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Testimonianze di sterminio per fame a Gaza
Mentre da Gaza arrivano le conferme di uno sterminio per fame da parte di operatori, fuori da ogni sospetto, come quella di un reporter, Bashr, dell’agenzia France Presse (AFP) che dichiara, su Facebook, «non ho più la forza di lavorare per i media. Il mio corpo è magro e non posso più lavorare. Spero che Macron possa aiutarmi a uscire da questo inferno», riceviamo e pubblichiamo un’altra lettera, questa volta tanto lucida quanto disperata di Nancy Hamad, laureanda in economia (vedi le precedenti corrispondenze pubblicate su Pressenza.com:  09/07/25 – 30/06/25 ) «Da almeno cinque giorni le forze militari di occupazione stanno attuando una strategia contro la popolazione della Striscia di Gaza che punta alla morte per fame. Non c’è cibo nella Striscia, i mercati sono vuoti. Noi della mia famiglia e i parenti tutti, avremmo anche i soldi ma al mercato non c’è nulla da comprare: non ci sono né farina, né riso, pasta o zucchero, niente di niente. Sono cinque giorni che abbiamo lo stomaco vuoto. Io e la mia famiglia non mangiamo da cinque giorni e in questa situazione di emergenza assumiamo acqua e sale per evitare gravi conseguenze per la nostra vita (basse concentrazioni di sodio nel sangue, iponatriemia, può avere conseguenze neurologiche e cardiache gravi e inoltre tampona l’acidità dei chetoni, sostanza che si forma quando il corpo inizia a dare fondo a tutte le riserve di grasso in corpo n.d.r.). Voglio che pubblichiate le mie parole affinché il mondo possa rendersi conto di quali metodi usa Israele contro di noi, popolazione civile di  Palestina». Solo nella giornata di domenica 20 luglio si contano almeno 21 bambini vittime della carestia tra i quali un neonato di appena 40 giorni. Sempre nello stesso giorno, sono stati 43 i civili uccisi, a seguito di attacchi all’accampamento di sfollati di  Al-Shati, di cui 7 mentre attendevano gli aiuti da parte della  Humanitarian Foundation, la cosiddetta ONG israelo-statunitense. Il comitato di redazione dell’Agence France Presse, a proposito delle parole di Bashr, ha dichiarato di «aver dovuto assistere, nel corso della propria lunga storia, all’uccisione di propri collaboratori in zone di conflitto armato, a ferimenti o incarcerazioni ma mai alla loro morte per fame» (fonte ANSA). Stefano Bertoldi, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Militarizzazione dell’Istruzione: il ruolo di Leonardo SpA nelle scuole e nelle università
In questo articolo di approfondimento sulle varie ramificazioni della Leonardo SpA nelle filiere educative, formative e della ricerca accademica (clicca qui), Marco Veruggio, ricercatore e divulgatore attento alle dinamiche del lavoro tipiche di un’economia post-industriale e direttore de “puntocritico.info“, ne ripercorre tutta la sua evoluzione. Leonardo SpA. s’impone trionfante sul mercato bellico, potendo contare su nomenclature politiche di riferimento bi-partisan, da Cingolani a Minniti, passando per Luciano Violante e finire con un altro Luciano ma di cognome Floridi, non iscritto al PD ma pur sempre appartenente a quella galassia pilitico-affaristica. Grande spazio viene dato al capolavoro di cooptazione da parte della Leonardo SpA, della scuola pubblica, il liceo digitale “Matteucci” la cui preside, in occasione dell’ inaugurazione, ebbe a dire «i docenti, che sono stati formati per tutto lo scorso anno scolastico da Fondazione Leonardo sono affiancati da esperti esterni in compresenza (i tutor aziendali della Leonardo n.d.r.) coronando quell’osmosi tra azienda e scuola, di cui beneficiano entrambe le realtà». Rileggendo quelle parole, più che dirigente scolastica, Maria Gemelli, sembrava svolgere un ruolo dirigenziale presso un centro per l’impiego o una società di lavoro interinale! Stefano Bertoldi, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Graphic-novel di Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza: la militarizzazione avanza
Va avanti sempre più spedita la propaganda della “cultura militarizzata” che punta da alcuni anni anche al pubblico dei fumetti, il quale, a parte i nostalgici e/o affezionati storici, si avvicina anche alla fascia di età 20-30. Avendo a disposizione sempre nuove risorse finanziarie pubbliche, al contrario delle case editrici pienamente sul mercato, che arrancano, alzano i prezzi di copertina o chiudono, le forze dell’ordine cooptano prestigiosi disegnatori, tutti di “bocca buona”, per realizzare improbabili graphic novel, certamente non all’altezza creativa delle storie che coinvolgono personaggi come Dylan Dog, Tex o Nathan Never. Vediamo, ad esempio, cosa partorisce la mente creativa della casa editrice di Polizia Moderna, dove è nata la saga auto-definita sul loro sito web, totalmente “made in Polizia di Stato”. Come tutti sanno, in Calabria, si è accumulato negli anni un know-how che ci fa eccellere in tutto il mondo nell’ambito del business della cocaina. D’altra parte, tutte le statistiche contenute in diversi studi sulla devianza e la criminalità organizzata ci dicono che gli omicidi In particolare quelli per mafia sono in calo drastico fin dagli anni Novanta, con oltre 3mila omicidi contro i poco più di 300 degli anni ’20 del 2000. Nasce quindi l’esigenza di inventarsi un nuovo ruolo alle forze dell’ordine, non più intente a sventare sparatorie nelle strade come ci descrivevano i film delle saghe “poliziottesche” degli anni ’70, ma a infondere sicurezza nella popolazione. Questa, dal canto suo, era ed è sempre più alle prese con un’altra forma di insicurezza, quella della precarietà lavorativa, delle emergenze climatiche, della caduta in basso dei salari e del potere d’acquisto delle famiglie, solo per citarne alcune. Questo ruolo protettivo quasi “materno” delle forze dell’ordine, che saranno sempre più impegnate nel sedare rivolte sociali e non più ad arrestare mafiosi incalliti, viene impersonata appunto da questi personaggi grotteschi ben disegnati, ma inseriti in sceneggiature che dire improbabili è farle un complimento! Vediamo quali sono, appunto, queste storie avventurose, quasi marziane, attraverso la presentazione del sito web della Polizia di Stato dell’ultimo numero del commissario Mascherpa impegnato in una terra infestata dalla ‘ndrangheta: «Marta e Mascherpa, si concedono una fuga d’amore sulla Sila innevata (ma col cambiamento climatico occorre andare in altissima quota per trovare neve! n.d.r.) , ma nel corso di un’escursione in slitta accadrà l’impossibile. In aiuto arriveranno i colleghi della polizia di montagna, per fortuna presenti sul posto per il servizio di sicurezza sulle piste da sci (sono anni che le piste da sci sono il più delle volte chiuse per assenza di neve, n.d.r.) Le indagini che seguiranno porteranno a sgominare una banda di criminali anche grazie all’intervento dei Nocs. Nel frattempo a Cosenza una ragazza si risveglia stordita e sta quasi per cadere dal cornicione di un palazzo storico, ma verrà salvata e aiutata da una psicologa della Polizia di Stato a ricostruire cosa è accaduto e ad affrontare una terribile verità». Come si può notare, c’è proprio un corto-circuito, un compiacimento tutto autoreferenziale verso personaggi che forzatamente vengono inseriti per dipingere ruoli accudenti e salvifici che in realtà potrebbero benissimo, e spesso già lo sono, essere svolti, per esempio, dal soccorso alpino o da associazioni di auto-mutuo aiuto per il presunto stato di disagio psicologico di cui soffrirebbe la ragazza del fumetto. Lo stile fumettistico è stato preso in prestito in passato anche per i famosi calendari, come quello del 2019 che sottolineava con enfasi come «ad ogni tavola, sono associati i nuovi segni distintivi di qualifica, che consentono di cristallizzare, anche graficamente, l’identità civile della Polizia di Stato. I nuovi segni di qualifica saranno adottati dalla Polizia di Stato nel prossimo anno e offriranno la possibilità di proiettare l’Istituzione verso il futuro, chiudendo il percorso di smilitarizzazione intrapreso con la riforma del 1981». Purtroppo non bastano dei nuovi segni di qualifica, oppure una legge, per trasformare una cultura militare in una di “servizio civile”, lo spirito repressivo legalitario è sempre più spesso all’esercizio arbitrario ed illecito della forza tipico degli anni ’70, permangono e spesso, come in questi ultimi anni, subiscono un’accelerazione dettata da chi sta al governo. Potendo contare sulle nostre tasse per produrre questi capolavori artistici per fini propagandistici, il prezzo di copertina viene interamente devoluto alla sezione Assistenza della Polizia di Stato – Piano Marco Valerio, istituito per sostenere i figli minori dei dipendenti della Polizia di Stato affetti da gravi patologie. Questa sorta di “welfare aziendale” pagato, anche se indirettamente, sempre dalle nostre tasse, va ad aggiungersi a tutti gli altri benefit degli appartenenti alle forze dell’ordine non ultimo quelli introdotto dall’ultimo ex-decreto sicurezza, che offre ai poliziotti la tutela legale gratuita in caso di controversie penali e civili. D’altra parte quest’opera di mistificazione, purtroppo, viene portata avanti anche colpendo fasce di età inferiori, quelle che abitualmente giocano a colorare le figure di alcuni album, con favole e personaggi vari. Nel “Carabifantasy da colorare”, ideato dai creativi della II Sezione ufficio Cerimoniale Stato Maggiore V Reparto presso il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, troviamo la carabiniera-Biancaneve, un carabiniere-cacciatore nerboruto che protegge un Cappuccetto Rosso intento a fare il saluto militare e la linguaccia, al lupo cattivo che scappa, è un carabiniere-Geppetto che accoglie tra le sue braccia un Pinocchio di legno. Accudimento, quasi materno, protezione, difesa dei più deboli, immagine rassicurante e pacificatrice e onnipresente, questi sono i concetti che tentano di veicolare nel pubblico dei più piccoli le forze dell’ordine nell’intento strategico di normalizzare un approccio alla vita e alla convivenza tra persone ispirato alla logica militare. Stefano Bertoldi, Osservatorio contro la militarizzazione delle Scuole e delle Università
Educazione economico-finanziaria, sport e propaganda targata Guardia di Finanza
Lo scorso anno si pensava che il 250mo anniversario della fondazione della Guardia di Finanza, le cui radici vengono fatte risalire in maniera fantasiosa addirittura al Regno di Sardegna, dinastia Sabauda,  sarebbe stato un evento straordinario. Quest’anno, invece, ancora ai primi di luglio, per il 251mo, festeggiato tra il 20 e il 22 giugno, nella capitale giravano ancora gli autobus del Comune, tappezzati con l’immagine di una giovane e fiera donna finanziera, con postura ieratica. Ciò peraltro farebbe pensare ad una parità di genere che in realtà non esiste affatto. Quindi ci risiamo, perché nell’ultimo scorcio di giugno è andata nuovamente in scena l’ennesima propaganda militarista che, come dimostra la GdF, non perde occasione per organizzare, eventi e fiere con gazebi ed effetti speciali come quello allestito sulla terrazza del Pincio cui abbiamo reso visita come Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università. Questa volta l’evento della GdF si è svolto all’insegna dello sport per coinvolgere anche lo/la studente/ssa più svogliato/a, attraverso situazioni accattivanti e “avventurose” come la parete di arrampicata che troneggiava su tutto lo spazio dall’alto dei suoi 15 metri di altezza. Nella famosa terrazza di Villa Borghese, affacciata su piazza del Popolo, con la basilica di S.Pietro all’orizzonte è stata allestita una sorta di Villaggio dello Sport dove, soprattutto i/le bambini/e e i/le ragazzi/e, sono stati/e invitati/e a provare uno dei tanti sport attivati presso i centri sportivi della GdF, le ben note Fiamme Gialle, che insieme ad Esercito, Carabinieri e Polizia monopolizzano la pratica sportiva nei livelli agonistici: «Non proponiamo diverse discipline sportive solo a quei pochi che entreranno nelle squadre agonistiche» –  ha tentato di controbattere un ufficiale, sollecitato dalla nostra domanda sul perché avessero deciso di presentare un corpo militare attraverso una sua sezione organizzativa tutto sommato più che marginale. «I nostri impianti, infatti – prosegue nel suo tentativo il finanziere – sono aperti a tutta la cittadinanza ma soprattutto ai ragazzi». Nella realtà ciò è vero solo in parte. Molti club, associazioni, squadre, infatti, semplicemente si “appoggiano” agli impianti sportivi un po’ come le scuole fanno con le loro palestre nei periodi estivi aprendosi alle associazioni sportive nel perio di fermo delle lezioni. Chi entra nei gruppi sportivi ovviamente rappresenta una élite stracoccolata ma appunto una minoranza. L’effetto scenografico e il coinvolgimento avventuroso e ludico hanno sicuramente un loro effetto dirompente sul piano comunicativo, per gli arditi giovani e le aspiranti finanziere cui viene puntualmente segnalato l’imminente bando di concorso. «Qui al villaggio sportivo – ha precisato un altro finanziere – potete vedere quasi metà e metà di uomini e donne proprio perché noi perseguiamo la parità di genere tant’è vero che questo aspetto viene indicato proprio nel bando». Anche qui l’informazione è stata data scorretta e in modo mistificante perché, se è vero che si tiene conto del genere femminile sul piano fisiologico, ciò viene fatto solamente per differenziare le prove valutative preselettive di carattere ginnico. Non essendo previste delle quote ad hoc per uomini e donne proprio per ristabilire la parità numerica che caratterizza la società nel suo complesso, non possiamo fare altro che sottolineare che nell’ambito delle Forze dell’Ordine e delle Forze Armate il genere femminile è rappresentato da non oltre il 7% della popolazione arruolata. La scelta di marketing, a nostro avviso stracolma di stereotipi scelta per il “Villaggio sportivo” della GdF al Pincio, invece, ha visto le donne rappresentate quasi al 50%: chi stava dietro i banconi e accoglieva sempre con un sorriso affettuoso,  accudente e materno,  mamme e papà con prole erano (giovani) finanziere, poco consapevoli, stando alle risposte date alle nostre domande, di essere parte di una messa in scena di stampo patriarcale. Il capolavoro finale di questa coreografia militaresca è stata, infine,  la coppia di giovanissimi/e cadetti/e in alta uniforme che si aggirava sorridente, come fidanzatini innamorati, con spadino luccicante ai fianchi alla ricerca di foto e selfie, tra un pubblico entusiasta.  Dopo un primo giro di osservazione e di domande “in incognito”, l’Osservatorio  è poi passato all’azione con un gesto, non violento e dimostrativo del nostro dissenso, consistito nel distendere uno striscione con la scritta “Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università” e contemporaneamente nel comunicare alle ragazze e ai ragazzi presenti nonché ai loro genitori, la presenza asfissiante nella società e nelle scuole di questa cultura ormai pervasiva che vede nell’istruzione militare, nella cultura della legalità, noi diremmo panpenalista, un presunto baluardo per la convivenza civile e la pace, ovviamente armata.  Noi dell’Osservatorio stigmatizziamo queste strategie subdole che portano acqua al mulino della “cultura militarializzata”, in questo caso nell’ambito dei reati finanziari e che non a caso, vanno a braccetto anche con una nuova iniziativa dell’Unione Europea, ancora una volta rivolta alla cosiddetta “educazione finanziaria”.  Si tratta di “Young Factor” il progetto di economic and financial literacy leader nella scuola secondaria superiore che mira ad elevare il livello di educazione economico-finanziaria degli studenti italiani e a sviluppare il senso di appartenenza all’Unione Europea. Quindi il senso di appartenenza non si diffonde in questo caso attraverso un messaggio di solidarietà attraverso relazioni economiche alternative alla logica del profitto, forme societarie alternative alle società di capitali, o attraverso una finanza etica dove i soldi sono solo lo strumento per intessere nuove relazioni e creare ricchezza intesa come qualità della vita propria e delle comunità e non come “rendita”.  Il modello proposto dai vari progetti di educazione economico-finanziaria, si avvicina più ad un addestramento per promotori finanziari oppure per futuri “trader online” che forse riusciranno a districarsi tra una truffa e l’altra tra un investimento-bufala e l’altro. Ma certamente non per creare ricchezza all’intera società.  > Stefano Bertoldi, Osservatorio contro la militarizzazione delle Scuole e delle Università
Repressione in Egitto sulla Global March to Gaza. Il racconto del rappresentante dell’Osservatorio
Il nostro “rappresentante” al Cairo, referente per il folto gruppo laziale della Global March to Gaza, riepiloga qui di seguito sia l’organizzazione complessiva e l’unicità di questa iniziativa dal basso a livello mondiale sia la forte, ma non feroce, repressione del governo egiziano stretto tra due fuochi: il primo rappresentato dal legame indissolubile col Governo statunitense che, finanziando quello egiziano, tiene quest’ultimo in vita e sotto ricatto, il secondo da una popolazione ampiamente pro Palestina tragicamente povera e oggi impoverita dalla situazione economica generale e sempre pronta a sollevarsi. Proprio per questo la repressione poliziesca e militaresca portata avanti spesso da soldati-ragazzini non addestrati alla situazione da ordine pubblico, è gioco forza portata avanti anche per non indispettire troppo ampie fette di popolazione che non vedrebbero di buon occhio l’uomo bianco che viene a manifestare proprio a casa loro indisturbato. Proprio per questo motivo militari e poliziotti sono coadiuvati da gruppi speciali di giovani e giovanissimi presi dai bassifondi cui venne data una sorta di libertà a patto di seminare lo scompiglio tra i manifestanti e fornire in ogni situazione un casus belli per intervenire così come è avvenuto durante i fatti di Ismailia, in cui un folto gruppo di attivisti ha deciso di compiere almeno un passo anche se piccolo, ma altamente simbolico, verso la strada per Rafah. La Global March to Gaza, la convergenza pacifica di oltre cinquanta delegazioni di gruppi di persone da altrettanti paesi da tutto il mondo, per mettere pressione al governo sionista affinché apra il valico di Rafah agli aiuti umanitari, rappresenta un unicum nel suo genere. Un movimento genuinamente popolare, a-partitico che voleva avvicinarsi a quel valico che una volta aperto, potrebbe, già da domani, dare un po’ di respiro ai palestinesi, perseguitati e martoriati da oltre un anno e mezzo di massacri indiscriminati guidati da un unico obiettivo: la costituzione della “Grande Israele” un’idea nata verso la fine dell”800 in Europa all’interno del movimento nazionalista, ebreo ortodosso, che vide l’anomala convergenza di movimenti cristiano-evangelici che avevano tutto l’interesse a far convergere la diaspora su un territorio chiamato da secoli Palestina dove da sempre convivevano pacificamente popolazioni di religione ebraica e mussulmana ed altre comunità. Quello di fine ‘800 fu un periodo caratterizzato da un’impennata dell’antisemitismo in tutta Europa, dei movimenti nazionalisti, suprematisti bianchi e cristiani che portò ad una nuova fase dell’imperialismo occidentale e ad espansioni coloniali senza precedenti. Venne quindi “inventato” lo Stato di Israele, prima come forma di presidio imperialista dell’impero britannico, sulle ceneri del nemico turco sconfitto e poi, di quello nascente nordamericano. Questi interessi “occidentali” in Medioriente non sono finiti, tanto che quel lembo di terra con la sindrome, più che comprensibile, dell’accerchiamento, si sono palesati in modo violento, proprio contro il movimento popolare, inedito, chiamato Global March to Gaza che tra l’altro ha anche un’altra particolarità, di cui i governanti occidentali filo-israrliani e le lobby sioniste, in seno alle istituzioni europee, dovrebbero tener conto. Innanzitutto si tratta di una “triade”, via terra e via mare, composta dalla marcia stessa, promossa da diverse associazioni, collettivi, sanitari e medici palestinesi, alcuni dei quali reduci da esperienze sul posto a contatto col genocidio in corso, il convoglio Al-Soumud, una carovana di decine di mezzi, compresi pullman stracolmi di attivisti provenienti da Algeria, Tunisia e Libia e poi la Freedom Flottilla. Quest’ultima, dopo il quasi affondamento di fronte a Malta, della nave Conscience, battente bandiera (poi tolta su ordine di USA/ISRAELE) dell’isolotto di Palau, nel pacifico, ex colonia yankee nel bel mezzo Pacifico, è stata vittima di un’azione bellica gravissima: Barcarole, ribattezzata Madleen dalla Freedom Flottilla, un ketch a vela di 18 mt. è stata raggiunta, ad oltre 120 miglia dal porto israeliano più vicino, da quattro droni che hanno circondato ed irrorato con dei gas urticanti l’imbarcazione che poi è stata abbordata da militari israeliani che ne hanno sequestrato l’equipaggio e rimorchiato la barca, a tutta velocità, fino al porto di Ashdod: un autentico atto di guerra gravissimo in “territorio” inglese, non “apolide” come, appunto, la Conscience che non è stato stigmatizzato a dovere da nessun paese, a cominciare proprio dall’ ex-potenza mandataria di Palestina, il Regno Unito. D’altra parte, ottant’anni di vita militarizzata per chi si illudeva di recarsi, quale “popolo senza terra in una terra senza popolo”, col fucile in mano per imporre un colonialismo di insediamento feroce non sono trascorsi senza fratture interne: via terra, infatti, c’è anche la pressione di alcune minoranze dissidenti israeliane che da est si sono incamminate verso Gaza partendo appunto dal territorio dell'”invasore”. Questo clima militarizzato soffocante è stato mirabilmente descritto da un docufilm “scomodo” come Innocence, del regista ebreo-israeliano Guy Davidi, la cui proiezione è stata recentemente rifiutata da una nota sala “parrocchiale” di Roma a conferma di questa perdurante convergenza tra alcune “sensibilità” cristiane tendenzialmente sioniste, soprattutto in una città in cui la comunità ebraica, così come l’apparato del Vaticano, sono entrambe molto influenti. Nel lavoro di Davidi si trovano tutte le ragioni dei suicidi tra i disertori israeliani e dei sempre più numerosi rimpatri di ebrei da Israele, una sorta di nuova diaspora. Tornando alla “fastidiosa” Global March to Gaza, una serie di circostanze, tra le quali lo scoppio a poca distanza del conflitto armato con scambi reciproci di missili tra Iran e Israele, l’impetuoso avvicinarsi della carovana Sumoud composta da qualche migliaio di commoventi ma scalmanati algerini e tunisini ha fatto saltare i nervi al governo egiziano. Questo da anni si ritrova sempre in bilico tra rapporti di amicizia con gli USA e l’Europa e un rapporto con gli altri paesi arabi del nord Africa sempre molto articolato e complesso. Al-Sisi è al potere anche grazie ai fondi USA, ma tenere a bada una popolazione, ampiamente pro-Palestina sotto scacco di una dittatura che sempre meno è in grado di redistribuire adeguatamente le ricchezze, non è affatto facile: oltre 5mila persone da tutto il mondo e qualche migliaio da ovest via terra, in perfetta coincidenza coi primi missili che si incrociavano nelle vicinanze proprio del valico di Rafah, con accanto numerosi potenziali bersagli militari dell’Iran, hanno rappresentato una variabile semplicemente da accantonare, con le buone (poche) o con le cattive (molte). Ciò che rimane, però, è la consapevolezza di dover fare di più, anche e soprattutto con i propri corpi nei rispettivi paesi complici, per opporsi, proprio come hanno fatto, con i metodi della non violenza, gli oltre mille attivisti ad Ismailia: un passo, non una marcia ma pur sempre verso Gaza. Stefano Bertoldi, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Solidarietà e sostegno dell’Osservatorio alla Global March to Gaza, bloccata in Egitto
L’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università esprime tutta la sua solidarietà alle migliaia di cittadini e cittadine provenienti da tutto il mondo, fra i quali anche Stefano Bertoldi nostro collaboratore, che sono stati bloccati in Egitto, maltrattati e privati di libertà individuali. Ma la Global March to Gaza, il cui intento nobile era quello di portare aiuti alla popolazione palestinese fino a Gaza, continuerà in altre forme. Auguriamo a tutte le volontarie e i volontari che hanno partecipato all’iniziativa di tornare sane e salvi nei loro rispettivi Paesi per continuare a lottare per la liberazione di Gaza. Stupisce come dopo gli aventi malcapitati alla Freedom Flotilla, che aveva provato l’accesso via mare, anche nel caso del tentativo via terra attraverso il passo di Rafah, siano sempre dei semplici cittadini e cittadine ad arrivare fino a lì, mentre è assordante il silenzio delle nazioni, che potrebbero avere mezzi e risorse ben più cospicui per intervenire negli aiuti a Gaza (clicca qui per ulteriori dettagli). Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Solidarietà agli attivisti dell’Osservatorio identificati per azione nonviolenta a bordo dell’Amerigo Vespucci
Il 31 maggio 2025, l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, nelle persone di Stefano Bertoldi e Giuseppe Curcio, si è presentato a bordo della nave Amerigo Vespucci e ha fatto un’azione assolutamente nonviolenta con uno striscione, informando i presenti del motivo per cui siamo contrari alla militarizzazione delle scuole e delle università. Tuttavia, Bertoldi e Curcio sono stati trattenuti inutilmente in caserma per oltre due ore, identificati e, avendo constatato che non c’era nessun tipo di reato ascrivibile, sono stati rilasciati. Si tratta di un chiaro segnale del clima di repressione che viviamo, si tratta della messa in atto di un atteggiamento muscolare che si misura in lunghi tempi d’attesa e inutili identificazioni che, peraltro, non sempre sono giustificate, a meno che non sono inerenti a un qualche reato. A sostegno dei nostri attivisti sono arrivati diversi messaggi di solidarietà da parte di associazioni, sindacati o organizzazioni varie, che riportiamo qui di seguito: L’Associazione Per la Scuola della Repubblica odv sostiene e solidarizza con i partecipanti alla iniziativa nonviolenta di Civitavecchia. -------------------------------------------------------------------------------- Il circolo Arci Oltre i Confini di Bisceglie è solidale e complice con gli attivisti dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole. Sempre più in questi giorni qualsiasi iniziativa non gradita al governo, complice del criminale Netanyahu, è attenzionata se non repressa dalle forze dell’ordine. Un’anticipazione del cosiddetto decreto sicurezza che introduce nuovi reati ed inasprisce le pene, criminalizzando forme legittime di protesta. Contro la conversione in legge del DL in questo momento è in corso una partecipata manifestazione nazionale a Roma. Non ci avrete mai come volete voi! -------------------------------------------------------------------------------- La CUB SUR esprime totale e incondizionata solidarietà agli attivisti dell’osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università Stefano Bertoldi e Giuseppe Curcio per quanto avvenuto il 31 maggggio 2025 a bordo della nave Amerigo Vespucci. -------------------------------------------------------------------------------- Esprimiamo vicinanza e solidarietà agli attivisti dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università fermati al porto di Civitavecchia dove avevano organizzato (in due) una manifestazione di denuncia contro la presenza di studenti e studentesse nelle caserme e sulle navi militari. La colpa di Stefano e Giuseppe è una sola: avere sventolato uno striscione con sopra scritto «Fuori gli studenti dalla nave scuola. Fuori i militari dalla scuola» all’interno di una campagna che dura da alcuni anni contro la militarizzazione delle scuole e delle università e l’utilizzo dei plessi scolastici per esaltare ruolo e funzioni delle Forze Armate, mentre nel frattempo prosegue il genocidio del popolo palestinese e si procede con il Riarmo Europeo. Una manifestazione simbolica di due attivisti derubricata a motivo di ordine pubblico, due attivisti fermati e portati in caserma dai Carabinieri come documentato dal sito dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università. In questa fase storica nella quale il ricorso alla guerra sembra essere la sola risposta alla crisi è di vitale importanza che docenti, genitori e studenti si sottraggano alla necessità della guerra e alla mera giustificazione della militarizzazione. Ma è altrettanto fondamentale attivarsi contro decreti securitari come quello Sicurezza che rappresentano una involuzione del tessuto democratico e una sorta di repressione preventiva contro l’opposizione sociale, qualunque essa sia e a prescindere dalle forme che caratterizzano il dissenso. La scuola non sia un laboratorio di guerra, l’università e la ricerca non si prestino allo sviluppo di tecnologie duali a uso e consumo delle industrie di armi: queste sono le nostre parole d’ordine per costruire un presente e un futuro estraneo alla cultura della guerra. Confederazione Unitaria di Base -------------------------------------------------------------------------------- Il Sindacato Sociale di base esprime piena solidarietà ai due attivisti dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle Università che sono stati fermati a seguito di un’azione assolutamente nonviolenta rivolta a denunciare il crescente e ormai dilagante interesse delle forze armate verso gli studenti e le studentesse italiani/e. Come sempre, dietro una patina ammiccante e buonista, i nostri giovani sono stati invitati a salire sulla Amerigo Vespucci, venendo così a contatto con il mondo militare, presentato come affascinante e magari come allettante per una futura carriera in divisa. Stefano Bertoldi e Giuseppe Curcio hanno srotolato uno striscione con su scritto “«Fuori gli studenti dalla nave scuola. Fuori i militari dalla scuola», uno slogan che ben sintetizza il lavoro di denuncia che ormai da anni porta avanti l’Osservatorio; lo striscione è stato requisito e i due attivisti fermati illegittimamente per due ore. Crediamo che l’Osservatorio debba moltiplicare azioni nonviolente e simboliche come questa, perché è venuto il momento di agire in modo sempre più capillare e concreto, è venuto il tempo di portare i nostri corpi laddove si vorrebbe far credere che il contatto tra le giovani generazioni e il mondo militare sia una cosa del tutto normale; crediamo che di fronte al genocidio in atto a Gaza, di fronte alla guerra che incombe in più parti del mondo sia dovere dei docenti e delle docenti italiani/e e di tutti coloro che credono che la guerra debba uscire dalla storia, costruire momenti di resistenza attiva affinché ai nostri ragazzi e alle nostre ragazze arrivi concretamente un altro insegnamento, anche così si insegna, anche così si mostra loro che è necessario costruire un altro mondo e un altro futuro. Ringraziamo Stefano e Giuseppe per aver rappresentato con coraggio tutto questo e invitiamo tutte le scuole, i docenti, i genitori e gli studenti a dire no a progetti, visite e interventi in collaborazione con le forze armate o forze dell’ordine. La scuola deve essere un laboratorio di pace, di dialogo e di educazione fondata su valori democratici e pacifisti senza collaborazione con chi opera nel contesto della guerra. Sindacato Sociale di Base -------------------------------------------------------------------------------- I Cobas Scuola Cagliari e Bari esprimono piena solidarietà a Stefano Bertoldi e a Giuseppe Curcio, attivisti dell’ Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università. Nessun reato poteva essere loro ascritto, ma sono stati assurdamente trattenuti per due ore dalla polizia col motivo dell’identificazione. La loro protesta si è espressa aprendo uno striscione all’interno del veliero Amerigo Vespucci, pieno di studenti in visita alla nave. La scritta sulla striscione la condividiamo in pieno: “Fuori gli studenti dalla nave scuola. Fuori i militari dalla scuola”. E ancora “Stop genocide in Gaza”, firmato Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università. Il gesto di Stefano Bertoldi e Giuseppe Curcio è un contributo critico che richiama studentesse, studenti, insegnanti e in generale la cittadinanza, alla consapevolezza di che cosa comporti la funzione e la presenza dei militari malgrado le forme di fascinazione che cercano di esercitare in particolare sui giovani, magari attraverso la visita di una nave di grande rappresentanza come la Vespucci. Cobas Scuola Cagliari Cobas Scuola Bari -------------------------------------------------------------------------------- Il 31 maggio al porto di Civitavecchia, Stefano Bertoldi e Giuseppe Curcio, due attivisti dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università sono stati fermati, identificati e, pur essendo chiaro che non ci fosse alcun reato da poter contestare loro, sono stati portati in una caserma e trattenuti per ore. I Cobas-Scuola di Palermo esprimono la loro totale solidarietà nei confronti dei due attivisti dell’Osservatorio di cui si condividono pienamente gli obiettivi e le strategie, la denuncia della costante e invasiva militarizzazione della società e in particolare dell’istruzione. Il trattamento “esemplare” inflitto ai due attivisti è il frutto di un clima repressivo contro ogni forma di dissenso e protesta che trova nell’approvazione del decreto legge sulla sicurezza lo strumento più efficace di controllo e repressione. Come lavoratori della scuola riteniamo che sia nostro compito informare, sensibilizzare e prendere posizione contro la diffusione della cultura securitaria che coinvolge sempre più spesso le/gli studenti in attività finalizzate anche al reclutamento nelle FF.AA. e nelle forze dell’ordine; sosteniamo il personale scolastico che esercita, con determinazione, le prerogative democratiche della scuola pubblica votate alla pace e alla convivenza. Cobas-Scuola Palermo -------------------------------------------------------------------------------- La Scuola per la pace di Torino e Piemonte esprime la propria solidarietà ai compagni dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle Università, Stefano Bertoldi e Giuseppe Curcio, illegittimamente sottoposti a fermo di polizia a seguito della loro identificazione, in occasione di una loro pacifica incursione di protesta sulla nave Vespucci ormeggiata al porto di Civitavecchia il 31 maggio 2025. La Scuola per la pace aderisce formalmente all’Osservatorio e ne condivide le campagne attraverso l’operato di alcune sue componenti. Ci accomunano il focus sul mondo della scuola, l’approccio critico, il metodo nonviolento, la consapevolezza della necessità di una presenza il più possibile incisiva nei contesti più permeati dalla militarizzazione della società. La Scuola per la pace e l’Osservatorio sono legati a doppio filo da un comune sentire e dalla convinzione che il lavoro di denuncia in cui tutt3 siamo impegnat3 non si esaurisca in aspetti culturali e formativi (che rappresentano comunque il terreno in cui germoglia il nostro agire), ma che sia oggi necessario portare i propri corpi e la propria presenza fisica nei luoghi in cui vogliamo fare sentire la nostra voce. Nel mondo virtuale in cui le nostre vite sembrano a volte essersi smarrite, la semplice ma costante (e si auspica crescente) presenza reale di quanti lottano per la pace rappresenta un messaggio potente. Mentre a Civitavecchia i compagni Bertoldi e Curcio venivano fermati, a Torino si svolgeva la 170° “presenza di pace”, un presidio fisico che da più di tre anni si ritrova in piazza tutti i sabati mattina e a cui la SPP ha sempre garantito il suo sostegno. Nelle stesse ore in cui sulla “Vespucci” gli attivisti dell’Osservatorio esponevano il loro striscione, a Torino la SPP lavorava intensamente a costruire una camminata di solidarietà con il popolo palestinese, la cui ambizione è riempire le vie della città con un corteo la cui ideazione è partita proprio dalle scuole, coinvolgendo insegnanti e studenti. Le campagne della SPP sono le campagne dell’Osservatorio e sappiamo di poter contare sempre gli uni sugli altri: sulla Vespucci c’eravamo idealmente anche noi, compagn3 torinesi, a reggere lo striscione incriminato e a chiedere a gran voce: “Fuori gli studenti dalla nave scuola. Fuori i militari dalla scuola” e “Stop Genocidio”. Ringraziamo i compagni dell’Osservatorio per avere portato un messaggio non solo di pace ma anche di verità a bordo della Vespucci.
IC S. Giovanni Bosco di Isernia festeggia il 211° annuale di Fondazione dell’Arma dei Carabinieri: perché?
Il sito web dell’istituto comprensivo S. Giovanni Bosco di Isernia apre così: «Il coro “Piccole Voci InCanto” dell’Istituto Comprensivo “San Giovanni Bosco” è onorato di intonare l’inno di Mameli alla celebrazione del 211° Annuale di Fondazione dell’Arma dei Carabinieri. Un ringraziamento particolare al Comandante dell’Arma il tenente colonnello Fabrizio Coppolino e di tutti i suoi collaboratori che con generosa accoglienza si è prodigato affinché fossero presenti le voci dei nostri alunni che hanno riscosso un caloroso plauso». Passi per l’intonare l’inno di Mameli in piazza per una qualche ricorrenza, ma che lo si faccia per celebrare uno dei tanti annuali di fondazione dell’Arma dei Carabinieri che per definizione si celebra appunto ogni anno risulta oltremodo misterioso quantomeno sul piano pedagogico ed educativo. Non sorprende, invece, se anche questa attività apparentemente innocente e goliardica nonché festosa sia inquadrata in una strategia più ampia di tipo propagandistico, volta a coinvolgere sempre di più e partendo dalle fasce di età sempre più prossime all’infanzia, la gioventù italiana intorno al concetto di difesa e protezione grazie alle forze dell’ordine o alle forze armate: ogni occasione, dunque, è buona. Il fatto di iniziare fin da piccoli il grande gioco della normalizzazione della “divisa” sempre più presente nelle nostre vite quotidiane, a partire da queste iniziative appunto, all’intervento all’interno delle scuole, agli open-day, alle innumerevoli serie TV, ai fumetti, ecc. ecc. da cosa nasce? Forse dall’esigenza di fare introiettare nel profondo dei giovani questa visione legalitaria, giustizialista e militaresca della convivenza civile che passa, per prima cosa, dal rispetto delle norme e poi semmai e solo in seconda battuta, dalla consapevolezza dei proprie diritti e delle modalità per difenderli? Probabilmente sì, perché le ultime indagini su campioni di giovani e meno giovani vede la percentuale di chi è disposto a dare la vita per la “patria” scendere di pari passo all’età degli intervistati. Secondo un sondaggio Gallup del 2024 solo il 14% sarebbe disposto a combattere per il proprio paese mentre il 78% si rifiuterebbe categoricamente. Scendendo alle fasce giovanili, YouTrend per SkyTg24 ci consegna un dato eclatante rispetto all’ipotesi di servizio militare obbligatorio: il 55% tra i 18 e i 35 anni è contrario e solo il 36% è favorevole. In sintesi, il “sacrificio estremo”, coinvolge non più del 20% dei giovani “arruolabili”. La propaganda militare quindi deve dare fiato alle trombe e mettere al massimo i propri motori facendo leva anche su una parvenza di parità di genere coinvolgendo al figura femminile sempre più spesso presa in prestito per ingentilire la figura militare, soprattutto nei confronti dei più piccoli: non è sorprendente, infatti, che per la prima volta la figura centrale del carosello dei Carabinieri sia appunto una carabiniera. Stefano Bertoldi, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Rally di Sardegna 2025: c’è anche la Polizia Penitenziaria per la propaganda
«È da un paio d’anni che siamo presenti con il nostro stand al Rally della Sardegna – ci ha spiegato un agente di polizia penitenziaria, seduto sotto il gazebo, in attesa di visitatori, preferibilmente bambini ai quali viene destinato il privilegio di indossare il casco antisommossa – il motivo è perché dobbiamo far capire a tutta la popolazione che siamo presenti con diversi compiti all’interno della società ma soprattutto perché vogliamo rendere conto di come vengono spesi i soldi delle tasse». Mentre rispondeva alle domande, si fa avanti un genitore che entusista, propone al proprio figlio, di indossare il casco antisommossa che viene posizionato dalle rassicuranti ed accudenti mani di un’agente di polizia penitenziaria che, ricordiamolo, all’interno del Corpo penitenziario, rappresenta una ristretta minoranza non superiore al 20% ed è entrata in servizio solo nei primi anni ’90. Le stesse motivazioni ce le hanno fornite i militari dell’esercito, nello stand poco più avanti, dove fanno bella mostra di sé un autoblindo lince della Iveco, una tenuta mimetica per la dissimulazione del militare nelle operazioni nelle foreste e macchia mediterranea, una tenda mimetica con accanto alla razione di sopravvivenza per le esercitazioni outdoor. «Questo autoblindo non è un veicolo di guerra semmai è un veicolo utilizzato in teatri di guerra – ha risposto il militare alla domanda sul perché di questa presenza anomala all’interno di una competizione rallyistica – e noi qui non facciamo propaganda perché sono i genitori stessi che ci portano i loro figli quindi la domanda sui motivi per cui desiderano salire sull’autoblindola posta a loro prima che a noi. Per i bambini, il infatti, salire su un autoblindo e come fare un gioco”. Il tentativo di dialogo basato sul concetto chiaro e semplice di un’offerta, anomala come quella, che di per sé, può creare, in un contesto sportivo-avventuroso, l’offerta (il/la bambina/o) non va molto oltre la classica risposta stereotipata basata sul luogo comune che la pace va difesa con le armi e che “se qualcuno ci attacca dobbiamo difenderci». Più avanti, allo stand della Polizia stradale, staziona la solita Lamborghini, ma fatto un po’ più sorprendente, c’è anche un parco macchinine elettriche di diverse tipologie, destinate proprio ai bambini, per l’educazione stradale. «Siamo noi della Polizia Stradale, i più esperti a fare educazione stradale ai bambini» – sottolinea un’agente donna che ci viene incontro rispondendo al motivo per cui non era presente il Ministero dei trasporti e delle infrastrutture oppure dell’ACI. Intavolando poi il discorso sul nuovo codice della strada e virando, lentamente, verso la polemica inerente la persistenza di sostanze da THC nel sangue anche a distanza di giorni, veniamo a sapere di una recentissima indagine scientifica che puntualizza ancora una volta tutti i danni da uso di cannabis addirittura sulla “memoria a breve”. Tocchiamo quindi con mano la svolta proibizionista inerente alcune sostanze stupefacenti messe sullo stesso piano di tante altre obiettivamente più pericolose e che ha come braccio armato tutte le forze dell’ordine e in questo caso quelle che possono incidere anche sul comune cittadino nel momento in cui viene fermato, per strada per un semplice controllo della Polizia Stradale. Non è stato sempre così: la presenza di forze dell’ordine e di forze armate in manifestazioni sportive culturali o artistiche, ha subito un’accelerazione di lungo periodo negli ultimi dieci anni e per alcuni corpi d’armata e di forze dell’ordine “particolari” negli ultimissimi tre o quattro anni. Ne è un esempio concreto la presenza dello stand della polizia penitenziaria alla competizione realistica annuale ad Olbia con sede di partenza ad Olbia. Lo stand oltre alle macchine di servizio e i furgoni per la traduzione del detenuto o per il trasporto di cani antidroga ad Olbia metteva in bella mostra anche un manichino con l’attrezzatura inquietante e le parti speciali (GOM) in tenuta antisommossa. Stefano Bertoldi, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università