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Mantova blindata: nessuno tocchi gli allevamenti
Il prefetto di Mantova ha espresso il suo apprezzamento per le forze dell’ordine che durante Festivaletteratura lo scorso fine settimana hanno messo in piedi un “efficace dispositivo di controllo” in modo da consentire “ai numerosi visitatori (…) di vivere pienamente lo spirito della manifestazione”. Ma chi era a minacciare “l’ordine pubblico” durante un evento letterario? Le stesse attiviste che da anni denunciano inascoltate Festivaletteratura ed altre kermesse cittadine, per gli sponsor da cui ricevono fondi e a cui in cambio fanno pubblicità: le aziende degli allevamenti e dei macelli (come Levoni e Grana Padano) e quelle dei combustibili fossili (la multinazionale Eni). A questo come ad altri eventi precedenti centinaia di agenti in divisa e in borghese hanno pattugliato le vie di Mantova perché nessuna interrompesse una conferenza con uno striscione, distribuisse un volantino o tenesse un’azione simbolica in piazza con la vernice rosso tempera. Dal 2022 le attiviste del gruppo ecologista Fridays for Future sono schedate dalla polizia e ricevono pressioni dagli organizzatori del festival perché non esprimano dissenso nel centro storico (una clausola del loro contratto con Eni non ammette pubblicità negativa). L’anno scorso a Festivaletteratura due attiviste di No Food No Science, collettivo contro lo sfruttamento animale, sono state multate, denunciate ed espulse per anni dalla città con dei “fogli di via”, la misura con cui sbarazzarsi di persone “socialmente pericolose” (a discrezione del questore) che dal 1956 ha sostituito il confino fascista. Quest’anno a maggio attiviste dello stesso gruppo durante il festival Food & Science (organizzato tramite Confagricoltura e sponsorizzato dai grandi marchi dell’industria della carne, incluso Inalca di Cremonini, il più grande in Europa) hanno ricevuto altre denunce, fogli di via e multe che ammontano a svariate migliaia di euro per uno striscione affisso davanti al municipio (che dava ironicamente il foglio di via alla giunta comunale). Negli ultimi giorni, dal 3 al 7 settembre, per l’edizione di quest’anno di Festivaletteratura le attiviste sono state costantemente pedinate per le strade, seguite persino dentro una gelateria, come mostrano in un video sui social media. Domenica sera sedici persone sono state fermate per ore con il pretesto di controllare i documenti da agenti appostati appena fuori da due circoli Arci, Virgilio e Papacqua, dove si è tenuto il controfestival letterario Pagine Animali per parlare di giustizia climatica e multispecie. A fine giornata, dopo che due attiviste hanno inscenato una protesta alla libreria del festival con vernice rossa lavabile e un libro che rappresentava i loghi delle aziende criticate, sono state sollevate di peso perché se ne andassero. Eppure tutte sanno che gli allevamenti come i combustibili fossili hanno un peso devastante non solo sulle vite degli animali e dei migranti impiegati dalle aziende per accudirli in cattività e poi ucciderli, ma anche sull’accelerazione della crisi eco-climatica: come ha scritto l’artista Violinoviola in un post su Instagram, che era tra le vittime dei prolungati quanto ingiustificati controlli di polizia a Mantova davanti al circolo Arci Virgilio questa domenica, “l’industria zootecnica è la prima causa di emissioni di Co2 a livello globale, la principale causa delle zone morte degli oceani, la principale responsabile della deforestazione, dell’antibioticoresistenza, dell’impoverimento del suolo eccetera eccetera (l’elenco sarebbe ancora lungo). Senza contare che l’aria di Mantova è ammorbata da una puzza insostenibile di merda visto che è circondata da allevamenti intensivi di maiali e mucche”. La provincia mantovana è la prima in Italia per il numero degli animali rinchiusi in gabbie e capannoni, ma gli amministratori delegati delle aziende che sponsorizzano Festivaletteratura sono i primi a insistere sulla necessità di espandere sempre di più le infrastrutture di questi allevamenti per tenere il passo con il mercato cinese. È sempre più evidente che questo modello produttivo oppressivo e insostenibile ha i giorni contati, ma che gli industriali famelici che ne traggono i maggiori profitti lo manterranno il più a lungo possibile, finché non si troveranno costretti da una forte volontà politica a metterlo da parte. Le attiviste, insultate sui social come fannullone e privilegiate da una folla di commentatori, indignati che qualcuno interrompa il regolare corso degli eventi, sono tra le poche voci che si stagliano in un panorama di silenzio assordante contro aziende come Levoni, Grana Padano e Eni. La speranza ora è che siano scrittori e scrittrici ospiti di Festivaletteratura ad unirsi al coro di chi esprime questa contraddizione tra un evento che si proclama dalla parte dei diritti e dell’ambiente da una parte, dall’altra i suoi sponsor ecocidi e la polizia che perseguita i manifestanti: Eva Meijer, pensatrice olandese che si occupa di linguaggi e organizzazioni politiche degli animali non umani, si è già schierata con le attiviste, inaugurando venerdì 5 il controfestival di No Food No Science Pagine Animali. Il gruppo antispecista mantovano ha provato anche a interpellare altri ospiti eccellenti di Festivaletteratura, affiggendo manifesti con i loro nomi e volti nel centro di Mantova, abbinati ad immagini di allevamenti e pozzi petroliferi (gli sponsor del festival). Ma la repressione in Italia e in Europa si fa ogni giorno più dura per chi si oppone, chi lavora, chi migra, chi vuole proteggere l’ambiente e le altre specie con cui lo dividiamo: lo possono testimoniare le attiviste antispeciste della provincia di Vercelli, che erano presenti al circolo Arci Virgilio di Mantova venerdì 5 per intervenire al controfestival di No Food No Science Pagine Animali. Hanno raccontato di come a giugno durante un sit-in davanti ad un maxi allevamento di galline ovaiole in costruzione nel paese di Arborio, del gruppo Bruzzese, la polizia ha tolto loro cibo, acqua ed ombrelloni ed ha impedito alla popolazione che gliene portassero, per un giorno intero, sotto il sole cocente. Ventuno persone hanno ricevuto denunce e fogli di via. Diverse sono state in ospedale. Due che hanno resistito fino al giorno successivo le hanno portate via in manette. Sull’accaduto è in corso una interrogazione parlamentare, ma i lavori di costruzione del maxi allevamento continuano imperterriti. No Food No Science Redazione Italia
Il nostro mare e i nostri laghi non godono di ottima salute
Anche questa stagione estiva si avvia stancamente al capolinea, mentre Legambiente ci fa sapere che il nostro mare e i nostri laghi non godono di ottima salute. É il bilancio finale di Goletta Verde e Goletta dei Laghi 2025 ad evidenziare come l’inquinamento, la maladepurazione e la crisi climatica rappresentino i nemici principali. Nell’estate 2025 su 388 campionamenti effettuati nelle acque costiere e lacustri in 19 regioni dagli oltre 200 volontari e volontarie di regionali e circoli di Legambiente, il 34% è risultato oltre i limiti di legge, ossia 1 campione su 3. In particolare, il 35% dei punti campionati con Goletta Verde è risultato inquinato o fortemente inquinamento con una media di un punto ogni 80 km, per i laghi il 30% è risultato oltre i limiti di legge. E anche quest’anno foci dei fiumi, canali e corsi d’acqua che sfociano a mare o nel lago si confermano punti critici: il 54% dei punti critici analizzati (101 su 188) è risultato inquinato o fortemente inquinato. Situazione migliore per i campioni prelevati direttamente in mare o nelle acque del lago, ossia in aree lontane da foci o scarichi, dove solo il 15% dei punti campionati è risultato oltre i limiti di legge (30 su 200). Sulla questione foci a mare, Legambiente denuncia che il 56% di quelle monitorate da Goletta Verde, non controllate dalle autorità competenti e di conseguenza non balneabili, risultano avere in prossimità una spiaggia libera. Un dato preoccupante se si pensa che oltre 220km di costa sabbiosa ad oggi non sono monitorati dalle autorità competenti (sui 3.346 km di costa bassa), ovvero il 6,6%, e alle poche spiagge libere rimaste nella Penisola, soprattutto in alcune regioni. Al problema dell’inquinamento e dei pochi controlli, si affianca quello della crisi climatica e dei rifiuti. Al grido  “Non è caldo, è crisi  climatica”, Legambiente – rielaborando i dati forniti dalle immagini satellitari di Copernicus – ha calcolato che a giugno e luglio la temperatura media delle acque superficiali del Mediterraneo è stata di 25,4°C, la più calda dal 2016 ad oggi, collocandosi al primo posto nell’ultimo decennio, e superando i precedenti record del 2022 (media 25,2°C) e quello del 2024 (25,1°C) e i valori degli anni fino al 2021 che erano intorno ai 24,5°C. Un aumento sensibile di circa mezzo grado centigrado che mette a repentaglio la biodiversità marina e che amplifica gli eventi meteorologici più estremi e persistenti per via di una sempre maggiore evaporazione delle acque marine e dell’energia termica accumulata, in particolare nei mesi estivi, che viene rilasciata successivamente con eventi meteo estremi. E poi c’è il grande tema dei rifiuti in spiaggia e a mare, affrontato da Goletta Verde quest’anno insieme a Puliamo il Mondo, campagna storica di volontariato ambientale di Legambiente, con un’attività di pulizia dei fondali e della costa in Calabria, sul lungomare di Tropea. Di fronte al bilancio emerso da Goletta Verde e dei Laghi, Legambiente torna a ribadire l’urgenza di approvare un piano nazionale per la tutela delle acque costiere e interne che abbia al centro una governance integrata su più livelli prevedendo: piani di adattamento ai cambiamenti climatici; più risorse economiche da destinare al servizio di depurazione per ammodernare gli impianti rispondendo ai più stringenti parametri per il trattamento e riuso delle acque reflue; più controlli da parte di Regioni, Arpa e Comuni sui punti critici e una migliore gestione delle acque interne. Sul fronte rinnovabili, è fondamentale spingere sulle fonti pulite a partire dall’eolico offshore, visto il grande potenziale e il fatto che questa tecnologia possa convivere con la fauna marina. Per Legambiente l’Italia deve accelerare su questa fonte rinnovabile, dando tempi certi, iter autorizzativi più snelli e coinvolgendo i territori nel dibattito pubblico. Per prevenire l’inquinamento delle nostre acque occorre intervenire sulle cause all’origine, ossia sugli scarichi non depurati e sugli sversamenti illegali nelle acque superficiali. La maladepurazione resta il grande tallone d’Achille del nostro Paese che ha già pagato sanzioni pecuniarie per circa 210 milioni di euro, a cui vanno aggiunti i ritardi ormai cronici rispetto al trattamento delle acque reflue. Inoltre, con la recente approvazione della revisione normativa della Direttiva Acque Reflue, gli impianti del Paese dovranno adattarsi ai nuovi requisiti, una spesa che è stata stimata tra i 645 milioni e 1,5 miliardi di euro solo per gli impianti di maggiori dimensioni. “Al Governo, commenta Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, chiediamo di definire e approvare al più presto un piano nazionale per la tutela di mare e laghi, investendo su innovazione e sostenibilità per ammodernare i sistemi di depurazione e per diffondere il riuso in agricoltura delle acque depurate. Sullo sviluppo delle rinnovabili in mare, dopo l’approvazione del decreto porti, è urgente stanziare le risorse economiche necessarie per infrastrutturare i due hub cantieristici di Taranto e di Augusta, che potranno garantire anche nuova occupazione green a due aree portuali che hanno sempre avuto a che fare con la logistica delle fonti fossili”. Qui per approfondire: https://golettaverde.legambiente.it/mappa-monitoraggi/. Giovanni Caprio
Ondate di calore: tre quarti delle notizie non citano la crisi climatica come elemento esplicativo
Negli ultimi anni i fenomeni di caldo intenso, le cosiddette le ondate di calore, stanno diventando frequenti, intensi e prolungati in tutto il pianeta. Un’analisi sulle morti per calore in alcune città europee durante l’ondata di calore di fine giugno/inizio luglio di quest’anno indica, tra gli altri risultati, che circa 1.500 dei 2.300 decessi da calore stimati sono il risultato del cambiamento climatico. Eppure, circa tre quarti delle notizie dei principali telegiornali e quotidiani italiani sulla prima ondata di calore della stagione non citano la crisi climatica quale elemento di contesto esplicativo del fenomeno. È quanto emerge dall’ultimo rapporto commissionato da Greenpeace all’Osservatorio di Pavia che ha analizzato la copertura mediatica dell’ondata di caldo estremo registrata tra fine giugno e inizio luglio. L’analisi mostra, inoltre, un andamento rapsodico dell’attenzione mediatica, che esplode durante il picco di calore, per poi spegnersi non appena il meteo cambia: una narrazione spesso accompagnata da toni espressi anche in titoli sensazionalistici che contribuisce a veicolare l’idea che le temperature estreme siano casi episodici e a una scarsa comprensione del fenomeno nelle sue cause e conseguenze sistemiche. Nelle edizioni serali dei TG generalisti Rai, Mediaset e La7, solo il 23% dei servizi ha citato la crisi climatica quale elemento di contesto esplicativo, ma di questi poco meno di un terzo ha esplicitato le responsabilità del riscaldamento globale, mettendolo in connessione con le emissioni di gas serra o con le sue cause antropiche; ancora, appena il 7% dei servizi si è focalizzato sulla necessità di interventi di mitigazione – come la riduzione delle emissioni climalteranti o la transizione verso fonti rinnovabili – mentre il 63% ha parlato di misure d’adattamento, inclusi consigli pratici quali idratarsi o evitare l’esposizione nelle ore più calde. Il 60% delle dichiarazioni riportate è di cittadini che hanno commentato come il caldo influenzi la loro quotidianità e parlato dei rimedi adottati per fronteggiarlo. Al contrario, le voci di esperti quali climatologi, fisici, meteorologici medici, e quelle del mondo del lavoro e dell’economia, tra cui imprenditori, operai, agricoltori e sindacalisti, hanno trovato spazio rispettivamente nel 16% e nel 15% dei servizi. Una tendenza simile si osserva sulle pagine dei primi cinque quotidiani italiani (Corriere della Sera, Repubblica, Avvenire, Il Sole 24 Ore, La Stampa): nel 67% degli articoli sulle ondate di calore non si fa alcun cenno al riscaldamento globale, mentre la metà degli articoli che citano la crisi climatica approfondisce anche le cause e/o ne cita i responsabili. Venendo, poi, alle soluzioni e alle azioni di contrasto, anche in questo caso a prevalere sono le misure d’adattamento (il 67% degli articoli ne cita qualcuna), mentre solo il 10% cita azioni di mitigazione. L’interesse per le conseguenze immediate delle ondate di calore domina la narrazione, con il 93% degli articoli che cita uno o più danni o rischi tangibili del caldo estremo, in primis quelli per la salute e per i lavoratori esposti. A differenza dei TG, le dichiarazioni riportate dai giornali provengono in larga parte da ambiti specifici, in primis esperti in ambito medico-scientifico, mondo economico, del lavoro e politico (l’85% delle dichiarazioni), con scarsa presenza della voce dei cittadini. Il rapporto dell’Osservatorio di Pavia ha analizzato anche i contenuti informativi sull’ondata di calore pubblicati su Facebook da dieci testate giornalistiche e i commenti degli utenti alle notizie postate, allargando lo studio anche al Fatto Quotidiano, Libero, Domani, La Verità, Il Giornale. Su 136 post che hanno riguardato il tema, solo 18 (il 13%) attribuiscono l’innalzamento delle temperature al riscaldamento globale. E, tra questi ultimi, solo tre citano l’origine antropica della crisi climatica. Anche sui social, il tema delle ondate di calore viene affrontato puntando principalmente su un mix di cronaca, dati sulle temperature e soluzioni di adattamento. I post delle tre testate di orientamento di destra (Libero, Il Giornale e La Verità) seguono una narrativa comune nella quale la questione delle ondate di calore viene trattata pressoché esclusivamente in chiave di scontro politico-ideologico, con toni di scherno e obiettivo di ridimensionamento. “L’analisi dei commenti degli utenti, si legge nel Report, rafforza queste cornici narrative di tipo critico-negazionista, tra cui: la minimizzazione e la negazione dell’eccezionalità dell’evento, ad esempio attraverso l’evocazione di estati calde del passato per confutare l’emergere di un trend nuovo; le accuse di catastrofismo esagerato ai media, cui vengono contestati titoli e contenuti definiti allarmistici; l’attacco alle soluzioni, con una narrativa critica verso le azioni di mitigazione come le politiche di transizione e l’auto elettrica; la sovrapposizione di crisi climatica e COVID 19 in discorsi complottisti su entrambi i fronti. In un contesto fortemente polarizzato, ironia e sarcasmo emergono come strategie comunicative utilizzate da negazionisti e critici climatici quale forma di attacco discorsivo che denigra, deridendolo, il contenuto dell’informazione”. Qui il Report: https://www.greenpeace.org/static/planet4-italy-stateless/2025/07/2fb3c7c8-ondate-di-calore-sui-media_greenpeace_osservatorio-di-pavia_def.pdf.  Giovanni Caprio
Bologna, Extinction Rebellion dissemina poesie e denuncia il greenwashing dell’amministrazione comunale
Stamattina presto, Extinction Rebellion Bologna è passata all’azione e ha preso parola sulla questione alberi in vaso nelle piazze del centro. Ha fatto apparire poesie nei vasi e ha “adottato” un alberello chiamandolo “Ribellione”, che monitorerà fino alla piantumazione, aderendo alla campagna mediatica lanciata da hansy lumen. Nelle prossime settimane continueranno le azioni sul tema, che hanno il duplice obiettivo di affermare che gli alberi sono esseri viventi e denunciare le contraddizioni e il greenwashing dell’attuale amministrazione comunale. Siamo rimaste davvero basite e senza parole all’annuncio dell’iniziativa. Infatti, in prima battuta, la trovata è stata giustificata come azione per mitigare il calore eccessivo nelle piazze. Riconosciamo il potere refrigerante degli alberi, ma se sono sani e piantumati in terra e non certo se sono poggiati in un vaso su lastroni di porfido rovente, come per altro segnalato da diversi esperti, alcuni facenti parte del Comitato per “BOLOGNA VERDE”. Ci domandiamo se anche il Sindaco riconosce il potere refrigerante, perché dal 2022 ha fatto abbattere gli alberi della fascia boscata, attorno al Passante, nonostante l’opera fosse ancora in stallo. Perché si continua con i tagli indiscriminati? Perché si continuano a pensare progetti che prevedono abbattimento di alberi sani, com’è successo con il Parco Don Bosco, con il nodo di Rastignano, come succederà per la caserma Sani, per Piazza dell’Unità, per il Lazzaretto e da ultimo con il Giardino di San Leo? Per quale motivo il Bilancio arboreo è fermo al 2021? Dopo le critiche Il Sindaco ha parlato dell’iniziativa come una sperimentazione e l’inizio di una rivoluzione culturale, guidata dal programma Bologna Verde, che prevede piantumazioni di 100 mila alberi e una desigillazione di 10 ettari.  Peccato però che il piano sia stato finanziato, per ora, con soli 11,8 milioni (Il Comune per manutenzione ordinaria del verde spende circa 10 mln all’anno) peccato però che secondo l’ISPRA a Bologna si cementificano 20 ettari all’anno. Non ci sembra di trovarci di fronte ad una rivoluzione, ma a un’operazione di greenwashing. Inoltre, di tutte queste iniziative è stata data notizia sui social, con diversi post. Nel corso dei giorni si è passati da un numero iniziale di 100 alberi, poi 110, fino ad arrivare, a posa in corso a 90 alberi e 68 annunci. Allo stesso modo si è passato dall’annuncio di un piano di 23 mln di euro per Bologna Verde, a quello del suo parziale finanziamento di 11,8 mln. Riteniamo che per provvedimenti che richiedono sacrifici o adattamenti da parte della cittadinanza sia indispensabile la chiarezza e la veridicità delle informazioni. Chiediamo che la crisi climatica venga trattata con la serietà che merita, dato che di caldo si muore. Chiediamo di stoppare ogni nuovo consumo di suolo e di fermare gli abbattimenti a San Leo. Chiediamo di sapere i numeri reali degli alberi presenti in città, di quelli piantumati e di quelli abbattuti. Chiediamo una rivoluzione verde, reale. Extinction Rebellion
Ultima Generazione: un’altra assoluzione con formula piena
Un’altra sentenza, un’altra assoluzione questa mattina al Tribunale di Roma. Cinque persone, aderenti ad Ultima Generazione, sono stati assolte “perché il fatto non sussiste” dall’accusa di interruzione di pubblico servizio (art. 340 c.p.) per un’azione di protesta in via Appia Nuova il 29 settembre del 2023; contestualmente a due degli imputati è stata riconosciuta la tenuità del fatto per la violazione di foglio di via. Questa sentenza si unisce alle già diverse assoluzioni per le azioni dirette nonviolente e arriva a pochi giorni dal parere di incostituzionalità della Corte di Cassazione a proposito del dl Sicurezza, nato proprio per criminalizzare queste forme di proteste e non affrontare i reali problemi del paese: il collasso climatico – di cui il caldo feroce di questi giorni è sintomo – e il caro vita. Samuele, una delle persone imputate ha dichiarato: Siamo state assolte completamente, il reato non sussiste. La giudice ha ascoltato il nostro avvocato che ha giustamente fatto notare come sia insensato condannare dei cittadini che si mettono in prima fila, che rischiano la propria incolumità, per adempiere al proprio dovere e proteggere il nostro ambiente; non è che il minimo. Tutto questo ci rincuora ed evidenzia la giustezza delle nostre pratiche di resistenza e ci spinge ad andare avanti. PERCHÈ L’AZZERAMENTO DELL’IVA SUI BENI ESSENZIALI? In un Paese dove il potere d’acquisto reale è calato del 10%, azzerare l’IVA su pane, pasta, olio e altri beni di base — oggi tassati tra il 4% e il 10% — è il minimo indispensabile. Ultima Generazione sfida il governo sul suo stesso terreno: chiediamo l’attuazione di una promessa fatta da Fratelli d’Italia, poi rimasta lettera morta. Loro ne hanno fatto propaganda. Noi vogliamo realizzarla davvero. Tagliamo l’IVA! PERCHÉ IL BOICOTTAGGIO? La campagna lanciata oggi è semplice: se entro l’autunno raccoglieremo 100.000 adesioni, da ottobre partirà un boicottaggio organizzato contro i supermercati, per chiedere al governo il taglio dell’IVA sui beni essenziali, finanziato con un prelievo sugli extraprofitti delle grandi aziende responsabili della crisi climatica. Il boicottaggio è una tattica di pressione collettiva che può funzionare: in Croazia ha portato il governo a calmierare i prezzi. Colpendo economicamente e mediaticamente la GDO, possiamo spingerla a sostenere la nostra richiesta. Non toglie responsabilità alla grande distribuzione, che è uno dei settori più potenti e meno trasparenti del Paese: mentre milioni di famiglie e agricoltori subiscono l’inflazione climatica, i colossi del commercio aumentano profitti e potere, scaricando i costi su chi è più fragile. Il boicottaggio sarà complementare alle altre forme di disobbedienza civile già praticate da Ultima Generazione: non è una rinuncia, ma un passo in avanti verso una partecipazione di massa, accessibile, determinata ed efficace. E se smettessimo di fare la spesa tutti assieme? Fallo anche tu: https://vai.ug/boicottaggio COSA CHIEDIAMO? PROTEGGIAMO I RACCOLTI DALLA CRISI CLIMATICA L’agricoltura è in crisi per colpa del collasso climatico: siccità, alluvioni e grandinate mettono a rischio i raccolti e, di conseguenza, la sopravvivenza delle piccole aziende agricole italiane. Proteggiamo i raccolti attraverso politiche che sostengano economicamente gli agricoltori e tutelino le risorse naturali, fermando il consumo di suolo e promuovendo pratiche climaticamente sostenibili. AGGIUSTIAMO I PREZZI TAGLIANDO L’IVA Il cibo costa troppo per chi lo compra e rende poco a chi lo produce. Chiediamo a Meloni il taglio immediato dell’IVA sui beni essenziali: basta tassare i bisogni vitali. Impegniamoci in almeno 100.000 a dire questo basta coi fatti: niente spesa nei supermercati da sabato 11 ottobre finchè non verrà tagliata l’IVA sui beni essenziali. Quando la rabbia collettiva si organizza, diventa forza vera. FACCIAMO PAGARE I RESPONSABILI Chi rompe paga: la transizione non può essere finanziata con le nostre tasse ma con le ricchezze e privilegi di chi ha speculato per decenni sul nostro benessere e sul nostro ambiente. È responsabilità del governo reperire le risorse dove già esistono: l’agrobusiness, la GDO, i grandi patrimoni, l’industria fossile e quella militare. Ultima Generazione
Mezzo mondo come Gaza?
Come sarà il mondo di domani? Gran parte di esso, oltre la metà, sarà come è adesso Gaza e come era stata, ormai quasi un secolo fa e oltre, gran parte della comunità ebraica europea. Si sta avverando la tremenda profezia di Primo Levi: è successo, può succedere ancora. Intere popolazioni, giudicate superflue o dannose, si ritroveranno rinchiuse entro confini invalicabili, senza poter andare altrove perché nessuno le vuole, condannate allo sterminio con bombardamenti, caccie all’uomo, o per fame, sete, malattie non curate, accampate in territori lunari perché tutto quello che avevano deve essere distrutto per comprometterne la sopravvivenza. Gaza – come ha rilevato Ida Dominejanni – è un esperimento per abituare i popoli a convivere con lo sterminio altrui e ad accettarlo come inevitabile; proprio come i governi dell’Unione Europea e degli Stati Uniti stanno abituando anno dopo anno i loro cittadini – noi – a convivere e ad abituarsi allo stillicidio di rastrellamenti, deportazioni, annegamenti, morti, torture, violenze di ogni genere inflitte alla “genti in cammino” (people on the move) che cercano di abbandonare le loro terre di origine perché lì la vita è diventata impossibile, ma che nessun altro Paese accetta, se non per il tempo necessario a spremere dai loro corpi, dalle loro famiglie, dalle loro vite, tutto quello di cui è ancora possibile appropriarsi. Fantapolitica? No, semplice previsione di quello che non vogliono farci vedere i nostri governanti, i media che li assecondano, gli accademici e gli intellettuali che chiudono gli occhi. Entro la fine del secolo – ne abbiamo già consumato un quarto – più di metà della Terra sarà inabitabile: qualunque provvedimento venga preso oggi, i ghiacci delle calotte polari e dei ghiacciai continueranno a sciogliersi, il livello del mare a crescere e gran parte delle terre costiere, con il loro entroterra, verranno sommerse. I fiumi cesseranno di scorrere regolarmente, alternando piene devastanti a periodi di siccità, i raccolti continueranno a soffrirne, le foreste a bruciare senza acqua per spegnerle, le epidemie a imperversare. Crisi climatica e ambientale e migrazioni sono strettamente connesse: più si faranno sentire gli effetti della prima, destinati a crescere, più il numero dei profughi ambientali aumenterà in modo esponenziale. Ad accrescerne gli effetti concorrono poi le guerre a cui i governi di tutto il mondo stanno destinando i fondi che hanno negato e continuano a negare alla “transizione” (in realtà, alla conversione ecologica, che non è solo un processo tecnico ed economico, ma anche e soprattutto culturale, sociale, morale e democratico e che per questo viene osteggiata con sempre maggior ipocrisia). Gaia Vince (Il secolo nomade, Bollati Boringhieri, 2023) e Parag Khanna (Il movimento del mondo, Fazi, 2023), due studiosi che hanno cercato di guardare il futuro, concordano nel delineare un panorama come questo, ma loro sono ottimisti. Vince immagina che metà della popolazione mondiale, in fuga dalle terre di origine, troverà ospitalità nelle aree subartiche del pianeta, rese fertili e praticabili dal riscaldamento globale; le migrazioni giovano sia a chi le fa che a chi le accoglie, sostiene. Inoltre, tra un secolo la geo-ingegneria potrà restituire poco per volta vivibilità al pianeta devastato. Khanna, altrettanto fiducioso nei benefici della tecnologia, sostiene che essa – grazie soprattutto ad aria condizionata, colture idroponiche, desalinatori, energie rinnovabili e molto denaro – creerà isole vivibili anche in aree desertiche, énclave aperte alle persone dotate di professionalità e spirito di iniziativa, provenienti da tutte le parti del mondo. Per tutti gli altri, quelli non qualificati, la recuperata vivibilità delle aree subartiche offrirà comunque l’opportunità di una vita da schiavi. Nessuno dei due prende però in considerazione che l’alternativa possa essere invece uno scenario “alla Gaza”. Ma questo è. Come pensiamo che possano sopravvivere in territori devastati dalla catastrofe climatica e ambientale le popolazioni che li abitano oggi? Dove pensiamo che possano trasferirsi, senza essere respinti, tutti coloro che “a casa loro” non potranno più vivere? O addirittura che una casa loro non l’avranno più, perché sommersa dalle acque, o bruciata dalla siccità o dagli incendi? E come pensiamo che reagiranno i governi dei Paesi – “sviluppati” o no che siano – nei quali cercheranno rifugio quelle popolazioni tutte intere, se già ora, di fronte all’arrivo alla spicciolata delle avanguardie di quelle genti in cammino, i governi degli Stati forti mettono in atto politiche di respingimento basate sempre più sugli strumenti e le modalità della guerra? La vera guerra a cui ci stanno preparando. Se proiettate su uno scenario di lungo periodo – quello in cui, diceva Keynes, siamo tutti morti – le misure per respingere i migranti adottate oggi dai governi appaiono sì ciniche e spietate, ma anche risibili e inadeguate. Ma in realtà fungono da scuola per addestrare tutti noi ad accettare come normali quelle politiche di sterminio: esattamente come ci succede per Gaza. Ovviamente tutto questo ha delle ripercussioni anche sugli Stati che “si difendono dall’invasione” dei profughi: militarizzazione, sospensione o abolizione di diritti e welfare, violazione delle convenzioni, razzismo di Stato e fascismo. Gli Stati Uniti di Trump stanno aprendo la strada a tutti gli altri Stati, retti da tempo da governanti che aspettavano solo di dovergli “baciare il culo”. D’altronde la strada è quella anche senza Trump. Di fronte a prospettive del genere, purtroppo evidenti, l’inerzia nei confronti della crisi climatica e ambientale mostrata dai nostri governanti – tutti proiettati a combatterne le conseguenze e non le cause – ma anche quella dei popoli, cioè di noi tutti, sembra paradossale. Ma si spiega con il senso di impotenza che tutti – governi e forze politiche comprese – avvertono anche se cercano in tutti i modi di non prenderne atto. E’ la dismisura tra le dimensioni di questi processi e la capacità di agire di una popolazione atomizzata, senza riferimenti culturali, sociali e politici condivisi, se non quelli “di piccola e piccolissima taglia”: le mille associazioni e comitati a cui molti di noi partecipano senza trovare alcun riscontro nel mondo della politica. Potremmo però indirizzarle meglio, quelle pratiche, per costruire le ridotte da cui affrontare il futuro feroce che incombe: rendere il più possibile resilienti e vivibili i territori che abitiamo, mostrare che l’accoglienza – anche su scala ridotta – può tradursi in benefici per tutti, far conoscere e valorizzare le esperienze positive, battersi in tutti i modi per il disarmo. Troppo poco? E che altro, per ora? Guido Viale
L’impatto della crisi climatica sul diritto alla salute globale
È stato presentato oggi a Roma, presso la Camera dei Deputati, il policy paper “Salute globale e One Health: le sfide della crisi climatica”, realizzato dal Network italiano Salute Globale e da Aidos-Associazione italiana Donne per lo Sviluppo, per approfondire il nesso fra gli effetti del cambiamento climatico e il diritto alla salute globale, con interventi di persone esperte e le testimonianze dal campo di alcune organizzazioni della società civile (Osc) che aderiscono al Network. Dal report emerge l’importanza dell’approccio One Health per garantire la piena attuazione del diritto alla salute globale. Si tratta di progettare una strategia integrata che esplori le interazioni tra ambiente, salute umana e salute animale, per promuovere una collaborazione intersettoriale e affrontare sfide complesse. come la resistenza antimicrobica nella cura di alcune malattie e il degrado ambientale in cui vivono molte persone, specie animali e vegetali. Le testimonianze degli interventi di cooperazione sanitaria di Amref Health Africa, Medicus Mundi Italia, Progettomondo e World Friends, evidenziano sia gli impatti concreti della crisi climatica sulla salute sia le risorse messe in campo per mitigarne gli effetti promuovendo interventi efficaci laddove i sistemi sanitari sono fragili (dall’impiego delle unità sanitarie mobili alle pratiche di coinvolgimento delle comunità locali). “Politiche sanitarie che non prevedono piani di resilienza climatica, così come politiche climatiche che trascurano le implicazioni per la salute sono destinate a fallire” – ha dichiarato Stefania Burbo, focal point del Network italiano Salute Globale. “Per questo chiediamo all’Italia di proseguire lo storico impegno per la salute globale, in un momento in cui l’intensificarsi dei conflitti armati aumenta le diseguaglianze nell’accesso al diritto alla salute”. Le Osc riunite nel Network sottolineano l’importanza di: promuovere politiche di salute globale di lungo periodo per rafforzare i sistemi sanitari pubblici e di comunità, garantendone l’operatività nell’ambito della prevenzione, preparazione e risposta alle pandemie; continuare a sostenere il Global Fund nell’anno del suo ottavo processo di rifinanziamento, quale principale donatore multilaterale nella lotta contro Aids, tubercolosi e malaria, nonché nel rafforzamento dei sistemi sanitari nazionali e comunitari; rispettare gli impegni sul clima presi nei forum multilaterali e internazionali, per una transizione energetica equa anche per la salute pubblica. Inoltre, come afferma Maria Grazia Panunzi di Aidos, è necessario “prevenire la violenza di genere e le pratiche dannose, come le mutilazioni genitali femminili e i matrimoni precoci, che aumentano in situazioni di crisi climatica e conflitti e garantire la partecipazione attiva della società civile, delle comunità, delle donne e delle ragazze, riconoscendone il ruolo di agenti di cambiamento, a livello locale, nazionale e internazionale”. L’intero rapporto è online su www.networksaluteglobale.it Network italiano Salute Globale Aidos-Associazione italiana Donne per lo Sviluppo Redazione Italia
Venezia, finto matrimonio in Piazza San Marco: nuova protesta di Extinction Rebellion per le nozze di Bezos
Extinction Rebellion ha organizzato un finto matrimonio in Piazza San Marco, in segno di protesta contro lo sfarzoso matrimonio del miliardario Jeff Bezos e Lauren Sanchez. Il movimento denuncia le influenze dei super ricchi sulla crisi ecoclimatica e sugli equilibri democratici di molti Paesi del mondo. È il primo dei tre giorni del matrimonio di lusso di Jeff Bezos e Lauren Sanchez, e a Venezia non si fermano le proteste. Questa mattina è tornata in azione Extinction Rebellion, con due figure mascherate in abito nuziale comparse in Piazza San Marco, legate con una mano a un finto pianeta e con l’altra ad altre persone che reggevano cartelli con scritto “i governi”, “i media”, “l’economia” e la “giustizia”. Alle loro spalle avrebbero dovuto issare un grande striscione che recitava “The 1% ru(i)ns the world” (ovvero “L’1% rovina il mondo”). Ma la polizia è intervenuta immediatamente disperdendo una pacifica manifestazione e sgomberando di peso decine di persone. Questo nonostante non vi fossero problemi per ordine pubblico e sicurezza. “Il diritto di manifestare pacificamente è garantito dalla Costituzione e la polizia può disperdere i manifestanti solo se pongono un pericolo per la sicurezza e l’ordine pubblico” afferma Elisa, una delle persone spostate di peso. “Il nostro messaggio di dissenso non può essere silenziato con la forza: il matrimonio di Jeff Bezos e dei suoi 250 invitati ultraricchi nella città simbolo della crisi climatica è uno dei paradossi del nostro tempo” continua Elisa. “Questo accade mentre la concentrazione di ricchezza nelle mani di pochi super miliardari sta influenzando l’intero sistema globale, condizionando i governi, i media, minacciando le democrazie e aggravando la crisi eco-climatica, di cui Venezia è un triste simbolo tangibile”. Ancora una volta, Extinction Rebellion riporta l’attenzione sull’impatto sproporzionato dei consumi e dello stile di vita delle persone più ricche del pianeta sul riscaldamento globale. Secondo uno degli ultimi studi pubblicati su Nature, infatti, si stima che l’1% più ricco della popolazione mondiale sia responsabile di circa il 20% dell’aumento delle temperature globali. Negli ultimi anni, inoltre, l’influenza delle persone più ricche del mondo è cresciuta in molti settori, da quello politico e quello mediatico. Sono diversi infatti i governi che sono stati, e vengono ancora oggi, supportati direttamente o indirettamente da ultra miliardari, influenzando molte delle politiche in tema di diritti, innovazione tecnologica e transizione energetica. Molte sono anche le piattaforme mediatiche di proprietà di pochi imprenditori miliardari che ne influenzano la libertà e la qualità di informazione, come Mark Zuckerberg, Elon Musk e lo stesso Bezos. Egli è infatti proprietario del Washington Post, giornale al quale, a partire dall’autunno scorso, ha imposto una linea editoriale che si occuperà solo di “libertà personali e libero mercato”, non potendo quindi più pubblicare opinioni contrarie a questi principi. “Mentre Venezia combatte, anno dopo anno, con l’intensificarsi degli effetti della crisi climatica e della speculazione, i nostri politici invitano la città a rimanere asettica di fronte all’arrivo di chi sta contribuendo in modo sproporzionato alla condizione in cui siamo” commenta Angela, riferendosi al commento del presidente della Regione Veneto sulle numerose proteste degli ultimi giorni. “Democrazia non è stare zitti, ma poter esercitare il diritto al pacifico dissenso!”. La protesta di oggi segue infatti quella di martedì all’Hotel Danieli, in cui 4 persone avevano appeso uno striscione in cima ad una gru con scritto “Tassare i ricchi per ridare al pianeta”, e quelle del comitato cittadino “No space for Bezos” e di Greenpeace. Proteste che sono state capaci di far spostare le nozze dalla Scuola Grande della Misericordia all’Arsenale, un luogo più semplice da “difendere” da eventuali altre iniziative di dissenso. Iniziano così tre giorni di festeggiamenti che promettono sfarzo senza precedenti, tra feste in palazzi storici e l’invasione della laguna di Venezia da parte di yacht di lusso, mentre crescono le diseguaglianze nel mondo, che hanno raggiunto livelli estremi e costituiscono, come ricorda il Presidente Mattarella, una minaccia per la democrazia. Fonti * Il Manifesto, https://ilmanifesto.it/bezos-e-in-citta-i-comitati-preparano-la-festa * Nature Cliamte Change, https://www.theguardian.com/environment/2025/may/07/two-thirds-of-global-heating-caused-by-richest-study-suggests#:~:text=Two%2Dthirds%20of%20global%20heating,suggests%20%7C%20Climate%20crisis%20%7C%20The%20Guardian * The Guardian, https://www.theguardian.com/business/2025/jan/22/influence-of-super-rich-on-donald-trump-threatens-democracy-say-patriotic-millionairesTax Justice Network, * Wired, https://www.wired.it/article/jeff-bezos-washington-post-sezione-opinioni-trump/ * Venezia Today, https://www.veneziatoday.it/politica/zaia-matrimonio-bezos-venezia.html * Italia Che Cambia, https://www.italiachecambia.org/news/jeff-bezos-extinction-rebellion/ * BBC, https://www.bbc.com/news/articles/cd0vjr07570oOpen, https://www.open.online/2025/06/14/venezia-matrimonio-jeff-bezos-polemiche-zaia-brugnaro/ * Corriere della Sera, https://www.corriere.it/economia/finanza/25_maggio_28/chi-sono-i-centimiliardari-e-perche-fanno-male-alla-democrazia-i-nuovi-oligarchi-e-la-societa-piu-diseguale-dell-antico-egitto-aac394a8-e702-4713-a4f6-4a062a442xlk.shtml * AskaNews, https://askanews.it/2025/04/04/monito-di-mattarella-sulla-democrazia-concentrare-potere-la-indebolisce-2/   Extinction Rebellion
Sanzioni, crisi energetica, riarmo: dove ci sta portando l’UE
L’Unione Europea dopo aver approvato il 17° pacchetto di sanzioni alla Russia, sta approntando il 18° nonostante i pesanti effetti sulla propria economia creati dai precedenti e il caro petrolio causato dall’attacco israeliano e Usa all’Iran. Le politiche di riarmo … Leggi tutto L'articolo Sanzioni, crisi energetica, riarmo: dove ci sta portando l’UE sembra essere il primo su La Città invisibile | perUnaltracittà | Firenze.
Nel 2024 nelle regioni costiere 10.332 reati (+0,7% sul 2023), con la Campania che si conferma in testa
Tra abusivismo edilizio, occupazioni illecite del demanio marittimo,  cave fuorilegge e illeciti negli appalti per opere pubbliche, i reati registrati lo scorso anno nelle regioni costiere del nostro Paese sono stati ben 10.332 (+0,7% sul 2023), con una media di circa 28 reati al giorno (1,3 ogni ora). Reati che hanno fatto scattare 28.030 sanzioni amministrative per un valore economico che supera i 53 milioni di euro (+46,2% rispetto all’anno precedente). Sono alcuni dei dati di anteprima del dossier Mare Monstrum di Legambiente. La Campania si conferma in testa nella classifica del mare violato nell’ambito della filiera del cemento illegale, con 1.840 reati accertati dalle forze dell’ordine e dalle Capitanerie di porto, pari al 17,8% del totale nazionale (in aumento rispetto ai 1.531 illeciti registrati nel 2023, +2,9%). Primato confermato, inoltre, dal numero di persone denunciate e arrestate, rispettivamente 2.073 e 4, e dal dato sui sequestri (343). Al secondo posto troviamo ancora la Puglia, con 1.219 reati accertati (sebbene in calo rispetto ai 1.442 dell’anno precedente), pari all’11,8% del totale nazionale. A seguire la Sicilia, con 1.180 reati (11,4%) e la Toscana, al quarto posto con 946 reati (il 9,2% dei reati nazionali) che scavalca la Calabria, ora al quinto posto, con 869 reati (8,4%). Si conferma pesante, dunque, il bilancio nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa, nelle quali si concentra quasi la metà dei reati relativi alle diverse filiere del cemento illegale, per un totale di 5.108 illeciti gravi (49,4%), con 5.377 tra denunce e arresti. In sesta posizione troviamo la prima regione del nord Italia, il Veneto, che fa registrare 746 reati (il 7,2%), mentre il Lazio con 649 reati (6,3%) si ferma al settimo posto, nonostante il primato negativo conquistato sul versante degli illeciti amministrativi, ben 7.006 (cresciuti esponenzialmente rispetto ai 1.110 del 2023). A livello provinciale al primo posto si colloca Salerno con 606 reati (+104,7% rispetto al 2023), che supera la provincia di Napoli, con 378 reati (-16,4%), seguita da Cosenza, Lecce, Bari e Foggia. Colpisce il dato relativo alla provincia di Chieti, settima, con 156 reati e un incremento del +167,9% rispetto al 2023. Intanto sta per partire anche quest’anno Goletta Verde, che inizierà il suo viaggio il 23-24 giugno da Trieste, proseguendo dal 25 al 27 giugno a Porto Baseleghe (VE), dal 28 al 30 a Marina di Ravenna con focus sulle rinnovabili. A luglio salperà il 1° a Senigallia (AN), poi Ancona (2-3 luglio), Pescara (3-5), Termoli (6-7), Bari (8-12). L’11 sarà a Taranto, con focus sempre sulle rinnovabili, con visita in catamarano al parco eolico offshore. E ancora Tropea (14-16 luglio) con un’attività di pulizia nell’ambito della campagna “Puliamo il mondo” insieme ai sub; Augusta (SR) (17-18), Agrigento (20-21), Cagliari (23-25 luglio) e Maratea (PZ) (28-29 luglio). Il 30 e 31 luglio sarà la volta di Santa Maria di Castellabate (SA) con un’attività dimostrativa della squadra dei tartadog, il primo esempio in Europa di unità cinofila specializzata nel trovare nidi di tartaruga, in più si farà un punto sulle nidificazioni in Italia delle Caretta caretta. Infine, ad agosto: l’1-2 a Formia (LT), il 4-5 a Marina di Carrara e il 7-9 agosto a Santa Margherita Ligure (GE). Ricordiamo che al servizio SOS Goletta di Legambiente i cittadini possono segnalare scarichi anomali, chiazze sospette o casi di inquinamento lungo le coste, le spiagge e i laghi. E anche quest’anno la Goletta Verde ospita i laboratori di educazione ambientale. Con Life Turtlenest si scoprirà attraverso giochi, laboratori e attività didattiche per tutte le età come proteggere i nidi di tartarughe marine e come aiutare i piccoli a raggiungere il mare in sicurezza. Insieme a Life SeaNet si farà luce sulla straordinaria ricchezza dei siti marini della Rete Natura 2000 presenti in Italia. In concomitanza con il tour di Goletta Verde, il progetto Life Sea.Net lancia la seconda edizione del contest fotografico Deep Blue con in palio fantastici premi: la call to action per fotografi professionisti e semplici appassionati dell’arte fotografica prevede l’invio di immagini a info@lifeseanet.eu che ritraggono i siti marini Natura 2000 e le aree marine protette in Italia, le specie target di Life Sea.Net e paesaggi naturali e attività economiche connesse. Con Life Muscles si scopriranno soluzioni alternative alle retine in polipropilene (PP) utilizzate negli impianti di mitilicoltura, uno dei rifiuti più trovati nei fondali e sulle spiagge del Mediterraneo. Life AgreeNet lancerà il report “Clima e Salute” sulle connessioni tra ondate di calore e salute dei cittadini nelle città costiere del Medio-Adriatico, suggerendo buone pratiche di adattamento alla crisi climatica degli ambienti urbani. Qui per approfondire Goletta Verde 2025: https://golettaverde.legambiente.it/goletta-verde/.   Giovanni Caprio