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“Non si ferma il vento”. Roma sostiene la Global Sumud Flotilla
Migliaia di persone si sono riunite oggi alle 19 a Roma in piazzale Aldo Moro, davanti all’Università la Sapienza. Ha funzionato il tam tam partito subito dopo l’attacco di un drone israeliano che in Tunisia ha danneggiato una delle imbarcazioni in partenza per Gaza. “Blocchiamo tutto! Sciopero generale! Non si ferma il vento. Siamo Global Sumud Flotilla” dicono slogan e striscioni. Le richieste sono chiare: il governo, le istituzioni, le facoltà universitarie devono isolare politicamente ed economicamente Israele e difendere la Flotilla. Un presidio  di solidarietà e denuncia dominato dagli studenti delle scuole superiori e delle università, ma al tempo stesso una fetta di popolo di Roma unito finalmente al di là delle sigle politiche e sindacali: ecco l’”equipaggio di terra”, che non si lascia intimidire dalle minacce e dagli attacchi israeliani. Il presidio si trasforma in corteo diretto a piazza Vittorio e si annuncia una mobilitazione permanente nei prossimi giorni a sostegno della Global Sumud Flotilla. Mauro Carlo Zanella
Attacco con un drone alla Sumud Flotilla (1/2: corrispondenza con Antonio Mazzeo)
A mezzanotte di ieri 8 settembre 2025 un drone ha colpito con dell'esplosivo una delle imbarcazioni della Global Sumud Flotilla in acque tunisine, nessun ferito a bordo, ma danni alla barca. Antonio La Picirella a bordo della stessa imbarcazione racconta il fatto e commenta le dichiarazioni dello stato tunisino che tentano di negare quello che i video mostrano, ossia che si è trattato di un attacco deliberato. Antonio Mazzeo commenta con noi l'accaduto, ennesima dimostrazione dell'israelizzazione del Mediterraneo.
Drone contro barca della Sumud Flotilla nelle acque tunisine
Nella notte un drone militare ha colpito una delle imbarcazioni della Global Sumud Flotilla nelle acque tunisine, la Family boat, su cui risultano imbarcati diversi membri del comitato organizzatore, fra cui Greta Thumberg, Thiago Avila, Yasemin Acar. Le immagini di un video diffuso dagli attivisti della Gsf mostrano il momento esatto in […] L'articolo Drone contro barca della Sumud Flotilla nelle acque tunisine su Contropiano.
Team della Ocean Viking bloccato a bordo per protocolli sanitari inadeguati
Dopo l’attacco armato, il personale della Ocean Viking è ancora bloccato a bordo a causa di protocolli anti-tubercolosi lunghi e inadeguati. Lunedì 25 agosto, la Ocean Viking, la nave di ricerca e soccorso di SOS MEDITERRANEE, noleggiata in collaborazione con la Federazione Internazionale della Croce Rossa (FICR), ha sbarcato 87 sopravvissuti ad Augusta, in Sicilia. Da allora, alla nave è stato ordinato di rimanere all’ancora fuori dal porto. 34 persone, tra cui 25 tra personale di SOS MEDITERRANEE e della FICR, nonché 9 membri dell’equipaggio, sono rimaste bloccate a bordo e non è stato ancora loro permesso di scendere a terra o di ricevere l’assistenza essenziale richiesta. Durante lo sbarco, un sopravvissuto, un minore non accompagnato, è stato messo in isolamento dall’USMAF (le autorità sanitarie italiane responsabili della valutazione sanitaria all’arrivo) e sottoposto a test per la tubercolosi (TBC), con esito positivo. Il caso era stato precedentemente identificato dal personale medico di SOS MEDITERRANEE-IFRC a bordo, che aveva attivato la procedura di isolamento, come previsto dalle nostre linee guida mediche, e aveva indirizzato il paziente alle autorità sanitarie italiane per il follow-up medico all’arrivo. Di conseguenza, le autorità sanitarie italiane non hanno concesso la “libera pratica” alla MV Ocean Viking, una dichiarazione necessaria per consentire all’equipaggio di sbarcare a seguito della certificazione di esenzione da malattie infettive della nave da parte delle autorità sanitarie competenti. Mercoledì 27 agosto, il personale sanitario italiano è salito a bordo della nave alle 11:19 per sottoporre tutti i membri dell’equipaggio al test di Mantoux (test cutaneo alla tubercolina). I risultati del test di Mantoux sono disponibili tra le 48 e le 72 ore e sono attualmente attesi tra venerdì 29 agosto e sabato 30 agosto. I soggetti vaccinati con il vaccino BCG potrebbero presentare una reazione positiva; in tali casi, l’USMAF ci ha informato che i soggetti con risultati positivi saranno sottoposti a radiografia del torace per escludere un’infezione attiva. Siamo profondamente preoccupati per questa situazione, poiché la logica di una procedura così prolungata rimane poco chiara e incoerente con gli standard medici internazionali sulla prevenzione e il trattamento della tubercolosi. Il sopravvissuto è stato immediatamente isolato a bordo dal nostro equipaggio, riducendo al minimo le interazioni e utilizzando sempre i DPI, prima di essere indirizzato all’USMAF come da prassi consolidata. I test di Mantoux sono stati eseguiti meno di 96 ore dopo il primo contatto, un lasso di tempo in cui l’infezione non può essere rilevata. Le linee guida internazionali, come gli Standard dell’Unione Europea per la Cura della Tubercolosi (ESTC), riconoscono che il test cutaneo eseguito immediatamente dopo l’esposizione è privo di significato dal punto di vista medico, poiché la risposta immunitaria diventa rilevabile solo settimane dopo. Inoltre, il test è stato applicato universalmente piuttosto che in base al rischio effettivo: prove scientifiche e linee guida della European Respiratory Society (ERS) e dell’ECDC dimostrano che una trasmissione significativa richiede un’esposizione prolungata e non protetta, cosa che non si è verificata in questo caso. Ciononostante, il nostro equipaggio rimane confinato a bordo. Secondo le linee guida dell’OMS, l’isolamento o la quarantena sono giustificati solo per le persone con tubercolosi infettiva attiva o con contatti realmente ad alto rischio, e devono sempre rappresentare la misura meno restrittiva possibile. L’attuale confinamento manca quindi sia di giustificazione medica che di fondamento etico. I nostri sforzi rimangono concentrati sul supporto al nostro team a bordo della nave, anche da remoto, mentre affrontano questa situazione, insieme al trauma in corso a causa del recente attacco della Guardia Costiera libica. Ciononostante, il loro rapido sbarco è fondamentale per consentire di accedere all’assistenza psicologica e garantire il loro trasferimento in un ambiente estraneo alla loro recente esperienza traumatica. “Dopo che la Guardia Costiera libica ha sparato al nostro team domenica scorsa, siamo ora costretti a sopportare questo isolamento ingiustificato a bordo”, dichiara Angelo Selim, coordinatore delle operazioni di ricerca e soccorso a bordo dell’Ocean Viking. “Questo sta accadendo proprio nel luogo in cui si è verificato questo incidente potenzialmente letale, impedendoci di prendere le distanze fisicamente e mentalmente dall’evento traumatizzante”, conclude.   Redazione Italia
Dopo il Leoncavallo parte l’attacco al Cpa di Firenze
L’attacco che La Nazione ha rivolto al CPA Firenze Sud: è un atto politico. Non a caso la penna del giornale borghese sceglie di parlare non di quarant’anni di autorganizzazione, ma di conti non pagati, di morosità, di bollette sospese. È la traduzione consueta che il potere utilizza quando vuole […] L'articolo Dopo il Leoncavallo parte l’attacco al Cpa di Firenze su Contropiano.
La Guardia Costiera libica spara per 20 minuti contro la Ocean Viking
Ieri pomeriggio, alle 15:03 ora locale, la MV Ocean Viking, nave di ricerca e soccorso noleggiata da SOS MEDITERRANEE in collaborazione con la Federazione internazionale delle società della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa (IFRC), è stata deliberatamente presa di mira in un attacco a fuoco da parte della Guardia Costiera libica. Sebbene nessuno sia rimasto ferito fisicamente, tutti a bordo hanno temuto per la propria vita e le attrezzature di soccorso essenziali, così come la nave stessa, hanno subito danni significativi. Al momento dell’attacco, la Ocean Viking si trovava in acque internazionali, a circa 40 miglia nautiche a nord della costa libica, quando è stata avvicinata da una motovedetta di classe Corrubia della Guardia Costiera libica. Con 87 sopravvissuti già a bordo – soccorsi tra la notte di sabato 23 agosto e la mattina di domenica 24 agosto in due diverse operazioni – la nostra nave era stata autorizzata dal Centro di coordinamento italiano a interrompere la rotta verso il porto di sbarco assegnato e a cercare un’altra imbarcazione in difficoltà nelle acque internazionali. Mentre i nostri team erano impegnati nella ricerca del caso di soccorso, la Ocean Viking è stata avvicinata dalla motovedetta libica, che ha illegalmente chiesto di lasciare la zona e dirigersi verso nord. L’informazione ci è stata fornita prima in inglese e poi in arabo, con la traduzione del nostro mediatore culturale a bordo, che ha informato dal ponte che la Ocean Viking stava lasciando la zona. Tuttavia, senza alcun preavviso o ultimatum, due uomini a bordo della motovedetta hanno aperto il fuoco sulla nostra nave umanitaria, iniziando un assalto durato almeno 20 minuti ininterrotti direttamente contro di noi. Durante l’assalto, la motovedetta ha circondato la Ocean Viking, prendendo di mira deliberatamente i membri dell’equipaggio sul ponte, la parte della nave dove si svolgono le operazioni di navigazione e di governo. L’attacco ha causato fori di proiettile all’altezza della testa, la distruzione di diverse antenne, quattro finestre rotte sul ponte e diversi proiettili che hanno colpito e danneggiato i tre RHIBS (motoscafi di soccorso veloci), insieme ad altre attrezzature di soccorso. Mentre l’attacco era in corso, le squadre di SOS MEDITERRANEE e dell’IFRC hanno messo in sicurezza gli 87 sopravvissuti prima di rifugiarsi all’interno della nave. Fortunatamente, nessun membro dell’equipaggio o sopravvissuto a bordo ha riportato ferite. Dopo l’incidente, la Ocean Viking ha lanciato un segnale di soccorso e allertato la NATO, chiedendo protezione e assistenza. La nostra nave è stata indirizzata alla più vicina unità della NATO, una nave della Marina italiana. Tuttavia, la Marina italiana non ha mai risposto alla chiamata. Questo incidente non è stato solo un atto oltraggioso e inaccettabile: i metodi, le circostanze e le dinamiche dimostrano chiaramente che si è trattato di un attacco deliberato e mirato contro il nostro equipaggio e, in secondo luogo, contro le nostre capacità di soccorso. Non si tratta di un caso isolato: la Guardia Costiera libica ha una lunga storia di comportamenti sconsiderati che mettono in pericolo le persone in mare, violano palesemente i diritti umani e mostrano un totale disprezzo per il diritto marittimo internazionale. Eppure gli Stati europei, con l’Italia in prima linea, continuano a sostenere, equipaggiare e addestrare la Guardia Costiera libica. La motovedetta 2 utilizzata dalla Guardia Costiera libica durante l’attacco era stata donata dall’Italia nel 2023 nell’ambito del programma dell’Unione Europea “Support to Integrated Border and Migration Management in Libya (SIBMMIL)” (Sostegno alla gestione integrata delle frontiere e della migrazione in Libia). Nel luglio 2023, la Ocean Viking ha subito un violento scontro quando una motovedetta simile ha sparato vicino ai nostri gommoni durante un salvataggio. Nonostante le nostre richieste pubbliche, non è stata aperta alcuna indagine. “Chiediamo che venga condotta un’indagine approfondita sugli eventi di ieri pomeriggio e che i responsabili di questi atti che mettono a repentaglio la vita delle persone siano assicurati alla giustizia”, afferma Valeria Taurino, direttrice generale di SOS MEDITERRANEE Italia. “Chiediamo inoltre la cessazione immediata di ogni collaborazione europea con la Libia. Un soggetto che avanza rivendicazioni illegali in acque internazionali, ostacola deliberatamente i soccorsi a persone in pericolo di morte e prende di mira operatori umanitari disarmati e persone salvate non può essere considerata un’autorità competente. Non possiamo accettare che una guardia costiera riconosciuta a livello internazionale compia aggressioni illegali. Chiediamo inoltre la fine della criminalizzazione dei soccorsi, atteggiamento che non fa altro che creare un terreno fertile per questi attacchi incredibilmente violenti”, conclude Taurino. La nostra nave sta ora navigando verso nord. Il capitano della Ocean Viking ha esercitato la sua autorità superiore per impostare la rotta verso Siracusa, il porto di origine, per sbarcare tutti gli 87 sopravvissuti ed effettuare le riparazioni critiche necessarie. Le autorità italiane hanno confermato la destinazione. Redazione Italia
L’esercito israeliano ha attaccato Handala in acque internazionali e rapito 21 civili disarmati
La Freedom Flotilla Coalition conferma che la nave civile Handala, in navigazione per rompere l’illegale e genocida blocco imposto da Israele alla popolazione palestinese di Gaza, è stata violentemente intercettata dalle forze militari israeliane in acque internazionali, a circa quaranta miglia nautiche dalla costa. Alle ore 11:43 (ora palestinese), le forze di occupazione hanno disattivato le telecamere a bordo della Handala e ogni comunicazione con l’equipaggio è stata interrotta. La nave, disarmata e impegnata in una missione umanitaria, trasportava beni di prima necessità destinati alla popolazione civile: latte in polvere per neonati, pannolini, alimenti e medicinali. L’intero carico era di natura civile e non militare, destinato alla distribuzione diretta a una popolazione stremata dalla fame indotta e dal collasso sanitario provocato dal blocco. A bordo della Handala si trovavano 21 civili provenienti da 12 Paesi, tra cui parlamentari, avvocatə, giornalistə, sindacalisti, ambientalisti e difensorə dei diritti umani. L’equipaggio comprende: Stati Uniti: Christian Smalls (fondatore dell’Amazon Labor Union), Huwaida Arraf (avvocata per i diritti umani, Palestina/USA), Jacob Berger (attivista ebreo-americano), Bob Suberi (veterano di guerra ebreo statunitense), Braedon Peluso (attivista e marinaio), Frank Romano (avvocato internazionale e attore, Francia/USA). Francia: Emma Fourreau (eurodeputata e attivista, Francia/Svezia), Gabrielle Cathala (parlamentare ed ex operatrice umanitaria), Justine Kempf (infermiera di Médecins du Monde), Ange Sahuquet (ingegnere e attivista per i diritti umani). Italia: Antonio Mazzeo (insegnante, ricercatore per la pace e giornalista), Antonio “Tony” La Picirella (attivista per la giustizia climatica e sociale). Spagna: Santiago González Vallejo (economista e attivista), Sergio Toribio (ingegnere e ambientalista). Australia: Robert Martin (attivista per i diritti umani), Tania “Tan” Safi (giornalista e attivista di origini libanesi). Norvegia: Vigdis Bjorvand (attivista per la giustizia di 70 anni). Regno Unito / Francia: Chloé Fiona Ludden (ex funzionaria ONU e scienziata). Tunisia: Hatem Aouini (sindacalista e attivista internazionalista). A bordo come giornalisti: Marocco: Mohamed El Bakkali (giornalista senior di Al Jazeera, con base a Parigi). Iraq / Stati Uniti: Waad Al Musa (cameraman e reporter di campo per Al Jazeera). Poco prima dell’arrembaggio, l’equipaggio della Handala aveva annunciato che, in caso di detenzione, avrebbe intrapreso uno sciopero della fame e rifiutato ogni forma di cibo dalle forze di occupazione israeliane. L’attacco alla Handala rappresenta il terzo atto di aggressione israeliana contro missioni civili della Freedom Flotilla nel solo 2025. A maggio, un drone ha bombardato la nave civile Conscience in acque europee, ferendo quattro persone e mettendo fuori uso l’imbarcazione. A giugno, la nave Madleen è stata illegalmente sequestrata e dodici civili — tra cui un membro del Parlamento europeo — sono stati rapiti. Israele continua a ignorare le ordinanze vincolanti della Corte Internazionale di Giustizia, che obbligano lo Stato occupante a facilitare l’accesso umanitario alla Striscia di Gaza. Gli attacchi contro missioni civili e pacifiche rappresentano una gravissima violazione del diritto internazionale. “Israele non ha alcuna autorità legale per detenere civili internazionali a bordo della Handala,” ha dichiarato Ann Wright, membro del comitato direttivo della Freedom Flotilla. “Non si tratta di una questione interna a Israele. Parliamo di cittadini stranieri che agivano nel rispetto del diritto internazionale e si trovavano in acque internazionali. La loro detenzione è arbitraria, illegittima, e deve cessare immediatamente.” Appello alla mobilitazione civile: facciamo sentire la nostra voce Chiediamo con forza ai Ministri degli Esteri, alle ambasciate e alle autorità consolari dei Paesi coinvolti di attivarsi subito per la liberazione immediata delle persone rapite e per la condanna pubblica di questo atto vile, illegale e intimidatorio da parte delle forze di occupazione israeliane. Invitiamo la cittadinanza a mobilitarsi ovunque: * Scriviamo ai ministri e alle ambasciate * Tempestiamo di email i rappresentanti politici * Contattiamo la stampa, i giornalisti, le ONG * Riempiamo i social di messaggi di denuncia Ogni minuto di silenzio è complicità. È il momento di agire, dal basso, con forza e dignità. La legalità non può essere sospesa ancora una volta quando si tratta di Palestina. La libertà di Gaza passa anche dal mare. Noi non ci fermeremo: continueremo a salpare fino a che la Palestina sarà libera. Inviare mail a: Ministro degli Esteri Antonio Tajani: segreteria.ministro@esteri.it Ambasciata d’Italia a Tel Aviv: amb.telaviv@esteri.it Unità di crisi Farnesina (per tutela cittadini all’estero): unita.crisi@esteri.it Redazione Italia
Storia di venti di guerra e leader criminali
Metti insieme un Netanyahu in preda a furore criminale, un Trump sempre più colluso e un’UE impotente e in parte connivente, ed otterrai il più esplosivo dei cocktail geopolitici: la nullità del Tnp del 1970 (Trattato di non proliferazione nucleare posto sotto il regime di salvaguardia dell’Agenzia atomica di Vienna) Quanto sta accadendo da tre giorni a questa parte tra Tel Aviv e Teheran sta trascinando lungo una scivolosa china tutto lo scacchiere dell’Asia Occidentale, i cui delicatissimi e precari equilibri geopolitici sono stati stravolti dall’attacco missilistico israeliano agli impianti di ricerca e produzione di energia nucleare iraniani del 12 e 13 giugno. Oltre ad essersi resa responsabile della violazione di trattati internazionali e di ogni principio di proporzionalità, Israele ha dato all’Iran la scusa buona per ritirarsi dal Tnp e sviluppare armi nucleari in piena legalità internazionale. Potrà farlo in base all’articolo 10 del Tnp, che ne permette il recesso quando “eventi straordinari abbiano messo in pericolo gli interessi supremi di uno Stato”. Vedi ad esempio un attacco militare, oltretutto con copertura made in USA, in cui vengono bombardati impianti civili di arricchimento nucleare e vengono uccisi degli scienziati che lavoravano in piena legalità, oltre che due capi dello stato maggiore militare e alcune decine di civili. Un’immagine dell’attacco missilistico israeliano a Teheran Gli impianti iraniani erano infatti sottoposti a regolari ispezioni internazionali e controllati anche tramite l’accordo del 2015, che sostanzialmente toglieva le sanzioni e riportava Teheran ai tavoli internazionali in condizioni di parità e legalità nella produzione di energia nucleare per scopi civili. L’Iran può prendersi fino a 90 giorni per decidere se ritirarsi dal Tnp e in quel caso avrà ogni legittimazione di difendersi, in quanto stato sovrano attaccato militarmente. Quanto accaduto nei giorni scorsi stabilisce un precedente assurdo e terrificante: qualsiasi Stato nucleare potrà bombardare i vicini per ottenere concessioni politiche o per punirli. Se il Tnp diventa carta straccia e il Consiglio di Sicurezza resta imbrigliato nei veti incrociati e nel suddetto art.10, come nel caso della Corea del nord, si rischia che molto presto stati come Arabia Saudita, Turchia, Egitto etc siano legittimati a costruirsi la propria bomba atomica in casa. L’incubo che abbiamo evitato per settant’anni dopo la guerra fredda potrebbe diventare così agghiacciante realtà. Uno dei siti iraniani di arricchimento nucleare per scopi civili colpiti da Israele Inoltre, particolare non da poco, la netta risposta militare iraniana, provocata da Tel Aviv con la solita scusante di “doversi difendere” (stavolta  dalla potenziale minaccia nucleare iraniana) sta avendo un effetto più che benefico – PURTROPPO – sugli oppositori politici di Netanyahu e l’opinione pubblica israeliana.  Malgrado il sempre maggiore dissenso interno e le pressioni internazionali causati dal genocidio del popolo palestinese, questo attacco sposta l’attenzione della società civile e politica israeliana sulla “difesa dalla minaccia nucleare iraniana”. Leader dell’opposizione israeliana come Yair Lapid, hanno dichiarato “pieno sostegno” alla missione contro l’Iran”. E molti israeliani, inoltre, seppure dissidenti rispetto alla guerra di annientamento a Gaza, qualora le rappresaglie iraniane causassero pesanti vittime israeliane si dicono pronti ad appoggiare nuovamente Netanyahu e il suo governo sanguinario. Con tanti saluti alle campagne di protesta e alle pressioni politiche per fermare il genocidio, e la benedizione degli Stati Uniti d’America. Questi ultimi, infatti, rinsalderebbero i propri legami con le lobby israeliane e quelle semite in America e acquisirebbero una posizione geopoliticamente preponderante in Asia occidentale anche nei confronti della Russia, al momento impantanata nella guerra in ucraina. Un modo estremamente rischioso, questo, di imporsi in quanto sovverte equilibri geopolitici faticosamente costruiti negli ultimi 70 anni. Trump e Netanyahu andrebbero destituiti e neutralizzati definitivamente dai loro stessi governi e dalle loro stesse popolazioni, previo processo internazionale per crimini di guerra, crimini contro l’umanità, violazione di numerosi trattati internazionali e perché, rendendo di fatto nullo il Trattato di non proliferazione nucleare a scopo bellico, mettono a rischio la pace e la sicurezza mondiale.   Redazione Italia
La Madleen della Freedom Flotilla assalita nella notte dall’esercito israeliano. Equipaggio rapito e carico confiscato
La Freedom Flotilla Coalition (FFC) conferma che la sua nave civile, Madleen, che trasportava aiuti umanitari a Gaza, è stata attaccata/intercettata con la forza dall’esercito israeliano alle 3:02 CET in acque internazionali a 31.95236° N, 32.38880° E. La nave è stata abbordata illegalmente, il suo equipaggio civile disarmato è stato rapito e il suo carico umanitario, tra cui latte in polvere, cibo e forniture mediche, è stato confiscato. “Israele non ha l’autorità legale per trattenere i volontari internazionali a bordo della Madleen”, ha dichiarato Huwaida Arraf, avvocato per i diritti umani e organizzatrice della Freedom Flotilla. “Questo sequestro viola palesemente il diritto internazionale e gli ordini vincolanti della Corte Internazionale di Giustizia che impongono il libero accesso umanitario a Gaza. Questi volontari non sono soggetti alla giurisdizione israeliana e non possono essere criminalizzati per aver consegnato aiuti o contestato un blocco illegale: la loro detenzione è arbitraria, illegale e deve cessare immediatamente”. Israele sta ancora una volta agendo nella totale impunità. Ha sfidato gli ordini vincolanti della Corte Internazionale di Giustizia di consentire il libero accesso umanitario a Gaza, ha ignorato le leggi internazionali a tutela della navigazione civile e ha respinto le richieste di milioni di persone in tutto il mondo che chiedevano la fine dell’assedio e del genocidio. Questo ultimo atto di aggressione contro la Freedom Flotilla segue l’impunito attacco israeliano con drone alla nostra precedente nave, la Conscience, che ha causato il ferimento di quattro volontari civili e la messa fuori uso della nave, in fiamme nelle acque europee. Quell’attacco immotivato ha violato il diritto internazionale. Ora Israele ha intensificato nuovamente i suoi attacchi prendendo di mira un’altra nave civile pacifica. “I governi del mondo sono rimasti in silenzio quando la Conscience è stata bombardata. Ora Israele sta mettendo nuovamente alla prova quel silenzio”, ha dichiarato Tan Safi, un altro organizzatore della Freedom Flotilla. “Ogni ora senza conseguenze incoraggia Israele a intensificare i suoi attacchi contro i civili, gli operatori umanitari e i fondamenti stessi del diritto internazionale”. Esigiamo: * La fine dell’assedio illegale e mortale di Gaza. * Il rilascio immediato di tutti i volontari rapiti. * La consegna immediata di aiuti umanitari direttamente ai palestinesi, indipendentemente dal controllo della potenza occupante. * Piena responsabilità per gli attacchi militari a Madleen e Conscience. I governi devono adempiere ai loro obblighi di diritto internazionale e smettere di consentire i crimini di Israele. Siamo imperterriti. Ripartiremo. Non ci fermeremo finché l’assedio non finirà e la Palestina non sarà libera. Redazione Italia
GAZA: BLOCCO TOTALE DEGLI AIUTI E BOMBE SULLA FREEDOM FLOTILLA. LE UDIENZE ALL’AJA NON FERMANO I CRIMINI ISRAELIANI
Attende ancora di poter riparare in acque territoriali maltesi la nave Conscience della Freedom Flotilla Coalition, colpita alle 00.23 di venerdì 2 maggio 2025 da un doppio attacco di droni – con ogni probabilità israeliani – mentre si trovava in acque internazionali non lontano dall’isola. A bordo ci sono 30 attiviste e attivisti, illesi per puro caso. La nave imbarca acqua, rischia di affondare, ed è senza energia elettrica perché gli attacchi hanno colpito, a prua, il generatore di corrente. Malta ha inviato un rimorchiatore a controllare la situazione. La nave era pronta a salpare per Gaza carica di aiuti umanitari e materiale medico-sanitario. Su Radio Onda d’Urto l’aggiornamento di sabato 3 maggio con l’attivista di Freedom Flotilla Simone Zambrin, che si trova a Malta dove doveva salire sull’imbarcazione. Ascolta o scarica Dopo l’attacco, la Freedom Flottilla aveva lanciato un segnale di SOS che era stato ignorato da tutti gli stati raggiunti con l’unica eccezione di Cipro del sud, che ha inviato una barca in soccorso della Conscience. Attiviste e attivisti hanno anche chiesto a vari Paesi occidentali di convocare gli ambasciatori israeliani affinchè spieghino diversi dettagli, a partire dal tracciato – raccolto dal sito specializzato in traffico aereo, ADS-B Exchange – che mostra un C-130 Hercules dell’Aeronautica Militare israeliana sorvolare per 7 ore e a bassa quota la zona orientale di Malta poco prima dell’attacco alla nave umanitaria. Nessuno stato ha risposto nemmeno a questo appello. Poche ore prima del raid, tra l’altro, lo stato di Palau aveva deciso di revocare alla nave la propria bandiera, lasciando l’imbarcazione in acque internazionali e senza alcune protezione formale. Su questo aspetto – e non solo – è intervenuta sulle frequenze di Radio Onda d’Urto Chantal Meloni, docente di Diritto penale internazionale all’Università Statale di Milano. Ascolta o scarica. L’attacco alla Freedom Flotilla si inserisce in un contesto di blocco totale degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza imposto da Israele da ormai due mesi. Di questo si sta discutendo nelle udienze alla Corte Internazionale di Giustizia (CIG) dell’Aja. Dei dibattimenti in corso alla Corte internazionale di giustizia dell’Aja abbiamo parlato con il docente di diritto internazionale alla Liverpool John Moores University, avvocato delle vittime di Gaza, Triestino Mariniello. Ascolta o scarica Il tutto mentre nella notte tra venerdì 2 e sabato 3 maggio 2025 a Tel Aviv il gabinetto di guerra israeliano ha deciso di intensificare ancora le “operazioni militari”, cioè il genocidio, nella Striscia di Gaza. Nelle ultime ore un bombardamento israeliano sul campo profughi di Khan Yunis ha ucciso almeno 11 persone, tra cui tre bambini, uno dei quali neonato. Il portavoce della protezione civile di Gaza riferisce che è queste persone si trovavano nella casa della famiglia Al-Bayram. Otto delle vittime, infatti, appartenevano alla stessa famiglia.