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Il boicottaggio funziona: dopo mesi di pressione Maersk disinveste in Cisgiordania
Dopo mesi di campagna, il movimento di boicottaggio contro il colosso danese della logistica Maersk sta iniziando a portare a casa i primi risultati. L’azienda di trasporto marittimo ha infatti rilasciato un comunicato in cui annuncia che disinvestirà nelle aziende coinvolte in violazioni dei diritti umani in Cisgiordania, interrompendo le spedizioni verso di esse. Una mossa «storica» da parte di Maersk, che potrebbe aprire ad analoghe decisioni da parte delle altre compagnie di trasporto. «Questa vittoria è stata ottenuta dopo una ricerca instancabile», ha commentato il movimento Mask off Maersk, che si batte per boicottare il colosso della logistica; «ma mentre la accogliamo, la lotta non è finita. Finché Maersk continuerà a spedire componenti per armi che consentono il genocidio israeliano contro il nostro popolo a Gaza, non smetteremo di denunciare Maersk e di chiederle di interrompere i legami con il genocidio», ha continuato, rilanciando la battaglia. Il comunicato di Maersk è stato rilasciato a giugno 2025, in coda a un’ulteriore dichiarazione risalente al mese di marzo in cui la compagnia sostiene di non avere mai trasportato armi verso Israele. Maersk di preciso, informa che «a seguito di una recente revisione dei trasporti relativi alla Cisgiordania, abbiamo ulteriormente rafforzato le nostre procedure di screening in relazione agli insediamenti israeliani, anche allineando il nostro processo di screening al database dell’OHCHR delle imprese coinvolte in attività negli insediamenti». Il database dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (OHCHR) a cui fa riferimento Maersk è stato pubblicato a febbraio del 2020, in attuazione della risoluzione 31/36 del Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU del 2016; quest’ultima, tra le varie cose, chiede di non collaborare con le imprese israeliane che contribuiscono al progetto coloniale israeliano. Il database consiste in una lista di 112 entità che partecipano attivamente all’espansione coloniale dello Stato ebraico in Cisgiordania. Maersk, insomma, ha annunciato che smetterà di fornire supporto e attrezzature alle 112 entità elencate nel database OHCHR. Una vittoria «storica», commenta il movimento Mask off Maersk, che tuttavia non basta. Maersk, infatti, come ha sottolineato la stessa compagnia in un altro comunicato, continua a inviare a Israele componenti di aerei F-35, partecipando al programma internazionale di produzione e fornitura dei caccia. Questi sistemi d’armamento sono stati utilizzati in diverse occasioni dallo Stato ebraico nel genocidio a Gaza; in Italia, oltre 200 associazioni si erano mosse contro il loro commercio verso Israele. «Non smetteremo di esporre Maersk pretendendo che tagli i propri legami con il genocidio», hanno invece scritto gli attivisti di Mask off Maersk in riferimento al programma di fornitura di F-35, rilanciando così la mobilitazione.   L'Indipendente
BOYCOTT CARREFOUR: DAL 21 AL 28 MAGGIO SETTIMANA DI AZIONE GLOBALE DI BOICOTTAGGIO
Da mercoledì 21 a mercoledì 28 maggio 2025 il movimento BDS (Boicottaggio, disinvestimento, sanzioni) Italia ha lanciato una settimana di azione globale per denunciare le complicità di Carrefour con il sistema israeliano di colonialismo, occupazione e apartheid. L’iniziativa mira a sensibilizzare l’opinione pubblica e a promuovere il boicottaggio dell’azienda, ritenuta complice delle violazioni dei diritti umani perpetrate ai danni del popolo palestinese. Carrefour infatti ha stipulato accordi di franchising con Electra Consumer Products e Yenot Bitan, due aziende israeliane che operano nelle colonie illegali. Ne parliamo ai microfoni di Radio Onda d’Urto con Clara del movimento BDS Italia. Ascolta o scarica
Università USA, denunce, arresti e veglie di protesta
Gli studenti dell‘UCLA (Università della California – Los Angeles) che lo scorso anno sono stati violentemente attaccati da una folla pro-Israele senza che gli agenti di polizia intervenissero hanno intentato una causa contro lo Stato della California. L’azione legale denuncia l’eccessiva violenza degli agenti della polizia di Los Angeles nei confronti dei manifestanti pacifici, colpiti da circa 50 proiettili rivestiti di gomma, riportando gravi lesioni. La legge californiana proibisce alla polizia di usare proiettili di gomma se non in circostanze straordinarie. In una vittoria del movimento di protesta dei campus, l’Università di San Francisco ha annunciato il disinvestimento da quattro aziende statunitensi che hanno contratti con l’esercito israeliano, a seguito di una campagna sostenuta dagli studenti. Nello Stato di Washington, la polizia ha arrestato una trentina di studenti attivisti dopo che questi avevano occupato la facoltà di ingegneria dell’Università di Washington per protestare contro i suoi legami con il produttore di armi Boeing. Il gruppo Students United for Palestinian Equality and Return chiede “che i soldi delle nostre tasse scolastiche e della nostra ricerca non vengano usati per finanziare e alimentare un genocidio”. In Pennsylvania, nove persone sono state violentemente arrestate sabato allo Swarthmore College mentre la polizia scioglieva un accampamento di solidarietà con Gaza che era stato chiamato “Zona liberata Hossam Shabat”, in onore del giornalista palestinese di 23 anni ucciso da Israele a marzo. Gli studenti chiedono di “disinvestire dall’occupazione, dall’aggressione e dall’apartheid israeliani e di dichiararsi un campus rifugio”. A New York, decine di docenti e personale della Columbia University vestiti di nero hanno sfilato in corteo e si sono fermati fuori dal campus lunedì per chiedere il rilascio di Mahmoud Khalil, laureato della Columbia  e di altri che sono stati presi di mira per aver difeso i diritti dei palestinesi. Veglie coordinate si sono tenute anche alle università di Tufts, Georgetown e Boston, dove gli studenti Rümeysa Öztürk e Badar Khan Suri sono stati recentemente arrestati dall’ICE. L’azione congiunta delle università si terrà ogni settimana. “Oggi abbiamo organizzato una veglia nel nostro campus contemporaneamente a gruppi di docenti delle Università di Tufts, Georgetown e Boston per denunciare la detenzione dei membri della nostra comunità. In questo Paese studenti e docenti vengono trasformati in prigionieri politici semplicemente per aver parlato a favore della causa palestinese” ha dichiarato Joseph Howley, professore di letteratura della Columbia University. Democracy Now!