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Il vergognoso gemellaggio tra Milano e Tel Aviv continua (per ora…)
Il 13 ottobre alle ore 18 il Consiglio Comunale di Milano ha bocciato un punto dell’ordine del giorno presentato da Europa Verde (a firma Monguzzi, Cucchiara e altri), che impegnava sindaco e giunta “a sospendere immediatamente ogni forma di cooperazione istituzionale e di ricerca tra il Comune e lo Stato di Israele, incluso il gemellaggio con la città di Tel Aviv, fino alla cessazione delle gravi violazioni accertate”. I consiglieri sono stati chiamati a votare punto per punto, e proprio questo è stato respinto, a causa dei voti contrari di tutta l’opposizione e di buona parte del Partito Democratico. Sono stati infatti solamente 9 i voti a favore, tra cui 3 di Europa Verde e 4 del PD, rispetto a 21 contrari e 6 astenuti, tra cui 9 consiglieri del PD. In “Piazza Gaza” (ex piazza Scala), si erano riunite migliaia di persone in un presidio convocato e sostenuto da numerose associazioni e realtà cittadine, sindacati, partiti e centri sociali, tra cui BDS (Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni), USB, Potere al Popolo, Giovani Palestinesi, Associazione Palestinesi d’Italia, Cantiere, CSA Lambretta ed altri. Alla notizia dell’esito negativo di tale votazione, le proteste da parte dei partecipanti si sono fatte sempre più forti, alle grida di “Vergogna” e “Dimissioni” e hanno portato a qualche scontro con la polizia antisommossa che era stata schierata davanti a Palazzo Marino, che ha colpito e ferito coi manganelli varie persone. Il BDS (movimento a guida palestinese che da 20 anni lotta per la fine dell’occupazione e della colonizzazione, il riconoscimento dei diritti dei cittadini arabo-palestinesi ed il rispetto dei diritti dei rifugiati a tornare alle loro case) considera la votazione del Consiglio Comunale un’opportunità mancata. Si chiede a gran voce che Milano, Medaglia d’oro della Resistenza, abbia il coraggio di prendere posizione su un tema così rilevante come la rottura dei rapporti con uno Stato che da due anni commette un genocidio in Palestina, e che da 77 anni si macchia di innumerevoli violazioni del diritto internazionale, nella totale impunità. Il gemellaggio tra il Comune di Milano e quello di Tel Aviv esiste dal 3 maggio 1994. “Contraddistinte da analoghi ideali democratici, Milano e Tel Aviv aspirano a migliorare le proprie condizioni di vita e di crescita civile”, si legge sul sito del Comune di Milano. “Scopo di questo gemellaggio è sviluppare, oltre ai rapporti tra le due città, anche una collaborazione nei settori urbanistico, economico-commerciale, culturale, accademico, turistico e sportivo”. Che Israele fosse tutt’altro che contraddistinto da ideali democratici e non si adoperasse per sostenere lo spirito di pace e fratellanza tra tutti i cittadini del mondo era già del tutto evidente nel 1994 ed ancora di più lo è oggi. Ricordiamo che Israele detiene il record mondiale delle violazioni di risoluzioni dell’ONU, è sotto indagine della Corte di Giustizia Internazionale per il crimine di genocidio e il suo premier ha un mandato di arresto internazionale per crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Ci chiediamo dunque quale dialogo sia possibile con uno Stato, e la sua capitale, che da 77 anni viola ogni basilare diritto della popolazione palestinese, attraverso uccisioni, migliaia di arresti senza accuse formali anche di minorenni, torture, un vero a proprio regime di apartheid ed il costante furto e occupazione di terre palestinesi. Sebbene in questi giorni la popolazione di Gaza riesca finalmente a respirare e dormire sonni relativamente tranquilli grazie ad un cessate il fuoco, si è ben lungi dal raggiungere una pace giusta. Una pace in cui vengano rispettati i diritti del popolo palestinese, in cui il regime di apartheid israeliano venga abolito, finisca l’occupazione ed il furto illegale di terre, si riconosca il diritto al ritorno dei profughi palestinesi e, soprattutto, si faccia giustizia e si garantiscano riparazioni per tutte le violazioni commesse da Israele nel corso dei decenni passati. Non consideriamo dunque accettabile come motivazione di voto contrario da parte di vari integranti del Consiglio l’aggrapparsi al “mutato scenario internazionale”. Per il popolo palestinese lo scenario sarà mutato quando potrà finalmente godere a pieno dei propri diritti, in primis quello all’autodeterminazione. Fino ad allora, ogni invito al dialogo e alla pacificazione attraverso strumenti come quello del gemellaggio sarà un invito ipocrita che non tiene conto della realtà e, al contrario, punta a mettere sullo stesso piano colonizzati e colonizzatori, oppressi ed oppressori, aggrediti ed aggressori. Ma come si può chiedere di dialogare con il proprio carnefice a un popolo, quello palestinese, che è stato martoriato per decenni, e che negli ultimi due anni ha vissuto sulla propria pelle il crimine dei crimini, un genocidio? Quando si sostiene che i popoli colonizzati debbano andare d’accordo con i propri colonizzatori, si sta di fatto sostenendo il colonialismo. Finché non ci sarà giustizia e non verranno rispettati i diritti del popolo palestinese, non ci potrà essere alcun dialogo. Pertanto, consideriamo vergognoso l’invito a dialogare e “aprire ponti” portato avanti da parte del Consiglio Comunale di Milano, ed in particolare dal Partito Democratico, che non è stato in grado di ascoltare e recepire le richieste delle migliaia di persone radunate in piazza, che esigevano a gran voce l’interruzione di ogni rapporto con Israele e la rottura del gemellaggio con Tel Aviv. Inoltre, sulla base dell’accertamento di rischio di genocidio effettuato dalla Corte Internazionale di giustizia (CIG) il 26 gennaio 2024, gli enti territoriali sono tenuti ad interrompere immediatamente qualunque relazione economica, politica, accademica, sociale e culturale che possa rafforzare o giustificare la commissione di violazioni del diritto internazionale da parte di Israele o ostacolare l’esercizio del diritto di autodeterminazione del popolo palestinese, e ad interrompere i rapporti istituzionali con lo Stato di Israele e le entità ad esso collegate. Ricordiamo che numerose Regioni e Comuni italiani (tra cui Bari, Bologna, Torino, Napoli e Genova, per citarne solo alcuni) hanno già interrotto le relazioni istituzionali con Israele. Nonostante il punto relativo alla sospensione del gemellaggio sia stato bocciato, è stato invece approvato un punto che impegna Sindaco e Giunta a “Non avviare, considerate le ostilità e le gravi violazioni del diritto internazionale in corso, progetti, collaborazioni o relazioni istituzionali con i rappresentanti del governo israeliano in carica e con tutti i soggetti ad esso direttamente riconducibili…”. Nelle prossime settimane, dunque, la popolazione continuerà a vigilare sull’applicazione di questo punto e a fare pressione sulle proprie istituzioni affinché anche Milano prenda finalmente una posizione chiara di distanza da uno Stato genocida. La popolazione milanese nelle ultime settimane non ha smesso nemmeno per un giorno di riversarsi a migliaia per le strade della sua città e, come gridavano i partecipanti ieri al presidio trasformato poi in corteo, ha dimostrato che “Milano sa da che parte stare”. Auspichiamo che anche i consiglieri, che dovrebbero rappresentare la cittadinanza, decidano di ascoltare tali richieste e agire di conseguenza, unendosi ai Comuni virtuosi e dando un segnale chiaro della volontà popolare al governo.       Redazione Milano
Stop gemellaggio Milano-Tel Aviv!
Lunedì 13 ore 17:30 appuntamento in Piazza Gaza! Il consiglio comunale fa cadere nel vuoto, grazie all’uscita dall’aula dei consiglieri della maggioranza del centrosinistra, il voto per la rottura del gemellaggio Milano-Tel Aviv. In centinaia abbiamo atteso per ore sotto a palazzo Marino il risultato del voto, la polizia schierata […] L'articolo Stop gemellaggio Milano-Tel Aviv! su Contropiano.
Bologna. Vittoria, passa la mozione sul boicottaggio accademico!
Al senato accademico del 23 settembre Unibo rompa tutti gli accordi con Israele e industria bellica! Oggi ore 18:30, piazza Verdi preconcentramento universitario verso il corteo cittadino di risposta all’invasione di Gaza City!  Il 22 settembre è sciopero generale: dai porti agli atenei, blocchiamo tutto! Oggi al primo Consiglio degli […] L'articolo Bologna. Vittoria, passa la mozione sul boicottaggio accademico! su Contropiano.
La Von der Leyen se la rischia. Giovedi all’europarlamento dibattito sulla sfiducia
Ieri il il Parlamento ha discusso previamente una mozione di sfiducia contro la Presidente della Commissione europea. La mozione è stata presentata una eurodeputata rumena della destra, che ha accusato la Von der Leyen di aver abusato del suo potere nella gestione della campagna di vaccinazione contro il Covid. Come […] L'articolo La Von der Leyen se la rischia. Giovedi all’europarlamento dibattito sulla sfiducia su Contropiano.
Palestina: un solo stato senza apartheid?
Ieri in Consiglio Comunale a Biella è stata dibattuta una mozione in solidarietà con la Palestina presentata dalla coalizione progressista . E’ una mozione standard impostata sulla proposta di soluzione “due popoli due stati”. Alla lettura della mozione da parte di Greta Cogotti del PD è seguito un minuto di silenzio per le vittime del conflitto richiesto da Karim El Motarajji e rispettato da tutti i presenti in aula. Poi si sono susseguiti gli interventi, alcuni anche con proposte da approfondire; ci riferiamo in particolare all’intervento di Ivo Dato che, oltre ad aver citato Simone Weil, ha anche portato all’attenzione dei presenti altre possibilità di soluzioni oltre a quella “due popoli, due stati”. Posto che la decisione sulle soluzioni non sta a noi e che l’emergenza immediata è il cessate il fuoco e gli aiuti umanitari,  forse aprire a altre possibilità può aiutare ad uscire da questa situazione drammatica. Riportiamo l’opinione di Giuseppe Paschetto, coordinatore provinciale del M5S di Biella, nonché parte della Redazione Piemonte Orientale di Pressenza. Speriamo così di poter contribuire al dibattito per la pace in città e, magari, alla presentazione di una nuova mozione in Consiglio Comunale a Biella. Un solo Stato di diritto per tutti di Giuseppe Paschetto Nel dibattito in corso sul futuro della Palestina penso occorra mettere sul tavolo tutti gli scenari possibili. Cosa possiamo fare tutti insieme per far riconoscere i diritti dei palestinesi e di chiunque viva in quel territorio? Lo scenario considerato nello slogan “Due popoli, due Stati” è l’unica via o si può provare ad esplorare altri scenari? Quello che scrivo vuole essere un contributo al dibattito tenendo conto del fatto che nulla comunque può essere ottenuto senza difficoltà in quell’area geografica. Forse è venuto il tempo che Israele come nazione degli ebrei si estingua per fare nascere un nuovo Stato in cui tutti quelli che lo abitano abbiano diritto di cittadinanza. Al di là di ogni differenza religiosa e culturale. Una tesi caldeggiata anche da una intellettuale come Anna Foa in una recente intervista. Nulla può più essere come prima dopo l’orribile strage causata dal governo israeliano a Gaza. Ci sono momenti storici di svolta. Israele da Stato di ispirazione socialista degli esordi è diventato un Pese con nette connotazioni nazionaliste-religiose. Dopo la sconfitta sanguinosa nella seconda guerra mondiale dalle ceneri del Terzo Reich è nata una nuova Germania che è riuscita a riallacciare i rapporti con gli altri Paesi europei e a fare i conti con le vittime che aveva causato, con quegli ebrei sterminati a milioni. Dalla trasformazione di Israele potrebbe nascere una confederazione israelo-palestinese che nasca dalle macerie di Gaza, della Cisgiordania, dai lutti e dall’odio sedimentati negli ultimi 77 anni. La fine del ciclo di uno Stato degli Ebrei per diventare il Paese di tutti quelli che ci vivono, ebrei o arabi che siano. È difficile del resto pensare a uno Stato palestinese quando i suoi territori dovrebbero essere formati da una striscia di Gaza devastata e dalla Cisgiordania costellata di insediamenti di coloni. Se osserviamo la carta della Cisgiordania occupata illegalmente dagli israeliani la vediamo costellata di centinaia di colonie diffuse a macchia di leopardo per centinaia di migliaia di coloni ebrei. O se vogliamo pensare a un paragone più calzante pensiamo a quei cartelli stradali come se ne vedono a volte tutti bucherellati dai pallini di una sventagliata di fucile da caccia. Quelli sono gli insediamenti dei coloni. Già quindi la Cisgiordania dovrebbe vedere la convivenza di una consistente fetta di ebrei nel nuovo Stato Palestinese oppure si assisterebbe a una Nakba al contrario dopo quella palestinese del 1948. Quindi un intero territorio che possa essere popolato da ebrei, islamici, cristiani, israeliani, palestinesi, beduini, con una costituzione, e sappiamo che Israele non ha una vera costituzione, che riconosca parità di doveri e diritti. Si tratterebbe di un unico Paese, dal Golan al Mar Rosso, dal Mediterraneo al Mar Morto, che sia territorio comune. È una utopia? Può darsi. Ma cosa non è utopia in quel territorio devastato in cui invece le differenze religiose e culturali dovrebbero essere elementi di ricchezza? E del resto su piccola scala questa utopia si è realizzata già da 50 anni a Neve Shalom Wahat as Salam, il villaggio israeliano citato anche da Anna Foa nell’intervista citata, gemellato da oltre 30 anni con Cossato. Un’utopia da esportare su grande scala. I combattenti per la pace, israeliani e palestinesi, che hanno imparato quale sia la vera strada per la pace e il dialogo, sono un altro incoraggiante segno. Sono germogli da curare e fare crescere per non fare morire la speranza e credere che anche le utopie più ardite possano divenire realtà. Oggi la realtà che si contrappone alle utopie è fatta solo di morte e distruzione e odio che rischia di protrarsi per generazioni e che nessun confine o muro riuscirà a fermare. Occorre avere il coraggio di gettare lo sguardo oltre questa realtà fatta di macerie materiali e ideali. Questo passo forse sarebbe il vero riconoscimento dei diritti e della dignità del popolo palestinese da troppo tempo martoriato. Certamente il ruolo della comunità internazionale è fondamentale. E’ chiaro che la potenza economica e militare di uno Stato piccolo come la Lombardia e con lo stesso numero di abitanti non potrebbe esistere senza l’enorme appoggio della potente lobby sionista americana, il pluridecennale sostegno USA e il commercio con gli altri Stati occidentali. Quindi entra in gioco in qualsiasi scenario vogliamo considerare il ruolo della comunità internazionale. Qualche Stato, non l’Italia, ha già iniziato a far capire a Netanhiau che il limite è abbondantemente superato. Redazione Piemonte Orientale
Oltre gli allevamenti intensivi, per una riconversione agro-ecologica della zootecnia
Gli impatti degli allevamenti intensivi, soprattutto nelle zone in cui queste attività sono più concentrate, come la Pianura Padana, sono ormai ampiamente documentati: riguardano principalmente le emissioni di ammoniaca (NH3) e il conseguente inquinamento da polveri fini (PM 2,5), responsabili ogni anno di migliaia di morti premature in Italia. Le grandi quantità di azoto prodotto rappresentano inoltre un problema per l’inquinamento del suolo e dei corpi idrici, soprattutto nelle regioni ad alta densità zootecnica. L’enorme numero di animali allevati in modo intensivo nel nostro Paese (più di 700 milioni all’anno) richiede un grande uso di risorse, spesso sottratte al consumo diretto umano (due terzi dei cereali commercializzati nell’Unione Europea diventano mangime e circa il 70% dei terreni agricoli europei è destinato all’alimentazione animale). L’Italia è seconda solo alla Polonia in Europa per morti premature da esposizione a PM 2,5, con quasi 50 mila decessi prematuri nel 2021. Non solo, ma il nostro Paese è anche in procedura d’infrazione per il mancato rispetto della Direttiva europea sui nitrati. Greenpeace, ISDE, Lipu, WWF e Terra! hanno lanciato nello scorso febbraio un Manifesto pubblico “OLTRE GLI ALLEVAMENTI INTENSIVI. Per una riconversione agro-ecologica della zootecnia” alla base di una Proposta di Legge presentata da un gruppo di parlamentari della XIX Legislatura appartenenti a diversi partiti politici (AC 1760) per una riconversione del settore zootecnico che metta al centro, tanto delle politiche quanto dei meccanismi di sostegno, le aziende agricole di piccole dimensioni che adottano metodi agroecologici, e non più il sistema dei grandi allevamenti intensivi, così come avviene attualmente (a titolo di esempio, l’80% dei fondi europei per l’agricoltura italiana finisce nelle casse di un 20% di grandi aziende agricole). L’obiettivo è quello di creare le condizioni per un sistema produttivo che sia ripensato sulla piccola scala, con margini di guadagno più equi per i produttori e con politiche di sostegno ai prezzi che permettano a tutta la popolazione di accedere a cibi sani e di qualità, che rispondano ai valori positivi del “Made in Italy”. Inoltre, le associazioni Greenpeace, Lipu, Medici per l’ambiente-ISDE, Terra! e WWF Italia, hanno anche predisposto una mozione utile ad avvicinare i territori al processo di conversione agro-ecologica del settore zootecnico. La mozione è volta, da un lato, a promuovere un dibattito scientifico pubblico e dall’altro a favorire la discussione generale dell’iniziativa legislativa. Una mozione che una volta approvata dai Consigli Comunali impegna il Sindaco e la Giunta a: promuovere forme di sensibilizzazione della collettività e delle categorie economiche sui benefici derivanti da una transizione ecologica del sistema zootecnico; collaborare all’organizzazione di eventuali iniziative pubbliche promosse dalle associazioni proponenti la proposta di legge nel territorio comunale; farsi parte attiva presso il Parlamento, il Governo nazionale e regionale, affinché si giunga all’approvazione della proposta di legge; incentivare sul territorio le aziende agricole locali che adottano metodi di allevamento sostenibili e rispettosi del benessere animale; attivarsi affinché, per quanto di competenza dell’ente comunale, nella programmazione e pianificazione comunale si tenga conto dei principi che ispirano la proposta di legge depositata alla Camera dei deputati il 6 marzo 2024. Già tre Comuni, Spoltore, in provincia di Pescara, San Vito al Tagliamento, in provincia di Pordenone, e Castenedolo, in provincia di Brescia hanno approvato la mozione promossa da Greenpeace, ISDE, Lipu, Terra! e WWF per una transizione in chiave agro-ecologica del sistema degli allevamenti intensivi. “L’approvazione della mozione in tre Comuni di tre diverse regioni è un primo, significativo segnale di cambiamento che parte dai territori. È da qui che può prendere slancio una spinta concreta verso una legislazione nazionale capace di tutelare salute, biodiversità e la sostenibilità socio-economica del comparto agricolo, dichiarano le cinque associazioni promotrici. L’attuale modello zootecnico italiano – sempre più concentrato in grandi realtà intensive e industriali – sta penalizzando le piccole e medie aziende, mettendone a rischio la sopravvivenza. Con la nostra proposta di legge vogliamo offrire un’alternativa credibile: un percorso di transizione che permetta al settore di resistere nel tempo, tutelando ambiente, salute pubblica e giustizia sociale”. Pierluigi Bianchini, sindaco di Castenedolo, che ha già approvato la mozione, ha sottolineato la necessità di “un cambio di rotta nel modo di fare zootecnia, sostenendo la riconversione degli allevamenti intensivi in modelli più sostenibili e rispettosi di salute, ambiente e animali. Non possiamo rimanere indifferenti davanti a un tema che riguarda tutti”. Auspicando “che tanti altri Comuni scelgano di unirsi a questo percorso, per costruire insieme un sistema agricolo più giusto, allo stesso tempo vogliamo esprimere il nostro sostegno alle piccole realtà agricole locali, che ogni giorno lavorano con cura e rispetto per la terra, rappresentando un’alternativa concreta e preziosa”. Qui per approfondire e scaricare la mozione: https://www.associazioneterra.it/news/allevamenti-intensivi-i-primi-comuni-che-approvano-la-nostra-mozione-per-fermarli.   Giovanni Caprio