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Gaza e noi. Inizia un nuovo anno scolastico, migliaia di firme in pochi giorni
Un messaggio di un’insegnante bresciana di scuola primaria, a pochi giorni dall’inizio del nuovo anno scolastico suona come un’invocazione a non dimenticare, non solo Gaza, ma l’intera Palestina, non solo i diritti calpestati dei palestinesi, ma anche i nostri stessi diritti. Se l’Occidente può impunemente calpestarli, se la Corte Internazionale viene spudoratamente sbeffeggiata, che ne sarà di noi, sì, anche di noi che non siamo palestinesi? In quale cornice valoriale iscrivere il proprio intervento educativo se i pilastri della nostra Costituzione che li sostiene sono stati erosi e violati? Come possiamo tornare a scuola come se da due anni non stesse accadendo nulla in una terra dove i bambini sono stati il bersaglio preferito della follia genocidaria sionista? Come non pensare a scuole che non esistono più, a bambini di cui sono rimasti solo i nomi che sentiamo leggere nei cortei delle nostre manifestazioni e di molti neanche il nome? Il senso di impotenza e forse anche di colpa per essere rimasti a guardare un genocidio in diretta potrà trasformarsi in una protesta, in una presenza efficace che possa incidere e ridimensionare il nostro atteggiamento dissociato di fronte a quanto sta accadendo? O l’angoscia rappresenta la sola misura del nostro “restare umani”? Come comunità educante siamo chiamati a confrontarci con l’oggi. Sugli orrori passati possiamo chiamarci fuori e “commemorare”, ma l’oggi reclama una presenza, un’azione o tante azioni: salpare affidandosi al vento, far arrivare le nostre voci e le nostre firme a chi ci governa, dar vita ad azioni congiunte verso uno sciopero generale, comunicare tra noi insegnanti per ridare fiato a pratiche educative oscurate nella scuola degli ultimi tempi. Una scuola che sembra aver smarrito ogni specifico pedagogico che non sia l’obbedienza a un sapere disincarnato dal tempo e dallo spazio in cui viviamo, quando non asservito a fini estranei che hanno aperto le porte a una presenza sempre più sfacciata del mondo militare Il 25 agosto più di trecento insegnanti in presenza e a distanza hanno dato vita nell’aula magna dell’Istituto Professionale Industriale Castelli di Brescia a un’assemblea organizzata in pochi giorni, accesa dall’accorato messaggio di Emanuela De Rocco, che in poche ore e in pochi giorni ha raccolto prima decine, poi centinaia e ora migliaia di adesioni prima su una chat “Docenti ed Educatori per il rispetto dei diritti umani in Palestina” creata da Sara Girelli, un’altra insegnante, pensando a un gruppetto di interessati e diventata di ora in ora un fiume in piena. Nel momento in cui non c’è stato più modo di ospitare tutti quelli che si aggiungevano a Brescia e provincia, e non solo, si è passati a creare una community dove i gruppi si sono differenziati per città e regioni, a cui si sono dovute aggiungere altre community dati i limiti d’ingresso di ciascuna. Gli insegnanti promotori hanno fatto questa scelta organizzativa per permettere di muoversi nei diversi territori in modo più autonomo e allo stesso tempo più interconnesso. Sulla base di quel primo messaggio ha preso vita un documento programmatico approvato dall’assemblea. Il documento condanna la violazione dei diritti umani e promuove la cultura della pace, in piena coerenza con la Legge 92/2019 sull’Educazione Civica, che affida alla scuola il compito di educare ai principi della Costituzione italiana, ai diritti umani, alla pace tra i popoli e alla solidarietà internazionale. In questo senso la lettura di questo documento, proposta dall’assemblea, all’interno del Collegio Docenti d’inizio anno scolastico risulterebbe un atto coerente con i suoi compiti istituzionali. La raccolta firme è l’altra azione che parallelamente è stata portata avanti, insieme al riconoscimento dell’importanza della discussione e del confronto sul documento previsti tra insegnanti, ma anche sul proprio specifico pedagogico e per l’attivazione di pratiche non indottrinanti, ma che ci avvicinino ai ragazzi, così che sul loro terreno possano prendere vita riflessioni e azioni connesse a quello che la Palestina dice del presente e futuro di tutti noi. Di seguito il documento e la possibilità di firmarlo da parte di insegnanti di ogni ordine e grado, ma anche di educatori, operatori, genitori, ragazzi, nonni, tutti considerati parte della comunità educante. Link al modulo per adesione individuale al documento: https://forms.gle/WGQvQ4156ceMFEoL7 Consultazione del documento sottoscritto (in sola lettura): https://docs.google.com/document/d/17LCjeJ-Q11uQlLz–ibWdLj9FKh41r6oTBE6KkkOBuU/edit?usp=sharing       Redazione Italia
Proposta documento per Collegi Docenti: “Noi siamo docenti pacefondai”
Il gruppo scuola dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università ha messo a punto una documento da sottoscrivere da parte dei/delle docenti a inizio anno scolastico per assumere un preciso indirizzo didattico pacifista e, al tempo stesso, esprimere una dichiarazione d’intenti per rifiutare che i propri studenti e le proprie studentesse svolgano attività che prevedano la partecipazione diretta o indiretta di Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia Penitenziaria, Polizia locale, Forze Armate Italiane e/o di altre nazioni. Si invitano i/le docenti a scaricare il PDF in fondo al testo, a sottoscriverlo in maniera collettiva e inviarlo al nostro indirizzo osservatorionomili@gmail.com. Istruzione, formazione, inclusione, autonomia, crescita personale e soprattutto far sì che ragazze e ragazzi possano presentarsi al mondo adulto come cittadine e cittadini: questi sono i compiti fondamentali della scuola italiana. In tutti gli ordini e gradi di scuola noi docenti, al di là della specifica disciplina insegnata, dobbiamo contribuire al raggiungimento di questi obiettivi. E dobbiamo farlo subito con consapevolezza, se vogliamo impedire che le tragedie del secolo scorso, il colonialismo, la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, il genocidio di gruppi di persone largamente riconducibili a categorie razziali, culturali, etniche e religiose, possano ripresentarsi oggi. Per questo vogliamo ricordare, in particolare, il “Mai più” risuonato nel Preambolo della Carta dell’UNESCO, che ha trovato fondamento nella Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio dell’ONU entrata in vigore nel 1951, il quale all’articolo II riporta: «Nella presente Convenzione, per genocidio si intende ciascuno degli atti seguenti, commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale: a) uccisione di membri del gruppo; b) lesioni gravi all’integrità fisica o mentale di membri del gruppo; c) il fatto di sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale; d) misure miranti a impedire nascite all’interno del gruppo; e) trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo ad un altro». A partire da queste evidenze giuridiche, come docenti, come educatori ed educatrici che vogliono costruire un’umanità di pace, non possiamo non condannare i fantomatici progetti di fare di Gaza la riviera balneare del continente asiatico con la conseguente deportazione del popolo palestinese altrove. Non possiamo non condannare quello che per la Corte Penale Internazionale e per accreditate ONG, tra cui Amnesty International, viene rubricato come genocidio nei confronti di tutta la popolazione palestinese, affamata e privata di ospedali, cure mediche essenziali, scuole e università. Non possiamo non guardare con preoccupazione alla folle corsa al riarmo, che punta all’investimento del 5% del PIL nazionale in spese legate alla difesa e alla sicurezza, mentre le nostre scuole avrebbero bisogno di interventi strutturali per rendere più decoroso il nostro lavoro e più sicura la permanenza degli studenti e delle studentesse nelle aule. Il rischio che si intravede è che, oggi come un secolo fa, la mediocre normalità diventi abulia morale anche nell’ambito dell’educazione, giacché è proprio nell’abulia dei molti che trova spazio l’affaccendarsi violento e spregiudicato di pochi avidi di potere, mentre la consapevole scelta partigiana di pace viene messa costantemente sotto scacco. Come docenti, come educatrici ed educatori, noi ci opponiamo a questa deriva con questo documento che sottoscriviamo. Lavoriamo per costruire convivenze pacifiche, abilità nella cooperazione, pace come modello di vita autentica, fatta di responsabilità condivise. Insegniamo che ogni persona ha diritto a vivere con dignità, a immaginare un futuro migliore, a coltivare sogni e quindi non accettiamo che questi valori vengano calpestati. Esistono alternative alla violenza: gli strumenti del diritto internazionale, le vie diplomatiche, le forme di pressione nonviolenta, come il disinvestimento o il boicottaggio, e di questo vogliamo farci portavoce con il nostro lavoro. Noi siamo lavoratori e lavoratrici per la diffusione della cultura, della libertà, della dignità umana, della ricerca della giustizia. Noi siamo docenti pacefondai.   Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università