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MILANO: “LA CITTÀ PUBBLICA CONTRO LA CITTÀ COMPLICE”, CAMPAGNA CONTRO LE COMPLICITÀ DEL COMUNE CON ISRAELE
Oggi, lunedì 17 novembre 2025, in un presidio con conferenza stampa che si è svolto all’esterno di Palazzo Marino (in Piazza della Scala, ribattezzata “Piazza Gaza”) durante il Consiglio comunale della giunta Sala, è stata presentata la campagna “La città pubblica contro la città complice”. La campagna, animata da diverse realtà di base del capoluogo lombardo (tra queste il centro sociale Cantiere, Global Movement to Gaza Lombardia, Usb, Osa, Cambiare rotta e altre), intende mettere pressione sul Comune di Milano per spingerlo a interrompere le proprie complicità con l’entità sionista israeliana, l’occupazione coloniale della Palestina e il genocidio a Gaza. “La vergognosa decisione del Consiglio comunale di Milano di mantenere il gemellaggio con Tel Aviv – spiegano, infatti, i promotori della campagna – è sostenuta da una fitta rete di relazioni e accordi che legano la nostra città agli interessi intrecciati di sionisti, speculatori e grandi gruppi finanziari“. Il primo atto della campagna, dunque, è stata la redazione del dossier “Not in MI name”, nel quale vengono messi nero su bianco accordi tra le aziende multiservizi, partecipate o di proprietà del Comune di Milano, aziende ed enti governativi israeliani. Su Radio Onda d’Urto abbiamo presentato la campagna con Elena, del centro sociale Cantiere. Ascolta o scarica.
LA SITUAZIONE IN CISGIORDANIA E IL DISEGNO COLONIALE ISRAELIANO. INTERVISTA AL GIORNALISTA SAMIR AL QARYOUTI
Le mire coloniali israeliane su mezzo Medio Oriente si concretizzano sempre di più, senza nessun argine reale. In Cisgiordania occupata ancora attacchi impuniti dei coloni, che hanno assaltato 2 villaggi palestinesi prima di essere cacciati dagli stessi soldati occupanti. Nella giornata di ieri, infatti, i comandanti delle brigate dell’esercito israeliano che occupano la Cisgiordania avevano chiesto al capo di stato maggiore dell’Idf, Eyal Zamir, di reintrodurre la detenzione amministrativa – cancellata dal ministro della Difesa Katz – contro i coloni israeliani, definiti “fuori controllo”. Zamir ha accolto le proteste dei suoi stessi sottoposti, dicendosi “determinato a porre fine a questo fenomeno; agiremo con severità finché giustizia non sarà fatta”, ma come ripete ai nostri microfoni il giornalista italo palestinese Samir Al Qayrouthi “fa tutto parte del piano: tante parole per distrarre e far distogliere l’attenzione, ma nessun cambiamento reale”. Un piano espansionistico e coloniale ben collaudato, che sembra ripetersi anche in Libano dove, a meno di due settimane dal primo anniversario del cessate il fuoco – mai violato da Hezbollah a differenza delle migliaia di attacchi di Tel Aviv – le truppe occupanti hanno cominciato a costruire un nuovo muro di separazione in territorio libanese, più precisamente tra la località libanese di Yarun e la dirimpettaia israeliana Yiron. Il tutto mentre continuano attacchi mirati di Tel Aviv anche in Siria e sembra si rialzi la tensione con l’Iran. In questo quadro tutt’altro che roseo – mentre a Gaza si continua a morire e gli aiuti umanitari entrano con il contagocce – quale futuro si aspettano i palestinesi e cosa invece auspicherebbero? In altre parole, qual è il discorso pubblico che gravita attorno al futuro della Palestina in Palestina? Abbiamo fatto il punto su tutto questo con Samir Al Qayrouthi, giornalista italo-palestinese e nostro collaboratore Ascolta o scarica
PALESTINA: LA RICOSTRUZIONE DI GAZA TRA PIANI COLONIALI E CRISI UMANITARIA. IL PUNTO CON IL GIORNALISTA MICHELE GIORGIO
Le mire coloniali di Israele su Gaza si fanno sempre più evidenti. La ricostruzione della Striscia sembra destinata a limitarsi all’area delimitata dalla cosiddetta “linea gialla”, tracciata da Israele: un piano che, di fatto, prefigura una nuova occupazione illegale, estesa a circa metà del territorio. Nel quadro della fase due del cessate il fuoco, gli Stati Uniti starebbero progettando la costruzione di una grande base militare in Israele, nei pressi del confine con Gaza. La struttura verrebbe utilizzata dalle forze internazionali incaricate di garantire il rispetto del cessate il fuoco. Un cessate il fuoco mai realmente attuato neppure nella fase uno, ancora in corso: oltre 270 palestinesi sono stati uccisi in un solo mese di “tregua”. Israele continua a limitare l’ingresso degli aiuti umanitari; solo oggi è stato riaperto il valico di Zikim, nel nord della Striscia. Nel frattempo, la crisi umanitaria si aggrava, mentre bombardamenti e vittime civili restano quotidiani. E non è tutto. Nella Cisgiordania Occupata, i coloni israeliani hanno lanciato nuovi attacchi contro la popolazione palestinese: nella serata di ieri, decine di coloni hanno preso d’assalto due villaggi, incendiando veicoli e abitazioni prima di scontrarsi con i soldati israeliani. Proprio ieri, i comandanti delle brigate dell’esercito di occupazione israeliano hanno chiesto al capo di Stato Maggiore di reintrodurre la detenzione amministrativa, revocata in precedenza dal ministro della Difesa Katz, nei confronti dei coloni, segnalando così le profonde divisioni interne alla società israeliana. Al parlamento israeliano, intanto, la destra colonica ha fatto passare in prima lettura una proposta di legge che mira a introdurre la pena di morte, ma solo per i palestinesi. Ai microfoni di Radio Onda d’Urto, gli aggiornamenti con Michele Giorgio, direttore di Pagine Esteri, corrispondente da Gerusalemme per Il Manifesto e nostro collaboratore. Ascolta o scarica.
MEDIO ORIENTE: “CESSATE IL FUOCO” MAI RISPETTATI, ISRAELE CONTINUA A BOMBARDARE STRISCIA DI GAZA E LIBANO
È trascorso un mese da quando Trump ha sbandierato l’inizio di un presunto cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. Israele non lo ha mai rispettato. Sono infatti più di 241 i palestinesi uccisi e almeno 640 quelli feriti dai raid dell’Idf negli ultimi trenta giorni. Oggi i bombardamenti israeliani hanno preso di mira le aree settentrionali e orientali della città di Khan Younis, nel sud della Striscia. Tel Aviv sostiene di aver colpito quelli che definisce “due terroristi” che avevano sorpassato la linea gialla stabilita nell’accordo di cessate il fuoco. L’esercito occupante israeliano ha anche sparato colpi di artiglieria verso la zona di Zanna, sempre nel sud, e continua a demolire case anche a Gaza City, in particolare nel quartiere di Zeitoun. Il tutto a fronte di una situazione che rimane tragica anche dal punto di vista umanitario. L’accordo che ha portato al cessate il fuoco prevedeva, in teoria, l’ingresso di 600 camion di aiuti umanitari al giorno. Secondo le Nazioni Unite ne stanno entrando circa 200 e sono del tutto insufficienti per soddisfare le necessità della popolazione ridotta alla fame, al freddo ed esposta a una situazione igienico-sanitaria molto grave da oltre due anni di genocidio. Nel quadro degli accordi, Hamas ha restituito finora i corpi di 24 dei 28 prigionieri israeliani deceduti nella Striscia. Tel Aviv invece ha rilasciato circa 2.000 palestinesi, tra cui 250 prigionieri politici che stavano scontando condanne lunghe o l’ergastolo. Scarcerati anche 1.718 palestinesi che – di fatto – sono stati rapiti dalle truppe di occupazione negli ultimi due anni. Non è ancora stato trovato un accordo, invece, sulla questione dei combattenti di Hamas ancora nei tunnel a Rafah, nel sud della Striscia. Ancora una volta l’ostacolo all’intesa verrebbe dal governo israeliano. Il movimento islamico della resistenza palestinese è “impegnato a rispettare l’accordo di cessate il fuoco ed è pronto a rimuovere qualsiasi pretesto all’occupazione israeliana”. Lo ha detto il portavoce di Hamas Hazem Qassem in un’intervista, ribadendo che i combattenti intrappolati “non si arrenderanno” e che la parte palestinese è “pronta ad affrontare positivamente la questione”. Qassem ha aggiunto che i mediatori hanno presentato delle proposte per risolvere il problema ma che Israele “ha fatto marcia indietro”. Secondo funzionari israeliani anonimi, gli Usa starebbero esercitando una forte pressione sull’alleato perché accetti le proposte dei mediatori. Per quanto riguarda la Cisgiordania occupata, l’esercito israeliano ha avviato stamani un’esercitazione militare su larga scala denominata “Ruggito del Leone”. Durerà tre giorni. Intanto i coloni israeliani continuano ad attaccare i palestinesi impegnati nella raccolta delle olive: finora sono stati documentati circa 150 raid. Feriti circa 140 palestinesi. Vandalizzati più di 4.200 alberi. L’esercito israeliano continua a bombardare anche il Libano, anche in questo caso in violazione del cessate il fuoco teoricamente in vigore. Oggi, lunedì 10 novembre 2025, l’Idf ha riferito di aver colpito quelle che definisce infrastrutture di Hezbollah nella Valle della Bekaa e nel sud, dove un drone di Tel Aviv ha preso di mira – con tre missili – un’auto che viaggiava tra Tiro e Sidone, uccidendo il conducente. I raid di Israele sul Libano sono ormai quasi quotidiani e avvengono a quasi un anno dall’entrata in vigore del cessate il fuoco il 27 novembre 2024. A rendere la situazione ancora più tesa è l’avvicinarsi del 31 dicembre, termine fissato per il presunto disarmo di Hezbollah e il ritiro israeliano da alcuni villaggi occupati nel Sud del Paese. “Israele continua ad attaccare, anche l’area dove si trova il presidio dell’UNIFIL: compie incursioni di terra e intensifica i bombardamenti. Per cui, il clima è già di guerra”, commenta ai microfoni di Radio Onda d’Urto il giornalista Pasquale Porciello in collegamento da Beirut. Ascolta o scarica.
PALESTINA: AGGRESSIONI, DEMOLIZIONI E ARRESTI ARBITRATI. VIOLENZE SENZA FINE NELLA CISGIORDANIA OCCUPATA
Sul terreno, l’aggressione israeliana prosegue. Nella Cisgiordania Occupata, ad al-Judaira, a nord-ovest di Gerusalemme, due sedicenni sono stati uccisi nei pressi del muro di separazione israeliano dove, in teoria, governa l’Autorità Nazionale Palestinese di Abu Mazen, che oggi si trova in visita in Italia, con incontri programmati con il presidente Mattarella e la premier Meloni. Un uomo palestinese è rimasto ferito e un altro è stato arrestato durante un raid militare israeliano nella città di Silwad, a est di Ramallah, nella Cisgiordania occupata. Un altro palestinese è stato arrestato durante il raid e il suo veicolo è stato sequestrato dall’esercito. A Gaza City un bambino palestinese è rimasto gravemente ferito in un attacco di droni. Nel frattempo, sono in corso negoziati per consentire a circa 150 combattenti di Hamas, rimasti intrappolati nei tunnel nel sud di Gaza dietro la cosiddetta “linea gialla”, di ottenere il rilascio. I mediatori egiziani avrebbero proposto che, in cambio di un passaggio sicuro, i miliziani consegnino le armi all’Egitto e forniscano informazioni sulla rete dei tunnel, così da permetterne la distruzione. Israele e Hamas non hanno ancora espresso ufficialmente la loro posizione sulla proposta. Questo mentre Israele ha annunciato la chiusura militare del confine tra Gaza ed Egitto, rendendo ancora più difficile l’ingresso, già fortemente limitato, degli aiuti umanitari nella Striscia. Oggi i valichi di Kerem Shalom e Al-Awja sono stati completamente chiusi, mentre la popolazione di Gaza continua a vivere una drammatica carenza di cibo, medicinali e beni di prima necessità. Ai microfoni di Radio Onda d’Urto, il punto della situazione con Fabian Odeh, cittadino italo palestinese e nostro collaboratore. Ascolta o scarica.
PALESTINA: ISRAELE CONTINUA A VIOLARE IL CESSATE IL FUOCO. UCCISI ALTRI DUE PALESTINESI A GAZA, UN 15ENNE IN CISGIORDANIA
Hamas ha restituito a Israele, tramite la Croce Rossa internazionale, un altro corpo di un prigioniero. Si tratta di uno dei due ostaggi stranieri rapiti il 7 ottobre 2023, anche se la sua identità non è stata ancora resa nota. Restano a Gaza, secondo le stime, i corpi di altri sei ostaggi israeliani deceduti durante i bombardamenti israeliani. Nel frattempo, Tel Aviv prosegue l’aggressione in violazione del cessate il fuoco. Due palestinesi sono stati uccisi in attacchi separati nel centro della Striscia: secondo le forze occupanti israeliane la colpa sarebbe quella di essersi avvicinati troppo alla “linea gialla” del cessate il fuoco, oltrepassando la metà della zona occupata (illegalmente) da Israele. Le violenze continuano anche nella Cisgiordania Occupata. Nella notte, le forze di occupazione israeliane hanno ucciso un palestinese di 15 anni nella città di Yamun, vicino a Jenin, nel nord della West Bank. Le truppe israeliane hanno condotto un’ondata di incursioni notturne anche a Qalqilya, Ramallah, Hebron, con numerosi arresti e fermi. Bande israeliane di coloni hanno attaccato invece i residenti della zona di Masafer Yatta, a sud di Hebron, ferendo un uomo anziano e sua moglie, mentre aumenta la violenza anche in altre zone: sempre i coloni hanno recintato circa 202 ettari di terreno agricolo di proprietà palestinese nella zona di Khirbet Samra. Sul piano diplomatico, gli Stati Uniti hanno presentato ai membri del Consiglio di sicurezza dell’ONU una bozza di risoluzione sulla governance della Striscia, base per la colonizzazione totale e permanente di Gaza per mano diretta di Trump. Il cuore del piano prevede che la missione multinazionale Isf, la International Stabilization Force, opererà sotto l’ala del cosidetto “Consiglio della Pace” (presieduto dallo stesso tycoon, che come braccio destro si è scelto il noto distruttore di paesi altrui, Tony Blair). All’Isf spetterà la gestione civile e militare della Striscia fino al dicembre 2027, almeno secondo Trump. Ai microfoni di Radio Onda d’Urto l’intervento del giornalista Alberto Negri, per anni inviato di guerra e oggi editorialista de Il Manifesto. Ascolta o scarica.
PALESTINA: 465 COLONI PRENDONO D’ASSALTO LA MOSCHEA DI AL-AQSA. A GAZA ANCORA BOMBARDAMENTI ISRAELIANI
Ennesima provocazione da parte dei coloni israeliani, che martedì 4 ottobre sono entrati nel complesso della Moschea di al-Aqsa sotto la stretta protezione della polizia israeliana. Il Governatorato di Gerusalemme ha riferito che 465 coloni hanno preso d’assalto i cortili della moschea, effettuando visite guidate e compiendo rituali talmudici, nel tentativo di affermare il controllo israeliano sul Compound di al-Aqsa, conosciuto nel culto ebraico come Monte del Tempio. Negli ultimi due anni di genocidio portate avanti da Israele, le violenze nella Cisgiordania Occupata da parte di Tel Aviv non si sono mai interrotte. Secondo l’ultimo rapporto della Commissione per la Colonizzazione e la Resistenza (CWRC), dal 7 ottobre 2023 Israele ha condotto oltre 38.000 attacchi e aggressioni contro la popolazione palestinese. A questi si aggiungono centinaia di incendi e migliaia di demolizioni che hanno portato allo sfollamento forzato di intere comunità. In soli due anni Israele ha eretto 243 nuove barriere militari, legalizzato 46 insediamenti coloniali, istituito 114 avamposti, creato 25 zone cuscinetto e sequestrato oltre 5.500 ettari di terre ai palestinesi, con l’obiettivo dichiarato di “trasformare la presenza militare dell’occupazione in una presenza civile permanente”. Il rapporto della CWRC, pubblicato il 5 ottobre scorso, non include le più recenti violazioni commesse dai coloni e dall’esercito israeliano nella West Bank. Nella Striscia di Gaza, Israele prosegue con bombardamenti e attacchi nonostante gli accordi di tregua e le denunce delle organizzazioni internazionali. Dall’entrata in vigore ufficiale del cessate il fuoco, l’11 ottobre 2025, gli attacchi israeliani hanno causato la morte di 240 persone e il ferimento di altre 607. Oggi i raid si sono concentrati soprattutto nel sud di Gaza, a Khan Younis e a Gaza City, dove le forze israeliane stanno distruggendo gli ultimi edifici ancora in piedi. Ai microfoni di Radio Onda d’Urto, il punto della situazione con Eliana Riva, giornalista e caporedattrice di Pagine Esteri. Ascolta o scarica.
PALESTINA: ALLA CATASTROFE UMANITARIA SI AGGIUNGE QUELLA AGRICOLA
Si continua a morire per mano israeliana a Gaza come in Cisgiordania. Nelle ultime 24 ore, 3 vittime per colpi d’arma da fuoco israeliani a nord della città di Rafah; 10 i palestinesi uccisi a Gaza. Salgono così a 238 i palestinesi uccisi dall’entrata in vigore del cessate il fuoco, l’11 ottobre, a cui si aggiungono 600 feriti. 510 invece i corpi recuperati da sotto le macerie. Israele ha ucciso 2 persone pure in Cisgiordania. Altre 2 – con 7 feriti – in Libano, sempre per mano – impunita – di Israele, su cui preme Trump per creare una qualche forza internazionale nella Striscia e per fare uscire dai territori occupati a Gaza da Tel Aviv almeno 200 militanti di Hamas, disseminati nei tunnel sotto il terreno. Sopra il terreno, intanto, gli aiuti continuano a non entrare, mentre lo spettro della fame torna a insistere su una popolazione già allo stremo. “Nella Striscia di Gaza siamo di fronte a una catastrofe umanitaria e agricola senza precedenti” – ha fatto sapere l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) Nel suo rapporto annuale, l’organizzazione ha infatti confermato che oltre l’80% dei terreni coltivati nella Striscia è stato distrutto da Tel Aviv e che meno del 5% dei terreni agricoli risulta ancora coltivabile. A completare il quadro della drammatica situazione a Gaza, le ultime stime dell’UNRWA, secondo la quale oltre il 90% della popolazione soffre di malnutrizione. L’agenzia fa sapere inoltre che “circa 75.000 sfollati hanno trovato rifugio negli oltre 100 edifici dell’UNRWA a Gaza, che per la danneggiati e/o sovraffollati.” Ai microfoni di Radio Onda d’Urto, l’aggiornamento da Gaza di Sami Abu Omar, cooperante per diversi progetti nella Striscia e nostro storico collaboratore  Ascolta o scarica Guardando al fronte diplomatico, gli Usa hanno inviato a diversi membri del Consiglio di Sicurezza Onu una bozza di risoluzione con l’istituzione di una forza internazionale a Gaza per almeno 2 anni. La risoluzione darebbe agli Usa e ai paesi partecipanti (soprattutto Paesi arabi) un ampio mandato fino a fine 2027. La risoluzione farà da base alle trattative fra Stati per istituire la forza internazionale, da dispiegare in gennaio. La Resistenza palestinese e in particolare Hamas ha fatto sapere alla Turchia di essere pronta a cedere la gestione della Striscia a un organismo terzo, tecnico, ma composto da personalità palestinesi. Dentro Israele, decine di funzionari e il presidente del sindacato Histadrut sono stati arrestati per corruzione. E dopo essere sparita per diverse ore, è stata trasferita in prigione anche la procuratrice capo dell’esercito. Yifat Tomer-Yerushalmi. La 51enne avvocata, maggiore generale dell’esercito israeliano, ha ammesso piena responsabilità nella fuga di notizie che ha reso noto al mondo, attraverso la diffusione di un filmato, le terribili sevizie e torture a cui sono stati sottoposti i prigionieri palestinesi nei centri di detenzione israeliani. Il video, girato a Sde Teiman, mostrava i soldati della «Force 100» abusare in branco di un uomo che ha subito lesioni rettali, colon perforato, costole fratturate, un polmone forato.
PALESTINA: ISRAELE CONTINUA LE VIOLENZE. NUOVI ATTACCHI E VITTIME A GAZA E NELLA CISGIORDANIA OCCUPATA
Continuano le violazioni del cessate il fuoco a Gaza da parte delle forze israeliane. Nella mattinata di oggi si sono registrati nuovi attacchi nelle zone di Khan Younis, Jabalia, Gaza City e Al-Mawasi, che hanno causato almeno quattro vittime accertate. Una quinta persona è morta in seguito alle ferite riportate durante l’operazione militare israeliana di mercoledì scorso. Le unità navali israeliane hanno inoltre aperto il fuoco al largo della costa di Gaza City, cercando di colpire i pescatori palestinesi. Ieri sera la Croce Rossa Internazionale ha ricevuto i corpi di due prigionieri israeliani, Amiram Cooper e Sahar Baruch, che erano stati presi in ostaggio da Hamas, come previsto dagli accordi recenti. In cambio, Israele ha restituito a Gaza i corpi di 30 prigionieri palestinesi, alcuni dei quali presentano segni evidenti di torture. Nel frattempo, nella Cisgiordania Ocuppata continuano le violenze da parte dei coloni israeliani. Nuovi attacchi contro le operazioni di raccolta delle olive sono stati segnalati, mentre le forze israeliane hanno compiuto incursioni, rapimenti e omicidi. A Silwad, a est di Ramallah, un ragazzo palestinese di 15 anni è stato ucciso dalle forze israeliane. Inizialmente, le forze occupanti hanno impedito a un’ambulanza di raggiungere il giovane ferito, lasciandolo a terra per un lungo periodo, prima di consentire il suo trasporto in ospedale, dove è deceduto poco dopo. Ai microfoni di Radio Onda d’Urto l’analisi di Shukri Hroub, dell’UDAP – Unione Democratica Arabo Palestinese. Ascolta o scarica.
PALESTINA: A GAZA E IN CISGIORDANIA CONTINUANO GLI ATTACCHI MORTALI DELL’ESERCITO ISRAELIANO
Nella notte a Kafr Qud, nei pressi di Jenin, le forze israeliane durante un ride hanno ucciso tre persone. I cecchini della Yamam, unità speciale della polizia occupante, hanno ucciso tre persone che in una grotta vicino al villaggio; poi l’aeronautica militare ha effettuato un attacco aereo, seppellendo la cavità sotto i missili. Tel Aviv, com’è consetudine, non fornisce spiegazioni e parla genericamente di “operazione antiterrorismo”. Con questa scusa, raid e fermi illegali oggi in diverse località della West Bank, al pari di nuovi attacchi terroristici dei coloni contro proprietà palestinesi tra case, autovetture e uliveti, nel mese – ottobre – della raccolta delle olive. Oggi diversi i raid in tal senso, soprattutto nell’area collinare a nord di Ramallah. A Gaza, nelle ultime 48 ore, si registrano altre vittime: otto persone, di cui due decedute in un attacco su Khan Younis; tra i feriti c’è almeno un caso grave. I numeri complessivi forniti nel testo parlano di decine di migliaia di vittime e feriti dall’inizio del conflitto — cifre che, qualora confermate, delineano l’entità umanitaria della crisi. Dall’annuncio del cessate il fuoco dell’11 ottobre, viene citato il dato di almeno 93 persone uccise, 337 feriti e 472 corpi recuperati; solo 72 dei 195 corpi riconsegnati sarebbero stati identificati, sostenendo che molti cadaveri avrebbero riportato segni di torture o condizioni incompatibili con una restituzione dignitosa. A peggiorare il quadro, le difficoltà di soccorso: migliaia di persone rimangono sepolte sotto le macerie o bloccate tra le strade, mentre ambulanze e soccorritori sono ostacolati dall’enorme distruzione e dalla presenza di ordigni inesplosi — un problema che complica ulteriormente il recupero delle vittime e l’assistenza ai feriti. Ai microfoni di Radio Onda d’Urto, il punto della situazione con il giornalista Farid Adly di Anbamed. Ascolta o scarica.