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Mutui impossibili e affitti negati: la casa resta un miraggio per le persone straniere
Nel nuovo Dossier statistico immigrazione 2025 che uscirà a inizio novembre si racconta il paradosso di chi lavora, paga le tasse e contribuisce alla crescita del Paese, ma resta escluso dal mercato immobiliare. Tra mutui inaccessibili, affitti negati e politiche discriminatorie, il diritto alla casa viene ostacolato da troppe porte chiuse. Un milione di persone straniere residenti in Italia (1 su 5) avrebbe la possibilità economica di acquistare una casa. Ma per la maggior parte di loro quel passo resta impossibile. È una delle fotografie più nitide del Dossier statistico immigrazione 2025 del Centro studi e ricerche Idos, che sarà presentato il 4 novembre a Roma e in tutte le regioni italiane e province autonome (qui evento). «Pur avendo un reddito sufficiente per sostenere un mutuo», scrivono i ricercatori, «molti stranieri non riescono a comprare casa a causa delle garanzie proibitive richieste dalle banche, delle spese iniziali troppo alte e di un diffuso pregiudizio sociale». Il risultato è che solo il 20% delle persone con cittadinanza straniera vive oggi in un’abitazione di proprietà, contro l’80% degli italiani. Il Dossier, nella sua anticipazione, ricostruisce vent’anni di mercato immobiliare “migrante”: un milione di case acquistate dagli anni Duemila a oggi, per un volume d’affari complessivo di oltre 110 miliardi di euro. Ma dopo il boom del periodo 2006-2009 (440 mila abitazioni comprate, tra un quinto e un ottavo del totale delle compravendite), la crescita si è fermata. Negli ultimi anni, gli acquisti si aggirano sulle 30mila unità annue, meno del 5% del totale. Nel 2025, secondo le stime, potrebbero salire a 39mila, un dato appena superiore al 5,1%. «Numeri che raccontano una ripresa solo apparente», spiega Idos. «Le percentuali sono ancora ben lontane da quelle di vent’anni fa, e soprattutto non indicano un miglioramento delle condizioni di accesso». Anche la geografia degli acquisti è cambiata: le case comprate nei centri cittadini sono crollate dal 10,1% del 2006 al 3,6% del 2025. «Chi compra, oggi, lo fa sempre più nelle periferie o nei piccoli comuni», si legge nel rapporto. «Non per scelta, ma per necessità». Sette abitazioni su dieci acquistate da cittadini non italiani appartengono oggi a cittadini dell’Est Europa, soprattutto romeni. Nel 2006 erano meno del 34%. Stabili le presenze di persone provenienti da Cina, India, Sri Lanka, Bangladesh e Pakistan, attorno al 10% del totale. Crollano invece gli acquisti da parte di persone dei Paesi africani, scesi dal 14% del 2006 al 4,8%. «Un dato che riflette non solo il peggioramento delle condizioni economiche, ma anche la stratificazione del razzismo abitativo», commenta Idos. Dietro le percentuali ci sono storie comuni: famiglie che lavorano da anni in Italia, che hanno un reddito regolare e stabile, ma non riescono a ottenere un mutuo. «Le banche chiedono garanzie impossibili, a volte anche per chi ha un contratto a tempo indeterminato», spiega il rapporto. «A questo si aggiungono spese iniziali che molti non possono permettersi: anticipo, notaio, commissioni». Così, chi vorrebbe comprare finisce per restare in affitto. Ma anche qui, la strada si fa subito in salita. “NON SI AFFITTA A STRANIERI” «È ormai comune imbattersi in annunci che lo dichiarano apertamente: “non si affitta a stranieri”», denuncia Idos. Una discriminazione che, unita ai canoni più alti, ai contratti irregolari e alla scarsa qualità degli alloggi, spinge molti immigrati a vivere in condizioni precarie. «La casa diventa uno strumento di esclusione sociale», spiegano i curatori del Dossier. «Chi non può affittare regolarmente non può ottenere la residenza, e senza residenza perde l’accesso ai servizi, al welfare, al diritto di voto locale. È un circolo vizioso che alimenta l’invisibilità». Negli ultimi anni, la situazione si è aggravata anche per effetto della speculazione immobiliare e del turismo breve, che hanno ridotto drasticamente la disponibilità di case in locazione nelle grandi città. Per i rifugiati e i titolari di protezione internazionale, l’esclusione è ancora più profonda. «Molti di loro, al termine del percorso nei centri di accoglienza, non trovano soluzioni abitative e restano nei Cas o nei Sai per mesi, talvolta anni», osserva Idos. La mancanza di politiche abitative e l’adozione, da parte di diverse Regioni, di requisiti discriminatori per accedere alle case popolari – come anni minimi di residenza o cittadinanza – impediscono qualsiasi prospettiva di autonomia. «È così che i centri di accoglienza diventano residenze permanenti, o peggio ancora, si finisce nei ghetti, nelle baraccopoli, in roulotte o case occupate», sottolineano i ricercatori. «Una forma estrema di esclusione che nega il diritto più elementare: quello a un’abitazione dignitosa». La comunità immigrata rappresenta un segmento vitale dell’economia, e anche del mercato immobiliare. Ma il sistema continua a respingerli. «Parliamo di un potenziale enorme – un milione di persone pronte a investire nel Paese in cui vivono e lavorano – che l’Italia non riesce a valorizzare», conclude Idos. «Dietro le cifre c’è una questione culturale prima ancora che economica: la difficoltà, ancora oggi, di considerare i cittadini stranieri come parte integrante della nostra comunità».
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