Esercitazione militare Joint Stars: in Sardegna si apparecchia la tavola della guerra
In quello che sembra l’anno di insediamento non di un nuovo presidente degli
Stati Uniti, ma di un dittatore globale, al di là delle pretese di una pace con
spartizione delle risorse in Ucraina, il moto economico sembra sempre più
spostato sulla produzione e sul commercio di armi e mai come negli ultimi
ottant’anni di Storia ritornano a galla gli antichi, beceri disvalori del
militarismo, quello della cieca obbedienza, quello della legge del più forte.
Poco importa chi sia lo Stato e il suo popolo che viene individuato come nemico:
fino ad oggi era la Russia e i russi, domani potrebbe essere l’Iran ed i
persiani, dopodomani la Cina e tutti i cinesi. Il problema per chi ha in mano le
redini del dominio è soltanto quello di mantenerlo e di espanderlo. A questo
scopo ama dividere i popoli, le etnie, le religioni affinché perdano l’armonia
ed entrino in conflitto, per poi approfittarne per derubarli delle loro risorse.
Né importa a chi governa delle popolazioni che dovrebbe amministrare, che
saranno quelle che la guerra la subiranno, con in morti ammazzati, i mutilati,
la distruzione. Né si cura dei danni a lungo termine: crisi alimentare,
profughi, miseria, persone traumatizzate, fisicamente e psichicamente. Si cura
invece dell’eliminazione di ogni dissenso interno, da parte della stampa o della
società civile, tramite intimidazioni, aggressioni, arresti arbitrari,
espulsioni e, a seconda dei contesti locali, anche torture, rapimenti ed
uccisioni. Lo stato di guerra, infatti, consente la sospensione delle libertà
democratiche e, di conseguenza, degli stessi diritti umani.
Le singole persone e i popoli nel loro insieme non desiderano che ci sia la
guerra. Viene loro imposta dalle classi dominanti, ovvero da una piccola
minoranza, dotata di ricchezze e mezzi, ivi compresi quelli militari. Ma poiché
attualmente siamo ancora in un sistema democratico, dovrebbe essere garantita la
libertà di espressione del dissenso, nelle sue varie forme. Ma si tende sempre
di più ad ostacolare le voci non conformi. Per fare un esempio, in Italia il
governo Meloni con il DDL sicurezza tende a criminalizzare anche le azioni di
resistenza civile nonviolenta, andando ben oltre quanto permetta la costituzione
antifascista.
Ma per abituare la popolazione ad un nuovo clima di guerra, dopo ottant’anni in
cui si è comunque, pur fra alti e bassi, sviluppata una cultura di pace, occorre
fare un bel po’ di pubblicità.
Come un lieto intermezzo fra un’esercitazione militare e una guerra simulata,
ecco che viene annunciata alla popolazione e, in particolare tramite le scuole,
ai ragazzi e ai giovani, la bellezza romantica della Marina Militare,
l’intrepida avventura dell’Aeronautica, l’eroico cameratismo dell’Esercito.
Così come il ministro dell’Istruzione ha fatto diramare i nuovi programmi per la
scuola primaria: in seconda elementare sono previste “letture patriottiche sul
risorgimento”. Poi in terza si ricomincia dall’australopiteco. Ha un senso? Da
un punto di vista didattico no di certo, ma dal punto di vista della propaganda
nazionalista patriottica, che vuole prepararci all’obbedienza e alla guerra, può
avere un senso.
Lo stesso senso perverso che sembrano avere le iniziative previste a Cagliari in
concomitanza con “Joint Stars”, l’esercitazione interforze nazionale, guidata
dal Comando Operativo di Vertice Interforze (COVI). Sabato 10 e domenica 11
maggio, a bordo della nave “Trieste” ormeggiata al porto del capoluogo: medici e
infermieri militari, coadiuvati da personale delle ASL, effettueranno non meglio
precisati “screening sanitari gratuiti” per i bambini.
Il giorno dopo ci sarà una competizione podistica, nonché una tavola
apparecchiata con pastasciutta, sempre ad opera dei cuochi militari. Parte del
ricavato andrà in beneficenza. Ma questo ingente sforzo di imbellettamento
mimetico non finirà così presto. Secondo un comunicato diramato già a metà
marzo, “l’Amerigo Vespucci farà tappa a Cagliari dal 19 al 24 maggio 2025,
offrendo un’opportunità unica per gli studenti di conoscere da vicino la vita a
bordo e le attività della Marina Militare.”
L’apparato militare, tronfio d’essere di nuovo tornato sulla cresta dell’onda,
si dà da fare per dimostrare d’essere umano e benevolo, nascondendo dietro la
tenda l’intrinseca essenza di ogni esercito: obbedienza cieca, assassinio
legalizzato, distruzione senza limiti. Questi spot vorrebbero farci adeguare ad
un clima di guerra, in cui le forze armate avrebbero un potere inusitato e, di
conseguenza e a misura, si assottiglierebbe quello della società civile e del
giornalismo libero.
Smascherare questa operazione di chirurgia estetica del militarismo, è oggi un
obiettivo importante per i movimenti sinceramente pacifisti e disarmisti, in
Sardegna e oltre. Il comunicato stampa diffuso da ben 62 associazioni della
società civile sarda è solo l’inizio di una lotta in corso.
Carlo Bellisai