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La nave Humanity 1 trattenuta nel porto di Ortona dopo aver soccorso 160 persone
Dopo lo sbarco di 85 persone lunedì 1° dicembre, tra cui vari minori non accompagnati, la nave di soccorso Humanity 1, gestita dall’organizzazione di ricerca e soccorso SOS Humanity, è stata temporaneamente trattenuta nel porto di Ortona, in Italia, martedì 2 dicembre 2025. In totale, la scorsa settimana l’equipaggio della Humanity 1 ha soccorso 160 persone in pericolo in mare in due operazioni. Il fermo provvisorio è stato ordinato dalle autorità italiane per indagare se la Humanity 1 abbia violato la legge Piantedosi per non aver comunicato con il Centro di coordinamento dei soccorsi libico. L’equipaggio della Humanity 1 ha operato in ogni momento in conformità con il diritto marittimo internazionale, informando le autorità di ricerca e soccorso competenti e seguendo il proprio obbligo di assistere le persone in pericolo. Come parte della più grande alleanza di organizzazioni di ricerca e soccorso esistente ad oggi, la Justice Fleet Alliance, SOS Humanity ha deliberatamente sospeso le comunicazioni operative con il Centro di coordinamento libico per il soccorso, poiché la cosiddetta Guardia Costiera libica non può essere considerata un attore legittimo nel campo della ricerca e del soccorso, come confermato quest’anno dal Tribunale di Catanzaro. “Questo fermo provvisorio della Humanity 1 è incompatibile con il diritto internazionale”, critica Marie Michel, esperta politica di SOS Humanity. “La cosiddetta Guardia Costiera libica, coordinata dal Centro di coordinamento libico, è responsabile di gravi violazioni dei diritti umani sia in mare che in Libia. Rifiutarsi di comunicare con gli attori responsabili di tali crimini è l’unico modo per difendere i principi del diritto marittimo e dei diritti umani. E mentre questi attori non vengono ritenuti responsabili, ma sono sostenuti dall’Unione Europea e dai suoi Stati membri, la nostra nave di soccorso viene trattenuta in porto e le si impedisce di operare soccorsi di emergenza. E’ evidente che il numero crescente di detenzioni di navi umanitarie riduce la capacità di soccorso e porta a un aumento delle morti in mare”. Questa è la terza volta che la Humanity 1 viene trattenuta in porto in base alla legge Piantedosi e la prima detenzione provvisoria basata sulla richiesta di coordinamento con le autorità libiche dal lancio dell’alleanza Justice Fleet. L’alleanza mira a difendere i diritti umani e il diritto internazionale, proteggere il lavoro umanitario in mare e creare pressione pubblica per un cambiamento politico. L’ordine di detenzione provvisoria è stato emesso dal Ministero dell’Interno italiano, dalla Guardia di Finanza e dal Ministero dei Trasporti. La Humanity 1 non può lasciare il porto fino a quando il Prefetto non avrà indagato sulle accuse. Il rapporto di soccorso, comprese le comunicazioni dettagliate con le autorità, è disponibile qui. L’ordine di fermo è disponibile qui: https://mediahub.ai/en/share/album/ec3d61f0-a70c-4989-9339-bf2b06590610   Redazione Italia
Maltempo, SOS Humanity chiede invano un porto più vicino per lo sbarco delle 85 persone soccorse
Dopo aver soccorso 85 persone in pericolo in mare mercoledì, la nave di ricerca e soccorso Humanity 1 è attualmente costretta a ripararsi nel Golfo di Taranto a causa del maltempo in peggioramento mentre era in rotta verso il lontano porto di Ortona, che era stato assegnato dalle autorità italiane come porto sicuro. Ortona dista più di 1.300 chilometri dal luogo del salvataggio e l’attuale ritardo prolungherà ulteriormente il tempo che i sopravvissuti dovranno trascorrere a bordo, nonostante le loro condizioni fisiche e mentali già compromesse. “Questa lunga traversata è inutile e pericolosa per la salute fisica e mentale delle persone che abbiamo a bordo”, afferma Stefania, responsabile della protezione a bordo. “Abbiamo diversi casi di scabbia, infezioni respiratorie, febbre alta, dolori muscolari, malattie parassitarie e alcuni stanno ricevendo un trattamento antibiotico. I sopravvissuti sono partiti dalla Libia, dove alcuni ci hanno già rivelato di aver subito torture”. “Nonostante SOS Humanity abbia ripetutamente chiesto l’assegnazione di un porto vicino per lo sbarco in sicurezza delle 85 persone che abbiamo soccorso tre giorni fa, il Centro di coordinamento marittimo di Roma (MRCC) continua a rifiutarlo“ afferma Sofia Bifulco, coordinatrice della comunicazione a bordo della Humanity 1. “Il diritto internazionale prescrive in modo inequivocabile che i sopravvissuti in pericolo in mare debbano essere sbarcati senza indugio, e davanti a noi ci sono porti a poche ore di navigazione. Anziché esporre persone vulnerabili alle intemperie e prolungare le loro sofferenze per quasi sette giorni di transito inutile, deve essere loro concesso il diritto di sbarcare il più rapidamente possibile”.   Redazione Italia
Sentenza definitiva della Corte d’Appello di Catanzaro: il fermo della nave di soccorso Humanity 1 era illegale e la Libia non è un Paese sicuro
SOS Humanity ha vinto la sua prima causa contro il governo italiano nel contesto di decine di fermi illegali e arbitrari di navi di ricerca e soccorso non governative. Una corte d’appello ha ribadito la storica sentenza del Tribunale di Crotone del giugno 2024, chiarendo che la cosiddetta Guardia Costiera libica, finanziata dall’UE, non può essere considerata un soggetto legittimo di ricerca e soccorso nel Mediterraneo. Inoltre, la sentenza ha confermato che SOS Humanity ha agito in conformità con il diritto internazionale nello svolgimento delle sue operazioni di ricerca e soccorso e che il fermo della sua nave di soccorso è stato illegale. SOS Humanity sta ora chiedendo un risarcimento al governo italiano. Nel giugno 2025, la Corte d’Appello di Catanzaro ha respinto un ricorso presentato dal governo italiano contro una sentenza del 2024 del Tribunale di Crotone, che aveva dichiarato illegittimo il fermo della nave di soccorso Humanity 1 nel marzo 2024 e stabilito che la cosiddetta Guardia Costiera libica non può essere considerata un soggetto legittimo di ricerca e soccorso (SAR).  Inoltre, ha confermato che la Libia non può essere considerata un luogo sicuro per i rifugiati e che SOS Humanity ha agito in conformità con il diritto marittimo internazionale in ogni momento. I ricorrenti – i Ministeri italiani dell’Interno, dei Trasporti e delle Finanze – hanno deciso di non impugnare questa sentenza, mentre SOS Humanity chiede un risarcimento per i danni finanziari causati dal sequestro illegale della sua nave di soccorso. Contesto: fermo della Humanity 1 nel 2024 e conseguente azione legale Nel marzo 2024, dopo aver soccorso 77 persone in pericolo in mare, la nave di soccorso Humanity 1 di SOS Humanity era stata fermata dal governo italiano con l’accusa di aver ignorato le istruzioni delle autorità libiche e di aver messo in pericolo vite umane. L’organizzazione di ricerca e soccorso (SAR) ha presentato con successo ricorso contro la decisione in un procedimento accelerato presso il Tribunale civile di Crotone, che ha dichiarato illegale il fermo della nave di soccorso Humanity 1 e ne ha ordinato l’immediato rilascio. Nel giugno 2024, il tribunale civile ha confermato e motivato la sua sentenza sottolineando che la cosiddetta Guardia Costiera libica non può essere considerata un attore SAR legittimo nel Mediterraneo. Ha inoltre chiarito che le istruzioni illegali della cosiddetta Guardia Costiera libica non devono essere seguite. Nel giugno 2025, il ricorso del governo italiano contro questa decisione è stato respinto dalla Corte d’Appello di Catanzaro, confermando la posizione di SOS Humanity circa l’illegittimità della cosiddetta Guardia Costiera libica e la pratica illegale di trattenere le navi di soccorso. Da anni la cosiddetta Guardia Costiera Libica è finanziata e equipaggiata dall’Unione Europea e dai suoi Stati membri per intercettare i migranti nel Mediterraneo centrale e riportarli in Libia, nonostante gli abusi ampiamente documentati contro migranti e rifugiati che, secondo le Nazioni Unite, costituiscono crimini contro l’umanità. Pertanto, secondo il diritto internazionale, la Libia non può essere considerata un luogo sicuro per le persone salvate dal pericolo in mare. La sentenza definitiva della Corte d’Appello di Catanzaro è disponibile qui.   Redazione Italia
3 Ottobre 2013 – 3 Ottobre 2025 si continua a morire in mare
04.10.2025. Nell’anniversario del drammatico naufragio al largo di Lampedusa 12 anni fa, continuano a morire persone in fuga attraverso il Mediterraneo: ieri SOS Humanity ha salvato 41 persone in pericolo in mare, ma i sopravvissuti riferiscono che 7 persone sono cadute in mare. Durante la notte, altre due persone sono decedute a bordo della Humanity 1. La maggior parte dei sopravvissuti sono profughi di guerra provenienti dal Sudan.  Dopo un difficile salvataggio venerdì pomeriggio a sud-est di Lampedusa e una notte drammatica con ora 2 salme a bordo, l’equipaggio della nave di soccorso Humanity 1 si dirige ora verso Porto Empedocle come porto di sbarco. Le autorità italiane avevano inizialmente assegnato loro Bari, più a nord in Italia, a 1.000 chilometri di distanza, per portare a terra i restanti 34 sopravvissuti. Considerate le cattive condizioni meteorologiche e la situazione medica critica a bordo, con persone deboli salvate dal mare, tra cui diversi minori, l’assegnazione di un porto lontano a nord in Italia non solo era una violazione del diritto marittimo, ma anche disumana. Nel pomeriggio del 3 ottobre 2025, l’equipaggio dell’organizzazione di ricerca e soccorso SOS Humanity aveva avvistato, nelle immediate vicinanze della nave di soccorso Humanity 1, un gommone grigio sovraffollato, non idoneo alla navigazione e incapace di manovrare. Si trovava nella zona di soccorso maltese a sud-est dell’isola italiana di Lampedusa. Le persone a bordo erano già in mare da almeno 4 giorni, senza mezzi di soccorso e senza provviste sufficienti. I sopravvissuti riferiscono che almeno 7 persone erano cadute in mare dal gommone e annegate. Quando Humanity 1 ha trovato l’imbarcazione, le condizioni meteorologiche erano pericolose, con onde alte fino a 3 metri e venti forti, rendendo particolarmente difficile per l’equipaggio condurre l’operazione di soccorso.  L’equipaggio di Humanity 1 ha portato a bordo un totale di 41 persone. Diverse persone erano incoscienti quando sono state portate a bordo, molte riuscivano a malapena a stare in piedi o a camminare, e tutte erano disidratate, ipotermiche ed estremamente esauste. Una madre e un bambino hanno riportato gravi ustioni causate dalla miscela di benzina e acqua salata presente nel gommone. La serata e la notte sono state caratterizzate da misure di emergenza. Una persona ha dovuto essere rianimata dopo il soccorso, ma è deceduta nel corso della notte. I tentativi di evacuazione di emergenza in elicottero sono falliti a causa delle condizioni meteorologiche. Un’altra persona è collassata a bordo e, nonostante le misure mediche di emergenza, non è stato possibile salvarla. Solo al terzo tentativo, nelle prime ore del mattino, la Guardia Costiera italiana è riuscita a evacuare 5 persone direttamente al largo di Lampedusa, tra cui la madre e il bambino. Ciò nonostante, le autorità italiane non hanno permesso ai 34 sopravvissuti rimasti a bordo della Humanity di sbarcare a Lampedusa, come previsto dal diritto marittimo internazionale. Solo dopo diverse richieste da parte dell’equipaggio della Humanity 1, il porto di Bari, molto lontano, è stato cambiato con quello di Porto Empedocle in Sicilia. Come ieri, dodici anni fa, al largo di Lampedusa si è verificato un immane naufragio in cui hanno perso la vita centinaia di persone che attraversavano il Mediterraneo in fuga. Le foto delle lunghe file di bare hanno suscitato grande indignazione all’epoca. I politici si sono recati a Lampedusa e l’UE ha promesso di porre rimedio alla situazione. Oggi, in media tre persone continuano a morire ogni giorno sulla rotta di fuga del Mediterraneo centrale ma non esiste un programma di soccorso in mare coordinato a livello europeo, nonostante la ricerca e il soccorso siano un obbligo degli Stati ai sensi del diritto internazionale. Al contrario, le organizzazioni civili come SOS Humanity sono gli unici attori nella maggior parte del Mediterraneo centrale che svolgono attività di ricerca e soccorso in conformità con il diritto internazionale e cercano di colmare il drammatico vuoto dei soccorsi al largo delle coste europee. Le foto del salvataggio e una dichiarazione video (in inglese e italiano, da scaricare per la riproduzione) a bordo della Humanity 1 sono disponibili per uso esclusivamente editoriale al seguente link: Sharing – Album – teamnext | Media Hub Flore Murard Press Officer for Italy M +49 (0) 17687731615/ + 39 3485268700 f.murard@sos-humanity.org Humanity 2: Gemeinsam Segel setzen für mehr Menschlichkeit Humanity 2: Setting sail for more humanity together Humanity 2: Salpare insieme per più umanità Redazione Italia
Humanity 2, una nuova barca a vela per la ricerca e soccorso nel Mediterraneo
Con la barca a vela Humanity 2, l’organizzazione di ricerca e soccorso SOS Humanity, attiva da dieci anni, sta portando una seconda nave di soccorso nel Mediterraneo centrale. La barca a vela, lunga circa 24 metri, è attualmente in fase di acquisto da parte di SOS Humanity e sarà poi convertita. A partire dalla metà del 2026, la Humanity 2 colmerà un gap letale al largo delle coste tunisine come nave di soccorso e di monitoraggio. “Le rotte migratorie nel Mediterraneo stanno diventando sempre più pericolose perché l’UE paga i Paesi terzi per intercettare i rifugiati. Invece di salvare vite umane, l’Europa si sta isolando a tutti i costi e rendendo il Mediterraneo ancora più letale”, afferma Till Rummenhohl, amministratore delegato di SOS Humanity. “Nella zona marittima al largo della Tunisia si è creato un vuoto di operazioni di soccorso che mette a rischio la vita delle persone ed è caratterizzato da violazioni sistematiche dei diritti umani da parte della Guardia Costiera tunisina. Le imbarcazioni scompaiono senza lasciare traccia perché la Tunisia impedisce la ricognizione aerea e il Centro di coordinamento dei soccorsi tunisino non coordina adeguatamente i soccorsi. Le persone fuggono su imbarcazioni metalliche altamente pericolose che affondano rapidamente. Questa drammatica realtà ci spinge ad agire. Con la barca a vela Humanity 2 salveremo vite umane e documenteremo le violazioni dei diritti umani al largo della Tunisia, dove l’Europa sta fallendo. La nostra barca a vela è perfettamente complementare alla Humanity 1, che opera al largo della Libia. In questo modo saremo in grado di soccorrere più persone in pericolo in mare e aumentare la pressione sui responsabili”. Il veliero è attualmente ancora ormeggiato in un porto sulla costa francese, ma sarà trasferito in Sicilia nel mese di novembre e dovrebbe essere sottoposto a lavori di conversione presso il cantiere navale a partire da dicembre. SOS Humanity sta ora raccogliendo donazioni per finanziare il progetto. “Soprattutto ora che il nuovo governo federale tedesco ha tagliato tutti i finanziamenti statali, abbiamo più che mai bisogno del sostegno della società civile”, sottolinea Till Rummenhohl. “Siamo fermamente convinti che la maggioranza dei cittadini europei non voglia semplicemente lasciare annegare chi cerca protezione nel Mediterraneo. La società civile ci ha permesso di salvare oltre 39.000 persone in dieci anni e continuerà a sostenere il nostro lavoro di soccorso”. Questa solidarietà e umanità in azione dovrebbero servire da esempio ai politici. Dal 2015, l’UE e i suoi Stati membri non sono riusciti a istituire un programma europeo di ricerca e soccorso per porre fine alle morti nel Mediterraneo. Al contrario, sono complici di violazioni dei diritti umani e ostacolano deliberatamente il lavoro delle organizzazioni di soccorso in mare. Ma non ci faremo intimidire; continueremo con una seconda nave!”. Redazione Italia
Naufragio di Cutro, le Ong del soccorso in mare parte civile al processo
EMERGENCY, Louise Michel, Mediterranea Saving Humans, Sea-Watch, SOS Humanity e SOS MEDITERRANEE, parte civile nel processo sul naufragio di Cutro, soddisfatte per il rinvio a giudizio. Le Ong chiedono che le autorità responsabili, a tutti i livelli, siano chiamate a rispondere della deliberata negligenza nelle operazioni di soccorso. Sollecitano infine il pieno rispetto del diritto internazionale nel Mediterraneo. Una tappa importante nel lungo percorso per ottenere verità e giustizia sui mancati soccorsi al caicco Summer Love, naufragato a Steccato di Cutro il 26 febbraio 2023 causando almeno 94 morti e un numero imprecisato di dispersi. Così EMERGENCY, Louise Michel, Mediterranea Saving Humans, Sea-Watch, SOS Humanity e SOS MEDITERRANEE, che si sono costituite parte civile nel processo sul naufragio di Cutro, salutano il rinvio a giudizio dei sei imputati deciso dal giudice ieri sera a conclusione dell’udienza preliminare. Considerata la grave serie di negligenze e sottovalutazioni con cui sono state attivate e portate avanti, ma di fatto mai realizzate, le operazioni di soccorso, ai quattro militari della Guardia di Finanza e ai due della Guardia Costiera che andranno a processo la Procura della Repubblica di Crotone contesta i reati di naufragio colposo e omicidio colposo plurimo. Le Ong costituitesi parte civile chiedono che sia chiarita la sequenza di eventi e omissioni che hanno portato a uno dei più tragici naufragi della storia italiana. Proprio il processo potrebbe essere l’occasione giusta per fare luce su tutti i passaggi critici, sulle responsabilità dei sei imputati e, auspicabilmente, anche su quelle dei funzionari e delle autorità di livello più alto. “I tempi sono fondamentali per la buona riuscita delle operazioni di soccorso; per questo i ritardi nell’attivare interventi di salvataggio non sono un incidente, ma una negligenza, che non può restare impunita” commentano le Ong. In questo caso specifico le autorità italiane hanno ignorato il loro dovere di soccorso e l’omissione ha avuto conseguenze drammatiche. “Non è accettabile e non si deve più consentire che i responsabili di questo come di altri naufragi restino impuniti mentre le persone continuano ad annegare” dicono ancora le Ong. “Il diritto internazionale, la tutela della vita e il dovere di soccorrere chi è in difficoltà in mare devono essere rispettati sempre, anche nel Mediterraneo”. EMERGENCY, Louise Michel, Mediterranea Saving Humans, Sea-Watch, SOS Humanity e SOS MEDITERRANEE chiedono inoltre di porre immediatamente fine alla criminalizzazione delle persone in movimento e di ripristinare efficaci operazioni di ricerca e soccorso in mare, auspicabilmente anche con una missione europea dedicata.       Redazione Italia
SOS Humanity condanna la fine dei finanziamenti alle ONG di ricerca e soccorso da parte del governo federale tedesco
Il direttore generale di SOS Humanity, Till Rummenhohl, commenta l’interruzione del sostegno finanziario per la ricerca e il salvataggio civile da parte del Ministero degli Esteri tedesco e il riutilizzo da parte dei media di una falsa affermazione fatta dal Ministro degli Esteri Johann Wadephul nel 2023, in cui accusa le organizzazioni non governative di ricerca e salvataggio di permettere alle “bande di contrabbandieri di fare i loro affari”: “È allarmante e pericoloso quando le false affermazioni di politici tedeschi di primo piano, come l’attuale Ministro degli Esteri Johann Wadephul, diffamano senza fondamento il lavoro di salvataggio delle organizzazioni della società civile. È stato più volte dimostrato scientificamente che non c’è alcun legame tra i movimenti dei rifugiati e la presenza di navi di soccorso nel Mediterraneo. Le persone scappano attraverso il Mediterraneo centrale perché non hanno alternative per sfuggire alla guerra, alla violenza, alla discriminazione, alla mancanza di prospettive e ai cambiamenti climatici nei loro Paesi d’origine, nonché alle violazioni dei diritti umani e alle torture in Libia o in Tunisia. Il cosiddetto “fattore di attrazione” è un mito. L’affermazione di Johann Wadephul del 2023, secondo cui le organizzazioni di soccorso permettono alle “bande di trafficanti di fare i loro affari”, è fondamentalmente sbagliata. Forniamo aiuti umanitari di emergenza in base al diritto internazionale e salviamo vite umane laddove gli Stati europei non riescono ad agire. Lo sfruttamento e la violenza sono piuttosto la conseguenza della mancanza di percorsi migratori legali e sicuri verso l’Europa. Tali affermazioni diffamano – contro ogni evidenza – gli aiuti umanitari e la società civile, che da dieci anni è impegnata nella ricerca e nel salvataggio e nei diritti umani in mare. Soprattutto ora, in tempi di continuo rafforzamento dell’estremismo di destra in Europa e in Germania, abbiamo bisogno di una politica migratoria basata sui fatti e di una retorica da parte di tutti i partiti democratici che non sia basata su narrazioni di estrema destra e non promuova travisamenti ed emotività”. Informazioni sull’interruzione del sostegno finanziario da parte del Ministero degli Esteri federale  “Come SOS Humanity, non siamo sorpresi, ma indignati per il fatto che questo già modesto sostegno di 2 milioni di euro all’anno per le organizzazioni di ricerca e soccorso sia stato prematuramente cancellato dal nuovo governo federale tedesco”, afferma Till Rummenhohl, direttore generale di SOS Humanity. “In questo modo, il governo tedesco ignora una decisione del Parlamento federale tedesco del 2022,  concordata per quattro anni fino al 2026. Questo si inserisce nella tendenza europea di lasciare alla società civile il compito di salvare vite in mare e di proteggere i diritti dei rifugiati nel Mediterraneo centrale. Da dieci anni a questa parte, le organizzazioni non governative hanno colmato il vuoto di salvataggio lasciato dagli Stati europei. Più di 175.000 vite sono state salvate grazie agli impressionanti sforzi della società civile europea, con 21 ONG di soccorso che operano nel Mediterraneo centrale, 10 delle quali provengono dalla Germania. Tuttavia, nello stesso periodo, più di 21.700 vite sono state perse su questa rotta migratoria mortale. Siamo testimoni del fatto che le persone in movimento vengono continuamente lasciate morire. L’UE ha finanziato le sue politiche a porte chiuse spendendo 242 milioni di euro in dieci anni per le cosiddette Guardie Costiere libiche e tunisine e per i Centri di Coordinamento dei soccorsi, che sistematicamente conducono respingimenti illegali e commettono violazioni dei diritti umani. È assurdo che si spendano così tanti soldi per sigillare l’Europa, mentre i fondi per il salvataggio degli esseri umani sono apparentemente ancora troppo pochi. Ora servono un programma europeo di ricerca e salvataggio e percorsi migratori sicuri e legali per le persone in cerca di protezione”. Redazione Italia
175.000 vite salvate – Un decennio di ricerca e soccorso civile nel Mediterraneo centrale
In occasione del decimo anniversario delle operazioni civili di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale, quattro importanti ONG tedesche – SOS Humanity, United4Rescue, Sea-Watch e Sea-Eye – hanno fatto il punto su un decennio di operazioni di salvataggio e hanno chiesto la fine dell’ostruzionismo politico alle missioni di soccorso. Dal 2015 navi di soccorso non governative forniscono assistenza umanitaria di emergenza nel Mediterraneo centrale. Ad aprile 2025, la “flotta civile”, composta da 15 navi di soccorso, 7 velieri e 4 aerei da ricognizione, ha partecipato al soccorso di 175.595 persone, nonostante i crescenti ostacoli politici e burocratici. I governi europei e l’UE danno priorità alla deterrenza e al controllo delle frontiere rispetto alla protezione e al rispetto del diritto internazionale. Ad esempio, il “decreto Piantedosi”, introdotto in Italia nel gennaio 2023, ha portato alla detenzione amministrativa di navi di soccorso in 28 occasioni, con conseguente blocco delle operazioni per 680 giorni. “Da dieci anni, noi come società civile ci rifiutiamo di accettare che i rifugiati che attraversano il Mediterraneo centrale vengano lasciati morire per sigillare i confini dell’Europa”, ha dichiarato Mirka Schäfer, portavoce politica di SOS Humanity. “L’UE e i suoi Stati membri non hanno adempiuto al loro dovere di garantire un programma di ricerca e soccorso coordinato a livello statale su questa rotta migratoria letale. Dal 2015 come organizzazioni non governative cerchiamo di colmare il vuoto nei soccorsi. Tuttavia, le condizioni del nostro lavoro stanno diventando sempre più difficili e l’ostruzione nei confronti della nostra flotta di soccorso da parte delle misure governative si sta intensificando”. Delle 21 ONG attualmente impegnate in attività di salvataggio nel Mediterraneo centrale, 10 provengono dalla Germania. Qui il sostegno pubblico alle operazioni di ricerca e soccorso non governative rimane forte. Decine di migliaia di persone continuano a donare, a fare volontariato e a dimostrare la loro solidarietà. United4Rescue, un’alleanza tedesca di quasi 1.000 organizzazioni, è un esempio dell’ampio sostegno della società civile. Altrettanto vitali sono le iniziative di base come Refugees in Libya, che difende i diritti dei rifugiati e denuncia gli abusi, e Alarm Phone, che da oltre un decennio fornisce una linea telefonica di emergenza per le persone in pericolo in mare. Questi gruppi riflettono una semplice verità: la società civile interviene quando gli Stati falliscono, anche se non può sostituirsi a soluzioni strutturali e politiche. Proposta di un piano di soccorso e richieste ai governi In occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato il prossimo 20 giugno, le organizzazioni hanno presentato Mare Solidale, una proposta concreta per un programma europeo di salvataggio, come tabella di marcia per un approccio basato sui diritti umani. Il piano delinea i principi giuridici, i meccanismi per un coordinamento delle operazioni di ricerca e soccorso guidate dall’UE e un quadro finanziario realistico. Il loro messaggio è inequivocabile: l’UE potrebbe porre fine alle continue morti in mare se esistesse la volontà politica. SOS Humanity, United4Rescue, Sea-Watch e Sea-Eye chiedono al governo tedesco, all’UE e ai suoi Stati membri di riconoscere fermamente la ricerca e il soccorso alle frontiere mediterranee dell’Europa come un obbligo sia giuridico che umanitario. Chiedono un programma di soccorso europeo interamente finanziato e guidato dallo Stato e la fine della cooperazione con regimi autoritari come la Tunisia e la Libia in materia di controllo delle frontiere. Data la violenza sistematica, l’assenza di protezione in materia di asilo e la repressione politica in atto, la Tunisia non deve essere classificata come Paese di origine sicuro o Paese terzo sicuro. A questo link troverete:  * Fatti e cifre di 10 anni di ricerca e soccorso – Le quattro organizzazioni hanno raccolto i fatti più importanti di dieci anni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale * Il progetto completo di Mare Solidale, la proposta delle ONG per un programma europeo di ricerca e soccorso guidato dagli Stati. * Il rapporto “Borders of (In)humanity”, un’analisi delle conseguenze della politica di esternalizzazione dell’UE basata su 64 testimonianze di sopravvissuti, pubblicato da SOS Humanity in occasione del suo decimo anniversario.     Redazione Italia
Il tribunale conferma: la Guardia Costiera libica non è un soggetto legittimo per le operazioni di ricerca e soccorso
L’11 giugno 2025, la Corte d’Appello di Catanzaro ha respinto il ricorso del governo italiano contro una sentenza che aveva dichiarato illegittimo il fermo della nave di soccorso Humanity 1. In tale sentenza, il Tribunale Civile di Crotone aveva dichiarato che il Centro di Coordinamento del Soccorso libico e la Guardia Costiera libica non possono essere considerati soggetti legittimi per le operazioni di ricerca e soccorso.  “La decisione odierna segna una tappa importante, poiché il governo italiano ha nuovamente fallito in tribunale nel giustificare la detenzione illegittima di navi di soccorso non governative e la sua crudele cooperazione con la cosiddetta Guardia Costiera libica, che viola sistematicamente i diritti umani dei migranti e dei rifugiati”, commenta Cristina Laura Cecchini, avvocata di SOS Humanity.  “Si tratta di una vittoria significativa per SOS Humanity e per la flotta civile in generale, mentre il governo italiano deve rispondere dell’illegittimità della propria legislazione”. Detenzione illegale della Humanity 1 nel marzo 2024  Nel marzo 2024, la nave SOS Humanity dell’organizzazione di soccorso in mare era stata sanzionata con 20 giorni di detenzione dopo aver sbarcato 77 persone in pericolo in marea Crotone, in Calabria. Il motivo addotto: l’equipaggio avrebbe presumibilmente ignorato le istruzioni delle autorità libiche e quindi messo in pericolo vite umane. Dopo che SOS Humanity era riuscita ad ottenere la revoca della detenzione con procedura d’urgenza, il Tribunale civile di Crotone ha confermato nel giugno 2024 che la detenzione di Humanity 1 era illegale. Il tribunale ha inoltre stabilito che il Centro di coordinamento del soccorso libico e la cosiddetta Guardia Costiera libica non possono essere considerati soggetti legittimi di ricerca e soccorso nel Mediterraneo. Il governo italiano ha presentato ricorso contro questa decisione, ma è stato ora respinto dalla Corte d’Appello di Catanzaro. Gli attori libici stanno commettendo gravi violazioni dei diritti umani, con il sostegno dell’Europa  SOS Humanity sottolinea da anni l’illegittimità degli attori statali libici nel Mediterraneo, confermata ieri ancora una volta dal tribunale, e critica il continuo sostegno loro fornito dall’Europa: “La cosiddetta Guardia Costiera libica è stata finanziata per anni dall’UE e dai suoi Stati membri, nonostante sia stata ritenuta responsabile di gravi violazioni dei diritti umani e di ritorni forzati illegali di rifugiati in Libia”, afferma Mirka Schäfer, esperta politica di SOS Humanity. “I sopravvissuti a bordo della Humanity 1 denunciano regolarmente gravi torture, violenze sessuali e sfruttamento da parte di attori legati alla cosiddetta Guardia Costiera libica. La cooperazione europea con questi attori deve cessare immediatamente“. Informazioni dettagliate sui respingimenti violenti sono disponibili nel nostro nuovo rapporto ”Borders of (In)Humanity” (Frontiere dell'(In)umanità). Basato sulle testimonianze di 64 sopravvissuti, il rapporto descrive le conseguenze brutali e spesso mortali della politica europea di esternalizzazione e chiusura nei confronti dei rifugiati e dei migranti.     Redazione Italia
10 anni di attività SOS Humanity
Riceviamo e pubblichiamo da SOS Humanity Berlino, 5 maggio 2025: Da 10 anni l’organizzazione di ricerca e soccorso SOS Humanity salva le persone in movimento in pericolo nel mare Mediterraneo. In occasione del suo anniversario, fa un bilancio e critica il fatto che l’UE e i suoi Stati membri non abbiano ancora istituito un programma europeo di ricerca e soccorso. Dalla sua fondazione, all’inizio del maggio 2025, SOS Humanity ha osservato una regressione politicamente motivata dei diritti umani, del diritto internazionale e dei valori europei nel Mediterraneo. Un rapporto pubblicato e presentato oggi, “Frontiere di (In)umanità”, si concentra sulla crescente esternalizzazione della gestione delle frontiere europee alla Libia e alla Tunisia. SOS Humanity ha registrato le drammatiche conseguenze per coloro che fuggono attraverso il Mediterraneo in numerose testimonianze di sopravvissuti. Le esperienze di coloro che cercano protezione sono in contrasto con le misure di isolamento annunciate dal nuovo governo tedesco, che l’organizzazione critica. Friedrich Merz, che domani presterà giuramento come Cancelliere federale, ha dichiarato nel luglio 2020, alla luce delle decine di migliaia di morti nel Mediterraneo: “Il soccorso in mare è un compito dello Stato e non può essere lasciato solo alle organizzazioni non governative”. Secondo i media, Merz ha dichiarato che i politici non devono sottrarsi alla loro responsabilità umanitaria e devono cercare soluzioni sostenibili e a lungo termine.* Sin dalla fondazione dell’organizzazione nel 2015, SOS Humanity chiede che l’UE e i suoi Stati membri si assumano la responsabilità delle operazioni di soccorso nel Mediterraneo centrale. “Nell’accordo di coalizione non c’è una sola parola sulla ricerca e soccorso – né sulla responsabilità degli Stati, né su un programma di salvataggio europeo, né sul sostegno alle iniziative della società civile”, critica Till Rummenhohl, direttore generale di SOS Humanity. “La crisi umanitaria in corso alle porte dell’Europa, indotta dalla politica, viene deliberatamente ignorata, con conseguenze mortali. La Germania non è solo uno spettatore, ma un co-creatore attivo di una politica europea di isolamento ed esternalizzazione. I soccorsi vengono ostacolati e le persone in cerca di protezione vengono sistematicamente respinte in situazioni di pericolo di vita”. ll fondatore di SOS Humanity, Klaus Vogel, sugli inizi della ricerca e del soccorso non governativo nel Mediterraneo nel 2015, dichiara: “La nostra speranza allora era di poter scuotere i governi europei con una grande nave di soccorso e convincerli a umanizzare la politica migratoria e a riprendere le attività di ricerca e soccorso. Da allora abbiamo salvato migliaia di persone esauste, ferite e disperate”, racconta il capitano e storico. La nostra aspettativa di convincere i governi europei a considerare i rifugiati come esseri umani e a riconoscere il loro salvataggio nel Mediterraneo come un dovere naturale dell’Europa non è stata soddisfatta”. L’organizzazione è stata fondata il 4 maggio 2015 come SOS Mediterranee Germany da Klaus Vogel, ha cambiato nome in SOS Humanity nel gennaio 2022 e ha salvato un totale di oltre 38.500 persone nel Mediterraneo in un decennio. In questi dieci anni, l’UE ha speso 242 milioni di euro per esternalizzare la gestione delle frontiere sul confine esterno meridionale dell’UE. È quanto documenta un rapporto pubblicato oggi da SOS Humanity dal titolo “Frontiere di (In)umanità”. L’autore e collaboratore di SOS Humanity, Sasha Ockenden: “Le 64 testimonianze oculari che abbiamo registrato a bordo della nostra nave di soccorso e pubblicate nel nuovo rapporto documentano le conseguenze di questa politica: migliaia di violazioni dei diritti umani, sfruttamento, violenza e morte. Anche di bambini. Non solo è profondamente disumano, ma un programma di ricerca e soccorso dell’UE sarebbe anche più efficace dal punto di vista dei costi”. L’equipaggio di Humanity 1 ha salvato 68 persone in pericolo in mare la notte del 1° maggio. Oggi saranno portate a terra nel porto di La Spezia, nell’Italia settentrionale, a quasi cinque giorni di viaggio dal luogo del salvataggio. Redazione Italia