15 maggio, Anniversario della Nakba: dai Combattenti per la Pace un messaggio e un invito a partecipare
Ieri era la Festa della Mamma e mentre molte di noi si sono goduti i messaggi di
auguri, ho pensato a tutt’altro. Ho pensato alle famiglie che ho incontrato
pochi giorni fa nella Valle del Giordano settentrionale: madri e bambini
palestinesi che subiscono violenze quotidiane, le loro vite soffocate da una
realtà che nessun bambino o genitore dovrebbe sopportare.
Come madre che vive in Israele, penso costantemente al tipo di mondo in cui
vorrei che crescessero i miei figli. Voglio che abbiano il coraggio di
ascoltare, di aprire il cuore agli altri che ci descrivono come nemici. Voglio
che vedano ogni persona, indipendentemente dalla sua provenienza, come qualcuno
che merita pari dignità, sicurezza e una casa.
Ecco perché vi invito a unirvi a me per la Cerimonia Congiunta di Commemorazione
della Nakba che anche quest’anno, 15 maggio, sarà organizzata dal Movimento dei
Combattenti per la Pace e avrà come tema: Aggrapparsi alla Casa, Aggrapparsi
alla Speranza. Perché il mondo che vorrei per i miei figli inizia dalla scelta
di vedere, ascoltare e prendersi cura.
Per registrarsi ecco il link: https://form.jotform.com/251032941203443
Per sostenere il nostro lavoro: https://www.cfpeace.org/donate
Come israeliana, ho imparato l’importanza di mettermi alla prova per ascoltare
le dure verità. Cerco di immaginare come sarebbe crescere una famiglia sotto
occupazione militare, senza le libertà e la sicurezza che a volte do per
scontate. Ho capito che la parola Nakba (ossia catastrofe) non è qualcosa di cui
aver paura, ma qualcosa che dobbiamo riconoscere se vogliamo davvero un futuro
diverso. Questa cerimonia significa affrontare la storia con occhi aperti e
trovare la forza di affermare che i diritti umani appartengono a tutti. Pochi
giorni fa sono tornata da una visita alle comunità di Hamra, Ein Hilweh e
Farisya in Cisgiordania.
Ad Hamra abbiamo incontrato la famiglia Abu Sayf, che ci ha raccontato come i
coloni – guidati da Moshe Sharvit, un uomo sanzionato a livello internazionale
per attacchi violenti – gli abbiano rubato l’intero gregge di pecore. Mentre
mangiavano pane appena sfornato e si riparavano da un improvviso acquazzone, la
famiglia ha descritto la sua lotta quotidiana per rimanere sulla propria terra,
mentre i coloni disturbavano la loro casa con raggi laser anche di notte, e
impedivano ai loro figli di andare a scuola. Tutto questo mentre un uomo di 90
anni era ricoverato in ospedale dopo essere stato aggredito pochi giorni prima
da un colono.
A Ein Hilweh alle mandrie è impedito di raggiungere i pascoli, e i pastori di
Farisya hanno descritto come l’esercito israeliano abbia designato i terreni
circostanti come “zone di esercitazione” e “riserve naturali”, privandoli dei
pascoli e dell’accesso all’acqua, mentre i coloni vicini li molestavano
impunemente.
Sono rimasta colpita dalla profonda forza di queste comunità – persone che si
sono prese cura di questa terra con competenze tramandate di generazione in
generazione – ma anche dalla loro profonda vulnerabilità. Non perché siano
deboli, anzi, ma perché sono state sistematicamente abbandonate. Persino le
crudeli regole dell’occupazione vengono violate impunemente, mentre la violenza
dei coloni si diffonde e la responsabilità viene dimenticata.
Eppure, ho trovato speranza. Le famiglie che abbiamo incontrato, ferme e
resilienti di fronte a circostanze impossibili, continuano a vivere con dignità,
crescendo i figli e curando la terra come meglio possono, nonostante le minacce.
Attivisti israeliani e internazionali sono presenti, offrendo protezione,
testimoniando e opponendosi a questa ingiustizia. La loro presenza rende più
difficile che questa violenza rimanga invisibile e mi ricorda che, anche nella
disperazione, tutti abbiamo un ruolo da svolgere.Tornerò nella North Jordan
Valley e voglio che anche altri vengano con me. Voglio che i bambini che
incontrerò lì – allegri, brillanti, pieni di energia – crescano con le cose
semplici che ogni bambino merita: sicurezza, libertà e pace. E voglio che le
madri crescano i loro figli senza paura, che abbiano lo spazio per sperare,
crescere e riposare. Che possano sognare, come me, una vita migliore per i loro
figli – e che sappiano di non essere soli.
I bambini non possono scegliere il mondo in cui nascere, ma come madri e come
adulte, possiamo fare delle scelte. Che siano israeliani, palestinesi o
stranieri, possiamo trovare il coraggio e la convinzione di offrire a ogni
bambino la stessa cura, empatia e amore che desideriamo per i nostri.
Con speranza e determinazione,
Laura Morris
Direttrice dello sviluppo dei Combattenti per la Pace
Redazione Italia