Il movimento studentesco di fronte alle leggi Sicurezza – cosa rischia uno studente
Il movimento studentesco è sceso in piazza il 14 novembre in tutta Italia per
scioperare e manifestare per la scuola, il clima e contro la guerra.
A Torino i numerosi collettivi degli studenti medi e universitari si sono dati
appuntamento per il corteo dietro ad un enorme striscione con la scritta “CONTRO
IL GOVERNO DEL GENOCIDIO E DEL FOSSILE GLI STUDENTI BLOCCANO TUTTO”
E ci provano a bloccare tutto: il corteo si divide in diversi rivoli con
l’obiettivo di un blocco itinerante e diffuso per la città, uno spezzone corre
verso le entrate di Porta Nuova, poi prova ad intrufolarsi nei binari dagli
ingressi secondari, trovando sempre squadre antisommossa pronte a difendere ogni
ingresso a colpi di vigorose manganellate. Non si registrano scontri, ma dopo
ogni tentativo si notano studenti che proseguono lungo il percorso tenendosi il
ghiaccio sulla testa.
A fine mattinata il corteo si dirige verso un ultimo obiettivo: la sede della
Città Metropolitana, davanti a cui urlano “vogliamo banchi e non bombe” (per i
molti distratti, ma non per gli studenti, Città Metropolitana è sede di numerose
competenze per l’attuazione del diritto all’istruzione).
Vorrebbero entrare per manifestare le proprie rivendicazioni, con la scomposta
energia con cui gli studenti medi affrontano le loro prime manifestazioni,
qualcuno individua un’entrata dai parcheggi e molti studenti si buttano correndo
sempre con megafoni e striscioni, il resto è notizia: numerosi video mostrano
momenti di tafferugli, grida, lamenti, i primi ragazzi entrati vengono picchiati
e catturati dalla polizia, da qui la degenerazione degli scontri con chi li
vorrebbe liberare e portare in salvo.
La manifestazione si conclude lì davanti, aspettando per quasi un’ora che i
giovani intrappolati vengano identificati e rilasciati, uno di loro dovrà
correre al pronto soccorso perché ha una seria ferita sulla testa.
Domenica mattina la polizia si reca a casa di un giovane studente di 18 anni per
notificargli l’arresto, ai domiciliari, e il processo per direttissima.
Lunedi mattina si è tenuta l’udienza in cui è stato convalidato l’arresto,
attraverso l’obbligo di recarsi a firmare quotidianamente in questura, e fissata
l’udienza del processo per metà gennaio.
Le accuse sarebbero lievi e tipiche di uno scontro di piazza: resistenza a
pubblico ufficiale e lesioni lievi (7 giorni di prognosi) ma per effetto della
legge 80/25 (conversione del Decreto Sicurezza) il giovane rischia, per le
lesioni lievi a pubblico ufficiale, la reclusione da 2 a 5 anni. Effetto
Sicurezza.
Un giovane tra i tanti che è sceso in piazza per manifestare l’opposizione alle
politiche di guerra e chiedere il diritto allo studio e la difesa del clima, che
si trova coinvolto con molti altri e altre in un tafferuglio di pochi secondi da
cui i ragazzi, loro sì senza scudi e caschi, ne escono seriamente feriti,
rischia da 2 a 5 anni di carcere per effetto di una legge perversa che ha
l’unico obiettivo di silenziare il dissenso e il conflitto sociale.
E colpisce anche che ad esserne vittima è un unico ragazzo, identificato tra i
tanti e le tante presenti:
“Omar non è che uno studente, un compagno di scuola e di lotta, un coetaneo che
la polizia ha deciso di individuare come soggetto su cui accanirsi violentemente
per colpire ed intimidire tutti coloro che hanno preso parte allo sciopero del
14 novembre” scrive il collettivo del liceo Gioberti, e prosegue: “Alla città
metropolitana c’eravamo tutte e rivendichiamo collettivamente ciò che invece la
questura di Torino affilia a una sola persona… È un copione già scritto infatti,
quello in cui le dimensioni di scontro collettive vengono depoliticizzate e
ridotte a meri atti di violenza imputati a singole soggettività”
Possiamo permettere che sia uno studente di 18 anni a pagare il prezzo carissimo
di non aver saputo difendere la nostra democrazia?
Accanto ad Omar, accanto a tutti gli studenti e le studentesse che scendono in
piazza, alla Gen Z che si oppone con lucidità alla deriva bellicista e ai venti
di guerra, dovremo esserci tutti e tutte per restituire loro la libertà di
praticare il dissenso.
Mamme in piazza per la libertà di dissenso