In Memoriam: la fotografia contro il femminicidio
Ai Magazzini Fotografici di Napoli sabato 10 e domenica 11 maggio 2025 si è
svolta una performance intensa, dura, necessaria. In Memoriam – Manifesto
Visivo, ideato dal fotografo partenopeo Matteo Anatrella con il supporto del
team di ANeMA Project, ha trasformato uno spazio espositivo in un luogo di
commemorazione e denuncia. Decine di donne si sono alternate sul set per offrire
il proprio volto e il proprio corpo a un’opera collettiva contro il
femminicidio.
Chi ha partecipato sa che non si è trattato semplicemente di “posare”.
L’esperienza ha toccato corde profonde, intime. Si entra in un luogo silenzioso.
Si attende. Poi si viene guidate a terra, in un sacco scuro, occhi chiusi, mani
che stringono un foglio con una frase e due date: la propria data di nascita e
quella della morte di una vittima reale. Il corpo vivo diventa simbolo, diventa
grido, diventa assenza. E quel momento breve ma denso diventa parte di un’opera
più grande: un collage di fotografie stampate in tempo reale, che insieme
formano una parete di volti e nomi, di carne e memoria.
È difficile restare indifferenti davanti a quella parete, perché ciascuna
immagine racconta una storia che non è più lì per essere ascoltata. Perché ogni
donna che ha prestato se stessa lo ha fatto per chi non può più farlo. Perché
quella sequenza di corpi immobili parla più di tanti discorsi.
In Italia, nel solo 2024, sono state uccise 120 donne. Secondo i dati EURES, 100
di questi femminicidi sono avvenuti in contesto familiare o affettivo. Una donna
ogni tre giorni, spesso per mano del partner o dell’ex. Un numero che si ripete
da anni, senza che la coscienza collettiva riesca davvero a spezzare il ciclo
della violenza. La cultura patriarcale, l’assenza di educazione affettiva e la
scarsa protezione istituzionale contribuiscono a rendere strutturale un fenomeno
che non dovrebbe più trovare posto in una società che si voglia definire civile.
Di fronte a questa realtà, l’arte può fare molto. Non basta, certo, ma può
incidere, può svegliare, può smuovere. In Memoriam è un esempio concreto di come
un linguaggio visivo possa diventare strumento di resistenza e memoria. L’opera
non ha fini di lucro, non ha sponsor, né passerelle. È un’iniziativa
indipendente, sostenuta solo dalla volontà di restituire visibilità a chi è
stata cancellata.
Ogni partecipante sceglie di rendersi vulnerabile per un istante, di offrire la
propria immagine come veicolo di un messaggio più grande. Dopo lo scatto, è la
stessa donna a prendere la propria fotografia e ad appenderla al muro, tra le
altre. Una sorta di rito laico che trasforma il dolore in presenza, la
testimonianza in impegno. Un modo per dire: io non resto in silenzio. Un modo
per ricordare che ogni femminicidio è un fallimento collettivo, ma che insieme,
forse, possiamo ancora invertire la rotta.
Perché anche una fotografia può diventare un gesto politico. Perché ogni corpo
steso su quel pavimento non rappresenta solo una morte, ma la volontà di
trasformare la memoria in giustizia. E perché finché ci sarà qualcuno disposto a
guardare e qualcuna disposta a esporsi quella voce, la voce delle donne,
continuerà a farsi sentire.
Matteo Anatrella e il suo team si propongono di continuare questo viaggio appena
iniziato. Un primo importante segnale è già arrivato dall’Accademia IUAD di
Napoli, dove Anatrella insegna, che ha manifestato interesse ad accogliere un
nuovo flash mob fotografico. L’idea è quella di portare In Memoriam in altri
contesti significativi, scuole, università, centri culturali, ovunque ci sia uno
spazio disponibile per accogliere un messaggio di rispetto, consapevolezza e
responsabilità.
Quello di Anatrella non è solo un allestimento, ma un dispositivo di memoria e
presenza, capace di trasformare l’arte in strumento di denuncia e
partecipazione. In Memoriam non è un progetto da archiviare, ma un seme da far
germogliare. E noi, con convinzione, auguriamo che possa trovare spazio, forza e
alleanze per continuare a far parlare le immagini, perché il silenzio non sia
mai più la norma.
Lucia Montanaro