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British Standards Institution: “Allarme jobpocalypse, gravissima crisi nel mondo del lavoro causata dall’AI”
Era il 2020 quando l’ambientalista Sonia Savioli nel suo libro-inchiesta “Il giallo del Coronavirus. Una pandemia nella società del controllo”, metteva in guarda sugli effetti di quella che sarebbe stata la rigenerazione economica del tecnocapitalismo, durante la crisi sanitaria da Covid-19, che avrebbe avuto inizio nel 2021 con il Piano Great Reset del World Economic Forum di Davos (WEF): la Quarta Rivoluzione Industriale. Tra le innumerevoli operazioni di greenwashing spacciate per “sostenibili” (continui finanziamenti alla pesca intensiva e agli allevamenti intensivi, sfruttamento dei mari e degli oceani tramite attività estrattive, l’ingresso della cibernetica nei settori dell’economia, sanità, welfare e finanza), stando ai dati del World Economic Forum – affermava Sonia Savioli – la Quarta Rivoluzione Industriale sarebbe iniziata con l’eliminazione di circa 800 milioni di posti di lavoro nel mondo industrializzato a causa dell’irruzione sistematica dell’Intelligenza Artificiale nel mercato del lavoro. Un numero che, nonostante la grande consistenza, non fece allarmare nessun giornalista mainstream e nessun analista nostrano. A confermare questo dato però, sistematicamente ignorato, è stato il recente report “Evolving Together: AI, automation and building the skilled workforce of the future“ pubblicato dal British Standards Institution (l’ente certificatore nazionale inglese, l’equivalente del nostro Rina) (BSI), basato su interviste a 853 business leader aziendali in 8 Paesi (Cina, Giappone, Australia, Germania, Stati Uniti, Regno Unito, Francia e India), svolte da agosto 2025, analizzando anche i report annuali di 123 aziende attraverso strumenti di analisi AI. Secondo i leader globali stiamo vivendo quella che viene definita “jobpocalypse”: un collasso sistemico del modello tradizionale di ingresso nel mondo del lavoro. A darne notizia approfonditamente è stato  The Guardian. L’AI infatti sta cancellando tutte le posizioni di lavoro pensate per neoassunti o personale giovane, con competenze di base e poca (o nessuna) esperienza lavorativa. Perché investire su personale da formare senza competenze specialistiche quando quelle funzioni possono essere svolte da una AI? Secondo il BSI le riduzioni di personale sarebbero già in calo ed in numeri parlano chiaro: * 41% dei leader afferma che l’IA sta consentendo riduzioni dirette del personale; * 50% dichiara esplicitamente che l’AI sta aiutando a ridurre il numero di dipendenti; * 18% delle aziende investe in IA specificamente per ridurre il personale; Se per decenni il paradigma capitalista classico affermava “Il lavoro lo fanno le persone, le macchine aiutano”, oggi si sta invertendo la rotta: “Il lavoro lo fanno i sistemi AI, le persone intervengono quando necessario”. Si sta istituzionalizzando sempre più un diverso modo, da parte delle aziende, di pensare al mondo lavoro e lo studio lo constata senza mezzi termini: * 31% delle organizzazioni oggi esplora soluzioni AI prima di considerare l’assunzione di persone; * 40% prevede che questo diventerà la norma entro 5 anni; * 61% investe in IA principalmente per aumentare produttività ed efficienza; * 49% per ridurre i costi operativi; Il dato più allarmante riguarda anche i lavori entry-level, quelli tradizionalmente destinati a chi inizia la carriera: * 39% delle aziende ha già ridotto o eliminato posizioni junior grazie all’IA; * 43% prevede ulteriori tagli nei prossimi 12 mesi; * 55% dei leader ritiene che i benefici dell’IA compensino le distruzioni sulla forza lavoro; Le mansioni entry-level che l’IA sta eliminando non riguardano solo il “lavoro produttivo”, ma anche lo spazio formativo, dal momento che è proprio nei “primi lavori” che si insegnano competenze che nessuna scuola o università può dare: * Gestire il tempo quando hai troppe cose da fare * Comunicare in modo efficace in contesti professionali * Capire come funzionano davvero le dinamiche aziendali * Riconoscere le priorità vere da quelle apparenti * Reggere lo stress e la pressione * Imparare a sbagliare e correggersi * Costruire relazioni professionali * Navigare la politica aziendale L’IA può fare ricerche, compilare report, gestire agende, rispondere a email routine, ma non può insegnare queste meta-competenze che si sviluppano solo attraverso l’esperienza vissuta. Il report evidenzia dunque la skills latency (“latenza delle competenze”), un pericolo strutturale che fa emergere un ritardo generazionale nello sviluppo delle capacità professionali. Se un’intera generazione non ha accesso ai ruoli formativi entry-level, chi ricoprirà i ruoli senior tra 10-15 anni? Come si formeranno i futuri manager se non potranno fare esperienza sul campo? Le aziende stanno ottimizzando per l’efficienza di oggi, ma stanno creando un problema di talento per il domani. Sono gli stessi business leader globali ad ammettere questa situazione di latenza, dichiarandosi “fortunati” ad essere nati e cresciuti in un mondo pre-AI: * 56% dichiara di essere stato “fortunato” ad aver iniziato la carriera prima che l’IA trasformasse il proprio settore; * 43% ammette che non avrebbe sviluppato le competenze attuali se l’IA fosse stata disponibile all’inizio della carriera; * 28% si aspetta che il proprio ruolo attuale non esisterà più entro il 2030. Dall’analisi AI dei 123 report annuali esaminati dal BSI emerge che il termine “automation” è citato quasi 7 volte più frequentemente di “upskilling”, “training” o “education”. Le aziende comunicano l’IA principalmente come: driver di innovazione, vantaggio competitivo e strumento di efficienza. Di conseguenza c’è molta meno enfasi sulle implicazioni sulla forza lavoro, sugli investimenti in capitale umano, sulla preparazione dei dipendenti al futuro. Solo il 34% delle aziende intervistate ha un programma di formazione strutturato per preparare i dipendenti all’uso dell’IA. In Giappone questa percentuale scende al 16%, mentre in India sale al 64%. A livello geografico, a guidare questa trasformazione drastica e allarmante è l’India con il 50% delle aziende che hanno ridotto ruoli junior. Seguono Australia (57% dichiara che l’AI aiuta a ridurre il personale a livello junior) e Cina (61% prevede riduzioni future). In Italia e in Europa, il fenomeno è in crescita ma ancora meno aggressivo rispetto all’Asia-Pacifico.   Il rischio di questa jobpocalypse però è che si crei una contrazione tale della forza lavoro da portare a una mancata formazione professionale di un’intera generazione. Ancora una volta infatti ad essere penalizzate sono le giovani generazioni. Il report BSI introduce un termine nuovo e inquietante “Generation Jaded” – dall’acronimo “Jobs Automated, Dreams Eroded” (“lavori automatizzati, sogni erosi”), riferendosi a quella generazione che: 1. Ha già subito danni nella formazione scolastica a causa del Covid-19; 2. Si trova ora di fronte a un mercato del lavoro che elimina proprio i ruoli pensati per chi inizia; 3. Rischia di non sviluppare mai le competenze che si acquisivano attraverso l’esperienza entry-level. Gli studenti freschi di diploma o laurea per trovare il primo lavoro oggi non devono solo fare i conti con la concorrenza dei loro coetanei, ma anche e soprattutto con quella dell’Intelligenza Artificiale. Le conseguenze sociali ed economiche della Quarta Rivoluzione Industriale potrebbero essere devastanti, tanto da far ritenere a molti che una jobpocalypse sia solo questione di tempo anche qui in Occidente.   https://www.blog-lavoroesalute.org/sul-great-reset-e-lignoranza-dei-giornalisti-mainstream/ https://www.blog-lavoroesalute.org/il-piano-great-reset-del-world-economic-forum-per-i-profitti-delle-industrie-agro-chimiche-alimentari/ https://www.blog-lavoroesalute.org/il-grande-reset/ https://www.blog-lavoroesalute.org/tecno-bio-capitalismo/ https://documenti.camera.it/leg18/resoconti/assemblea/html/sed0610/leg.18.sed0610.allegato_b.pdf > Secondo una ricerca sta per arrivare la jobpocalypse, cioè una gravissima > crisi nel mondo del lavoro causata dall’AI > Jobpocalypse: è iniziata la rivoluzione del lavoro nell’era della IA   Lorenzo Poli
Giappone, studio PrePrints: “Vaccini anti-Covid possono causare turbo-cancro”
In questi giorni Frank Bergman – giornalista statunitense che oltre ad occuparsi di cronaca, conduce interviste con esperti e ricercatori e investiga su personaggi e organizzazioni influenti in ambito socio-politico – ha pubblicato un importante articolo ripreso in seguito anche da ComeDonChisciotte in cui viene data notizia di un importante nuovo studio condotto da eminenti scienziati giapponesi che ha scoperto come i vaccini anti-Covid a mRNA possano causare una diffusione più rapida e aggressiva dei tumori, riducendo drasticamente il tasso di sopravvivenza dei pazienti. Lo studio conferma che le iniezioni di mRNA causano il “turbo-cancro”, un fenomeno che i funzionari sanitari, i media delle grandi aziende e i discutibili “fact checker” hanno a lungo cercato di etichettare come “teoria del complotto” o “disinformazione”. I ricercatori che hanno condotto lo studio hanno esaminato i risultati dei pazienti oncologici negli ospedali giapponesi, confrontando i risultati dei pazienti non vaccinati con quelli che avevano ricevuto una dose di vaccino Covid. Lo studio ha rilevato che i pazienti vaccinati avevano prognosi molto peggiori, con un aumento della gravità e dell’accelerazione della diffusione del cancro con dosi ripetute. In particolare, hanno riscontrato un drastico peggioramento delle prognosi nei pazienti con cancro al pancreas (PC). Guidato dal Dr. Makoto Abue del Miyagi Cancer Center di Natori, il team di rinomati ricercatori ha pubblicato i risultati dello studio Repeated COVID-19 Vaccination as a Poor Prognostic Factor in Pancreatic Cancer: A Retrospective, Single-Center Cohort Study sulla rivista PrePrints. I ricercatori hanno condotto un’analisi retrospettiva su 272 pazienti affetti da cancro al pancreas (Coorte A). Un sottogruppo di 96 pazienti è stato sottoposto a test sierici IgG4 e immunoistochimica Foxp3. Una seconda coorte di 79 pazienti (coorte B) è stata utilizzata per valutare le risposte delle sottoclassi di IgG specifiche per lo spike. La regressione multivariata di Cox ha confermato che ≥3 vaccinazioni erano un fattore prognostico negativo indipendente (HR 4,08, p < 0,001), insieme a variabili note come lo stadio avanzato del tumore e l’assenza di intervento chirurgico. Livelli elevati di IgG4 erano significativamente associati sia alla frequenza delle vaccinazioni che a esiti negativi e correlati ai livelli di IgG4 specifici per spike (R² = 0,38). Lo studio ha anche osservato un aumento dell’infiltrazione di Treg (cellule Foxp3+) nei tumori di pazienti altamente vaccinati o con livelli elevati di IgG4. Lo studio ha valutato i risultati clinici e i marcatori immunitari in 272 pazienti diagnosticati tra il 2018 e il 2023, riferendo che i pazienti che hanno ricevuto tre o più dosi di vaccino a mRNA hanno mostrato una sopravvivenza globale significativamente più breve. Lo studio osserva inoltre che i risultati di sopravvivenza al cancro al pancreas sono peggiorati significativamente dopo il 2021, in coincidenza con l’introduzione del «richiamo» Covid (booster). Il periodo di sopravvivenza medio dopo una diagnosi di cancro al pancreas è sceso a 10,3 mesi tra i pazienti vaccinati rispetto ai 20,8 mesi dei non-vaccinati. La scoperta conferma che il tempo di sopravvivenza dei pazienti “vaccinati” è stato ridotto di oltre il 50%. Tra i «vaccinati», lo studio ha riscontrato livelli elevati di IgG4 sierico e un aumento dell’infiltrazione di cellule T regolatorie Foxp3-positive (Treg) nel tessuto tumorale. Questo profilo immunologico – secondo i ricercatori è indicativo di una soppressione dell’immunità antitumorale. Questo risultato rafforza il legame meccanicistico tra modulazione immunitaria e progressione del cancro. Alcuni dei migliori oncologi americani hanno soprannominato questo fenomeno “turbo cancro”. Lo studio solleva importanti preoccupazioni riguardo alla vaccinazione mRNA contro la Covid-19 e alla tolleranza immunitaria nei pazienti oncologici, chiedendo ora di ampliare la ricerca sugli effetti immunomodulatori a lungo termine dei vaccini a m-RNA nei pazienti oncologici. Il rinomato epidemiologo della McCullough Foundation Nicolas Hulscher – analizzando i risultati che mostrano il significativo divario di sopravvivenza tra i gruppi di dosaggio del vaccino, i risultati relativi alle IgG4 e alle Treg e l’uso di modelli multivariati e propensity score-matched – ha avvertito che lo studio ha confermato un “aumento del 300% del rischio di morte” per i pazienti oncologici vaccinati contro la Covid. Come riportato da Slay News, lo studio fa seguito a una recente ammissione della Food and Drug Administration (FDA) statunitense la quale ha dichiarato che i vaccini a mRNA anti-Covid sono contaminati da sostanze che hanno provocato un aumento globale dei tumori. Ulteriori info e dichiarazioni da parte di scienziati e oncologi sul tema in questi anni: > Eventi avversi da vaccino antiCOVID a rischio di grave sottostima > Moderna Admits Covid mRNA Shots Cause Cancer > Top Scientist Sounds Alarm as Traces of Covid ‘Vaccines’ Found in Cancer > Tumors > Top Oncologist Testifies on Explosion of ‘Turbo Cancer’ Among Covid-Vaxxed: > ‘Mass Murder’   Lorenzo Poli
Le porte di Tannhäuser #2
Puntata omaggio al maestro Leiji Matsumoto da poco scomparso. Abbiamo parlato della sua vita, delle sue opere, in particolare di “Capitan Harlock”, cercando di scoprirne la filosofia e gli ideali scaturiti dal suo vissuto tra movimenti pacifisti e antimilitaristi e le censure dell’occidente. Salpate con noi alla scoperta dell’universo di uno dei più grandi Maestri della fantascienza Nipponica.