Le sfide della rivista “Teiko”: una bussola per orientarsi nel caos
“Una bussola per orientarsi nel caos sistemico del presente”: così si presenta
sul sito la rivista Teiko, la cui ambizione emerge fin dal nome (un sostantivo
giapponese traducibile con resistenza, uguale sia al femminile che al maschile)
con cui il collettivo redazionale dichiara la propria intenzione di pensare
nuove militanze: «Connettere voci e prospettive, dall’Italia ma guardando fin
dall’inizio al mondo; costruire una cartografia del dominio e delle lotte e
interpretarla politicamente; rilanciare lo sguardo dell’operaismo rivoluzionario
coniugandolo e contaminandolo con altre tradizioni: sono queste alcune delle
linee di ricerca che Teiko, con cadenza semestrale, cercherà di seguire».
Abbiamo intervistato il collettivo redazionale per dare vita a un dialogo tra le
due esperienze.
Quale discussione vi ha spinto a dar vita a questo esperimento
politico-editoriale? Come ha preso forma il collettivo redazionale che sostiene
la rivista?
Mettendola in un modo che potrebbe rischiare di risultare eccessivamente
enfatico, ma che è assolutamente concreto: “Teiko” nasce dalla profonda
inquietudine per il tempo storico che stiamo abitando – la crisi egemonica
planetaria turbolenta, le guerre, il riscaldamento climatico, il genocidio a
Gaza, e si potrebbe continuare…, e dalla passione politica che spinge a
rovesciare l’inquietudine in possibilità di trasformazione. Più nel piccolo, la
discussione che ha condotto verso questa nuova rivista è stata legata anche dal
registrare una certa impasse nel mondo dei “movimenti” in Italia (e non solo).
“Teiko” si propone infatti come uno stimolo all’approfondimento, alla
discussione e riflessione, al rilancio di pratiche di inchiesta e di produzione
di teoria politica radicale.
Infine, nell’editoriale del numero Zero, a giugno, scrivevamo: «abbiamo avuto
spesso la sensazione, negli ultimi anni, a una fase indecifrabile e violenta si
contrapponesse – contrapponessimo – il deserto. [… Ma] la sensazione di vivere
un momento di scarsa attivazione politica è frutto di un’erronea illusione».
Come dire… Quanto successo a inizio autunno non può che rafforzare la necessità
di cercare nuove lenti con le quali guardare il nostro tempo.
Con l’idea di costruire dunque uno strumento utile a tracciare nuove coordinate
politiche per una militanza da reinventare e a connettere, come indica il
sottotitolo, soggetti, movimenti e conflitti, il collettivo redazionale si sta
costituendo a partire da una serie di eventi elaborati dalla rete Euronomade nel
corso del 2024, apertasi a nuovi contributi e con l’ottica di dare vita a un
progetto autonomo. Il collettivo redazionale di Teiko è tuttora in divenire.
Immaginiamo questo progetto come una processualità aperta, che si potrà
strutturare di numero in numero e anche in base a come si muoveranno le
condizioni nelle quali lottiamo.
Dagli anni Sessanta fino all’inizio dei Duemila, la produzione di riviste nel
movimento italiano è stata una delle vie principali attraverso cui si è
sviluppato il dibattito critico (pensiamo ad esempio all’importanza che queste
hanno avuto nella tradizione dell’operaismo). Cosa significa, oggi,
riconnettersi a quella eredità e reinterpretarla nell’attuale scenario politico
e sociale?
Lo sfondo storico che richiamate è sicuramente parte della genealogia di
“Teiko”, ma non ci interessa «rifare una rivista», come in passato, o simili.
Diciamo che la nostra ricerca nasce piuttosto dal domandarsi come poter
elaborare un equivalente funzionale di quello che sono state in passato le
esperienze delle riviste di movimento. Una delle necessità che vediamo oggi è
quella di provare a contribuire a dare vita a un nuovo “noi” da inventare,
costruire, creare, riempiendo un vuoto politico e aprendo uno spazio inedito, in
cui ricominciare da capo con l’ottica di elaborare strumenti per una nuova
militanza politica. Per questo, la rivista nasce in Italia, ma proietta la sua
analisi all’interno del contesto globale in tumultuosa trasformazione,
connettendo voci e prospettive, nella consapevolezza che il contesto
territoriale non può essere separato da quello globale, con tutte le sue
dinamiche, le sue contraddizioni, i suoi laceranti conflitti. Con questa rivista
non intendiamo solo cartografare queste voci e prospettive, ma provare a
interpretare politicamente questa cartografia e a dare un orizzonte di senso che
possa concretizzarsi nella costruzione di convergenze.
Infine, giustamente indicate nell’inizio degli anni Duemila il momento in cui le
sperimentazioni di riviste si concludono. Cos’è successo? Tantissime cose,
ovviamente, ma almeno una può valere la pena menzionarla: il ruolo di Internet.
Indymedia prima, la stagione dei “portali di movimento”, poi i social media,
fino a oggi – tutto ciò ha ampiamente trasformato la concezione del come si
comunica, si fa informazione, inchiesta, teoria, dibattito… Oggi, lo ripetiamo,
non si tratta evidentemente di “tornare indietro” nello sperimentare un “ritorno
alla carta” come soluzione, ma di ri-sperimentarsi provando a lavorare su più
piani e strumenti. Una rivista cartacea in questo senso ci sembra un qualcosa
sul provare a investire per connettere forme di dibattito, formazione,
inchiesta, produzione teorica.
A chi è indirizzata la rivista? Quali luoghi e pratiche immaginate per la
circolazione di “Teiko” e per il suo incontro con chi legge? In che modo pensate
che possa essere utilizzata – nei movimenti, negli spazi sociali, nei percorsi
di ricerca e di formazione politica?
Una prima risposta potrebbe seccamente dire che “Teiko“ si indirizza a compagne
e compagni, alle militanze politiche, all’attivismo diffuso, a che agisce nei
movimenti sociali. Ma ci rendiamo conto che sono tutte parole che devono oggi
essere riqualificate. Possiamo quindi dire che “Teiko“ si rivolge a tutte le
persone che vogliano provare a capire il tempo che viviamo, che siano alla
ricerca di un pensiero critico e di un dibattito.
Il proporre una “rivista militante” è anche, in altre parole, parte di una
ricerca collettiva da compiere su quali sono oggi le traiettorie di
soggettivazione, quali i possibili terreni di incontro tra generazioni politiche
differenti. E questo incide anche sulla seconda domanda. Teiko si compone di un
sito, dove è possibile scaricare liberamente i numeri e che funziona anche come
laboratorio per altri tipi di contributi: abbiamo ad esempio lanciato una call
per un’inchiesta collettiva sul recente movimento. Stiamo costruendo anche dei
profili social, e ragionando su come poter valorizzare le singole specificità di
questi differenti strumenti oltre al cartaceo. Rispetto a quest’ultimo aspetto,
oggi non esistono reti di distribuzione autogestita a livello nazionale e per
chi conosce il mondo dell’editoria proprio il tema della logistica e della
distribuzione è oggi elemento dolente, tra l’emergere di colossi come Amazon e
il ruolo spesso parassitario delle aziende di distribuzione. Anche questa è
dunque per noi una nuova sfida, che potrà muoversi tra spazi sociali e librerie
indipendenti, aule universitarie e percorsi di lotta che potranno avere
interesse a usare lo strumento-“Teiko” nei modi che più potranno essere
opportuni. Come dicevamo prima, pensiamo che la rivista si presti a numerosi
utilizzi e si tratterà di co-costruirli assieme alle persone e le realtà
collettive che possano avere interesse a cooperare con noi.
Quali urgenze vi hanno portato a scegliere l’organizzazione come tema del numero
Zero? È una parola importante, densa, segnata da equivoci e ideologismi: qual è
la posta in gioco intorno all’organizzazione, anche alla luce dell’enorme ondata
di mobilitazioni a sostegno della Palestina?
Come dite, il tema del numero Zero possiamo dire che è stato immediatamente
riqualificato da quanto successo tra metà settembre e metà ottobre per la
Palestina. E ci pare che lo rilanci. Certo, il riferimento all’organizzazione è
antico quanto la storia dei movimenti rivoluzionari, ma pensiamo si ripresenti
sempre in modo inedito nel corso della storia, e quindi anche nel nostro
presente. L’organizzazione è presentata come “enigma”, nel numero Zero, che
abbiamo dunque strutturato come un’inchiesta su come tale tema si è presentato
come problema negli ultimi 15 anni di lotte, conflitti, insurrezioni, scioperi,
movimenti. Per questo abbiamo elaborato una cartografia che porta in luce una
serie di nodi che sono appunto rinvenuti al mettine anche negli ultimi mesi.
Qual è il rapporto tra dinamiche transnazionali dei movimenti e le loro
determinazioni territoriali – guardando ad esempio a Ni Una Menos, alla
Palestina globale, a Black Lives Matter, ai movimenti climatici, alle forme
acampada-Occupy, ai riot e alla insurrezioni che hanno punteggiato gli scorsi
quindi anni? Su questo si componeva la prima sezione della parte monografica
della rivista, mentre la seconda ragionava di come sono mutate alcune “forme
politiche”, tra autonomie (femminismi, zapatismo, Rojava, spazi sociali
italiani), forme mutualistiche e di lotta come GKN, le trasformazioni del
sindacalismo (confederale e di base), o anche nuovi partiti che sono emersi,
studiando in particolare il caso de La France Insoumise.
Ecco, ci pare urgente oggi ridiscutere collettivamente di come, ad esempio, si è
posto il rapporto tra sciopero, blocco e marea nella mobilitazione palestinese,
di come si sono determinate le interazioni tra sindacati, movimenti e istanze
internazionaliste come la Flottilla, ma soprattutto per pensare come andare
avanti, ora.
Per chiudere, lasciateci dire che oltre alla sezione monografica di volta in
volta dedicata a un tema, “Teiko” si compone anche di altre due sezioni:
Rubriche (che contiene racconti di lotte e inchieste, dialoghi con pensatori e
pensatrici o realtà collettive, ma anche pagine su arte, report di seminari e
frammenti di memorie) e Materiali (dove raccogliamo recensioni a libri, serie
tv, dischi musicali, mappe e interviste).
Quali saranno i prossimi terreni di ricerca che immaginate di esplorare con la
rivista?
Il prossimo numero, in uscita a dicembre, si chiamerà “Mondi”. Laddove nel
numero Zero abbiamo elaborato un’inchiesta e una cartografia planetaria delle
lotte dell’ultimo quindicennio, qui intendiamo proporre un’altra mappa
focalizzata in primo luogo sui processi e le dinamiche che “strutturano il
mondo” nel capitalismo contemporaneo. La sezione monografica sarà composta di
una dozzina di interventi e interviste che spaziano dal ruolo di guerra, finanza
e digitale quali vettori del mondo contemporaneo a come si stanno trasformando
le spazialità – spaziando dal Sudan all’America Latina, dal Sud Est asiatico
agli Stati Uniti, con anche forme di inchiesta che portano in luce il ruolo di
frizioni, resistenze e lotte nel comporre il mondo unico e fratturato di oggi.
In linea con l’idea processuale e in divenire di “Teiko”, chi ha letto il numero
Zero potrà notare numerose novità nel prossimo numero, sia a livello di grafica
e formato che nella sua interazione con il sito e i social. E possiamo già
anticipare che per il 2026 intendiamo procedere in un lavoro collettivo di
ricerca e inchiesta procedendo nella costruzione di una “architettura” che di
numero in numero possa erigere nuove bussole, assemblando sguardi, analisi,
intuizioni, teorie, inchieste che dall’Italia continuino a guardare al mondo. In
questa direzione, stiamo riflettendo su due macro-ambiti per il 2026, che in via
preliminare possiamo etichettare come “territori” e “digitale”.
Ci sembra infatti che questi due vettori siano già a più riprese emersi nel
corso dei numeri Zero e Uno della rivista e che possano costruire una necessaria
integrazione e approfondimento di come movimenti e lotte di oggi si riproducono,
diffondono, confliggono.
La copertina è di Loke_Artemis da Pixabay
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