un marchio ideologico. Equipararlo al nazismo significa
delegittimare la simbologia statale dell’Ucraina e contribuire a diffondere una
narrativa propagandistica oltre che omettere come nasce e come si diffonde
questo simbolo. È giusto condannare l’uso improprio del tryzub da parte di
estremisti, ma è altrettanto necessario riconoscerne la natura storica e
costituzionale”.
Questo importante commento, mi ha permesso di sviluppare una riflessione che non
avevo mai elaborato prima d’ora su tutti quei simboli religiosi, spirituali od
esoterici che immancabilmente finiscono per essere strumentalizzati ed usati da
gruppi politici connotati in precisi contesti culturali, il cui uso strumentale
di questi simboli impedisce di fatto un uso neutrale di questi simboli.
Il tryzub ha origini medievali, legato alla dinastia di Volodymyr il Grande (X
secolo), e divenne emblema dei principi Rjurikidi, dominante a partire dall’862
d.C. La riduzione dell’uso del tryzub iniziò a metà dell’XI secolo, quando cessò
di essere coniato sulle monete della Rus’ di Kiev.
Il periodo dell’oblio del tryzub durò dalla metà del XIII secolo fino alla fine
del XVIII secolo, quando furono trovate le prime monete della Rus’ di Kiev con
questo segno. I tentativi di analizzare il tryzub iniziarono all’inizio del XIX
secolo e il termine “tryzub” fu usato per la prima volta dallo storico
russo Nikolaj Karamzin nella sua opera del 1815 Storia dello Stato russo.
Il suo significato si perde nella notte dei tempi. Secondo lo storico
ucraino Volodymyr Sičyns’kyj (V. S. Sičyns’kyj, Український тризуб і прапор,
Winnipeg, 1953, p. 24.) poteva rappresentare in modo stilizzato o una colomba
“simbolo dello Spirito Santo”, o fiore, o un candeliere, o un “kuša” (simbolo di
arco e freccia usato come segno del magistrato di Kiev nei secoli XVI-XVIII), o
una runa, o un vessillo, o la testa (estremità) della mazza o dello scettro del
principe, o una corona (come simbolo del potere nei secoli XVI-XVII), o la
parola “volontà”, o il simbolo del fulmine. Quest’ultimi risultano improbabili
perché si riferiscono a periodi in cui è documentato il suo disuso. Lo storico
del XIX secolo Bernhard Karl von Koehne affermò che il tryzub rappresentava uno
dei corvi Huginn e Muninn del dio norreno Odino presente nello stendardo del
corvo (O. F. Belov e G. I. Šapovalov, Український Тризуб. Історія дослідження та
історичний реконструкт, Zaporižžja, Дике поле, 2008.). Huginn e Muninn viaggiano
per il mondo portando notizie e informazioni al loro padrone. Odino li fa uscire
all’alba per raccogliere informazioni e ritornano alla sera, siedono sulle
spalle del dio e gli sussurrano le notizie nelle orecchie. È da questi corvi che
deriva l’epiteto dio-corvo che rappresenta Odino.
La tradizione, riconosciuta anche dall’articolo 20 comma 4 della Costituzione
ucraina, vuole che il tryzub sia lo stemma del principe Volodymyr il Grande:
“Articolo 20§4. L’elemento principale del grande stemma di Stato dell’Ucraina è
il segno dello Stato principesco di Volodymyr il Grande (piccolo stemma di Stato
dell’Ucraina).”
Nel dicembre 1917 fu riadottato dalla nascente Repubblica Popolare Ucraina (che
durò pochi mesi) come stemma ufficiale nazionale. E’ proprio in questo frangente
che il tryzub inizia ad assumere un significato politico in seno al nascente
nazionalismo ucraino. La Repubblica Popolare Ucraina, inizialmente di
ispirazione sovietica ed anti-zarista, ben presto assiste ad uno scontro interno
tra nazionalisti e i comitati filo-sovietici.
Nella Russia rivoluzionaria di quei convulsi momenti si apre una stagione di
possibilità e prospettive per il nazionalismo ucraino che persegue apertamente
gli obiettivi di una autonomia territoriale e di una riorganizzazione dello
stato russo. Prende corpo l’opzione indipendentista, fino a quel momento
coltivata solo da frange politiche minoritarie.
Le pretese della Rada ucraina vengono prima fortemente contestate dalle 4
regioni tradizionalmente non Ucraine per composizione etnica ovvero quella di
Kharkov, di Kherson, la Crimea e la regione di Dnepropetrovsk dove gli
intellettuali di estrazione russa di queste regioni insorgono contro le pretese
di ucrainizzazione di territori non ucraini.
Il 9 agosto , dopo un violento dibattito fra nazionalisti e i rappresentanti dei
soviet, la Rada approva una risoluzione sulle Istruzioni nella quale si prende
atto delle decisioni del governo centrale ma al tempo stesso si insite sulla
necessità dell’ampliamento dell’autonomia e delle competenze del segretariato
con un cenno finale alla convocazione di una «Assemblea costituente ucraina», da
affiancare a quella pan-russa.
Il 12 agosto si apre a Mosca la conferenza di Stato, organizzata dal nuovo
governo rivoluzionario alla quale i delegati del segretariato ucraini, pur
invitati, decidono di non partecipare. Si apre da questo punto in poi un
confronto anche serrato fra nazionalisti ucraini, Soviet ucraini e comitato
centrale ucraino che porterà conseguenze fino allo scontro armato.
La Rivoluzione sovietica dell’ottobre 1917 e la vittoria dell’Armata
Rossa su quella Bianca nei furiosi scontri che si avranno in quel periodo,
metterà fine all’esperimento ucraino che nella sostanza non avrà mai una vera
consistenza politica anche per gli scontri interni alla stessa Rada e
soprattutto per la mancanza di un vero sostegno popolare.
È proprio da questo momento in poi che il tryzub assumerà un significato storico
che rispecchia il suo significato politico di oggi: simbolo del nascente
nazionalismo ucraino.
Il tryzub, in seguito assume fortemente un carattere politico nel 1929, in
funzione anti-sovietica, come simbolo dell’Organizzazione dei Nazionalisti
Ucraini (OUN), un partito politico nazionalista e fascista che nel giugno 1941,
sotto la guida di Stephan Bandera, annunciò la creazione di uno Stato ucraino
indipendente nella regione che era sotto il controllo della Germania nazista,
sostenendo i piani espansionistici nazisti, giurando fedeltà ad Adolf Hitler e
rendendosi responsabile del massacro di 100.000 civili polacchi ed ebrei
attraverso il suo braccio armato, l’Esercito Insurrezionale Ucraino (UPA).
Quindi il Tryzub non è stato un simbolo occasionalmente strumentalizzato da
minoranze di estrema destra, ma è diventato un simbolo – contestualmente a ciò
che è accaduto – dell’etnonazionalismo ucraino. Non solo sappiamo che i
movimenti neonazisti ucraini, dal 2014, hanno utilizzato più volte questo
simbolo, ma sappiamo che è stato ed è l’emblema principale delle più importanti
e influenti organizzazioni dell’estrema destra ucraina, sia storica sia
contemporanea (vedi articolo).
Nel maggio 2022 lo Stemma dell’Unità (del battaglione Azov), che faceva
riferimento al Wolfsangel, è stato sostituito dal tryzub stilizzato, formato da
tre spade d’oro: quindi il tryzub è anche simbolo del Battaglione mercenario
paramilitare di stampo neonazista responsabile di pulizia etnica dal 2014,
documentate dall’OCSE e da Amnesty International.
Non si tratta di un “uso improprio del tryzub da parte di estremisti”, ma si
tratta dell’uso del tryzub che viene fatto fin dal 1929 dai neonazisti ucraini,
esattamente come oggi i neonazisti europei usano la svastica perchè si è
configurata storicamente come simbolo nazista fin dall’estate 1920.
L’articolo 20 della Costituzione ucraina, adottata il 28 giugno 1996, riconosce
il tryzub – con la risoluzione “Sull’emblema di Stato dell’Ucraina” – come
“l’elemento principale del grande emblema di Stato dell’Ucraina” in quanto
“simbolo dello Stato Principesco di Volodymyr il Grande”.
E’ tipico di Stati etnonazionalisti introdurre legalmente simboli che rimandano
all’ideale su cui si fondano. Vedasi Israele con la Stella di David, simbolo
religioso ebraico.
Come hanno suggerito importanti analisti, è giusto e altrettanto necessario
riconoscere che il tryzub in Ucraina non avrebbe natura costituzionale se non
avesse il suo significato storico legato al patriottismo e il suo significato
ideologico legato all’etnonazionalismo ucraino. Il tryzub è ora,
contestualmente, un simbolo nazista che viene usato da partiti, movimenti e
battaglioni paramilitari di estrema destra ucraini in rappresentanza del
patriottismo, della loro identità nazionale e dell’etnonazionalismo ucraino in
opposizione a tutto ciò che lo rinnega.
Quando il tryzub viene indossato dal presidente Zelensky fa riferimento
sicuramente al patriottismo e all’identità nazionale ucraina non slegata
dall’etnonazionalismo ucraino, oltre a schiacciare l’occhio a tutti quei
battaglioni paramilitari di stampo neonazista (Azov, Aidar, Donbass e molti
altri…) che sono stati assimilati nell’Esercito Nazionale Ucraino. Azov per
esempio fu inquadrato l’11 novembre 2014 nella Guardia Nazionale
dell’Ucraina, il corpo di gendarmeria nazionale ucraina e forza militare interna
sotto la giurisdizione del Ministero degli Affari Interni, quindi del governo.
Ho abbastanza memoria per ricordare che il Battaglione Azov fu fondato nel
febbraio 2014 come unità paramilitare di volontari di orientamento neonazista,
guidati dal militare e politico suprematista bianco Andrіj Bіlec’kyj, che ne fu
primo comandante. Andrіj Bіlec’kyj, dal novembre 2014 al luglio 2019, è stato
membro del Parlamento ucraino per l’Unione Ucraina di Patrioti – UKROP e, ora,
oltre a guidare il partito politico d’estrema destra Corpo Nazionale (di stampo
neo-nazista fondato nel 2016 da lui stesso), è pure comandante del 3º Corpo
d’Armata dell’Esercito Ucraino. Esempi di questo tipo sono molteplici e non
starò ad elencarli per mancanza di tempo, però credo che sia ingenuo pensare che
l’esibizione del tryzub sia un simbolo di solo patriottismo ed identità
nazionale. Quindi si può dichiarare che Zelensky sia vicino a movimenti
neonazisti. Inoltre non dimentichiamoci che dopo l’inizio dell’invasione russa
del 2022, Zelensky ha dichiarato la legge marziale e mobilitato le Forze Armate
dell’Ucraina. Legge marziale significa che i pieni poteri sono in mano al
governo, vige il divieto di svolgere le elezioni parlamentari e vengono emanati
provvedimenti che sospendono temporaneamente le leggi ordinarie per introdurre
regole e misure speciali in condizioni di eccezionalità, come la guerra.
Quindi definire Zelensky come “vicino ai gruppi d’estrema destra” non è
assolutamente retorica propagandistica, in quanto lui stesso si definisce
“nazionalista” e a capo di un “governo nazionalista”, quindi non può risultare
nemmeno “offensivo”.
In Ucraina, i movimenti e i partiti d’estrema destra sono tutt’altro che
marginali. Partiti “minoritari” d’estrema destra sono stati la manovalanza della
Strage di Odessa del 2 maggio 2014, ed hanno avuto importanti ruoli di governo
sotto la presidenza di Poroschenko. Molti dei loro membri attivi hanno
intrapreso carriera militare (essendo prima paramilitari di battaglioni
volontari) e politica. Il fatto che alle elezioni 2019 i partiti di estrema
destra non hanno ottenuto alcun seggio non vuol dire nulla (non erano affiliati
a coalizioni importanti), poichè il loro obiettivo l’hanno già ottenuto:
infiltrarsi negli apparati di Stato, sia civile sia militare.
Non esiste un uso “neutrale” e decontestualizzato dei simboli, i quali – nella
storia – vengono da sempre utilizzati in memoria di qualcosa o addirittura
strumentalizzati allo scopo di utilizzarli per altri scopi, acquisendo altri
significati contestualizzati in un preciso periodo o momento storico.
Da appassionato di filosofie orientali, specialmente buddhismo e induismo come
esempio lampante mi sovviene la svastica (dal sanscrito “swastika”, che nella
scrittura devanagari si scrive स्वास्तिक ), antico e millenario simbolo
religioso – utilizzato fin dal Neolitico – da sempre concepito come simbolo
universale di buona fortuna e benessere in culture antiche dell’India e
dell’Estremo Oriente, simboleggiando il moto del Sole, i punti cardinali o la
prosperità. Lo swastika si può trovare nei graffiti rupestri in ValCamonica, nel
cristianesimo antico come antico simbolo della Croce di Gesù, si può trovare
nelle popolazioni mesopotamiche e si può trovare con diversi significati anche
nell’Islam e nell’ebraismo. Nel buddhismo lo swastika rappresenta il sigillo
della mente-cuore dei Buddha (i “risvegliati”, o “illuminati”), capace di
comprendere tutte le cose (non è un caso trovarla incisa su grandi statue dei
Buddha).
Nell’induismo simboleggia al contempo i Quattro Veda, i corrispondenti quattro
volti di Brahmā (il Dio supremo creatore di tutto e presente in tutte le cose) e
i portali solari o i portali lunari, oltre ad avere diversi significati in base
a come sono rivolti i rebbi (così 卐 o così 卍). La grande satguru del Sahaja
Yoga, Shri Mataji Nirmala Devi, spiegava come lo swastika fosse
la rappresentazione del Mooladhara chakra, ovvero il primo
chakra, rappresentando le quattro dimensioni della consapevolezza, e il punto di
incontro con la quinta dimensione, oltre che ad essere la sorgente della
Kundalini. Non a caso la parola chakra significa ‘ruota’, o anche ‘rotazione’,
che puó essere in senso orario o anti-orario. Lo swastika, riprendendo i quattro
petali del Mooladhara, rappresenta dunque – in base alla direzione della
rotazione – “costruzione o distruzione”, se non addirittura la ruota del Dharma
stesso.
Nel giainismo invece, lo swastika rappresenta i Quattro Regni nei quali un’anima
è soggetta al saṃsāra, il ciclo delle vite e delle morti, e può rinascere se non
ha raggiunto l’illuminazione e non si è ancora liberata dalla sofferenza terrena
dei desideri effimeri.
Nonostante tutto ciò, come sappiamo bene, lo swastika fu adottato dai nazisti
nel XX secolo, che lo associarono – a causa della risignificazione esoterica che
ne fece la destra spiritualista da Julius Evola in poi – alla loro ideologia
razzista. Venne chiamata hakenkreuz (“croce uncinata”, in italiano “la
svastica”), trasformandola nel simbolo del nazionalsocialismo. La sua odierna
notorietà è legata alla sua adozione durante il primo dopoguerra da parte del
Partito Nazionalsocialista Tedesco e, successivamente, per l’apposizione sulla
bandiera della Germania nazista.
In Occidente, dopo la Seconda Guerra Mondiale fino ad oggi – a meno che non
venga usata in contesti ben specifici come i templi induisti, buddhisti e nelle
sale di meditazione di Sahaja Yoga – chi usa la svastica in contesti pubblici o
manifestazioni politiche, non lo fa per augurare benessere e prosperità o per
motivi spirituali, ma in ricordo di una determinata storia politica, il
nazionalsocialismo tedesco, se non per inneggiare al neonazismo in alcune
manifestazioni.
Partendo dal fatto che non si capisce quale spazio abbia la narrazione
propagandistica e quali siano le omissioni in questa riflessione, io credo che
ogni sociologo politico, sociologo delle religioni e studioso di simbologia
religiosa potrebbe convenire su quanto detto.
In molti parlano oggi – con fare paternalistico – di svolgere un buon lavoro di
“fact-checking” prima di pubblicare articoli, studi, libri e lavori di qualunque
tipo. Interessante è che lo dicano agli altri, avendo la presunzione di essere
nel “giusto” come se nessun “superficialismo” possa intaccarli.
Io ritengo che prima di voler fare un “fact-checking” si debba essere a
conoscenza di certi dettagli ed importanti distinguo concettuali, altrimenti è
razionalmente impossibile condurre un virtuoso “fact-checking”. Prima di voler
fare un fact-checking è importante conoscere i fatti: come puoi decidere se i
fatti raccontati sono veri o falsi se prima non li si conosce?
Spesso e volentieri è importante fare un “contro-factcheking” molto più accurato
attraverso analisi e informazioni vere ma che non spesso i media mainstream sono
soliti pubblicare. Per questo esistono i libri di storia.
Lorenzo Poli