Tag - No Ponte

Una Rete di Comunità di Patrimonio in difesa dello Stretto di Messina
A fine giugno, presso Capo Peloro, si è tenuta l’assemblea della Rete delle Comunità di Patrimonio del Territorio dello Stretto Sostenibile, coordinamento che si è costituito da pochi mesi con l’obiettivo di valorizzare e salvaguardare il patrimonio culturale e ambientale dell’area e che racchiude diverse realtà che operano sulla sponda siciliana e su quella calabrese Una Rete di Comunità di Patrimonio in difesa dello Stretto di Messina. Si è tenuta lunedì 30 giugno 2025 l’Assemblea della Rete delle Comunità di Patrimonio del Territorio dello Stretto Sostenibile a Capo Peloro presso Casa Cariddi, luogo che nasce come presidio No Ponte. La rete e il Ponte La Rete si occupa di patrimonio culturale e non può prescindere dall’affrontare la lotta contro il ponte perché il ponte non è sostenibile. Il ponte diviene l’emblema di una narrazione coloniale poiché viene presentato come un’opera epocale, destinata a “modernizzare” e “collegare” il Sud al resto d’Italia e all’Europa. Secondo questa retorica il territorio considerato “arretrato” viene “salvato” o “integrato” grazie all’intervento di una forza esterna, in questo caso lo Stato centrale. Il Ponte è un feticcio mediatico, una vetrina politica e rappresenta grossi interessi economici che non tengono in considerazione le comunità locali. La Rete Sostenibile delle Comunità di Patrimonio del Territorio dello Stretto è fatta proprio dalle stesse persone che vengono escluse da queste scelte. Ed è un’alternativa a questa logica top-down e con la varietà delle realtà che vi appartengono ci mostra un sud perfettamente in grado di autodeterminarsi. Al suo interno si discute di una “vertenza Sicilia-Calabria” che è la rivendicazione condivisa di un altro modello di sviluppo, contro le politiche estrattive e colonizzatrici del centro e si figura come una lotta collettiva per i diritti e le risorse del territorio. La Rete crede nell’opportunità di creare un Parco Nazionale dello Stretto che significherebbe riconoscere e proteggere uno dei territori più straordinari d’Italia – tra Sicilia e Calabria, dove si incontrano ecosistemi terrestri e marini unici, paesaggi culturali millenari, corridoi migratori per uccelli – ma anche un modello turistico sostenibile. Lunedì 30 giugno al centro dell’incontro anche la candidatura del territorio dello Stretto come Patrimonio UNESCO: “Lo Stretto non è un corridoio da attraversare, ma un ecosistema da rispettare ed un paesaggio culturale avendo ispirato miti greci e letteratura. Può diventare Patrimonio dell’Umanità, perché è già patrimonio delle nostre comunità, della nostra memoria, delle nostre specie viventi.” L’esperienza di due delle Comunità di Patrimonio dell’ultimo anno a Messina Si è parlato poi dell’esperienza di due delle Comunità di Patrimonio che si sono costituite nell’ultimo anno a Messina.   La comunità di Patrimonio Paesaggio oltre Forte che nasce nell’ambito del progetto di Italia Nostra Minore. Un ‘Faro’ sul patrimonio culturale e si colloca al Forte San Jachiddu coinvolgendo oltre ad Italia Nostra anche l’Associazione Parco Ecologico San Jachiddu, Legambiente Messina, Il cantiere dell’Incanto, Lunaria e la Libreria Colapesce. Questa comunità nasce per guardare lo Stretto non da lontano, come da un ponte sospeso, ma da dentro: dal margine, dal sentiero, dalla costa, dalla comunità. È uno sguardo laterale e profondo, che ricuce ciò che l’ingegneria vuole spezzare: il rapporto tra chi abita e ciò che è abitato. La comunità di Patrimonio Al di qua del faro racconta di un luogo liminale, marginale e al tempo stesso centrale nella memoria collettiva e nella geografia emotiva dello Stretto. La comunità che riscopre gli approdi storici rappresenta una pratica di riappropriazione del territorio e della storia, capace di contrastare le retoriche dominanti della disconnessione, del ponte e della verticalità del potere. Le esperienze delle realtà in zona sud Durante l’assemblea è stato dato spazio alle esperienze delle realtà attive in zona Sud, territorio che sta già per subire gli effetti delle presunte compensazioni del ponte come l’esproprio di Villa Pugliatti e l’agrumeto storico che la circonda. Il Comitato ex Sanderson, che nasce per riattivare la memoria e lo spazio dell’ex stabilimento Sanderson di Messina, luogo carico di storia sociale, economica e culturale, oggi in stato di abbandono. Corti di sera che fa rivivere ogni anno il bellissimo Borgo di Itala con un festival di cortometraggi a cui dall’anno scorso si è aggiunta anche l’esperienza di Accussì, Festival per gli occhi che si tiene nella piazza San Nicola di Giampilieri, villaggio della zona sud del Comune di Messina.  La Rete delle Comunità di Patrimonio del Territorio dello Stretto Sostenibile come luogo aperto La Rete delle Comunità di Patrimonio del Territorio dello Stretto Sostenibile è permeabile, aperta al confronto e continuerà a dialogare per annodare tutti i nodi e rafforzare la maglia tessendo con cura una realtà che non solo resiste ma crea, non solo si oppone ma propone, non fa muro ma apre varchi. Venera Leto – Italia Nostra Messina Forum Salviamo il Paesaggio
Eco-acquario di Messina: riflessioni e perplessità
A giugno 2025 il Consiglio Comunale di Messina ha approvato, quasi all’unanimità, un ordine del giorno che impegna l’amministrazione a includere, tra le infrastrutture compensative del ponte, un Grande “Eco-Acquario” dello stretto. L’idea è quella di realizzare un Polo Scientifico Internazionale, all’interno di un’ampia area verde chiamata Parco Blu delle Sirene, situata nella strategica zona falcata di Messina con architetture ispirate alla biodiversità marina: forme evocative di stelle marine, ricci, meduse.  Siamo ancora lontanissimi dall’affidamento della progettazione esecutiva, eppure, i rendering naïf circolanti tradiscono già un aspetto un po’ vintage.  Un po’ lo stesso effetto che fa l’edificio del   Pala cultura della città, progettato dagli architetti D’Amore e Basile nel 1975, ma inaugurato solo nel 2010. D’altronde il fascino attrattivo degli acquari risale agli anni ’90: quello di Genova è stato inaugurato nel 1992, quello di Barcellona nel 1995, quello di Valencia nel 2002. Già in ritardo, nel 2009, arriva il concorso per quello di Reggio Calabria vinto da Zaha Hadid e non ancora realizzato.  Nel frattempo, qualcosa sarà pure cambiato.   Ma soffermiamoci sulla filosofia dell’Eco-Acquario”: perché anche quando ci troviamo nella fase di immaginare una “Visione” possibile per le nostre città non riusciamo ad abbandonare l’ottusa posizione antropocentrica? Dall’acquario progettato da Renzo Piano, le cose sono profondamente cambiate: oggi circa il 60 % degli stock ittici nel Mediterraneo sono ancora sovrasfruttati e circa il 75 % delle malattie infettive emergenti  come SARS, aviaria, suina, Ebola e persino COVID-19 derivano da spillover di virus da animali all’uomo, spesso da allevamenti intensivi o wet market. Gli allevamenti ittici sono ancora in fase di regolamentazione poiché spesso sono mal gestiti e provocano fonti di inquinamento, malattie e perdita di biodiversità. Il termine “eco acquario” può essere visto dunque come un paradosso, soprattutto se lo si guarda con una lente critica, antispecista e ambientalista. È un po’ lo stesso paradosso che sottende il concetto di “pesca sostenibile”: quale pesca può essere sostenibile? non esiste pesca sostenibile per chi viene ucciso! Soprattutto in una condizione di iper-sfruttamento dei nostri fondali.  Ci nascondiamo dietro il greenwashing, a volte anche ingenuamente perché la nostra cultura è fortemente intrisa di specismo. Ma proviamo a spezzare certe abitudini antropocentriche e fermiamoci a riflettere: davvero la cosa migliore che possiamo fare per valorizzare la biodiversità è progettare una prigione a forma di Riccio?  Quando impareremo che gli animali sono “soggetti di una vita” e non nostri strumenti che sia per intrattenimento o profitto? Anche L’approccio progettuale dovrebbe cambiare rotta e prendere consapevolezza della nostra contemporaneità adottando un approccio antispecista che riconosca in questo caso, la sensibilità dei pesci, il loro valore intrinseco e i limiti ecologici reali: -l’ambiente acquatico, infatti, è ancora più difficile da replicare rispetto alla terraferma: bisogna simulare corrente, pressione, stimoli sensoriali, temperatura e le interazioni sociali sono spesso completamente distorte; -i pesci sono tra gli animali più trascurati moralmente pur essendo scientificamente riconosciuti come senzienti. I pesci sono infatti le vittime numericamente più uccise al mondo: si stima tra 1.000 e 3.000 miliardi di pesci all’anno (pesca + allevamenti). Una delle motivazioni è che si tratta di una specie anatomicamente molto distante dagli esseri umani: non hanno zampe, peli, occhi espressivi, vocalizzazioni udibili o interazioni visive familiari e questo rende più facile l’oggettivazione per cui spesso non sono completamente inclusi nelle regolamentazioni sul maltrattamento o benessere animale. Per questo motivo vengono uccisi attraverso torture che non sono immaginabili su altre specie: asfissia lenta all’aria, congelamento da vivi, sventramento da vivi, pescati sportivamente e lasciati morire lentamente dopo un’agonia. Eppure, la maggior parte della gente non ha consapevolezza che ciò accade. Addirittura, molti vegetariani decidono di continuare a mangiarli. I pesci sono “muti” ma non perché non hanno voce ma perché siamo noi che ci rifiutiamo di ascoltare continuando a commettere ingiustizie ai loro danni; -molti animali marini muoiono durante la cattura e il trasporto prima ancora di arrivare negli acquari e anche quando vi arrivano gli acquari sono delle vere e proprie prigioni acquatiche dove gli animali muoiono lentamente per noia e stress. Tutto quanto elencato è un dato di fatto e non esistono approcci ecologici che possano compensare. Perché non immaginare, invece, un’alternativa all’acquario mantenendo gli obiettivi educativi, scientifici ed ecologici ma senza utilizzare animali in cattività? Perché non immaginare delle aree marine protette dove gli animali vivano liberi nel loro habitat, non disturbati da umani? Perché non immaginare delle esperienze sensoriali progettate attraverso la tecnologia (realtà aumentata, simulazione 3D)? Perché non immaginare dei santuari per proteggere davvero le specie in pericolo e la biodiversità? Perché non immaginare centri di formazione   e di educazione alla biologia marina ma anche all’empatia raccontando le storie di animali salvati e cooperando con ONG?  Chiudere un pesce in una vasca non è un gesto neutro: è l’espressione di un mondo che separa, riduce e domina. Ma nel mondo-tutto, ogni vita è legata alle altre. E finché ci ostiniamo a osservare la natura attraverso il vetro del possesso, continueremo a distruggere ciò che diciamo di preservare. Redazione Sicilia
Creare un Parco Nazionale dello Stretto di Messina
Si è tenuta ieri presso Casa Cariddi a Capo Peloro l’Assemblea della Rete di comunità di patrimonio del Territorio dello (per lo) stretto sostenibile. Il luogo in sé è già significativo perché nasce come presidio No Ponte. La rete si occupa di patrimonio e non può prescindere dall’affrontare la lotta contro il ponte perché il ponte non è sostenibile. Il Ponte diviene l’emblema di una narrazione coloniale poiché viene presentato come un’opera epocale, destinata a “modernizzare” e “collegare” il Sud al resto d’Italia e all’Europa. Secondo questa retorica il territorio considerato “arretrato” viene “salvato” o “integrato” grazie all’intervento di una forza esterna – in questo caso lo Stato centrale. Il Ponte è un Feticcio mediatico, una vetrina politica e un interesse economico scollegato dalle persone che dovrebbero beneficiarne. La Rete Sostenibile delle comunità di patrimonio del Territorio dello stretto è fatta proprio dalle stesse persone che vengono escluse da queste scelte e si presenta come un’alternativa a questa logica top-down: con la varietà delle realtà che vi appartengono ci mostra un sud perfettamente in grado di autodeterminarsi. Si discute così di “vertenza Sicilia-Calabria” che è la rivendicazione condivisa di un altro modello di sviluppo, contro le politiche estrattive e colonizzatrici del centro e si figura come una lotta collettiva per i diritti e le risorse del territorio. Si discute la possibilità di creare un Parco Nazionale dello Stretto che significherebbe riconoscere e proteggere uno dei territori più straordinari d’Italia, tra Sicilia e Calabria, dove si incontrano: ecosistemi terrestri e marini unici, paesaggi culturali millenari, corridori migratori per uccelli, biodiversità marina straordinaria (correnti, fondali, cetacei, coralli) che garantirebbe nuovi posti di lavoro secondo un modello turistico sostenibile. Si discute anche della candidatura del territorio dello stretto come Patrimonio Unesco: “Lo Stretto non è un corridoio da attraversare, ma un ecosistema da rispettare ed un paesaggio culturale avendo ispirato miti greci e letteratura. Può diventare Patrimonio dell’Umanità, perché è già patrimonio delle nostre comunità, della nostra memoria, delle nostre specie viventi.” Si è parlato poi dell’esperienza di due delle comunità di patrimonio che si sono costituite a Messina durante questo processo. La prima è la Comunità di Patrimonio “Paesaggio oltre Forte” che nasce nell’ambito di un progetto di Italia Nostra, Faro Minore, e si colloca al Forte San Jachiddu coinvolgendo anche altre realtà oltre ad Italia Nostra come l’Associazione Parco Ecologico San Jachiddu, Legambiente Messina, Il cantiere dell’Incanto, Lunaria e la Libreria Colapesce. Questa comunità nasce “per guardare lo Stretto non da lontano, come da un ponte sospeso, ma da dentro: dal margine, dal sentiero, dalla costa, dalla comunità. È uno sguardo laterale e profondo, che ricuce ciò che l’ingegneria vuole spezzare: il rapporto tra chi abita e ciò che è abitato” La seconda è la Comunità di Patrimonio “Al di qua del faro” che parla di un luogo liminare, marginale e al tempo stesso centrale nella memoria collettiva e nella geografia emotiva dello Stretto. Se ci aggiungiamo il tema della comunità che riscopre gli approdi storici, allora ci troviamo di fronte a una pratica di riappropriazione del territorio e della storia, capace di contrastare le retoriche dominanti della disconnessione, del ponte e della verticalità del potere. Ci si sposta poi a raccontare l’esperienza delle realtà attive in zona Sud: territorio che sta già per subire gli effetti delle presunte compensazioni del ponte come l’esproprio di Villa Pugliatti e l’agrumeto storico di tre ettari che la circonda. Si racconta l’esperienza del Comitato ex Sanderson che nasce per riattivare la memoria e lo spazio dell’ex stabilimento Sanderson di Messina – un luogo carico di storia sociale, economica e culturale, oggi in stato di abbandono. Altra esperienza ormai storica è quella di Corti di sera che fa rivivere ogni anno il bellissimo Borgo di Itala con un festival di cortometraggi a cui dall’anno scorso si è aggiunta anche l’esperienza di Accussì, Festival per gli occhi, che si tiene nella piazza san Nicola di Giampilieri. Una rete di comunità permeabile che si confronta e continuerà a dialogare per annodare tutti i nodi e rafforzare la maglia tessendo con cura una realtà che non solo resiste ma crea, non solo si oppone ma propone, non fa muro ma apre varchi.     Redazione Sicilia
Verso la ‘Rete dello Stretto Sostenibile’: nascono le prime comunità di patrimonio
Messina, la “comunità di patrimonio” è un concetto chiave previsto dalla Convenzione di Faro, uno strumento giuridico quadro del Consiglio d’Europa sul valore d’uso del patrimonio culturale per la società, firmata nella località portoghese nel 2005 e ratificata in Italia nel 2020. La Convenzione di Faro all’art. 2, lettera b, recita quanto segue: “Comunità di patrimonio indica un insieme di persone che attribuiscono valore a determinati aspetti del patrimonio culturale e che desiderano sostenerli, preservarli e trasmetterli alle generazioni future nell’ambito di un progetto pubblico”. Si tratta di un’idea che sposta il focus dal bene culturale in sé alle persone che lo vivono, lo riconoscono come significativo e se ne prendono cura. La comunità di patrimonio, dunque, è costituita da persone (non necessariamente enti istituzionali) che si riconoscono in uno o più elementi del patrimonio culturale ed ha una relazione attiva con quel patrimonio: lo valorizza come uso dal basso, ne diffonde la conoscenza, ne trasmette la memoria alle generazioni future, agisce in modo partecipativo e spesso dal basso (bottom-up) promuovendo la democratizzazione della cultura ed è partecipe di un progetto collettivo orientato al bene comune. La prima comunità di patrimonio dello Stretto nasce a Reggio nel settembre 2022 ed è formata da un gruppo di cittadini volontari che dal marzo 2021 si sono riconosciuti nella cura ambientale e culturale della scalinata monumentale di via Giudecca e delle aree limitrofe e che si sono costituiti in Associazione APS “Scalinata monumentale di via Giudecca”. La comunità si occupa della manutenzione e pulizia mensile della scalinata e del verde lungo via Giudecca, di educazione ambientale, coinvolgendo scuole e studenti,  della valorizzazione del territorio attraverso eventi culturali, passeggiate e laboratori e di celebrazioni stagionali e iniziative speciali per tutta la cittadinanza. Sulla sponda messinese la prima comunità di Patrimonio a nascere è “Paesaggio Oltre Forte”, un’iniziativa territoriale nata nell’ambito del progetto nazionale Minore. Un ‘Faro’ sul patrimonio culturale, promosso da Italia Nostra. La comunità è stata ufficialmente presentata alla cittadinanza l’8 giugno ed ha come obiettivo la valorizzazione del Forte San Jachiddu e del parco circostante coinvolgendo diverse realtà locali: Italia Nostra Messina, Associazione Parco Ecologico San Jachiddu, Cooperativa Lunaria, il Cantiere dell’Incanto , Legambiente Messina e la Libreria Colapesce. Lo scopo è quello di trasformare un luogo che nasce per scopi bellici in un Osservatorio sul Paesaggio e in un luogo di pace, condivisione e diffusione di buone pratiche. Le attività comprendono: la creazione di una biblioteca sul Paesaggio, eventi pubblici e comunitari, visite guidate, laboratori e mostre, coinvolgimento attivo delle scuole, laboratori di lettura per adulti e bambini. La comunità entra anche nella rete dei forti dello stretto promossa dal centro studi MedFort. Grazie ad un dialogo molto intenso e proficuo e alle  diverse assemblee tenutesi tra le due sponde, solo dopo qualche mese compaiono  sulla Piattaforma Ufficiale Faro Platform anche le comunità di Patrimonio “Di qua del faro” e “gli Amici di Mortelle” con lo scopo di valorizzare il paesaggio della Zona nord e  il patrimonio razionalista dell’Architettura Balneare di Mortelle. La Comunità di Patrimonio “Di qua dal Faro” prende il nome da un libro di Vincenzo Consolo e nasce dall’Associazione “Messina. La città dello Stretto”, espressione dell’impegno civico profuso in questi anni dal Comitato popolare No Ponte Capo Peloro, in difesa dei beni ambientali e culturali dell’area dello Stretto e viene ufficialmente presentata alla cittadinanza il 14 giugno.  La Comunità si riconosce nella tutela e valorizzazione del carattere “marinaro” delle aree urbane costiere, dal litorale tirrenico a quello ionico, da Capo Peloro al porto falcato di San Raineri.  Vuole far riscoprire il waterfront storico e la stretta relazione che da millenni lega lo sviluppo urbano con le necessità marittime: il traghettamento, i collegamenti mediterranei, le attività di pesca. Per far questo, la Comunità intende rendere evidenti i segni ancora esistenti di questa stretta connessione tra la Città ed il suo Stretto: sia i beni monumentali, sia quelli immateriali. . La Comunità ha avviato una serie di passeggiate “alla scoperta degli antichi approdi di Messina”, in sinergia con le scuole, con le altre associazioni, Comunità di Patrimonio e con gli enti locali. A tale scopo  La Comunità di Patrimonio “Gli amici di Mortelle” nasce dall’omonima associazione di cittadini residenti in questa località di balneazione, posta nella periferia di Messina, lungo il litorale tirrenico che si sviluppa a partire da Capo Peloro. Essa intende proteggere e far conoscere i valori ambientali e culturali del sito di Mortelle, promuovendo la consapevolezza degli abitanti e dei numerosi fruitori estivi riguardo le peculiarità di questo territorio e la sua relazione con la geografia e la storia dello Stretto.   Questa forza centrifuga non si arresta ed anche grazie al supporto dell’Associazione dei Territorialisti, che da anni lavora in questa direzione, coinvolge sempre più realtà e  La Rete dello stretto sostenibile viene ufficialmente presentata all’Università di Reggio Calabria il 15 aprile 2025. Le reti , sempre secondo la Convenzione di Faro, sono forme di coordinamento fra più comunità di patrimonio e in questo caso gli obiettivi  comuni sono quelli  di: valorizzare l’uso e salvaguardare il patrimonio culturale, naturale e paesaggistico dello Stretto; promuovere la partecipazione attiva e la tutela democratica del territorio secondo la Convenzione di Faro; favorire la fruizione sostenibile dello Stretto attraverso la collaborazione tra associazioni e comuni. Al momento vi aderiscono informalmente oltre 60 soggetti, tra associazioni, enti e gruppi, attivi in settori quali turismo sostenibile, agricoltura ecologica, mobilità dolce, energie rinnovabili e recupero dei borghi con lo scopo di lavorare sinergicamente e trasformarsi presto in comunità di patrimonio: giorno 30 giugno a Torre Faro si terrà un’assemblea pubblica per chiunque volesse aderire al progetto. Gli obiettivi futuri della rete oltre all’attivazione di nuove comunità di patrimonio per creare una mappa di nodi sempre più fitta prevedono: -attivazione di gruppi di lavoro tecnico (UNESCO, parco nazionale, turismo sostenibile) -eventi locali e laboratori partecipativi -coordinamento tra le sponde per progetti integrati su ecologia, cultura e sviluppo Si tratta di un modello innovativo di governance territoriale, dove la tutela del patrimonio nasce dal basso. Mette insieme competenze e identità diverse (agricoltura, ambiente, cultura, turismo) in un progetto unitario e sostenibile. Si pone come avanguardia civica per il futuro del territorio dello Stretto: dallo sviluppo economico responsabile al rafforzamento della coesione sociale e culturale. Questo processo in atto rende evidente un patrimonio culturale vivace ed una comunità attenta alle esigenze del proprio territorio di cui desidera prendersene cura, un Sud che sa autodeterminarsi e ci dimostra una narrazione completamente differente rispetto a quella che asseconda la logica coloniale delle grandi opere. Redazione Sicilia
Ponte sullo Stretto di Messina: Salvini accelera, gli scienziati frenano, DIA e ANAC ammoniscono,… gli imprenditori fremono
Il 30 maggio Matteo Salvini ha radunato a Messina amministratori pubblici e imprenditori insieme ai rappresentanti di associazioni di categoria e sindacati e ad alcuni del mondo scientifico annunciando l’inizio dei lavori. Il 9 giugno il presidente dell’ANAC ha avvertito i parlamentari dei rischi, non ipotetici, che la criminalità organizzata si infiltri nella costruzione della mega-struttura e che i costi della sua realizzazione non vengano approvati All’assemblea intitolata PONTE SULLO STRETTO DI MESSINA. INCONTRO CON ASSOCIAZIONI PRODUTTIVE E SINDACATI svolta alla Prefettura di Messina e da lui indetta e presieduta nel duplice ruolo di vice-premier e di ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Matteo Salvini ha presentato il progetto per la costruzione del ponte sullo stretto di Messina ed enfaticamente dichiarato che la ‘grande opera’ potrà cominciare a venire realizzata nell’autunno prossimo, prima della fine di settembre 2025. L’annuncio ha suscitato molto entusiasmo tra gli imprenditori e qualche perplessità tra i professionisti esperti di geodinamica, geotecnica, geofisica e ingegneria strutturale e ambientale. Dopo aver esposto aspetti legati ai movimenti della crosta terrestre, sia quelli lenti, ovvero bradisismi, che quelli improvvisi, cioè sismi, o terremoti, Carlo Doglioni, presidente dell’INGV – Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia dal 2016 fino al febbraio scorso) ha evidenziato che molte di tutte le criticità del progetto originario sono state corrette con delle modifiche, ma se tali cambiamenti siano efficaci e sufficienti a garantire la sicurezza della struttura e, quindi, permetterne la costruzione, non è ancora certo. In effetti il progetto presentato da Matteo Salvini nell’occasione ha già superato un esame, quello della VIA  – Valutazione di Impatto Ambientale del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, e ora è al vaglio del CIPESS  – Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica e lo Sviluppo Sostenibile diretto dalla premier Giorgia Meloni. Sull’esito di tale valutazione – atteso per fine giugno o ai primi di luglio, e abbastanza scontato – incombe l’effetto della lettera inviata dalla CGIL alla Commissaria Europea per l’Ambiente, Jessika Roswall per informarla delle “gravi criticità tecniche, ambientali, normative e sociali connesse all’iter di approvazione del progetto relativo al Collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria, recentemente trasmesso alla Commissione mediante la relazione IROPI (Indicatori di Rilevanza di Obiettivi di Prevalente Interesse Pubblico) approvata dal Consiglio dei Ministri”. All’incontro con Salvini, il 30 maggio l’Ordine Regionale Geologi Sicilia ha ricordato che gli scienziati si erano espressi nel 2023, ai due convegni svolti uno a Reggio Calabria e uno a Messina, esaminando nei dettagli ogni questione riguardante alla realizzazione del ponte e valutando che la sua costruzione implica affrontare, pur non riuscendo a risolvere, le molteplici e complicate problematiche evidenziate dalla sismica, dall’idrogeologia e dalla geotecnica. In un’intervista a IL GIORNALE DELL’AMBIENTE il presidente dell’ordine professionale dei geologi siciliani, Paolo Mozzicato, ha dichiarato: “ci siamo tirati fuori dalla polemica ponte sì, ponte no. Gli obiettivi li fissa la politica. Su questo noi siamo stati chiari sin dall’inizio proprio per evitare strumentalizzazioni; per una questione di deontologia e di rispetto dei ruoli”. Ricordando che nel 1908 un terremoto di magnitudo 7,1-7,2 della scala Richter distrusse quasi totalmente Reggio Calabria e Messina, causando 80 mila morti, il direttore della rivista specializzata in questioni ambientali ha chiesto a Paolo Mozzicato se il ripetersi di eventi simili sia probabile e, sebbene non prevedibile riguardo al quando, valutato una possibilità molto concreta e di cui tener conto nella costruzione del ponte sullo stretto di Messina. Paolo Mozzicato ha risposto citando un’osservazione del geologo e geofisico suo predecessore alla presidenza dell’Ordine Regionale dei Geologi di Sicilia, «Mauro Corrao disse “mi preoccuperei più della sicurezza delle città che del ponte tra loro”», e testimoniando: «Sono originario di Ispica, un paese del ragusano, dove ricordiamo il terremoto del 1693 come se fosse accaduto ieri. È stato un disastro. La sua magnitudo era di 7,4-7,5 gradi della scala Richter, come il prossimo che si aspetta». Dal direttore de IL GIORNALE DELL’AMBIENTE sollecitato a esprimersi in merito all’opinione, favorevole, espressa da Mario Tozzi, un ricercatore del CNR e noto divulgatore, Paolo Mozzicato ha commentato che è una posizione “più politica che scientifica” e valutato tale intervento un parere personale “sull’opportunità politica di realizzarlo o non realizzarlo, e non sulla fattibilità dell’opera”. Che le coste dello stretto di Messina siano molto insidiose è risaputo fin dall’antichità. L’Odissea descrive le due sponde raffigurandole come Scilla “che lacera” e Cariddi “che inghiotte”, le mostruose creature “appostate a entrambi i lati dello stretto, di cui sono implacabili guardiane, Scilla in terra calabra, in corrispondenza del promontorio Scilleo, Cariddi a distanza di un dardo, in terra sicula” [STORICA – NATIONAL GEOGRAPHIC]. Le criticità ambientali che incombono sulla costruzione di un ponte tra Scilla e Cariddi, una grande opera colossale come gli edifici eretti dagli antichi romani, esperti proprio anche nella costruzione di ponti, invece sono note da tempo perché ampliamente descritte nella letteratura scientifica, spiega il geologo Alfredo Frixa, interpellato da PRESSENZA per capire quali siano i problemi affrontati dai progettisti: > Secondo i massimi esperti favorevoli al progetto le numerose e complesse > problematiche possono essere superate, probabilmente, solo da sofisticate e > accorte tecniche ingegneristiche, legate alla costruzione del ponte e > all’ancoraggio delle sue due torri ai lati dello stretto. > > Lo stretto di Messina è una valle tettonica sottomarina, in geologia detta > graben, bordata da faglie distensive importanti, create dall’allontanamento > della Sicilia dalla Calabria, tuttora in atto e in 10 anni aumentato di circa > 10 cm. > > Inoltre la zona siciliana si muove verso Nord mentre quella calabrese verso > Nord-Est e nel frattempo entrambe si sollevavo, ma in 10 anni a Scilla si è > alzata di 1,5 cm e invece a Ganzirri di 0,5 cm, quindi la costa siciliana meno > di un terzo di quella calabrese. > > E ci sono anche scorrimenti lungo faglia di 0,4-1,1 mm/anno. > > Tutti questi movimenti tettonici accumulano le tensioni e gli attriti lungo le > zone di faglia che provocano terremoti, devastanti, come in passato a Messina > e Reggio Calabria e nella valle di Noto. > > L’intensità dei venti, che spesso soffiano ‘furiosamente’ in questa zona, è un > parametro impattante su un ponte con una campata unica di 3˙300 mt, una > lunghezza molto maggiore rispetto a quella di 1˙991 mt del ponte giapponese > Akashi Kaikyo, la più lunga del mondo. > > Nello stretto di Messina confluiscono due mari, il Tirreno e lo Ionio, che > hanno salinità e quote diverse, per cui quando uno è in alta marea l’altro è > in bassa marea. > > A questi fenomeni consegue che le acque dello stretto siano particolarmente > ‘agitate’ da forti correnti e vortici. > > Dal punto di vista ambientale si ritiene che il differente livello di salinità > dei due mari e il continuo ricambio d’acqua tra loro siano le condizioni che > nell’area favoriscono la coesistenza di diversificate flore e faune marine. Il Coordinamento NO PONTE SICILIA E CALABRIA ritiene che, oltre a togliere risorse finanziarie con cui intervenire a risolvere molte problematiche, tra cui il dissesto delle reti stradale, autostradale e ferroviaria, la costruzione del ponte sullo stretto di Messina sia un “azzardo tecnico” la cui realizzazione provocherebbe un impatto devastante, e non compensabile, su “zone di interesse comunitario e su habitat e specie naturali prioritari non è compensabile” e “rappresenta più una minaccia che una opportunità per lo sviluppo sostenibile della Sicilia, della Calabria e del Meridione” [PRESSENZA – 17 marzo 2025]. Sulla messa in opera del progetto due esperti di corruzione e criminalità organizzata sono intervenuti in questi giorni: il direttore della DIA / Direzione Investigativa Antimafia di Catanzaro, Beniamino Fazio ha ammonito che questa grande opera “Attira gli appetiti di tutti i livelli della ‘ndrangheta” e il presidente dell’ANAC / Autorità Nazionale Anti-Corruzione, Giuseppe Busia all’audizione alla Camera sul Decreto Legge “Infrastrutture” (n.73 -21/5/2025), il cui articolo 1 è dedicato al ponte sullo stretto di Messina, ha avvertito che la mancanza della pianificazione esecutiva dei lavori impedisce una visione chiara della loro concreta realizzazione e dei loro costi, su cui la normativa UE non consente variazioni superiori al 50% rispetto al valore iniziale di gara, e ha ribadito la necessità di aumentare il monitoraggio dei cantieri e i controlli delle imprese in subappalto, dove più spesso si annidano le infiltrazioni mafiose [Ponte sullo Stretto, i dubbi dell’ANAC – Annalisa Cangemi, FANPAGE / 9 GIUGNO 2025]. La realizzazione del progetto invece è sostenuta con esuberanza soprattutto dagli imprenditori aggregati nella Rete civica per le infrastrutture nel Mezzogiorno, il cui presidente, Fernando Rizzo, ha definito “abnorme” il monito del presidente dell’ANAC, proclamato che il ponte porterà “benefici di gran lunga superiori ai disagi” e affermato che chi lo nega sbaglia, perché ragiona “come il soldato di Popper, il quale si accorse con meraviglia che tutto il resto del plotone marciava fuori tempo, tranne lui…”… appunto! La ‘truppa’ che, anziché al ritmo rigorosamente scandito dalle tempistiche scientifiche, procede al passo convulso delle frenesie politiche, si sta cimentando in un’impresa molto ambiziosa. Il direttore de IL GIORNALE DELL’AMBIENTE, Gianni Avvantaggiato, ne accentua la caratteristica di “sfida ingegneristica senza precedenti in Europa” evidenziando che “il sogno del collegamento stabile tra Sicilia e continente si scontra con i limiti imposti dalla natura e dalla scienza” perché è “un’opera colossale in un’area ad altissimo rischio geologico”. Proverbialmente, le catastrofiste predizioni degli ambientalisti, i prudenti avvertimenti degli scienziati e i timorosi sospetti degli investigatori si infrangono, e frantumano, sugli scogli dello stretto di Messina, mentre l’esaltante prospettiva di costruire un ponte da record affascina chi nella sua costruzione vede realizzarsi un’opportunità conveniente e chi vi ha intravvisto l’occasione di una rivincita. Infatti, l’attraente promessa dei suoi vantaggi sposta la loro attenzione e, sognando il favoloso ponte proteso tra il passato e il futuro, un’intera generazione di italiani dimentica l’incubo che nel presente tormenta la classe dirigente: il prezzo che i cittadini stanno pagando per il concreto, e davvero gigantesco, colossale e madornale fallimento della TAV Torino-Lione *.   PONTE SULLO STRETTO * VALUTAZIONI GEOLOGICHE E SFIDE SISMICHE  – Gianni Avvantaggiato, IL GIORNALE DELL’AMBIENTE / 6 GIUGNO 2025 * NIENTE APPROVAZIONE IN DEROGA – Coordinamento No Ponte Sicilia e Calabria, PRESSENZA / 17 MARZO 2025 *  TAV TORINO-LIONE * AVANTI TUTTA, ANZI NO. Il punto sui lavori e sui costi. Se ne parla da oltre trent’anni e a oggi si è scavato qualche decina di chilometri  – Cecilia Caciotto, VALORI / 20 MAGGIO 2025 * TRA RITARDI E PROCLAMI, A CHE PUNTO SIAMO DAVVERO. I lavori veri e propri non sono mai iniziati. E basterebbe ammodernare la linea esistente. Intervista all’ingegnere Alberto Poggio. – Maurizio Bongioanni, LIFEGATE / 16 MAGGIO 2024 Maddalena Brunasti
Contro la città cantiere e il mito delle grandi opere
𝑼𝒏𝒂 𝒄𝒉𝒊𝒂𝒎𝒂𝒕𝒂 𝒅𝒂𝒍𝒍𝒐 𝑺𝒕𝒓𝒆𝒕𝒕𝒐 𝒂 𝒊𝒏𝒕𝒓𝒆𝒄𝒄𝒊𝒂𝒓𝒆 𝒗𝒐𝒄𝒊, 𝒓𝒆𝒔𝒊𝒔𝒕𝒆𝒏𝒛𝒆 𝒆 𝒊𝒎𝒎𝒂𝒈𝒊𝒏𝒂𝒓𝒊 Ci sono progetti che non si misurano solo in chilometri di cemento, in tonnellate d’acciaio e in cavilli ingegneristici. Progetti che dall’alto piombano sulla vita delle persone imponendo devastazione, macerie e profitto per pochi. Il Ponte sullo Stretto è l’emblema di una visione del mondo secondo cui tutto è merce di scambio da cui trarre profitto – il paesaggio, l’aria, la terra e la stessa vita umana. L’ingranaggio di un sistema che accentra le decisioni imponendo cantieri infiniti, aree militarizzate e zone interdette che divorano il futuro. Una eterna incompiuta che vorrebbero imporci come destino. C’è però un’altra storia che possiamo scrivere insieme. Quella di chi si libera dal mito di un progresso onnivoro e illimitato, spacciato come cura. La storia di chi abita e conosce questo Stretto non come uno spazio da colonizzare, ma come un territorio attraversato da bisogni a cui dare risposta. Come non pensare al gravissimo dissesto idrogeologico, al collasso della sanità pubblica, ad un sistema di trasporti datato e fatiscente? I territori non sono pagine bianche su cui imprimere decisioni dall’alto. Sono spazi vissuti, intrecci di relazioni, memorie, possibilità. Per questo chiamiamo singoli, collettivi, associazioni, realtà organizzate e movimenti, dallo Stretto e oltre, a unirsi in una due giorni di confronto, intreccio di voci e resistenze. Un momento per dare corpo, gambe e cuore a immaginari diversi, per costruire spazi di discussione aperti, per radicare le nostre lotte in visioni collettive. Questa iniziativa si inserisce in un percorso di lotta e confronto che ha già preso forma nell’iniziativa “LA CITTÀ CANTIERE”, organizzata a marzo dello scorso anno al Forte San Jachiddu. In quella occasione abbiamo riflettuto insieme sulla devastazione che si profila all’orizzonte e sulle forme di lotta necessarie a contrastarla. Oggi, con questa nuova chiamata, vogliamo rafforzare quel cammino, consolidare le connessioni già avviate e aprire nuovi spazi di confronto e azione condivisa. Sappiamo che il Ponte sullo Stretto non è un caso isolato, ma parte di un modello che si ripete ovunque: dalla TAV in Val di Susa, passando per le devastazioni ambientali in nome della transizione energetica, fino alle speculazioni legate alle grandi infrastrutture inutili e dannose. Questo progetto è figlio di una governance che impone decisioni dall’alto, sottrae voce alle comunità e trasforma i territori in merce. Per questo, pensiamo sia fondamentale ritrovarci e intrecciare esperienze. Vogliamo fermarci, guardarci negli occhi e chiederci: come smontare l’idea di sviluppo che ci viene imposta? Come opporci alla città cantiere che si profila all’orizzonte? Come tessere insieme un’alternativa che non sia solo difesa, ma possibilità di futuro? 𝐓𝐀𝐕𝐎𝐋𝐈 𝐓𝐄𝐌𝐀𝐓𝐈𝐂𝐈: 𝐓𝐞𝐫𝐫𝐢𝐭𝐨𝐫𝐢 𝐞 𝐥𝐨𝐠𝐢𝐜𝐚 𝐞𝐬𝐭𝐫𝐚𝐭𝐭𝐢𝐯𝐚 – contro il mito delle Grandi Opere immaginare altri modi di vivere i territori O𝐥𝐭𝐫𝐞 𝐢𝐥 𝐩𝐫𝐨𝐠𝐫𝐞𝐬𝐬𝐨 𝐢𝐦𝐩𝐨𝐬𝐭𝐨 – Resistere alla devastazione, riappropriarsi delle scelte, reinventare economie di misura 𝐋𝐚 𝐜𝐢𝐭𝐭𝐚’ 𝐜𝐚𝐧𝐭𝐢𝐞𝐫𝐞 – Militarizzazione, espropri, speculazione: come organizzarci per contrastare l’assedio? 𝐏𝐫𝐚𝐭𝐢𝐜𝐡𝐞 𝐝𝐢 𝐫𝐞𝐬𝐢𝐬𝐭𝐞𝐧𝐳𝐚 – Esperienze di lotta, conflitti territoriali, intrecci di voci e percorsi condivisi difronte alla criminalizzazione dei movimenti Non solo per fermare il Ponte, ma per costruire insieme ciò che verrà. (Evento organizzato da Assemblea No Ponte, uno spazio di incontro tra singoli, collettivi e associazioni che da febbraio 2025 si riunisce in maniera orizzontale per confrontarsi e coordinarsi su analisi e prospettive della lotta per preservare lo Stretto) Al  link qui sotto è possibile aderire e prenotare pernottamento e pasti della due giorni che si terrà al forte S. Jachiddu il 17 e 18 maggio 2025. Per il pernottamento siamo in contatto con una serie di b&b sparsi per la città (prezzo tra le 20 e le 25 euro a notte). Per i pasti ci auto-organizzeremo direttamente al forte, prevedendo un menù semplice e con opzione veg. https://cryptpad.fr/form/   Redazione Sicilia