“Cose che accadono sulla terra”. Il film di Michele Cinque arriva nelle sale italianeMichele Cinque racconta i nuovi cowboys italiani in lotta contro il cambiamento
climatico.
“Cose che accadono sulla terra”, prodotto e distribuito da Lazy Film in
collaborazione con Trent Film, inizia il tour nelle sale cinematografiche, le
arene e i festival di tutta Italia, a partire da giugno fino a dicembre.
Il film, che ha vinto il prestigioso Festival dei Popoli e ora il premio della
distribuzione della Regione Lazio, torna da un tour negli Stati Uniti dove è
stato premiato all’58°Houston International Film Festival nella categoria
Feature documentary e selezionato in concorso al Big Sky documentary festival in
Montana.
Michele Cinque, regista del pluripremiato Iuventa, co-sceneggiatore e produttore
creativo del lungometraggio di Netflix, attualmente in lavorazione, ispirato
alla storia dell’ONG tedesca Jugend Rettet, torna a dirigere un documentario per
il cinema su un altro tema urgente: il rapporto tra uomo e natura ai tempi della
crisi climatica.
A 50 km dal Grande Raccordo Anulare, nel “selvaggio west italiano” dei Monti
della Tolfa, una famiglia di cowboys ha una missione: continuare ad allevare il
proprio bestiame e difenderlo dagli attacchi dei lupi, senza però compromettere
l’equilibrio dell’ecosistema.
Narrato al femminile e girato nell’arco di due anni, il film esplora il profondo
legame tra madre e figlia. Brianna, una bambina di 6 anni, in un dialogo con la
madre Francesca, si interroga sulla sua vita e sul suo futuro, rivelando col suo
sguardo innocente e originale alcuni temi urgenti con cui lo spettatore è
chiamato a fare i conti.
Francesca e Giulio, che gestiscono oltre 1.000 ettari, si sono accorti che ormai
anche il pascolo brado, una pratica tramandata dai cowboy italiani, i butteri,
non è più sostenibile e che la sopravvivenza dei loro animali è strettamente
legata alla salute del suolo.
Secondo l’International Panel on Climate Change, attualmente il 30% dei suoli
mondiali è degradato e si prevede un incremento fino al 90% nel 2050, con
gravissime conseguenze sulla produzione alimentare globale. Di fronte alla
desertificazione del proprio territorio e alla perdita di molti capi per la
siccità, Francesca e Giulio decidono di intraprendere una rivoluzione verde
applicando la teoria del pascolo rigenerativo. Già molto diffusa in diverse
aree siccitose in Australia, in Africa, Messico e Stati Uniti, questa tecnica di
pascolo invece di utilizzare l’assistenza di fertilizzanti di sintesi e
dell’agricoltura intensiva, ottimizza il rapporto tra suolo, piante e animali
con mutui benefici per l’ecosistema.
L’idea è semplice: imitare il comportamento dei grandi erbivori selvatici, che
migrano costantemente per l’effetto delle stagioni e della predazione. Il
movimento continuo dei pascoli accelera il ciclo di formazione dell’humus,
favorendo la rigenerazione dei suoli e il sequestro del carbonio. Questa
pratica, secondo la Royal Society, l’associazione scientifica britannica, è una
soluzione a basso costo e a basso contenuto tecnologico che può contribuire alla
mitigazione dei cambiamenti climatici, riducendo le emissioni di gas serra
associate all’agricoltura convenzionale.
Un report della FAO indica le filiere zootecniche come responsabili del 15%
delle emissioni globali di gas serra di origine antropica. Ma mentre sono ormai
palesi gli impatti ambientali degli allevamenti intensivi, il consumo di carne a
livello globale continua a salire; sempre secondo la FAO dalla seconda metà del
Novecento è aumentato di 5 volte e le proiezioni al 2050 indicano il trend in
continua crescita. Se da un lato si investe su prodotti come la carne sintetica
e alternative vegane, la pratica del pascolo rigenerativo ci invita a riflettere
sulle modalità di allevamento dei bovini e sul loro impatto sul pianeta. La
piccola rivoluzione di Francesca e Giulio, come quelle di migliaia di allevatori
in tutto il mondo che si oppongono alle pratiche intensive, testimonia che se
usati nel modo corretto gli erbivori possono diventare un alleato nella
mitigazione degli effetti del cambiamento climatico.
In una sorta di “richiamo della foresta” contemporaneo, “Cose che Accadono sulla
Terra”, si confronta anche con un’altra tematica di estrema attualità: la
presenza dei lupi. La Commissione Europea ha recentemente approvato la modifica
di status da “strettamente protetti” a “protetti”, concedendo maggiore
flessibilità agli Stati nella gestione della popolazione dei lupi, che è stimata
in circa 20.000 esemplari in Europa, di cui 3.300 solo in Italia, 950 nelle
regioni alpine e 2.400 nel resto della penisola. Nel film di Michele Cinque, il
lupo è un antagonista per la famiglia di allevatori, ma nel corso della
narrazione diventa, in un gioco di specchi, una metafora dell’uomo stesso. La
presenza del lupo risveglia paure ancestrali, ma anche la nostra appartenenza al
mondo animale e la nostra responsabilità nella sua salvaguardia.
Date proiezioni:
23-24-25 giugno Torino, Cinema Massimo
24 giugno, San Donato, Orbetello – Festival Terramara, presso Azienda La Selva
30 giugno, 1-2 luglio Milano, Cinema Palestrina
1-3-4 luglio Bologna, Cinema Arlecchino, Jolly e Bristol
1-4 luglio Bergamo, Cinema Conca Verde
2 luglio Firenze, Arena apriti Cinema dell’estate Fiorentina in Piazza Pitti
4 luglio Ussita, Festival Cosa accade se abitiamo
7 luglio Fermo, Arena Capo d’arco
9-10-11 luglio Roma, Cinema Farnese
Il tour prosegue fino a dicembre nei capoluoghi del Lazio e nel resto d’Italia.
Su richiesta è disponibile il link per la visione riservata del film.
Redazione Italia