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Educazione e Pace: la voce delle scuole contro il genocidio in Palestina e le altre guerre
COMUNICATO STAMPA In molte scuole d’Italia l’appello per un minuto di silenzio il primo giorno di scuola per le/i bambine/i di Gaza e contro tutte le guerre è stato accolto e attuato, da Torino a Trento, fino a Palermo e Catania. Anche nella nostra zona, ampia parte della comunità educante si unisce contro il genocidio in Palestina e per la pace nel mondo, in un momento comune di solidarietà e consapevolezza. In molte delle nostre scuole si è discusso e deciso con varie modalità di schierarsi e chiedere la pace. Dall’Istituto ISA 2 e il Liceo Mazzini di La Spezia, che hanno deliberato nel collegio docenti, all’Istituto Massa 6, l’Alberghiero Minuto, lo Zaccagna-Galilei, il Barsanti, Il Rossi-Pascoli, che hanno portato la drammatica situazione della Palestina e dei conflitti nel mondo all’ attenzione di tutta la comunità in questo inizio anno. Ringraziamo per la sensibilità, il profondo senso civico e l’umanità, oltre che per la consapevolezza del ruolo di educatori, tutti gli insegnanti che si sono spesi in questi giorni e non sono rimasti in silenzio. Ringraziamo anche quei DS, purtroppo non molti, che hanno dimostrato di avere a cuore la funzione più importante del nostro lavoro: generare conoscenza e comprensione in modo aperto e limpido, affinché le/i nostri studenti apprendano a fare le loro scelte. Il nuovo e forte impegno della scuola italiana per Gaza, per la Palestina, per la pace e la giustizia è cominciato. Facciamo inoltre un appello pubblico a tutte le istituzioni scolastiche, ai collegi docenti, affinché non raccolgano le proposte, già arrivate tramite solerte comunicazione da parte del Comando Militare dell’Esercito, di attività informative di orientamento ed informazione delle Forze Armate dentro le nostre scuole. Come educatrici ed educatori che desiderano costruire un’umanità di pace, non desideriamo che nella didattica entrino la cultura della difesa o l’esaltazione della disciplina e delle armi. LA CONOSCENZA NON HA NEMICI, LA CONOSCENZA NON HA BISOGNO DI MARCIARE. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università Sindacato Sociale di Base – La Spezia Massa Carrara
Indignazione
I malfattori e gli assassini del secolo crescono e il neo-nazismo sconfitto e restaurato fa rimettere in moto i nuovi repubblichini e le loro nuove squadre d’azione, che rinnegano la Carta e spazzano via in fretta e furia gli orrori taciuti con la forza del destino. I malfattori e gli assassini del secolo crescono e i popoli ignari, migranti senza dimora, vengono gettati nel calderone dei profitti e i padroni della finanza grande e possente danno botte e risposte al veleno e pagano le fughe e le uscite di sicurezza con le campagne di guerra… amica di pace. I malfattori e gli assassini del secolo crescono nel mondo delle privatizzazioni e nei recessi del solito copione, dove la pace e il riarmo industrializzato sono le facce di una stessa medaglia al valor militare che acceca la democrazia e punisce le sante proteste. I malfattori e gli assassini del secolo crescono e la serafica Meloni non solo s’indigna e calcola le dovute proporzioni dei morti, perché quando si muore l’esaltazione è d’obbligo, ma anche elogia le leggi di sicurezza per tenere lontani gli angeli del mare dalle future riviere del benessere borghese. Pino Dicevi
Morti due volte perché di seconda mano
Si può nascere più di una volta e, appunto, morire più di una volta. Tutto dipende dal luogo, dal momento e soprattutto dalla ‘qualità’ del deceduto. Tra vita e morte c’è una un’esigua passerella che permette di attraversare il fiume che congiunge i due momenti. Come dire che le due […] L'articolo Morti due volte perché di seconda mano su Contropiano.
Mobilitazione nazionale Artisti #NoBavaglio contro le guerre, il genocidio a Gaza e per la libertà d’espressione
Parte ufficialmente la mobilitazione collettiva che coinvolge centinaia di artisti, lavoratori dello spettacolo, autori, registi, musicisti, attori, attrici, sceneggiatori e operatori culturali da tutta Italia. La rete Artisti#NoBavaglio nasce per denunciare le guerre in corso, il genocidio a Gaza e le crescenti minacce alla libertà d’espressione e vuole creare una grande alleanza con il mondo dalla scienza, dell’informazione, del mediattivismo, dell’università, avvalendosi di giuristi e attivisti per i diritti. L’appello contro le guerre e il genocidio a Gaza è un manifesto già sottoscritto da oltre 500 personalità del mondo dell’arte e della cultura, che si oppongono al silenzio complice e alla censura, promuovendo iniziative concrete contro la violenza e il riarmo. Tra i primi firmatari figurano nomi come Fiorella Mannoia, Valeria Golino, Moni Ovadia, Corrado Guzzanti, Laura Morante, Massimo Wertmüller, Stefano Fresi, Daniela Poggi, Marisa Laurito, Daniele Vicari, Paolo Rossi, Gabriele Salvatores, Olden, Paola Tiziana Cruciani, Giorgio Tirabassi, Silvia Scola, Greta Scarano, Loredana Cannata, Andrea Occhipinti, Giulia Michelini, Pif, Giorgia Cardaci, Daniela Giordano, Valentina Lodovini, Vinicio Marchioni, Mimmo Calopresti e molti altri. Il gruppo Artisti / #NoBavaglio rivendica il ruolo dell’arte come strumento di consapevolezza, resistenza e trasformazione sociale. In un momento storico segnato da conflitti e repressioni, gli artisti scelgono di alzare la voce per difendere la dignità umana, la libertà di pensiero e il diritto alla bellezza. Gli obiettivi della mobilitazione includono la condanna del genocidio in corso a Gaza e delle guerre globali, la difesa della libertà d’espressione e del diritto all’informazione, la promozione di iniziative contro le guerre e il riarmo, e il riconoscimento del valore sociale e politico dell’arte. “Vogliamo essere una rete solidale e trasversale al mondo dell’informazione e dell’attivismo, capace di creare una scorta mediatica a difesa di artisti, giornalisti e personalità colpite da censure o attacchi. Collaboriamo con associazioni e realtà affini per difendere la libertà d’espressione”. Tra le prime iniziative della rete Artisti #NoBavaglio c’è il sostegno alla mobilitazione “Stop Genocidio” del 30 agosto, in occasione della Mostra del Cinema di Venezia; il contro-summit per contestare il Defence Summit all’Auditorium Parco della Musica del prossimo 11  settembre;  l’incontro pubblico “CHE FARE? Verso una mobilitazione globale contro il Genocidio a Gaza, guerre e riarmo” previsto per il 22 settembre al Centro Ararat di Roma con la partecipazione di artisti, scienziati, giornalisti, giuristi e attivisti. Chiunque voglia unirsi alla mobilitazione della rete Artisti#NoBavaglio può farlo inviando una mail a: artisti.nobavaglio@gmail.com, indicando nome, cognome, attività e residenza. Maggiori dettagli e testo completo dell’appello-manifesto, con firme in aggiornamento, sono disponibili al link: https://pressingweb.altervista.org/2025/08/%f0%9f%93%a3-firma-lappello   Rete #NOBAVAGLIO
Proposta documento per Collegi Docenti: “Noi siamo docenti pacefondai”
Il gruppo scuola dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università ha messo a punto una documento da sottoscrivere da parte dei/delle docenti a inizio anno scolastico per assumere un preciso indirizzo didattico pacifista e, al tempo stesso, esprimere una dichiarazione d’intenti per rifiutare che i propri studenti e le proprie studentesse svolgano attività che prevedano la partecipazione diretta o indiretta di Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia Penitenziaria, Polizia locale, Forze Armate Italiane e/o di altre nazioni. Si invitano i/le docenti a scaricare il PDF in fondo al testo, a sottoscriverlo in maniera collettiva e inviarlo al nostro indirizzo osservatorionomili@gmail.com. Istruzione, formazione, inclusione, autonomia, crescita personale e soprattutto far sì che ragazze e ragazzi possano presentarsi al mondo adulto come cittadine e cittadini: questi sono i compiti fondamentali della scuola italiana. In tutti gli ordini e gradi di scuola noi docenti, al di là della specifica disciplina insegnata, dobbiamo contribuire al raggiungimento di questi obiettivi. E dobbiamo farlo subito con consapevolezza, se vogliamo impedire che le tragedie del secolo scorso, il colonialismo, la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, il genocidio di gruppi di persone largamente riconducibili a categorie razziali, culturali, etniche e religiose, possano ripresentarsi oggi. Per questo vogliamo ricordare, in particolare, il “Mai più” risuonato nel Preambolo della Carta dell’UNESCO, che ha trovato fondamento nella Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio dell’ONU entrata in vigore nel 1951, il quale all’articolo II riporta: «Nella presente Convenzione, per genocidio si intende ciascuno degli atti seguenti, commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale: a) uccisione di membri del gruppo; b) lesioni gravi all’integrità fisica o mentale di membri del gruppo; c) il fatto di sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale; d) misure miranti a impedire nascite all’interno del gruppo; e) trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo ad un altro». A partire da queste evidenze giuridiche, come docenti, come educatori ed educatrici che vogliono costruire un’umanità di pace, non possiamo non condannare i fantomatici progetti di fare di Gaza la riviera balneare del continente asiatico con la conseguente deportazione del popolo palestinese altrove. Non possiamo non condannare quello che per la Corte Penale Internazionale e per accreditate ONG, tra cui Amnesty International, viene rubricato come genocidio nei confronti di tutta la popolazione palestinese, affamata e privata di ospedali, cure mediche essenziali, scuole e università. Non possiamo non guardare con preoccupazione alla folle corsa al riarmo, che punta all’investimento del 5% del PIL nazionale in spese legate alla difesa e alla sicurezza, mentre le nostre scuole avrebbero bisogno di interventi strutturali per rendere più decoroso il nostro lavoro e più sicura la permanenza degli studenti e delle studentesse nelle aule. Il rischio che si intravede è che, oggi come un secolo fa, la mediocre normalità diventi abulia morale anche nell’ambito dell’educazione, giacché è proprio nell’abulia dei molti che trova spazio l’affaccendarsi violento e spregiudicato di pochi avidi di potere, mentre la consapevole scelta partigiana di pace viene messa costantemente sotto scacco. Come docenti, come educatrici ed educatori, noi ci opponiamo a questa deriva con questo documento che sottoscriviamo. Lavoriamo per costruire convivenze pacifiche, abilità nella cooperazione, pace come modello di vita autentica, fatta di responsabilità condivise. Insegniamo che ogni persona ha diritto a vivere con dignità, a immaginare un futuro migliore, a coltivare sogni e quindi non accettiamo che questi valori vengano calpestati. Esistono alternative alla violenza: gli strumenti del diritto internazionale, le vie diplomatiche, le forme di pressione nonviolenta, come il disinvestimento o il boicottaggio, e di questo vogliamo farci portavoce con il nostro lavoro. Noi siamo lavoratori e lavoratrici per la diffusione della cultura, della libertà, della dignità umana, della ricerca della giustizia. Noi siamo docenti pacefondai.   Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Tutte le guerre sono guerre dei banchieri
SEGUENDO IL DENARO Quando pensiamo agli imperi nel corso della storia, ci vengono in mente esempi come l’Impero Romano, l’Impero Britannico o l’Impero Americano. In altre parole, associamo automaticamente l’idea di impero a un particolare luogo del pianeta. Fino a non molto tempo fa, questa associazione automatica era un errore comprensibile. Nell’era moderna, però, questa tendenza a collegare indiscutibilmente gli imperi a particolari aree geografiche terrestri è un errore che ha contribuito a far cadere in  confusione la stragrande maggioranza della popolazione mondiale. Allo stesso modo, quando pensiamo alla storia delle guerre e delle conquiste, tendiamo a collegare particolari eventi a personalità particolari. Per esempio, leggiamo di Napoleone e delle sue gigantesche ambizioni che sono state lo stimolo dei “suoi” grandi successi e infine della sua prigionia. Sorge però la domanda: Chi ha finanziato queste imprese gigantesche? Chi ha pagato il suo esercito? Chi ha pagato il conto per tutte le armi, i rifornimenti da viaggio e le munizioni necessarie? Era un re a fornire il denaro? E se così fosse, era il denaro del re o di qualcun altro? Ora facciamo un salto al ventunesimo secolo negli Stati Uniti. Chi decide quali guerre devono essere combattute? Immagino che, se siete arrivati a leggere fin qui, abbiate almeno il sospetto che queste decisioni e attribuzioni non siano decise esclusivamente dai presidenti degli Stati Uniti e dalle loro amministrazioni. E se vi dicessi che, in quasi tutti i casi, questi funzionari governativi hanno ben poco a che fare con il decidere contro chi gli Stati Uniti vanno in guerra? “Allora chi decide?”, potreste pensare. L’ATTUALE SISTEMA MONETARIO È UNO SCHEMA PONZI PREDATORIO L’attuale sistema monetario occidentale è stato messo insieme dai banchieri più potenti del mondo, ma non deve essere per forza così com’è. “Il sistema monetario è così com’è perché coloro che lo gestiscono scelgono che rimanga così”, dice l’ex gestore di hedge fund e analista economico Alex Krainer.(1) Il sistema monetario, che è gestito dagli oligarchi bancari e dal sistema bancario, raggiunge i suoi fini attraverso l’uso della violenza fisica (militare), economica e psicologica. “Come mai?”, vi starete chiedendo. Il sistema è strutturato in modo tale da richiedere una crescita costante per rimanere in vita. In questo senso il sistema esistente è come una bicicletta. Se l’accumulazione si ferma, se il movimento in avanti (la crescita) si ferma, la bicicletta si ribalta e il ciclista cade. Quando un banchiere vi concede un prestito, diciamo 100.000 dollari per un mutuo, dovete restituirlo con gli interessi. In generale, nel tempo, finirete per ripagarlo due volte, per un totale di circa 200.000 dollari. Il problema è che solo il capitale, solo 100.000 dollari, entra in circolazione. Gli ulteriori 100.000 che sono necessari per saldare il vostro prestito devono essere guadagnati e quindi estratti da un insieme complessivo di denaro che non include altro che le assegnazioni di capitale. Questo crea una situazione dove la crescita non è solo vantaggiosa per i banchieri, è anche essenziale per mantenere a galla l’intero sistema. In altre parole, il sistema monetario è un enorme schema predatorio di prestito di denaro che intrappola finanziariamente le sue prede in cicli di indebitamento. Mentre tutto questo accade, il sistema bancario accumula continuamente riserve finanziarie offshore non tassate e “intoccabili” che ammontano complessivamente a oltre 50 TRILIONI di dollari e sono in continua crescita.(1a) TUTTE LE GUERRE MODERNE SONO GUERRE DEI BANCHIERI PER IL PROFITTO E LA CONQUISTA Come conseguenza logica di tutto ciò che è stato detto finora, l’unico modo per mantenere una crescita continua è uscire da determinati mercati una volta che questi sono saturi. In altre parole, se la crescita è essenziale per la sopravvivenza dell’attuale sistema e la crescita non è più possibile all’interno di una determinata regione, i produttori di profitto devono trovare nuovi mercati, nuove regioni, nuove risorse e nuovi obiettivi di sfruttamento, altrimenti il sistema collasserà. Negli Stati Uniti, in Europa e in Canada, abbiamo visto sempre più città sprofondare nella tossicodipendenza, nel suicidio e nella povertà. Questo perché le banche hanno spinto la classe politica controllata dai loro finanziatori a creare una sempre maggiore crescita e quindi profitti (per i banchieri) all’estero. Tutto questo è avvenuto a spese delle popolazioni dei Paesi citati. Questo feticismo della crescita è la vera causa di fondo della continua spinta bipartisan per un numero sempre maggiore di guerre in Medio Oriente, Europa dell’Est e ovunque sia possibile l’espansione e il saccheggio imperialista. Per fare un esempio: La ricchezza di risorse dell’Ucraina è stimata in 15 trilioni di dollari, mentre quella della Russia è stimata in 70 trilioni di dollari. Chiunque abbia dedicato un minimo di tempo a studiare l’attuale guerra tra Russia e Ucraina, prendendo in considerazione i punti di vista provenienti da fonti occidentali e non occidentali (fonti al di fuori della narrazione occidentale), sa che il “Progetto Ucraina” era in cantiere da quasi vent’anni.(1b) Dal 2019 al 2022, per tre anni, il denaro e le armi statunitensi sono stati riversati in Ucraina per prepararla al ruolo di ariete, di esercito per procura contro la Russia. Questa non è un’illazione. È un fatto documentato che il governo e le forze armate statunitensi stavano contemplando di utilizzare la popolazione ucraina come esercito per procura almeno dal 2019.(2),(2a) Allo stesso modo, il governo statunitense aveva un piano per intraprendere “7 guerre in 5 anni in Medio Oriente” a partire dal 2003.(3) Queste guerre sono state intraprese per espandere la portata del sistema bancario statunitense e per estrarre risorse da questi Paesi ormai bombardati e martoriati. I nostri media occidentali tradizionali ci dicono che queste guerre, compreso il recente scontro con l’Iran, sono state intraprese per prevenire lo sviluppo e/o l’uso di armi di distruzione di massa, per contrastare il ‘male’, per diffondere la democrazia o per “scopi umanitari”. Parlerò in modo molto diretto: queste scuse che sono state usate per iniziare e intensificare le guerre sono tutte storie per bambini. Il nostro sistema elettorale, il nostro sistema politico e i nostri media tradizionali sono ormai in larga misura controllati da oligarchi, dal sistema bancario, che è legato direttamente al complesso militare industriale. In un certo senso, è così da molto tempo. Nel corso degli ultimi decenni gli Stati Uniti sono passati da una democrazia problematica ma funzionante a quella che oggi è essenzialmente un’oligarchia che ha mantenuto solo la forma esteriore di una democrazia.(4) Se non credete a questi fatti così come li ho presentati, allora date un’occhiata a ciò che l’Università di Harvard e il Guardian hanno detto in merito. IL SISTEMA MONETARIO PUÒ ESSERE CAMBIATO (UN RECENTE ESEMPIO DELLA VITA REALE NELLA GERMANIA DEL 21° SECOLO) Alcuni sostengono che le carenze dell’attuale sistema monetario globale siano semplicemente parte integrante dell’accordo e che non potrebbe essere altrimenti. Questa è una sciocchezza. Fino a circa 15 anni fa, uno dei maggiori successi economici del pianeta è stata la Germania. Era la superpotenza esportatrice numero uno al mondo. Il valore delle esportazioni tedesche era persino superiore a quello della Cina fino a poco più di un decennio fa. Ciò è accaduto perché il sistema bancario tedesco aveva una politica che non si limitava a concedere prestiti senza interessi alle piccole imprese, ma le sosteneva anche, offrendo loro consulenza, accompagnandole a conferenze, ecc. Le banche che erogavano questi prestiti erano  piccole banche regionali, il 70% delle quali erano enti senza scopo di lucro. In altre parole, queste banche non erano interessate a profitti enormi solo per sé stesse. C’era un aspetto reciprocamente vantaggioso in ciò che stava accadendo. Ciò ha permesso a queste aziende di sviluppare le proprie attività nel tempo senza la costante pressione di dover rimborsare rapidamente i prestiti a tassi di interesse elevati.(5) Sfortunatamente, la Germania alla fine ha ceduto al modello bancario basato sulla finanza, promosso dagli Stati Uniti, e ha iniziato la deindustrializzazione circa un decennio fa. Il risultato di questo cambiamento è stato disastroso. La Germania è sull’orlo della recessione da quasi tre anni. DOBBIAMO SMETTERE DI FINGERE Ultimamente è stato raggiunto un nuovo punto di svolta. Forse è successo un giorno o due fa, o una settimana o due fa, o un anno o due fa? Non sono sicuro del momento esatto in cui è successo (per voi). Il fatto è che voi, che state leggendo, sapete di cosa sto parlando. Forse nella vostra testa state pensando che non siete sicuri di cosa sto parlando. Nel vostro cuore, però, lo sapete. È ora che voi e io smettiamo di prenderci in giro. Dimenticate la vostra fedeltà a Donald Trump o al Partito Democratico per un momento. Le persone con un buon lavoro hanno difficoltà a pagare l’affitto e la situazione si fa sempre più difficile. E voi lo sapete. Vedete il modo in cui i prezzi sono saliti alle stelle, praticamente a intervalli di pochi mesi, nel corso degli ultimi anni. Ma l’economia “sta andando bene”, ci dicono sempre. Sapete che vi stanno mentendo. Sapete che le guerre in cui siamo stati costantemente coinvolti nel corso degli ultimi venticinque o più anni, sono state tutte puttanate. Sapete che i canali di informazione che guardate sulle TV tradizionali trasmettono per lo più sciocchezze quando si tratta di guerra e di guerre potenziali. Sapete che gli Stati Uniti e Israele hanno violato per anni tutte le leggi internazionali in vigore. Dai, lo sapete benissimo! Dovreste essere dei cretini per non saperlo. Ma non siete cretini. O lo siete? Ora basta. A parte le battute, niente di tutto questo è più un segreto. Il difetto principale, il percettibile peccato centrale che sta generando tutto questo caos e questo sconvolgimento è nel sistema monetario. In altre parole, non c’è nulla di magico in ciò che sta accadendo, tecnicamente parlando. La domanda è: cosa ci vorrà per spingere le persone ad approfondire questi temi? Forse sarà necessario un qualche tipo di risveglio spirituale? Onestamente, non so cosa ci vorrà. Forse tutti noi dobbiamo iniziare a porci seriamente la domanda: “Voglio vivere e, se sì, in quali condizioni? In che tipo di mondo voglio vivere?”. FONTI: 1-https://youtu.be/cvPVTp9e1eI?si=48bcvC8K6bWlMVC5 1a-https://gfintegrity.org/50-trillion-offshore-with-james-s-henry/ 1b-https://www.theguardian.com/world/2004/nov/26/ukraine.usa#:~:text=But%20while%20the%20gains%20of,rigged%20elections%20and%20topple%20unsavoury 2-https://www.rand.org/pubs/research_reports/RR3063.html  2a-https://www.pressenza.com/2024/08/the-us-calculated-sacrifice-of-the-ukrainian-population/ 3-https://www.youtube.com/shorts/TJpGoKqPM0k 4-https://www.hks.harvard.edu/faculty-research/policycast/oligarchy-open-what-happens-now-us-forced-confront-its-plutocracy 5- andare al minuto 22:50 in – https://www.youtube.com/watch?v=LM2b_youfAg&t=1662s -------------------------------------------------------------------------------- Traduzione dall’inglese di Stella Maris Dante. Revisione di Thomas Schmid. Mark Lesseraux
Perché vado per la terza volta in Ucraina
Un’amica mi ha chiesto tempo fa: “Si può sapere cosa cavolo vai a fare in Ucraina? Vuoi farti ammazzare?” Iniziamo dalla seconda questione: mi piace vivere e non mi sono votato al martirio, anche perché, essendo sostanzialmente agnostico/ateo (pur di cultura cristiana) non avrei paradisi, Valhalla, Valchirie o Vergini ad aspettarmi in un’ipotetica vita eterna in cui, con tutta la buona volontà possibile, non credo né ho mai creduto. Morire per un missile russo a Leopoli, a Kiev o a Odessa?  È possibile tanto quanto morire in un incidente stradale sulla Pontina o sul Grande Raccordo Anulare di Roma, facendo escursioni in montagna o nuotando in uno dei mari italiani. Potrebbe paradossalmente essere maggiore e più “mirata” la possibilità di essere fatto fuori dai servizi segreti ucraini o alleati vari. E’ già successo. Qui confido nel buon senso: perché creare un casino internazionale quando basta non farmi entrare o al limite espellermi? Inoltre confido nella mia irrilevanza: posso scrivere ciò che voglio, ma la potenza di fuoco dei menestrelli di corte, della scorta mediatica dei signori della guerra, del fatto che in “tempo de guera: più bugie che tera” rendono per loro assolutamente irrilevante qualsiasi cosa io possa scrivere. Allora perché vado? Perché le nostre innumerevoli irrilevanze sono semi gettati al vento, brace che sotto la cenere potrebbe tornare a essere fuoco, umile goccia che scava la pietra o meglio ancora goccia che costruisce colonne quando una stalattite si salda con una stalagmite. Ho la stessa ambizione del colibrì che vuole spegnere l’incendio della foresta gettando la sua gocciolina d’acqua o della “piccola pietra” che Emilio Guarnaschelli, comunista torinese vittima del terrore staliniano, decise di portare a Mosca, rifugiandosi là come perseguitato politico italiano durante il regime fascista. Voleva contribuire all’edificazione della città di quella “futura umanità” cantata nelle centinaia di lingue in cui è tradotta l’Internazionale. Io faccio la mia parte, meglio di piangersi addosso o di spargere depressione. Del resto, già ora, centinaia e centinaia di migliaia di persone, se non milioni, in Italia, in Europa e nel mondo, e tra le quali tante e tanti giovanissimi, la loro parte la fanno tutti i giorni, in mille modi diversi e senza il bisogno di scrivere lettere aperte. Questi meritevoli sforzi mi paiono tuttavia poco coordinati per non dire disarticolati o polverizzati, rendendoli poco efficaci politicamente. Perché io vado proprio in Ucraina, quando abbiamo decine di guerre dimenticate e un genocidio ostentato e addirittura rivendicato in diretta? Torno per la terza volta in Ucraina perché lì c’è una guerra tra potenze nucleari, anche se la Nato non invia truppe ma armi, tecnologia e addestratori militari. Una guerra in cui è in corso lo sterminio sistematico di un’intera generazione di giovani maschi ucraini e di altrettanti giovani russi (uguali per numero, ma non certo in termini proporzionali rispetto alle rispettive popolazioni). Una guerra che è sostanzialmente rimossa proprio dalla mia parte politica, perché per mobilitarsi sente l’istintivo bisogno di schierarsi con una delle parti in conflitto secondo l’infantile logica binaria e manichea che ci vuole a fianco dei buoni contro i cattivi. Eppure sembrerebbe tanto facile dire che siamo contro la guerra e contro chi l’ha promossa, non ha voluto impedirla e ora la alimenta. Siamo contro una delle guerre più pericolose per i destini del genere umano. Se Kiev venisse bombardata a tappeto, trasformandola in una sorta di Gaza, allora sì che la mia vita sarebbe in grave pericolo, ma tanto quanto quella degli abitanti di Pietroburgo e Mosca, e di conseguenza Roma, Parigi, Berlino e Londra. (Madrid sarebbe risparmiata insieme a Dublino, a Bratislava e a chi pur tra mille esitazioni ha provato a non farsi trascinare nel bellicismo suicida). In quanto a me i nazionalisti russi (cioè i tre o quattro che mi hanno letto) mi hanno accusato di essere filo ucraino, che per loro significa sostanzialmente essere filonazista, per aver definito “truppe di invasione” i soldati della Federazione Russa che dalla Bielorussia tentarono di arrivare a Kiev (attraversando peraltro la foresta chiusa in quanto iper-contaminata dal plutonio di Chernobyl). Attenzione, non reputo necessariamente invasori i soldati russi entrati in Crimea e nel Donbass! Mentre i nazionalisti ucraini (sempre i tre o quattro che mi hanno letto) si sono stracciati le vesti perché, davanti alla Casa dei Sindacati di Odessa, città da sempre cosmopolita, imponente edificio oramai chiuso, abbandonato e addirittura cancellato da Google Maps, ho definito quella orrenda strage, pianificata dai neonazisti ucraini, il punto di non ritorno che portò alla guerra civile iniziata nel 2014. Sarei quindi filo Putin e giacché Putin sarebbe il nuovo Hitler, sarei di nuovo filonazista. Una guerra civile che ha distrutto uno stato binazionale. Una guerra civile in cui dopo otto anni di sostanziale indifferenza della comunità internazionale, bloccata dai veti incrociati espressi nelle risoluzioni presentate al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, si è inserita con le sue truppe d’invasione la Federazione Russa, che, per quanto provocata dalla Nato, ha anch’essa violato il diritto internazionale (lo dice anche Francesca Albanese). Altri tre o quattro lettori di entrambi gli schieramenti mi hanno detto, bontà loro, che, benché in buona fede, dovrei studiare la Storia (scritta suppongo dagli storici degli opposti schieramenti). Replico rivendicando di essere pacifista, internazionalista e quindi comunista poiché il capitalismo sta alla guerra come i nuvoloni neri stanno alla pioggia. Replico che sto dalla parte dei renitenti alla leva e dei disertori di entrambi gli schieramenti, che ormai sono d’accordo soltanto sul fatto che l’obiezione di coscienza sia il più grave dei delitti… Replico, come sostenne con la sua vita il socialista riformista Giacomo Matteotti, che il nazionalismo porta alla guerra e la guerra porta al fascismo. Infine, come mi ha insegnato il redattore umanista di Pressenza Olivier Turquet, è inutile disperarsi: “Signori della Guerra, vi spazzeremo via con Pace, con Forza, con Allegria!” Mauro Carlo Zanella
L’unica salvezza dell’umanità sta nel rendere la guerra un tabù
Le notizie da Gaza ci straziano il cuore. Dopo decenni dalla condanna dello sterminio nazista degli ebrei non avrei immaginato che un governo israeliano sarebbe diventato il più efficace seminatore di odio anti-semita della storia: talmente efficace da togliere dalle mani di noi difensori del popolo ebraico ogni strumento. Ho firmato decine di appelli, ho partecipato a decine di cortei, ma ormai non posso mettere a tacere una domanda insinuante che proviene dalla mia stessa coscienza: davvero sono convinto che con questi segni di protesta raggiunga altro obiettivo che addormentare – provvisoriamente – il mio senso d’impotenza? Come mi capita nei momenti più bui della vita, provo a farmi consulente filosofico di me stesso: a guardare il problema in sé, a cercarne eventuali soluzioni, senza lasciarmi coinvolgere del tutto dagli inevitabili blocchi emotivi. L’obiettivo principale, e più urgente, è la cessazione di questo genocidio in Medio Oriente. Chi ha il potere d’intervenire a tale scopo? In probabile ordine: il governo di Netanyahu; i dirigenti di Hamas; Trump; l’Unione Europea; il governo italiano (nella modesta misura in cui può condizionare le istituzioni elencate). Moltiplicare le iniziative di protesta, di condanna, di sdegno verso una o alcune o tutte queste istituzioni ci avvicina o ci allontana dall’obiettivo principale? Se scendiamo in piazza in 10 cittadini/e o in un milione di essi/e, con slogan o senza slogan, bruciando questa o quella bandiera, ci avviciniamo di un centimetro alla méta? La storia delle idee e delle pratiche nonviolente mi suggerisce altro. Se vedo due energumeni che se le danno di santa ragione, il mio primo compito è ricostruire le origini della lite (stabilendo chi ha più torto dell’altro) o interromperla? Se avessi la forza per farlo, bloccherei i due contendenti (e, in caso di pericolo esiziale del più debole dei due, ricorrendo a qualsiasi arma), ma se non ho questa forza, che posso fare? Per prima cosa – probabilmente – spegnere le tifoserie che, alle spalle dei due contendenti, si sgolano per incitare alla lotta e supportare con ogni mezzo il proprio combattente. Approfittando del privilegio (immeritato) di non essere un congiunto di israeliani assassinati il 7 ottobre del 2023, né di palestinesi sterminati da quella data a oggi, potrei proporre (personalmente o come associazione, rivista, centro studi, sindacato, partito, chiesa etc.)  un movimento planetario e trasversale di superamento del tradizionale paradigma bellicista. Penso a un movimento essenzialmente culturale, basato su alcuni pochi principi etici condivisibili da (quasi) tutte le ideologie religiose e politiche, imperniato sulla convinzione che ormai l’umanità sia a un bivio: o un mutamento antropologico o il suicidio. E’ un po’ come se, dopo millenni in cui l’umanità avesse parlato in latino, dovesse transitare in un universo mentale, valoriale, linguistico inedito: l’inglese o il cinese. Provo a spiegarmi meno rozzamente a partire dalla tragedia odierna di Gaza. Ci sono possibilità che i governanti attuali trovino un accordo, una tregua che non sia di poche ore ? Pare che lo farebbero solo se temessero di essere sommersi da un’ondata di rivolta popolare. Un movimento di opinione inedito, innovativo, che coinvolgesse (la maggioranza de): * gli elettori del governo di Netanyahu * gli elettori del governo di Hamas * gli elettori di Trump * gli elettori del Parlamento europeo e (indirettamente) della Commissione europea * gli elettori del governo italiano. A meno di soluzioni insurrezionali violente (talmente improbabili che non è il caso di esaminarne vantaggi e svantaggi) non vedo altre vie per disarmare i contendenti in Palestina, in Russia, nelle altre decine di fronti in guerre armate disseminate sul pianeta: uno schieramento così compatto delle opinioni pubbliche nazionali e internazionali da far temere a chi detiene oggi il potere di poterlo perdere nel caso di pervicacia. Ciò è possibile solo se, nel nome del rifiuto di ogni violenza armata, si scompongono gli attuali schieramenti (pro Questo, pro Quello…) e si ricompongono due nuovi schieramenti (formati da sostenitori dell’uno e dell’altro fronte): lo schieramento di chi ritiene che l’unica salvezza dell’umanità stia nel rendere la guerra un tabù (come per esempio dichiara l’articolo 11 della Costituzione repubblicana, l’articolo meno rispettato da tutti i vertici dello Stato italiano negli ultimi 80 anni) e lo schieramento di chi ritiene accettabile la guerra (sia pure come extrema ratio in considerazione di motivazioni ideologiche, religiose, politiche, economiche o d’altro genere). Sino a quando lo schieramento dei negazionisti della guerra non diventerà, culturalmente e poi anche elettoralmente, prevalente sullo schieramento possibilista, non credo ci sia speranza di interrompere i conflitti bellici in corso. Tale schieramento potrebbe diventare maggioritario solo se: * l’opinione pubblica venisse informata adeguatamente degli orrori di ogni guerra passata e presente (compito degli storici e dei giornalisti) * l’opinione pubblica si educasse all’ascolto delle “ragioni” dell’una e dell’altra parte, al di là di qualsiasi schieramento partigiano unilaterale (compito dei politici e degli opinion leaders) * l’opinione pubblica si convincesse di una verità lapalissiana: quale che sia l’esito di un conflitto all’ultimo sangue in corso, alla fine risulterebbero danneggiati sia gli eventuali ‘sconfitti’ sia gli eventuali ‘vincitori’. Capisco benissimo le mille motivazioni etiche ed emotive, che spingono a cortei, sit in, manifestazioni di protesta i fautori dell’uno o dell’altro schieramento in guerra (ovviamente avvertendo più condivisione con certi schieramenti e meno – o nessuna – con altri), ma, nel sincero rispetto di ogni altra opzione, intendo dedicare tutte le poche energie disponibili a lavorare perché (nel micro, nel meso e nel macro) si diffonda – sino a diventare “senso comune” – il principio gandhiano: “Occhio per occhio rende il mondo cieco”.   Redazione Italia
Oggi come allora, bambini e bombe
Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa toccante testimonianza di Romana Olivieri Canneti, 92 anni, che ricorda i bombardamenti a Napoli vissuti da bambina e li collega alle sofferenze provocate dalle tante guerre attuali. Guardo la televisione e ascolto i telegiornali con immagini di guerre. I tanti bambini disperati, le loro famiglie mi fanno ripensare alla mia guerra e a me bambina che viveva tanti anni fa quelle stesse sofferenze. Era il 1943 ed io avevo 10 anni. I continui bombardamenti a Napoli avevano portato mio padre a decidere di trasferirsi a Maddaloni, dove la numerosa famiglia poteva vivere in una relativa tranquillità. Mio padre, sarto di abiti da uomo eleganti e raffinati, ora poteva solo girare cappotti e giacche, scucendo e ricucendo stoffe già usate. Correva affannato a Napoli per recuperare cibo e il necessario per noi e mai dimenticava un pensiero per i più piccoli, un gioco, un libro. Cinque figli nati tra il 1923 e il 1933 e la speranza di tornare negli USA, sì, perché proprio nel 1922 i miei genitori si erano imbarcati a New York per far conoscere la giovane sposa americana alla famiglia italiana di Giovanni Olivieri, mio padre. Vissero la loro vacanza tra soggiorni a Ischia e viaggi in Italia, per poi scoprire che presto sarebbero diventati genitori. La guerra interruppe i rapporti con i parenti oltre oceano e tutto cambiò. La casa in via Chiaia a Napoli, il teatro, gli abiti alla moda… Le sirene che annunciavano gli attacchi aerei, il rifugio …. Sento ancora lo scoppio delle bombe, il silenzioso pregare, la nonna che chiamava i più piccoli per distrarci con giochi e racconti e affidava tutti alla Madonna con una preghiera: “La Madonna stende il manto per coprirci tutti quanti. Sempre lodata sia la Vergine del Carmine Maria.” E la preghiera correva e diventava più veloce al rumore delle bombe che cadevano. La tessera concedeva 150 grammi di pane al giorno, tutto era razionato, ma la mamma pur di far mangiare i suoi bambini scambiava con i contadini abiti, borse, stole di pelliccia. Almeno però eravamo insieme. Era il 1943. Gli americani sbarcarono a Salerno e la mamma vedeva i “suoi” soldati a un passo, come sembrava più vicina la possibilità di tornare a parlare con i fratelli e i genitori. Lei raccontava e raccontava della sua famiglia per tenere viva la memoria e trasmetterla a noi. Ma la guerra non è solo quella delle bombe. Si ammalò: appendicite, mi dissero. Mio padre corse all’ospedale da campo americano … Una semplice operazione l’avrebbe salvata, ma non fu così. Mentre gli americani trionfanti entravano in una Napoli liberata, io piangevo la mia mamma. Quanti bambini, quante mamme e quanti papà dovranno soffrire ancora per guerre senza fine? Redazione Italia
Le nuove guerre dei contractors Usa
El Salvador, Ecuador, Congo, Haiti In El Salvador a progettare il trasferimento di immigrati illegali dalle galere al CECOT, la prigione lager antiterrorismo; in Ecuador a sostenere la lotta al narcoterrorismo; in Repubblica Democratica del Congo a proteggere le risorse minerarie; ad Haiti a condurre operazioni militari contro le gang […] L'articolo Le nuove guerre dei contractors Usa su Contropiano.