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L’esercito israeliano ha attaccato Handala in acque internazionali e rapito 21 civili disarmati
La Freedom Flotilla Coalition conferma che la nave civile Handala, in navigazione per rompere l’illegale e genocida blocco imposto da Israele alla popolazione palestinese di Gaza, è stata violentemente intercettata dalle forze militari israeliane in acque internazionali, a circa quaranta miglia nautiche dalla costa. Alle ore 11:43 (ora palestinese), le forze di occupazione hanno disattivato le telecamere a bordo della Handala e ogni comunicazione con l’equipaggio è stata interrotta. La nave, disarmata e impegnata in una missione umanitaria, trasportava beni di prima necessità destinati alla popolazione civile: latte in polvere per neonati, pannolini, alimenti e medicinali. L’intero carico era di natura civile e non militare, destinato alla distribuzione diretta a una popolazione stremata dalla fame indotta e dal collasso sanitario provocato dal blocco. A bordo della Handala si trovavano 21 civili provenienti da 12 Paesi, tra cui parlamentari, avvocatə, giornalistə, sindacalisti, ambientalisti e difensorə dei diritti umani. L’equipaggio comprende: Stati Uniti: Christian Smalls (fondatore dell’Amazon Labor Union), Huwaida Arraf (avvocata per i diritti umani, Palestina/USA), Jacob Berger (attivista ebreo-americano), Bob Suberi (veterano di guerra ebreo statunitense), Braedon Peluso (attivista e marinaio), Frank Romano (avvocato internazionale e attore, Francia/USA). Francia: Emma Fourreau (eurodeputata e attivista, Francia/Svezia), Gabrielle Cathala (parlamentare ed ex operatrice umanitaria), Justine Kempf (infermiera di Médecins du Monde), Ange Sahuquet (ingegnere e attivista per i diritti umani). Italia: Antonio Mazzeo (insegnante, ricercatore per la pace e giornalista), Antonio “Tony” La Picirella (attivista per la giustizia climatica e sociale). Spagna: Santiago González Vallejo (economista e attivista), Sergio Toribio (ingegnere e ambientalista). Australia: Robert Martin (attivista per i diritti umani), Tania “Tan” Safi (giornalista e attivista di origini libanesi). Norvegia: Vigdis Bjorvand (attivista per la giustizia di 70 anni). Regno Unito / Francia: Chloé Fiona Ludden (ex funzionaria ONU e scienziata). Tunisia: Hatem Aouini (sindacalista e attivista internazionalista). A bordo come giornalisti: Marocco: Mohamed El Bakkali (giornalista senior di Al Jazeera, con base a Parigi). Iraq / Stati Uniti: Waad Al Musa (cameraman e reporter di campo per Al Jazeera). Poco prima dell’arrembaggio, l’equipaggio della Handala aveva annunciato che, in caso di detenzione, avrebbe intrapreso uno sciopero della fame e rifiutato ogni forma di cibo dalle forze di occupazione israeliane. L’attacco alla Handala rappresenta il terzo atto di aggressione israeliana contro missioni civili della Freedom Flotilla nel solo 2025. A maggio, un drone ha bombardato la nave civile Conscience in acque europee, ferendo quattro persone e mettendo fuori uso l’imbarcazione. A giugno, la nave Madleen è stata illegalmente sequestrata e dodici civili — tra cui un membro del Parlamento europeo — sono stati rapiti. Israele continua a ignorare le ordinanze vincolanti della Corte Internazionale di Giustizia, che obbligano lo Stato occupante a facilitare l’accesso umanitario alla Striscia di Gaza. Gli attacchi contro missioni civili e pacifiche rappresentano una gravissima violazione del diritto internazionale. “Israele non ha alcuna autorità legale per detenere civili internazionali a bordo della Handala,” ha dichiarato Ann Wright, membro del comitato direttivo della Freedom Flotilla. “Non si tratta di una questione interna a Israele. Parliamo di cittadini stranieri che agivano nel rispetto del diritto internazionale e si trovavano in acque internazionali. La loro detenzione è arbitraria, illegittima, e deve cessare immediatamente.” Appello alla mobilitazione civile: facciamo sentire la nostra voce Chiediamo con forza ai Ministri degli Esteri, alle ambasciate e alle autorità consolari dei Paesi coinvolti di attivarsi subito per la liberazione immediata delle persone rapite e per la condanna pubblica di questo atto vile, illegale e intimidatorio da parte delle forze di occupazione israeliane. Invitiamo la cittadinanza a mobilitarsi ovunque: * Scriviamo ai ministri e alle ambasciate * Tempestiamo di email i rappresentanti politici * Contattiamo la stampa, i giornalisti, le ONG * Riempiamo i social di messaggi di denuncia Ogni minuto di silenzio è complicità. È il momento di agire, dal basso, con forza e dignità. La legalità non può essere sospesa ancora una volta quando si tratta di Palestina. La libertà di Gaza passa anche dal mare. Noi non ci fermeremo: continueremo a salpare fino a che la Palestina sarà libera. Inviare mail a: Ministro degli Esteri Antonio Tajani: segreteria.ministro@esteri.it Ambasciata d’Italia a Tel Aviv: amb.telaviv@esteri.it Unità di crisi Farnesina (per tutela cittadini all’estero): unita.crisi@esteri.it Redazione Italia
Storia di venti di guerra e leader criminali
Metti insieme un Netanyahu in preda a furore criminale, un Trump sempre più colluso e un’UE impotente e in parte connivente, ed otterrai il più esplosivo dei cocktail geopolitici: la nullità del Tnp del 1970 (Trattato di non proliferazione nucleare posto sotto il regime di salvaguardia dell’Agenzia atomica di Vienna) Quanto sta accadendo da tre giorni a questa parte tra Tel Aviv e Teheran sta trascinando lungo una scivolosa china tutto lo scacchiere dell’Asia Occidentale, i cui delicatissimi e precari equilibri geopolitici sono stati stravolti dall’attacco missilistico israeliano agli impianti di ricerca e produzione di energia nucleare iraniani del 12 e 13 giugno. Oltre ad essersi resa responsabile della violazione di trattati internazionali e di ogni principio di proporzionalità, Israele ha dato all’Iran la scusa buona per ritirarsi dal Tnp e sviluppare armi nucleari in piena legalità internazionale. Potrà farlo in base all’articolo 10 del Tnp, che ne permette il recesso quando “eventi straordinari abbiano messo in pericolo gli interessi supremi di uno Stato”. Vedi ad esempio un attacco militare, oltretutto con copertura made in USA, in cui vengono bombardati impianti civili di arricchimento nucleare e vengono uccisi degli scienziati che lavoravano in piena legalità, oltre che due capi dello stato maggiore militare e alcune decine di civili. Un’immagine dell’attacco missilistico israeliano a Teheran Gli impianti iraniani erano infatti sottoposti a regolari ispezioni internazionali e controllati anche tramite l’accordo del 2015, che sostanzialmente toglieva le sanzioni e riportava Teheran ai tavoli internazionali in condizioni di parità e legalità nella produzione di energia nucleare per scopi civili. L’Iran può prendersi fino a 90 giorni per decidere se ritirarsi dal Tnp e in quel caso avrà ogni legittimazione di difendersi, in quanto stato sovrano attaccato militarmente. Quanto accaduto nei giorni scorsi stabilisce un precedente assurdo e terrificante: qualsiasi Stato nucleare potrà bombardare i vicini per ottenere concessioni politiche o per punirli. Se il Tnp diventa carta straccia e il Consiglio di Sicurezza resta imbrigliato nei veti incrociati e nel suddetto art.10, come nel caso della Corea del nord, si rischia che molto presto stati come Arabia Saudita, Turchia, Egitto etc siano legittimati a costruirsi la propria bomba atomica in casa. L’incubo che abbiamo evitato per settant’anni dopo la guerra fredda potrebbe diventare così agghiacciante realtà. Uno dei siti iraniani di arricchimento nucleare per scopi civili colpiti da Israele Inoltre, particolare non da poco, la netta risposta militare iraniana, provocata da Tel Aviv con la solita scusante di “doversi difendere” (stavolta  dalla potenziale minaccia nucleare iraniana) sta avendo un effetto più che benefico – PURTROPPO – sugli oppositori politici di Netanyahu e l’opinione pubblica israeliana.  Malgrado il sempre maggiore dissenso interno e le pressioni internazionali causati dal genocidio del popolo palestinese, questo attacco sposta l’attenzione della società civile e politica israeliana sulla “difesa dalla minaccia nucleare iraniana”. Leader dell’opposizione israeliana come Yair Lapid, hanno dichiarato “pieno sostegno” alla missione contro l’Iran”. E molti israeliani, inoltre, seppure dissidenti rispetto alla guerra di annientamento a Gaza, qualora le rappresaglie iraniane causassero pesanti vittime israeliane si dicono pronti ad appoggiare nuovamente Netanyahu e il suo governo sanguinario. Con tanti saluti alle campagne di protesta e alle pressioni politiche per fermare il genocidio, e la benedizione degli Stati Uniti d’America. Questi ultimi, infatti, rinsalderebbero i propri legami con le lobby israeliane e quelle semite in America e acquisirebbero una posizione geopoliticamente preponderante in Asia occidentale anche nei confronti della Russia, al momento impantanata nella guerra in ucraina. Un modo estremamente rischioso, questo, di imporsi in quanto sovverte equilibri geopolitici faticosamente costruiti negli ultimi 70 anni. Trump e Netanyahu andrebbero destituiti e neutralizzati definitivamente dai loro stessi governi e dalle loro stesse popolazioni, previo processo internazionale per crimini di guerra, crimini contro l’umanità, violazione di numerosi trattati internazionali e perché, rendendo di fatto nullo il Trattato di non proliferazione nucleare a scopo bellico, mettono a rischio la pace e la sicurezza mondiale.   Redazione Italia
La Madleen della Freedom Flotilla assalita nella notte dall’esercito israeliano. Equipaggio rapito e carico confiscato
La Freedom Flotilla Coalition (FFC) conferma che la sua nave civile, Madleen, che trasportava aiuti umanitari a Gaza, è stata attaccata/intercettata con la forza dall’esercito israeliano alle 3:02 CET in acque internazionali a 31.95236° N, 32.38880° E. La nave è stata abbordata illegalmente, il suo equipaggio civile disarmato è stato rapito e il suo carico umanitario, tra cui latte in polvere, cibo e forniture mediche, è stato confiscato. “Israele non ha l’autorità legale per trattenere i volontari internazionali a bordo della Madleen”, ha dichiarato Huwaida Arraf, avvocato per i diritti umani e organizzatrice della Freedom Flotilla. “Questo sequestro viola palesemente il diritto internazionale e gli ordini vincolanti della Corte Internazionale di Giustizia che impongono il libero accesso umanitario a Gaza. Questi volontari non sono soggetti alla giurisdizione israeliana e non possono essere criminalizzati per aver consegnato aiuti o contestato un blocco illegale: la loro detenzione è arbitraria, illegale e deve cessare immediatamente”. Israele sta ancora una volta agendo nella totale impunità. Ha sfidato gli ordini vincolanti della Corte Internazionale di Giustizia di consentire il libero accesso umanitario a Gaza, ha ignorato le leggi internazionali a tutela della navigazione civile e ha respinto le richieste di milioni di persone in tutto il mondo che chiedevano la fine dell’assedio e del genocidio. Questo ultimo atto di aggressione contro la Freedom Flotilla segue l’impunito attacco israeliano con drone alla nostra precedente nave, la Conscience, che ha causato il ferimento di quattro volontari civili e la messa fuori uso della nave, in fiamme nelle acque europee. Quell’attacco immotivato ha violato il diritto internazionale. Ora Israele ha intensificato nuovamente i suoi attacchi prendendo di mira un’altra nave civile pacifica. “I governi del mondo sono rimasti in silenzio quando la Conscience è stata bombardata. Ora Israele sta mettendo nuovamente alla prova quel silenzio”, ha dichiarato Tan Safi, un altro organizzatore della Freedom Flotilla. “Ogni ora senza conseguenze incoraggia Israele a intensificare i suoi attacchi contro i civili, gli operatori umanitari e i fondamenti stessi del diritto internazionale”. Esigiamo: * La fine dell’assedio illegale e mortale di Gaza. * Il rilascio immediato di tutti i volontari rapiti. * La consegna immediata di aiuti umanitari direttamente ai palestinesi, indipendentemente dal controllo della potenza occupante. * Piena responsabilità per gli attacchi militari a Madleen e Conscience. I governi devono adempiere ai loro obblighi di diritto internazionale e smettere di consentire i crimini di Israele. Siamo imperterriti. Ripartiremo. Non ci fermeremo finché l’assedio non finirà e la Palestina non sarà libera. Redazione Italia
GAZA: BLOCCO TOTALE DEGLI AIUTI E BOMBE SULLA FREEDOM FLOTILLA. LE UDIENZE ALL’AJA NON FERMANO I CRIMINI ISRAELIANI
Attende ancora di poter riparare in acque territoriali maltesi la nave Conscience della Freedom Flotilla Coalition, colpita alle 00.23 di venerdì 2 maggio 2025 da un doppio attacco di droni – con ogni probabilità israeliani – mentre si trovava in acque internazionali non lontano dall’isola. A bordo ci sono 30 attiviste e attivisti, illesi per puro caso. La nave imbarca acqua, rischia di affondare, ed è senza energia elettrica perché gli attacchi hanno colpito, a prua, il generatore di corrente. Malta ha inviato un rimorchiatore a controllare la situazione. La nave era pronta a salpare per Gaza carica di aiuti umanitari e materiale medico-sanitario. Su Radio Onda d’Urto l’aggiornamento di sabato 3 maggio con l’attivista di Freedom Flotilla Simone Zambrin, che si trova a Malta dove doveva salire sull’imbarcazione. Ascolta o scarica Dopo l’attacco, la Freedom Flottilla aveva lanciato un segnale di SOS che era stato ignorato da tutti gli stati raggiunti con l’unica eccezione di Cipro del sud, che ha inviato una barca in soccorso della Conscience. Attiviste e attivisti hanno anche chiesto a vari Paesi occidentali di convocare gli ambasciatori israeliani affinchè spieghino diversi dettagli, a partire dal tracciato – raccolto dal sito specializzato in traffico aereo, ADS-B Exchange – che mostra un C-130 Hercules dell’Aeronautica Militare israeliana sorvolare per 7 ore e a bassa quota la zona orientale di Malta poco prima dell’attacco alla nave umanitaria. Nessuno stato ha risposto nemmeno a questo appello. Poche ore prima del raid, tra l’altro, lo stato di Palau aveva deciso di revocare alla nave la propria bandiera, lasciando l’imbarcazione in acque internazionali e senza alcune protezione formale. Su questo aspetto – e non solo – è intervenuta sulle frequenze di Radio Onda d’Urto Chantal Meloni, docente di Diritto penale internazionale all’Università Statale di Milano. Ascolta o scarica. L’attacco alla Freedom Flotilla si inserisce in un contesto di blocco totale degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza imposto da Israele da ormai due mesi. Di questo si sta discutendo nelle udienze alla Corte Internazionale di Giustizia (CIG) dell’Aja. Dei dibattimenti in corso alla Corte internazionale di giustizia dell’Aja abbiamo parlato con il docente di diritto internazionale alla Liverpool John Moores University, avvocato delle vittime di Gaza, Triestino Mariniello. Ascolta o scarica Il tutto mentre nella notte tra venerdì 2 e sabato 3 maggio 2025 a Tel Aviv il gabinetto di guerra israeliano ha deciso di intensificare ancora le “operazioni militari”, cioè il genocidio, nella Striscia di Gaza. Nelle ultime ore un bombardamento israeliano sul campo profughi di Khan Yunis ha ucciso almeno 11 persone, tra cui tre bambini, uno dei quali neonato. Il portavoce della protezione civile di Gaza riferisce che è queste persone si trovavano nella casa della famiglia Al-Bayram. Otto delle vittime, infatti, appartenevano alla stessa famiglia.  
Attacco di droni contro la nave The Conscience della Freedom Flotilla
Nel cuore della notte tra giovedì 1° maggio e venerdì 2 maggio 2025, la nave della Freedom Flotilla Coalition per Gaza è stata colpita da un attacco di droni. La prua è stata colpita due volte. Le esplosioni hanno provocato un incendio e hanno aperto una breccia nello scafo. Colpito in particolare il generatore di corrente che alimenta l’imbarcazione. La nave, attraccata in acque internazionali al largo di Malta, rischia di affondare e a bordo ci sono 30 attiviste e attivisti per i diritti umani. Al segnale di soccorso SOS da loro inviato a diversi Paesi, soltanto Cipro del sud ha risposto inviando una nave in loro soccorso. Nessun altro Paese ha risposto alla richiesta di aiuto. La Freedom Flotilla era pronta a salpare per Gaza, carica di aiuti umanitari e attrezzature mediche. “Condanniamo fermamente questa azione criminale, terroristica, tendente a impedire l’arrivo di aiuti alla popolazione di Gaza”, afferma il coordinatore di Freedom Flotilla in Italia Zaher Darwish ai microfoni di Radio Onda d’Urto. “Purtroppo ci sono molti Paesi che concorrono in vario modo ad agevolare le azioni terroristiche israeliane, a partire dal governo italiano che conferma ancora rapporti di collaborazione con Israele”, aggiunge Zaher Darwish. Rispetto a questo attacco, il portavoce della Freedom Flotilla Coalition in Italia spiega: “Sembrerebbe che ci sia un’alleanza del crimine trasversale, che attraversa tutto l’Occidente e non soltanto: il regime turco di Erdogan ha impedito all’imbarcazione di partire con gli aiuti per Gaza (eravamo pronti già da mesi). Gli attivisti sono stati bloccati per mesi al porto di Istanbul e 9 attivisti sono stati arrestati per una decina di giorni. C’è un’alleanza criminale che ha il centro in Israele e che attraversa gli Stati Uniti, l’Occidente, ma anche la Turchia, finalizzata a impedire persino una solidarietà umana alla popolazione di Gaza“. Questo attacco poteva uccidere le persone a bordo. È andata bene perché i due colpi hanno colpito la chiglia di punta. Se avessero colpito la parte centrale avrebbero fatto una strage”, aggiunge sempre ai nostri microfoni Michele Borgia, attivista del Media group di Freedom Flotilla, in contatto in queste ore con la Coalizione internazionale della campagna. Tutto questo accade mentre la Croce rossa internazionale fa sapere che “l’intervento umanitario a Gaza è sull’orlo del collasso totale” e l’esercito israeliano prosegue il genocidio: nelle ultime ore i bombardamenti su tutta la Striscia hanno ucciso oltre 30 palestinesi. Uno di questi raid ha preso di mira il campo profughi di al Bureij, uccidendo almeno sette persone in un solo attacco. Alle 14 arriva un aggiornamento: Malta sostiene che “l’incendio a bordo della nave dell’Ong Freedom Flotilla Coalition è stato domato e non sono segnalate vittime”.  La Freedom Flotilla Coalition, ha ribadito che la nave The Conscience è stata attaccata da droni non identificati alle 00:23. La stessa Freedom Flotilla Coalition ha poi ribadito di aver pianificato di salpare per Gaza e “sfidare l’assedio imposto da Israele” e ora chiede che “gli ambasciatori israeliani siano convocati per rispondere delle violazioni del diritto internazionale, tra cui il blocco in corso e il bombardamento della nostra nave civile”, colpita in acque internazionali.   Redazione Italia
ATTACCO DI DRONI CONTRO LA NAVE DELLA FREEDOM FLOTILLA. DOVEVA PARTIRE PER GAZA, ORA RISCHIA DI AFFONDARE CON 30 ATTIVISTI/E A BORDO
Nel cuore della notte tra giovedì 1 maggio e venerdì 2 maggio 2025, la nave della Freedom Flottilla Coalition per Gaza è stata colpita da un attacco di droni. La prua è stata colpita due volte. Le esplosioni hanno provocato un incendio e hanno aperto una breccia nello scafo. Colpito in particolare il generatore di corrente che alimenta l’imbarcazione. La nave, attraccata in acque internazionali al largo di Malta, rischia di affondare e a bordo ci sono 30 attiviste e attivisti per i diritti umani. Al segnale di soccorso SOS da loro inviato a diveri paesi, soltanto Cipro del sud ha risposto inviando una nave in loro soccorso. Nessun altro paese ha risposto alla richiesta di aiuto. La Freedom Flotilla era pronta a salpare per Gaza, carica di aiuti umanitari. “Condanniamo fermamente questa azione criminale, terroristica, tendente a impedire l’arrivo di aiuti alla popolazione di Gaza”, afferma il coordinatore di Freedom Flotilla in Italia Zaher Darwish ai microfoni di Radio Onda d’Urto. “Purtroppo ci sono molti paesi che concorrono in vario modo ad agevolare le azioni terroristiche israeliane, a partire dal governo italiano che conferma ancora rapporti di collaborazione con Israele”, aggiunge Zaher Darwish. Rispetto a questo attacco, il portavoce della Freedom Flotilla Coalition in Italia spiega: “sembrerebbe che ci sia un’alleanza del crimine trasversale, che attraverso tutto l’Occidente e non soltando: il regime turco di Erdogan ha impedito all’imbarcazione di partire con gli aiuti per Gaza (eravamo pronti già da mesi). Gli attivisti sono stati bloccati per mesi al porto di Istanbul e 9 attivisti sono stati arrestati per una decina di giorni. C’è un’alleanza criminale che ha il centro in Israele e che attraversa gli Stati Uniti, l’Occidente, ma anche la Turchia, finalizzata a impedire persino una solidarietà umana alla popolazione di Gaza“. “Questo attacco poteva uccidere le persone a bordo. È andata bene perché i due colpi hanno colpito la chiglia di punta. Se avesse colpito la parte centrale avrebbe fatto una strage”, aggiunge sempre ai nostri microfoni Michele Borgia, attivista del Media group di Freedom Flotilla, in contatto in queste ore con la Coalizione internazionale della campagna. Tutto questo accade mentre la Croce rossa internazionale fa sapere che “l’intervento umanitario a Gaza è sull’orlo del collasso totale” e l’esercito israeliano prosegue il genocidio: nelle ultime ore i bombardamenti su tutta la Striscia hanno ucciso oltre 30 palestinesi. Uno di questi raid ha preso di mira il campo profughi di al Bureij uccidendo almeno sette persone in un solo attacco. Le corrispondenze e i commenti sulle frequenze di Radio Onda d’Urto: * Zaher Darwish, coordinatore della Freedom Flotilla Coalition in Italia. Ascolta o scarica. * Michele Borgia, attivista del Media group di Freedom Flotilla, in contatto in queste ore con la Coalizione internazionale della campagna. Ascolta o scarica.