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Multimage a Bookcity. Le porte dell’arte: i musei, luoghi di cultura e costruzione di pace
Bookcity 2025, il tema proposto questa “Il potere delle parole / le parole del potere”. Mi sembra appropriato pensando all’incontro che si è svolto il 14 novembre al Centro Nonviolenza Attiva (via Mazzali 5, Milano). Melina Scalise (Casa Museo Tadini, membro del Tavolo della Nonviolenza del Municipio 3-Milano) ha conversato con Gianmarco Pisa autore de “Le porte dell’arte. I musei come luoghi della cultura tra educazione basata negli spazi e costruzione della pace”. Gianmarco (Formatore e operatore di pace, impegnato in iniziative e in progetti di ricerca-azione per la trasformazione dei conflitti, nell’ambito di IPRI-CCP) ha cercato innanzitutto di chiarire la definizione di Museo. Secondo ICOM (Consiglio Internazionale dei Musei) nel 2022 un Museo é “un’istituzione permanente, senza scopo di lucro e al servizio della società, che compie ricerche, colleziona, conserva, interpreta ed espone il patrimonio culturale, materiale e immateriale. Aperti al pubblico, accessibili e inclusivi, promuovono la diversità e la sostenibilità”. Quando parliamo di Museo della Pace ritroviamo l’istituzione “senza scopo di lucro, pubbliche, inserite nell’ambiente circostante, al servizio della comunità, custodi di beni culturali creativi, interrativi per l’educazione, la riflessione, la conoscenza”. Pensiamo al Museo della Pace di Bradford. E’ l’unico museo del Regno Unito dedicato alle storie e ai movimenti per la pace. Fondato nel 1994, esplora la storia non raccontate degli operatori di pace delle riforme sociali con un’ampia collezione di documenti originali, tra cui poster, libri, articoli, bandiere, dipinti, cartoline e filmati legati ai movimenti e all’obiezione di coscienza. Quando ci riferiamo invece a un Museo della Guerra deve essere chiaro che ci troviamo difronte a un’istituzione che raccoglie, conserva, studia ed espone testimonianze materiali. Discorso ben diverso è quello del Museo della guerra per la pace “Diego de Henriquez” a Trieste. non è solo quello di conservare reperti bellici, ma è un’espressione del desiderio di trasformare la tragica esperienza della guerra in un monito per educare alla pace. La sua collezione include armi, divise e mezzi risalenti da varie epoche, con un focus particolare sulla Prima e Seconda Guerra Mondiale e sulla storia di Trieste. L’intento del fondatore era di usare questi oggetti per promuovere la cultura della pace, collegando la storia della città alle vicende belliche che l’hanno segnata. Esistono Musei che non sono propriamente “della Pace” ma hanno tutta una serie di caratteristiche che li portano a essere tali. Pensiamo al Museo Olimpico a Sarajevo (le Olimpiadi invernali del 1994), che non è propriamente un Museo di Pace ma rispecchia il valore dello sport nel promuovere i valori olimpici e i diritti umani. Sempre a Sarajevo il Museo della letteratura e del Teatro della Bosnia-Erzegovina che raccoglie opere da parte di tutte le etnie della regione. E le nuove tecnologie? Possono costituire una risorsa. I musei possono utilizzare ChatGPT per generare didascalie per le mostre, fornire informazioni degli oggetti esposti ai visitatori, creare cataloghi. MART (Museo di Arte moderna e contemporanea di Trento e di Rovereto) é un museo interattivo ed educativo rappresenta un vero e proprio “paesaggio contemporaneo” ospita opere dei maggiori artisti dell’arte italiana del XX secolo. Museo letteralmente vuol dire “luogo delle Muse”, “luogo delle arti” che dovrebbe ben inserire nel contesto dove sorge (la via, la piazza, quei luoghi aperti dove ci si incontra e si creano rapporti tra esseri umani. Una piazza non è solo quello spazio più ampio dove iniziano o concludono le varie vie, Una piazza con un monumento è quel luogo da dove alla memoria della storia si incrocia la memoria individuale, la memoria sociale. Luoghi di cultura, spazi di memoria, relazioni umani: tutto importante per creare percorsi di costruzione di pace. Foto Multimage: Tiziana Volta
Intervista a Gianmarco Pisa su Radio Onda D’Urto sulla didattica di pace nelle scuole
In questa ultima intervista rilasciata a Radio Onda d’Urto per la trasmissione Scuola Resistente, Gianmarco Pisa illustra quali sono i parametri e i paradigmi da seguire per intavolare anche a livello trasversale in varie materie, compresa storia dell’arte, il tema della pace. Gianmarco Pisa, scrittore e formatore esperto in tematiche riguardanti la pedagogia della pace, affronta un tema cruciale come la prevenzione, colpevolmente abusato e banalizzato dalle forze dell’ordine e dai militari che intendono questo concetto non come un lungo lavoro di conoscenza storica e geopolitica o di studio di complesse relazioni sociali e culturali conflittuali, ma come “vademecum” per l’individuazione del nemico per evitarlo oppure punirlo o contenerlo. Nell’intervista questi temi si affrontano non in maniera astratta, ma con l’intento di destrutturarne stereotipi, pregiudizi e semplificazioni. Le problematiche metodologiche e didattiche che devono affrontare tutti i/le colleghi/e insegnanti, in questo momento storico in cui siamo circondati da guerre nel fare passare tra i giovani il valore della pace, sono tante e prima fra tutte è proprio il tranello banalizzante che si avvale di concetti sintetici, ma dalla forte presa, della dinamica “inevitabile ed antica quanto l’uomo”, dell’aggredito e dell’aggressore, della vittima e del carnefice. Il punto di partenza è, tra gli altri, quello della semplificazione riassunta nella frase esclamativa “che male c’è?”, a proposito della discutibile presenza militare, o di forze dell’ordine, a scuola che qualsiasi insegnante avrà sentito pronunciare, almeno una volta nella propria carriera, da un* collega sprovvedut* o peggio, in malafede. Clicca qui per il link su Radio Onda D’Urto. Stefano Bertoldi, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università