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“Nessuno ti sente quando urli”: il sistema di violenza contro le persone migranti in Tunisia
GIORGIO MARCACCIO 1 Il dossier “Nobody hears you when you scream” (Amnesty International, 2025) 2 presenta un quadro sconvolgente: la Tunisia non solo non protegge le persone migranti, ma costruisce attivamente un sistema di violenza contro di loro. Le testimonianze raccolte mostrano un modello coerente: intercettazioni brutali in mare, espulsioni nel deserto al confine con Libia e Algeria, detenzione arbitraria, abusi sessuali e tortura. Parallelamente lo Stato attacca organizzazioni e attiviste/i, escludendo ogni accesso all’asilo. Nonostante ciò, l’Unione Europea continua a finanziare la Tunisia con un Memorandum privo di garanzie sui diritti umani. L’indagine di Amnesty International, condotta tra febbraio 2023 e giugno 2025, ha esaminato le esperienze di rifugiati e migranti in Tunisia, concentrandosi su Tunisi, Sfax e Zarzis. Sono state intervistate 120 persone provenienti da diversi paesi africani e asiatici (92 erano uomini e 28 erano donne), tra cui Afghanistan, Algeria, Nigeria, Sudan, Yemen, Camerun, Repubblica Centrafricana, Ciad, Congo, Costa d’Avorio, Repubblica Democratica del Congo, Gambia, Ghana, Guinea, Libia, Mali, Nigeria, Senegal, Sierra Leone, Sud Sudan 3. Nel novembre del 2025 Amnesty International ha pubblicato il rapporto “Nobody hears you when you scream”, che denuncia le condizioni disumane subite dalle persone migranti in Tunisia e mette in luce un sistema di discriminazione razziale e xenofoba rivolto soprattutto a uomini e donne dall’Africa subsahariana. Il rapporto ricostruisce in modo dettagliato un apparato repressivo che coinvolge istituzioni, forze dell’ordine e ampi settori della società civile, grazie a testimonianze dirette, missioni di indagine e dichiarazioni pubbliche di figure politiche, tra cui il presidente Kaïs Saïed. Uno dei temi centrali è la violazione sistematica e continua dei diritti umani: tortura, trattamenti inumani, detenzione arbitraria, uso eccessivo della forza durante intercettazioni in mare e sbarchi, espulsioni collettive e sommarie lungo il confine meridionale. Molte di queste violazioni sono attribuite alla National Guard, corpo dipendente dal Ministero dell’Interno, formalmente incaricato della protezione dei confini ma spesso coinvolto direttamente in violenze e abusi. > «Quando sono arrivato alla stazione di polizia, un poliziotto mi ha urlato > contro dicendo: “Voi neri create problemi” e un altro mi ha dato una > ginocchiata allo stomaco». > Milena, studentessa del Burkina Faso Parallelamente, si registra un clima politico apertamente razzista: dal febbraio 2023 il Presidente Saïed ha più volte evocato un presunto “complotto” dei migranti volto a cambiare la composizione demografica del Paese, alimentando ostilità e giustificando misure discriminatorie. Approfondimenti TUNISIA: IL CONFINE INVISIBILE D’EUROPA Il punto sulla situazione delle persone migranti tra detenzione e respingimenti Maria Giuliana Lo Piccolo 25 Novembre 2025 LA TUNISIA COME SNODO DELLA ROTTA MEDITERRANEA La Tunisia occupa una posizione strategica per le rotte migratorie provenienti dall’Africa subsahariana verso l’Europa. Le crisi politiche e umanitarie del continente spingono migliaia di persone a dirigersi verso il Nord Africa, spesso senza possibilità di proseguire immediatamente il viaggio, con il rischio di diventare irregolari sul territorio tunisino. Dal 2017, con gli accordi UE-Libia sul contenimento delle partenze, molte persone hanno iniziato a spostarsi irregolarmente dalla Libia alla Tunisia nella speranza di trovare una via più sicura verso l’Europa. Il fenomeno si è consolidato soprattutto dal 2020. Sul piano normativo, la Tunisia non ha sviluppato un sistema efficace di gestione dell’asilo: la Costituzione del 2022 garantisce il diritto d’asilo “secondo la legge”, ma la legge non esiste, creando così un vuoto che impedisce la protezione internazionale. Nonostante l’adozione nel 2018 di una legge avanzata contro discriminazione e razzismo, Amnesty documenta come essa rimanga largamente inapplicata. Le testimonianze raccolte mostrano come le persone africane siano sottoposte a violenze, estorsioni e arresti arbitrari motivati da profiling razziale. > «Hanno semplicemente detto: ‘Non vogliamo neri qui, tornate a casa vostra». > Adama, un giovane ivoriano DISCORSI PRESIDENZIALI E COSTRUZIONE DEL NEMICO INTERNO Uno degli elementi più forti del rapporto è la documentazione dell’impatto del discorso politico. Nel febbraio 2023 il presidente Kaïs Saïed parla pubblicamente di una “minaccia demografica” rappresentata dai migranti subsahariani, accusati di voler “modificare la composizione della popolazione tunisina”. Le parole alimentano un’ondata di xenofobia e violenza. Molti persone migranti raccontano che, subito dopo il discorso, i vicini hanno smesso di salutarli, proprietari di casa hanno annullato contratti d’affitto, tassisti hanno rifiutato di farli salire. > Una donna ivoriana testimonia: > «Dopo quel discorso, era come se tutti avessero ricevuto il permesso di farci > del male». Nessuna istituzione tunisina ha preso pubblicamente le distanze da questa retorica: al contrario, la sicurezza interna ha intensificato controlli, arresti ed espulsioni. 4 INTERCETTAZIONI IN MARE: MANOVRE PERICOLOSE, OPACITÀ ISTITUZIONALE Uno dei capitoli più gravi riguarda le intercettazioni dei migranti in mare, condotte con tattiche pericolose e violente. Da giugno 2024 la Tunisia ha smesso di diffondere i propri dati ufficiali e il 19 giugno 2024 ha notificato all’IMO (International Maritime Organization) l’istituzione di una vasta area SAR (SRR), che consente intercettazioni in una zona molto ampia. Le ONG documentano manovre aggressive come urti volontari, uso di cavi, spray urticanti, violenze fisiche e sequestri di motori. Tali pratiche violano la Convenzione internazionale sul salvataggio marittimo e il Protocollo ONU contro il traffico di migranti. > «Continuavano a colpire la nostra barca con lunghi bastoni con estremità > appuntite, l’hanno bucata… C’erano almeno due donne e tre bambini senza > giubbotti di salvataggio. Li abbiamo visti annegare…» > Céline, una donna camerunese Un ulteriore aspetto critico riguarda la mancata valutazione individuale delle persone in movimento: documenti e beni personali vengono spesso confiscati o distrutti, rendendo impossibile richiedere protezione internazionale. ESPULSIONI COLLETTIVE VERSO LIBIA E ALGERIA Sul fronte terrestre Amnesty documenta migliaia di espulsioni collettive verso Algeria e Libia dall’estate 2023 in avanti. Si tratta di pratiche che violano apertamente il principio di non-refoulement, cardine della Convenzione del 1951 sui rifugiati. Le espulsioni avvengono spesso tramite cooperazione – anche informale – con gruppi armati libici e algerini. Molte persone vengono portate in centri di detenzione illegali e sottoposte a violenze, perquisizioni degradanti e confisca dei documenti. In Algeria si verifica frequentemente il chain refoulement, con respingimenti ulteriori verso Niger o Mali. Il contesto libico è ancora più drammatico, segnato da violenze sistematiche riconosciute dalle Nazioni Unite. > «Avevo un visto valido, ma non ci hanno spiegato nulla né chiesto documenti di > identità… Ci hanno ammanettato con una corda nera e ci hanno messo su un > autobus che ci ha portato in Algeria. Ci hanno solo detto: “Non vogliamo neri > qui, tornate a casa vostra”». ABUSI SESSUALI E TORTURA COME STRUMENTI DI CONTROLLO Numerose donne raccontano di aver subito violenze sessuali da parte di membri della National Guard durante intercettazioni, detenzioni ed espulsioni. Si tratta di abusi che Amnesty classifica esplicitamente come tortura, vietata dalla Convenzione ONU del 1984 5. Anche uomini e minori riportano pestaggi, bruciature, scariche elettriche e violenze degradanti. La discriminazione razziale emerge come fattore strutturale in questi abusi 6. > «Mi hanno presa in tre. Uno mi teneva ferma, gli altri mi toccavano ovunque. > Ho urlato, ma ridevano». ATTACCO ALLE ONG E CHIUSURA DELLO SPAZIO CIVICO Di fronte alle accuse, il governo tunisino nega ogni responsabilità, ma parallelamente porta avanti una strategia di repressione verso ONG e difensori dei diritti umani. Dal maggio 2024 diverse organizzazioni locali e internazionali sono state ostacolate, alcune costrette a chiudere; membri di ONG partner dell’UNHCR sono stati arrestati. Il Presidente Saïed ha alimentato questa campagna definendo le organizzazioni “agenti stranieri” e “traditori”. La situazione è peggiorata quando il governo ha imposto la sospensione delle attività di registrazione dei richiedenti asilo svolte dall’UNHCR dal 2011. Migliaia di persone si sono ritrovate senza possibilità di accedere alla protezione internazionale. > Una volontaria tunisina riferisce: > «Ci trattano come criminali solo perché aiutiamo persone che stanno morendo». IL MEMORANDUM UE–TUNISIA: COOPERAZIONE SENZA TUTELE Il 16 luglio 2023 l’Unione Europea e la Tunisia hanno firmato un Memorandum d’intesa che prevede grandi investimenti europei per contrasto ai trafficanti, controllo dei confini e rimpatri. Secondo Amnesty, il Memorandum è privo di garanzie vincolanti sul rispetto dei diritti umani: non prevede soglie da rispettare né condizioni che limitino l’accesso ai fondi in caso di violazioni. La Tunisia non può essere considerata un “paese terzo sicuro”: non esiste un sistema d’asilo funzionante, il non-refoulement viene violato, e le istituzioni stesse sono responsabili di violenze strutturali contro le persone migranti 7. Il dossier di Amnesty descrive una realtà in cui la Tunisia costruisce un sistema istituzionale e operativo che mira non a gestire le migrazioni, ma a renderle impossibili, attraverso violenza, paura e abbandono. Il titolo del rapporto – Nessuno ti sente quando urli – non è una metafora: è la descrizione puntuale della condizione vissuta da migliaia di persone che, in Tunisia, non hanno alcuna protezione né possibilità di far valere i propri diritti. 1. Studente presso UniPD del corso di Scienze politiche, Relazioni internazionali e Diritti umani al terzo anno, sto svolgendo un tirocinio curricolare presso Melting Pot. Sono appassionato di attualità internazionale e storia delle relazioni internazionali, materia in cui sto scrivendo una tesi di laurea triennale. Ho un diploma di liceo classico ottenuto a Bergamo, e dal liceo in poi ho fatto attività di volontariato locale e in città ↩︎ 2. Tunisia: “Nobody hears you when you scream”: Dangerous shift in Tunisia’s migration policy ↩︎ 3. Metodologia del dossier a pag. 15 ↩︎ 4. Discorsi presidenziali e razzismo istituzionale a pag.25 del rapporto ↩︎ 5. Da pag. 62 del rapporto ↩︎ 6. Sexual violence and torture, da pag. 61 del dossier ↩︎ 7. Le conclusioni di Amnesty da pag. 82 ↩︎
Tunisia: il confine invisibile d’Europa
Detenzioni arbitrarie, deportazioni e cooperazione UE: come la strategia di esternalizzazione alimenta violenze e violazioni dei diritti delle persone migranti. La Tunisia è uno dei principali Paesi di transito, ma anche di destinazione, per persone migranti, rifugiati e richiedenti asilo, provenienti principalmente dall’Africa sub-sahariana. In passato, le condizioni di vita di rifugiati e migranti erano considerate generalmente migliori rispetto a quelle di altri Paesi, come ad esempio la Libia. Dal 2023, tuttavia, in seguito alla decisione del governo di adottare un approccio più duro, la situazione è nettamente peggiorata.  Kaïs Saïed è in carica dal 2019, ma è nel 2021 che, sospeso il parlamento, ha cominciato a governare per decreto, tanto da parlare di “iper-presidenzialismo”, in cui l’opposizione politica è praticamente assente.  In questa situazione, la questione migratoria viene utilizzata politicamente per compattare la nazione contro un nemico comune, fomentando il razzismo già presente nella società tunisina.  Il presidente, infatti, ha dichiarato che l’arrivo di «orde di migranti illegali» dall’Africa sub-sahariana fa parte di un «piano criminale per cambiare la composizione demografica» 1 della Tunisia. Come ha sottolineato l’antropologa Kenza Ben Azouz, «Incolpando la comunità subsahariana senza affrontare in modo sostanziale la questione migratoria, egli si aggrappa a una logica populista e opportunistica» 2, in accordo con le diffuse (soprattutto in Europa) narrative di una presunta “sostituzione etnica”. Inevitabilmente, questi commenti «danno legittimità a chiunque voglia attaccare una persona nera per strada» 3, denuncia Saadia Mosbah. Quest’ultima, presidente dell’associazione Mnemty, è stata arrestata nel maggio 2024 4, mentre l’associazione, impegnata nella lotta contro il razzismo, è stata sottoposta, insieme a molte altre organizzazioni per i diritti umani, a un mese di sospensione delle attività 5.  E infatti è stato documentato un incremento di violenza contro i migranti africani, tramite raid, arresti arbitrari e detenzioni, ma anche deportazioni di massa ai confini con Algeria e Libia. Le persone migranti vengono abbandonate senza cibo e acqua ed esposte al rischio di rapimenti, estorsioni, lavoro forzato, violenza sessuale e perfino morte 6. Nonostante i richiami e le ingiunzioni al governo da parte delle Nazioni Unite, affinché migliorasse il trattamento delle persone senza cittadinanza e mettesse fine alla retorica xenofoba, il trattamento discriminatorio e violento continua, così come la propaganda razzista.  Ad aprile 2025, ad esempio, le autorità hanno smantellato i campi vicino Sfax, che ospitavano circa 7000 migranti sub-sahariani, dando fuoco alle tende prima di arrestarli e deportarli  7. L’incremento di questo tipo di azioni, insieme alla detenzione di rappresentanti delle organizzazioni della società civile e alla retorica xenofoba, coincide con il crescente supporto dell’Unione Europea per quanto riguarda il controllo del confine e la gestione dei flussi migratori, che è a sua volta parte della più generale strategia di esternalizzazione del confine europeo.  Una tappa fondamentale nella costruzione delle relazioni UE-Tunisia è stata il Memorandum d’intesa firmato a luglio 2023 dal presidente tunisino Kais Saied, dalla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, dalla premier italiana Giorgia Meloni e dall’ex-premier olandese Mark Rutte. Grazie a questo accordo la Tunisia ha ottenuto 105 milioni di euro dedicati alla gestione dei confini e alla “lotta contro l’immigrazione illegale” 8, che hanno finanziato anche la Guardia Nazionale tunisina, la quale, secondo un’indagine del The Guardian, ha sottoposto centinaia di migranti a stupri, pestaggi e altri abusi 9.  L’ultimo rapporto di Global Detention Project (GDP) e Forum Tunisien pour les droits économiques et sociaux (FTDES) 10, pubblicato a ottobre, fa luce proprio sulla situazione attuale e sulle numerose problematiche legate alla detenzione di migranti, rifugiati e richiedenti asilo. L’utilizzo della detenzione per le persone in movimento è impiegato sistematicamente in Tunisia, anche se la legge tunisina non contiene disposizioni specifiche relative alla detenzione amministrativa per motivi di immigrazione o alla detenzione prima del rimpatrio. Il GDP e l’FTDES, infatti, hanno documentato ripetutamente l’uso di centri di detenzione informali nel Paese, nonostante l’assenza di qualsiasi base legale chiara per il loro funzionamento. Il Forum Tunisien pour les Droits Économiques et Sociaux (FTDES) è un’organizzazione tunisina indipendente, fondata nel 2011, che si occupa di difendere e promuovere i diritti economici, sociali e ambientali. Conduce ricerche, monitora politiche pubbliche e denuncia violazioni riguardanti lavoro, migrazioni, disuguaglianze regionali e giustizia sociale. È riconosciuto come una delle principali voci della società civile tunisina. Questi includono la struttura Al-Wardia, fuori Tunisi, e un’altra vicino a Ben Guerdane, utilizzata per raccogliere i migranti prima della loro deportazione in Libia. Sebbene le autorità designino alcuni siti come “centri di accoglienza e orientamento”, nella pratica essi funzionano come vere e proprie strutture di detenzione. Nel 2020, diverse organizzazioni, come Avocats Sans Frontières e Terre d’Asile Tunisie, hanno inviato degli avvocati al centro di Al-Wardia, i quali hanno riferito di essersi visti negare l’ingresso, confermando che per migranti all’interno non era possibile uscire 11. In seguito alle pressioni della società civile, 22 migranti sono stati rilasciati nel settembre dello stesso anno, ma le autorità hanno comunque continuato a trattenere i non-cittadini all’interno della struttura, compresi donne e bambini, nonostante manchino le basi legali per farlo 12.  Oltre a queste strutture, gli osservatori riportano anche l’uso di stazioni di polizia, sedi della polizia di frontiera e stazioni della polizia di frontiera aeroportuali e marittime per la detenzione di persone senza la cittadinanza tunisina. Rapporti attendibili indicano, inoltre, che un numero significativo di migranti subsahariani viene detenuto all’interno delle carceri del paese e nei “dépôts” (strutture di detenzione preventiva) a seguito della loro condanna per ingresso, soggiorno e uscita irregolari. Alcuni vengono trasferiti in centri di detenzione informali (senza autorizzazione giudiziaria), il che comporta sostanzialmente un allungamento significativo del periodo della loro reclusione 13. Pochi osservatori sono stati in grado di entrare in questi centri e quindi vi è una trasparenza molto limitata riguardo ciò che accade all’interno. Tuttavia, il GDP e l’FTDES hanno documentato in diversi rapporti le condizioni e i trattamenti che i non-cittadini, la maggior parte dei quali di origine subsahariana, devono affrontare durante la permanenza in queste strutture. Nel marzo 2023, France 24 ha pubblicato rapporti e foto dall’interno del centro Al-Wardia, che includono accuse di abusi fisici, grave sovraffollamento e spazio insufficiente per dormire 14. Gli osservatori riportano inoltre che i detenuti hanno difficoltà a contattare avvocati e interpreti, il che, combinato con il mancato obbligo delle autorità di informare i detenuti del loro diritto di fare ricorso, crea significative barriere all’accesso a qualsiasi forma di revisione giudiziaria significativa. A ciò si aggiunge che, poiché la legge tunisina non prevede la detenzione amministrativa, essa non contiene disposizioni riguardanti la durata massima della detenzione, lasciando i detenuti esposti al rischio di detenzione indefinita 15.  Persone migranti, rifugiati e richiedenti asilo detenuti nella struttura di Al-Wardia hanno inoltre segnalato violenze durante perquisizioni e arresti, trasferimenti verso altri siti non identificati e problemi, tra cui scarsa igiene, mancanza di cibo, confisca dei beni, stress psicologico. Inoltre, poiché il trattenimento legato all’immigrazione non è previsto dalla legge tunisina, non esistono nemmeno garanzie o protezioni formali per gruppi vulnerabili come i bambini, le vittime di tratta e i richiedenti asilo. Allo stesso tempo, tuttavia, la legge non prevede alcuna base giuridica per privare tali gruppi della libertà per motivi legati alla migrazione 16.  Inoltre, in assenza di un sistema nazionale di asilo, l’UNHCR ha condotto la registrazione dei richiedenti asilo e la determinazione dello status di rifugiato, ma queste procedure sono state sospese nel giugno 2024, lasciando molte persone bloccate senza uno status legale. Ciò ha lasciato centinaia di persone senza protezione ed esposte all’arresto e alla detenzione. I rapporti indicano che molti – in particolare quelli provenienti dall’Africa sub-sahariana – che intendono richiedere protezione vengono arrestati, detenuti e deportati senza avere l’opportunità di fare domanda di asilo.  L’FTDES e il GDP chiedono pertanto la ripresa immediata della registrazione delle domande di asilo e l’adozione di una legge nazionale sull’asilo conforme agli standard internazionali. Ritengono inoltre che le strutture di detenzione debbano essere chiuse immediatamente. Le organizzazioni che presentano la denuncia invitano inoltre le autorità ad adottare regole chiare e pubbliche per qualsiasi luogo in cui una persona sia privata della libertà: registrazione, informazioni in una lingua che il detenuto comprenda, accesso a un avvocato e a un interprete al momento dell’arrivo, certificato medico, separazione tra uomini e donne e visite regolari da parte di organizzazioni indipendenti. Senza trarre insegnamenti dai risultati devastanti della cooperazione con la Libia, l’attuale cooperazione UE-Tunisia in materia di controllo delle migrazioni ha portato al contenimento delle persone in un Paese in cui sono esposte a diffuse violazioni dei diritti umani. Questa cooperazione è ancora in corso a più di due anni di distanza, nonostante le allarmanti e ben documentate segnalazioni di violazioni. Tuttavia, dando priorità al controllo della migrazione a scapito del diritto internazionale, la collaborazione è stata celebrata dai funzionari europei come un successo, citando una significativa riduzione degli arrivi irregolari via mare di persone dalla Tunisia dal 2024 17. Come ha dichiarato Heba Morayef, direttrice regionale per il Medio Oriente e il Nord Africa di Amnesty International, «il silenzio dell’UE e dei suoi Stati membri di fronte a questi orribili abusi è particolarmente allarmante. Ogni giorno che l’UE persiste nel sostenere in modo sconsiderato il pericoloso attacco della Tunisia ai diritti dei migranti, dei rifugiati e di coloro che li difendono, senza rivedere in modo significativo la sua cooperazione in materia di migrazione, i leader europei rischiano di diventarne complici» 18. 1. Tunisia’s President Saied claims sub-Saharan migrants threaten country’s identity, Le Monde (23 febbraio 2023) ↩︎ 2. Cfr. Le Monde (23 febbraio 2023) ↩︎ 3. Cfr. Le Monde (23 febbraio 2023) ↩︎ 4. Affaire Mnemty : la justice tunisienne relance les poursuites, la société civile alerte, tunisienews (6 agosto 2025) ↩︎ 5. Suspension des activités de l’association Mnemty, BusinessNews (28 ottobre 2025) ↩︎ 6. Global Detention Project, “Tunisia: Detention and “Desert Dumping” of Sub-Saharan Refugees,” 8 luglio 2024 ↩︎ 7. Tunisia dismantles sub-Saharan migrant camps and forcibly deports some | Reuters, Reuters (5 aprile 2025) ↩︎ 8. EU-Tunisia Memorandum of Understanding ↩︎ 9. The brutal truth behind Italy’s migrant reduction: beatings and rape by EU-funded forces in Tunisia | Global development | The Guardian, The Guardian (19 settembre 2024) ↩︎ 10. Global Detention Project, “Tunisia: Issues Related To The Immigration Detention Of Migrants, Refugees, And Asylum Seekers”, ottobre 2025 ↩︎ 11. Note-juridique-El-Ourdia-VF.pdf, OMCT, “Note sur la détention arbitraire au centre de détention de migrants d’El-Ouardia,” 2023 ↩︎ 12. Tunisia, la denuncia: “Nei centri di detenzione illegale anche migranti bambini”, Dire (17 novembre 2025) ↩︎ 13. Note-juridique-El-Ourdia-VF.pdf, OMCT, “Note sur la détention arbitraire au centre de détention de migrants d’El-Ouardia,” 2023 ↩︎ 14. ‘They spit on us’: What’s really going on in the El Ouardia migrant centre in Tunis, France24 (13 marzo 2023). ↩︎ 15. Note-juridique-El-Ourdia-VF.pdf, OMCT, “Note sur la détention arbitraire au centre de détention de migrants d’El-Ouardia,” 2023 ↩︎ 16. En Tunisie, “les prisons sont remplies de migrants subsahariens” condamnés pour “séjour irrégulier” – InfoMigrants, Infomigrants (18 novembre 2024) ↩︎ 17. Answer given by Mr Brunner on behalf of the European Commission ↩︎ 18. Tunisia: Rampant violations against refugees and migrants expose EU’s complicity risk, Amnesty International (6 novembre 2025) ↩︎