La “protezione umanitaria” resiste al decreto Cutro
La Corte Suprema di Cassazione, nel giudizio per rinvio pregiudiziale ai sensi
dell’art. 363 bis c.p.c., formulato dal Tribunale di Venezia, ha enunciato il
seguente principio di diritto:
«La rivisitazione … dell’istituto della protezione complementare non ha
determinato il venire meno della tutela della vita privata e familiare dello
straniero che si trova in Italia, tanto più che il tessuto normativo continua a
richiedere il rispetto degli obblighi costituzionali e convenzionali. Ne deriva
che la protezione complementare può essere accordata in presenza di un
radicamento del cittadino straniero sul territorio nazionale sufficientemente
forte da far ritenere che un suo allontanamento, che non sia imposto da
prevalenti ragioni di sicurezza nazionale o di ordine pubblico, determini una
violazione del suo diritto alla vita familiare o alla vita privata. Nessun
rilievo ostativo assume il fatto che il radicamento sia avvenuto nel tempo
necessario ad esaminare le domande del cittadino straniero di accesso alle
protezioni maggiori.
La tutela della vita privata e familiare esige una valutazione di
proporzionalità e di bilanciamento nel caso concreto, secondo i criteri
elaborati dalla Corte EDU e dalla pronuncia delle Sezioni Unite n. 24413/2021,
tenendo conto dei legami familiari sviluppati in Italia, delle relazioni sociali
intessute, del grado di integrazione lavorativa realizzato e del legame con la
comunità anche sotto il profilo del necessario rispetto delle sue regole.»
Pertanto, possiamo affermare che, nonostante l’abrogazione del riferimento
normativo all’art. 8 CEDU ad opera del decreto Cutro, la protezione umanitaria
ritorni in vita e quindi la tutela della vita privata e familiare sia garantita
non solo dai vincoli costituzionali, ma anche da quelli internazionali che, in
virtù dell’art. 117 Cost., non possono essere disattesi.
Condividiamo alcune riflessioni portate all’attenzione della Suprema Corte di
Cassazione.
Queste difese hanno fin da subito evidenziato come l’abrogazione delle parti
dell’art. 19 TUI, in cui si faceva espresso riferimento all’art. 8 CEDU e quindi
alla necessità di tutelare la vita privata e familiare, non abbia mai sortito
effetto alcuno, in quanto la normativa italiana – come ricorda la Suprema Corte
– va comunque interpretata nel rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento
comunitario e dagli obblighi internazionali (art. 117 Cost.).
A rafforzare questa tutela multilivello interviene lo stesso art. 6 del Trattato
sull’Unione Europea, che sottolinea come l’Unione abbia aderito alla CEDU.
Sebbene tale adesione non implichi l’applicazione diretta dell’obbligo
internazionale, non essendo ancora equiparato a quello comunitario, determina
comunque un obbligo per l’Autorità giudiziaria di interpretare la normativa
nazionale alla luce di quella sovranazionale, in particolare quando si tratta di
tutelare i diritti fondamentali dell’individuo.
Inoltre, ai sensi dell’art. 52 della Carta di Nizza, gli articoli che tutelano
la vita privata (art. 8 CEDU e art. 7 della Carta) possono essere invocati
innanzi all’Autorità giudiziaria e, laddove la Carta dei diritti dell’Unione
europea contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla CEDU, «il
significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla
suddetta Convenzione», con la possibilità che il diritto dell’Unione conceda una
protezione più estesa.
Pertanto, l’operatore del diritto ha più strumenti da utilizzare e può scegliere
l’interpretazione che tuteli maggiormente il proprio assistito, forte dei
riferimenti internazionali e costituzionali. Tra questi merita particolare
attenzione l’art. 10 Cost., secondo cui «lo straniero, al quale sia impedito nel
suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla
Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica,
secondo le condizioni stabilite dalla legge», indipendentemente dal
riconoscimento di protezioni superiori, come ricordano gli artt. 19 e 5, comma
6, del TUI, che positivizzano un principio fondamentale presente nella nostra
Carta.
Alla luce di queste considerazioni e del principio enunciato dalla Suprema Corte
di Cassazione, si fa sempre più strada, ad avviso delle scriventi, il principio
secondo il quale, nell’ambito della tutela dei diritti fondamentali, va
applicata l’interpretazione che maggiormente tuteli l’individuo.
Corte di Cassazione, sentenza n. 29593 del 10 novembre 2025
Si ringraziano le Avv.te Caterina Barbiero e Chiara Pernechele per la
segnalazione e il commento.
* Consulta altre decisioni:
* della Corte di Cassazione;
* relative al permesso di soggiorno per protezione speciale.