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PCL: “Al fianco delle studentesse e degli studenti dell’Università di Bergamo”
Nel pomeriggio di lunedì un folto gruppo di compagne e compagni universitari di Bergamo, tra cui alcune e alcuni militanti del PCL, ha occupato un’aula dell’ateneo orobico per protestare contro i tagli al sistema universitario e le collaborazioni dell’ateneo con le istituzioni israeliane. Poco dopo le 18 sono partite da parte della dirigenza accademica una serie di minacce, tra cui l’adozione di provvedimenti disciplinari e la revoca dei posti al senato accademico per le studentesse e gli studenti presenti. Dinnanzi a tali torsioni repressive contro chi anche negli atenei lotta contro il genocidio del popolo palestinese, il Partito Comunista dei Lavoratori esprime tutta la sua solidarietà e vicinanza militante alle studentesse e agli studenti bergamaschi, proprio in questi giorni nei quali è in corso il processo ad Anan, Ali e Mannsour, e prosegue dal 5 ottobre la detenzione di Tarek, compagno tunisino arrestato durante il corteo di quel giorno a Roma. Contro la repressione delle lotte sociali e internazionaliste. Contro il DDL 1660. Per un fronte unico di classe.   Partito Comunista dei Lavoratori Redazione Sebino Franciacorta
Eirenefest Bergamo: “Donne per la pace”, con Viviana Daloiso
Nel libro scritto a più mani dalle giornaliste di “Avvenire”  Lucia Capuzzi, Viviana Daloiso e Antonella Mariani, emerge nettamente l’importanza e l’urgenza della presenza di un componente femminile nelle trattative e nei processi di pace. Daloiso, intervenuta a EireneFest il 30 aprile a presentare il libro, ha citato numerosi casi ed esperienza virtuose di donne che, sebbene non sotto le luci della ribalta, hanno ricoperto ruoli chiave nei trattati di pace e nei processi di pacificazione di conflitti armati.  Ne sono un esempio Shirin Ebadi, premio Nobel per la Pace nel 2003, Olga Karach, Daniela Marcone, Maria Ressa e molte altre che dal Medio Oriente, al Sud Africa, dalle Filippine al Sud America, hanno partecipato ai tavoli in cui la presenza femminile solitamente non è presente, per portare istanze che un modello maschile di pacificazione dei conflitti non porta: l’importanza di individuare un obiettivo comune di lavoro per entrambe le parti in causa, il risarcimento alle vittime, il ripristino dei sistemi sanitari ed educativi al termine del conflitto, le pratiche di giustizia riparativa e molti altri aspetti legati a questioni di genere. Il ruolo delle donne nei processi di pace è tutt’altro che secondario. Sebbene ci siano stati e continuino ad esserci presenze femminili in contesti a maggioranza maschile, come quello delle risoluzioni dei conflitti e nei tavoli diplomatici coinvolti nei processi di cessate il fuoco e di soluzione dei conflitti, il coinvolgimento femminile continua ad essere marginale, ponendo in secondo piano l’importanza fondamentale di affiancare a un modello prevalentemente improntato all’uso della forza e al predominio, quello della ricerca di compromesso, del valore della mediazione e della cura dei processi e delle relazioni che nutrono e formano le comunità. L’autrice ha avvertito di non commettere l’errore di affiancare la figura femminile all’unico ruolo di vittima e di portatrici di pace, perché, come dimostrato ampiamente nel libro, le donne descritte e raccontate, come molte altre ancora sconosciute, agiscono da protagoniste nei rapporti di pacificazione delle proprie comunità. Allo stesso modo, ritenere che una donna, in quanto tale, sia sempre portatrice di pace è una banalizzazione superficiale che semplifica il senso di un modello femminile che non necessariamente appartiene ad ogni donna che ricopre ruoli istituzionali. Le interviste contenute nel libro sono esempi di lungimiranza e pazienza, di un lavorìo costante fatto di mediazione e analisi dei processi relazionali, che pongono sullo stesso piano le parti in causa, partendo dalle perdite che la guerra ha provocato ad entrambe le parti, dal comune dolore e dalla consapevolezza che ne deriva per costruire un futuro migliore e condiviso.   L’incontro è stato coordinato da Laura Cicirata, coordinatrice scuola We Care. Redazione Italia
Eirenefest Bergamo: Luigi Bettazzi: un Vescovo alla sinistra di Dio
“Vescovo nel suo territorio e pastore universale”. Questa la sintesi che il giornalista Alberto Chara ha offerto di mons. Luigi Bettazzi, nel presentare martedì 29 aprile a EireneFest di Bergamo la biografia edita da San Paolo “Luigi Bettazzi. Un vescovo alla sinistra di Dio” (ma il termine “vescovo rosso” veniva glissato cortesemente da Bettazzi, che si riconosceva solo “mancino”, lasciando ad altri le etichette politiche). Chiara ha ripercorso le tappe della vita di Bettazzi, da vescovo ausiliario di Bologna con il cardinal Lercaro, a vescovo di Ivrea; da padre conciliare a presidente “improvvisato” di Pax Christi – di cui ricorre quest’anno l’ottantesimo anniversario di fondazione – con cui diede vita proprio tra Sotto il Monte e Bergamo la prima marcia della pace, in occasione della prima giornata della pace indetta da Paolo VI, il 31 dicembre 1968. E di queste marce Bettazzi, scomparso nel 2023 a quasi 100 anni, non ne perse una (ne fece 55)  finché le forze glielo permisero. Tra gli animatori del “patto delle Catacombe” firmato al Concilio da un gruppo di vescovi (prima 42, poi 500) che si impegnavano a svolgere il loro ministero in una chiesa povera per i poveri, Bettazzi intervenne al Concilio sui temi della collegialità, del ruolo dei laici, del dialogo… e portò questi temi nella diocesi di Ivrea, dove si schierò con forza – fino a giungere ad occupare l’autostrada – a fianco dei lavoratori dell’Olivetti, della Lancia di Chivasso, del Cotonificio Vallesusa. Pax Christi apre alla dimensione internazionale: da cui i contatti con mons. Romero e con le chiese della teologia della liberazione. E poi il dialogo con Enrico Berlinguer, il tentativo (fallito) insieme ad altri due vescovi di offrirsi come ostaggio al posto di Aldo Moro, la marcia in piena guerra a Sarajevo con don Tonino Bello, di cui disse Bettazzi: ”di lui sono stato prima maestro, poi discepolo”. Cosa farebbe oggi Bettazzi, che ha visto con dolore l’avvio della guerra in Ucraina? “Non lascerebbe solo chi lotta per la pace – ha concluso Chiara – e farebbe girare instancabilmente le informazioni”. Perché – come segnala padre Tonio dell’Olio – il vescovo “è tutt’altro che un protagonista del passato: è piuttosto un uomo del futuro. Si è proteso in avanti, ha anticipato il domani, ha aperto squarci su ciò che ci attende”. L’incontro è stato coordinato da Mauro Scaroni, consigliere nazionale di Pax Christi. Redazione Italia
Eirenefest Bergamo: l’aiuola che ci fa tanto feroci
“L’aiuola che ci fa tanto feroci. Antologia contro la guerra: pacifismo, obiezione di coscienza, disobbedienza civile” (Altreconomia, 2025), di Giulio Marcon è stato il libro presentato nel corso di Eirenefest il 28 Aprile all’interno della Fiera dei Librai. Questa preziosa antologia, curata da Giulio Marcon, portavoce della campagna “Sbilanciamoci” e attivista per la pace, nell’introduzione ricostruisce la storia dell’impegno dei pacifisti, degli obiettori di coscienza e dei disobbedienti alla guerra.  Nella presentazione di lunedì 28 aprile presso EireneFest Bergamo si è partiti dal titolo evocativo che riprende una citazione dal Paradiso di Dante, “L’aiuola che ci fa tanto feroci” quando, raggiunto il settimo cielo, Beatrice lo esorta a volgere indietro un ultimo sguardo verso il mondo e in quello sguardo il poeta immagina la Terra come una piccola aiuola, forse non così rilevante di fronte all’universo, ma ferocemente contesa dai suoi abitanti.  A distanza di secoli, il genere umano si è diviso, ancora una volta, per contendersi l’aiuola: la guerra è tornata, purtroppo, al centro della storia, lo è sempre stata ma in questa fase ancora di più e occupa ancora il nostro presente, si nutre del linguaggio della politica e dell’economia. Il riarmo non può che alimentare il rischio di nuove guerre e mette a repentaglio le risorse per quello di cui ci sarebbe bisogno: il lavoro, la transizione ecologica, il welfare, la sanità e l’istruzione.  Nonostante questo – dice Marcon – non  sono venuti meno il bisogno di rilanciare l’obiezione di coscienza e la disobbedienza civile alla guerra e agli eserciti, è urgente rilanciare il pensiero e il movimento pacifista nel dibattito pubblico e introdurre nuove azioni per la pace e contro il riarmo.  Qual è la strada per mettere al bando la guerra? L’antologia propone una selezione di testi di persone impegnate direttamente in un cammino per la nonviolenza e la pace, costruito attraverso pratiche di obiezione di coscienza e disobbedienza civile che ancora oggi possono insegnarci molto: testi filosofici, religiosi e giuridici insieme a narrazioni e poesie di uomini e donne dall’Antigone di Sofocle, al vangelo di Matteo, fino ad arrivare agli obiettori di coscienza russi e ucraini, passando dagli scritti dei grandi maestri e maestre del passato (Gandhi, Martin Luther King, Rosa Luxemburg, Simone Weil, don Milani, Hannah Arendt, Norberto Bobbio, Aldo Capitini, Danilo Dolci, Alex Langer e molti altri). C’è bisogno di un rinnovamento della cultura pacifista – è stato detto nella discussione – che sia in grado di fare proposte per la prevenzione delle guerre e per la riconciliazione … Fa discutere ancora parlare oggi della legittimità di una “guerra giusta”: ci sono sicuramente delle eccezioni (le guerre di difesa, la Resistenza), ma per Marcon vale – in linea di massima – quanto affermava Erasmo da Rotterdam: “è meglio una pace ingiusta che una guerra giusta”. Nel dialogo con Giulio Marcon, coordinato da Gabriella Cremaschi, presidente della Fondazione Serughetti La Porta, sono intervenuti Aldo Lazzari, portavoce della Rete pace e disarmo bergamasca e Marzia Marchesi, assessora alla pace, intercultura, educazione alla legalità del Comune di Bergamo. Redazione Italia
Eirenefest Bergamo: “Pace” di Arianna Arisi Rota
‘’La pace è un processo. La pace prima la si pensa e poi la si fa.’’ Su questi binari si è svolta la riflessione di Arianna Arisi Rota nel presentare il suo libro “Pace” (Il Mulino, 2024), lunedì 28 aprile al quarto incontro di EireneFest Bergamo. Arianna Arisi Rota, docente di storia delle rivoluzioni del mediterraneo nell’Ottocento e History of Diplomacy all’Università di Pavia, ha ripercorso i vari capitoli del libro snocciolando il “dietro le quinte” dei processi che portano la pace tra nazioni in guerra. L’autrice ci ha offerto un’alfabetizzazione ad alcune tecniche di negoziazione e di come le parti arrivano a stringere accordi di pace. Non una pace come interruzione tra due guerre, ma una pace che possa essere un orizzonte perenne a cui tendere e che tocca a ciascuno di noi presidiare, partendo proprio dal nostro rapporto con il conflitto e da come ci relazioniamo con gli altri. L’incontro ha offerto piste di lavoro per ciascuno di noi dentro uno sguardo duplice, uno verso il micro, dentro alle relazioni nelle comunità e uno verso il macro, in ciò che succede negli organi di governo delle nazioni, in ciò che spesso non si vede e dove il più delle volte si raggiungono importanti traguardi che portano ad una pace reale. Ci si è soffermati inoltre sul tema dei paesaggi emotivi e di come la condizione di guerra e precarietà influenza drasticamente la prospettiva civica di un paese e di quanto sia urgente continuare ad allenarsi al pacifismo come gestione creativa del conflitto, a partire proprio da quello relazionale, fino ad usare l’immaginazione nella risoluzione pacifica di conflitti armati, perché come ci ha ricordato l’autrice, nel dramma di una guerra anche un grammo di pace può fare la differenza. L’incontro è stato coordinato da Simone Pezzotta, coordinatore dell’Area Cultura delle ACLI di Bergamo. Redazione Italia
Eirenefest Bergamo: Danilo Dolci, una rivoluzione nonviolenta
Ci sono persone nelle quali la vita e l’opera costituiscono un inseparabile intreccio. Questo legame tra attività quotidiana e dimensione sociale è un tratto fondamentale che caratterizza le esperienze e le scelte di Danilo Dolci, raccontate nel libro “Danilo Dolci, una rivoluzione nonviolenta”, che Giuseppe Barone ha presentato nel terzo incontro di EireneFest a Bergamo. Dolci è una personalità poliedrica: un poeta creativo, un comunicatore maieutico, un cittadino radicato nella Costituzione, un testimone della lotta contro le mafie, un innovatore profetico. E tutti questi aspetti di connettono e si alimentano tra loro. Per Dolci la poesia (dal verbo “poieo”) significa fare, inventare, comporre, creare. È l’impulso che ci spinge ad essere cittadini attivi. In una delle ultime poesie, racconta di “splendenti arance scivolare dai camion al macero. Ma non basta saperlo. Che si fa?”. La comunicazione non unidirezionale è un metodo e un obiettivo irrinunciabile. Non basta trasmettere, bisogna comunicare reciprocamente. Le iniziative di protesta (dal digiuno allo sciopero alla rovescia) sono sempre guidate da una consapevolezza dei diritti “costituzionali” e puntano sempre ad un cambiamento concreto. Dei politici collusi con i mafiosi fa nomi e cognomi, perché altrimenti la lotta alla mafia è soltanto “letteratura”. Dolci ha uno sguardo presbite, vede oltre l’orizzonte: a  chi obietta che la nonviolenza non ha portato a cambiamenti strutturali, risponde con la necessità di sperimentazioni per “promuovere una nuova storia”. L’incontro è stato coordinato da Rocco Artifoni, responsabile comunicazione del Coordinamento provinciale di Libera a Bergamo.   Redazione Italia
Eirenefest Bergamo, secondo evento: comunicare la Pace
Cosa succede quando guerra e comunicazione si incontrano e diventano l’una la migliore alleata dell’altra? Quali sono gli strumenti, gli attori, le strategie e gli stratagemmi che vengono realizzati quando si parla ad un popolo in guerra e al suo nemico? Questi sono alcuni degli interrogativi cui risponde il libro  “Campagne di guerra. Centocinquant’anni di comunicazione, pubblicità, propaganda” (Prospero, 2023) scritto da Giuseppe Mazza e presentato venerdì 25 aprile, presso EireneFest a Bergamo. L’autore, comunicatore e studioso di comunicazione, si è dedicato a lungo all’esplorazione e all’analisi della propaganda e di come questa diventi parte del discorso della guerra. È partito dall’assunto che la guerra non sia un fenomeno naturale intrinseco alla natura umana, quanto un artificio scelto e creato. Ha raccontato di quanto i popoli, in realtà, abbiano nella storia respinto le campagne di comunicazione pensate per far loro interiorizzare il bisogno di attivarsi e abbracciare le armi e di come sia necessario ripartire dalla determinazione del popolo, in questo caso il nostro popolo, quello italiano, che ha deciso di ripudiare la guerra. Ripudiare: cioè, respingere qualcosa che fino a quel momento si era in qualche modo accettato. La Costituzione della Repubblica Italiana, all’art. 11, sancisce una posizione netta di distanza e rifiuto della guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti: un articolo, secondo Mazza, che è una linea guida di politica estera e dovrebbe stagliarsi come riferimento certo. Il discorso sulla pace ha bisogno di trovare una propria forma ed articolazione, popolare, democratica, che si svincoli dal linguaggio, dai miti e dalle narrazioni belliche prevalenti. L’incontro è stato coordinato da Rosita Poloni, coordinatrice dell’associazione italiana Amici di Neve Shalom Wahat al-Salam. Redazione Italia