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La Classifica Censis delle Università italiane: edizione 2025/2026
Sono tante le ragazze e i ragazzi che, archiviata la “maturità”, stanno valutando in quale università proseguire i propri studi. E anche quest’anno per loro è disponibile la Classifica Censis delle Università italiane, giunta alla sua venticinquesima edizione: uno strumento che è stato creato per fornire orientamenti alle scelte di tutti gli studenti pronti a intraprendere la carriera universitaria. Le prime due posizioni tra i mega atenei statali (quelli con oltre 40.000 iscritti) sono occupate stabilmente anche quest’anno dall’Università di Padova, prima con un punteggio complessivo di 90,3, seguita dall’Università di Bologna (87,7). Sale in terza posizione l’Università di Pisa che con 84,7 punti totali scala 3 posizioni della classifica, superando la Sapienza di Roma che scende al quarto posto (84,2) ex aequo con l’Università Statale di Milano che rispetto allo scorso anno guadagna una posizione. Sale al quinto posto l’Università di Firenze (lo scorso anno in ottava posizione) con il punteggio di 83,5, seguita dall’Università di Torino (83,0, +1 posizione) e dall’Università di Palermo (82,3, -3 posizioni). Torna tra i mega atenei l’Università di Bari (75,7), che si colloca in penultima posizione, precedendo l’Università di Napoli Federico II (75,5), che chiude la classifica. Per quanto riguarda i medi atenei statali, anche quest’anno apre la classifica l’Università di Trento, che con il punteggio di 93,7 mantiene la prima posizione, seguita come lo scorso anno dall’Università di Udine, che condivide il secondo posto con l’Università Politecnica delle Marche con il punteggio di 92,2, avendo quest’ultima guadagnato due posizioni. In terza si colloca l’Università di Siena (89,7), che avanza anch’essa di due posizioni. Retrocede al quarto posto l’Università di Sassari (88,8, -1 posizione). Il quinto e il sesto posto sono, invece, detenuti dall’Università di Trieste (88,7, +2 posizioni) e dall’Università Ca’ Foscari Venezia (88,0). Nella classifica dei piccoli atenei statali (fino a 10.000 iscritti) continua a occupare il primo posto l’Università di Camerino, con un punteggio complessivo pari a 96,0, seguita dall’Università di Cassino che scala di due posizioni la classifica totalizzando il punteggio di 89,0 e supera l’Università della Tuscia, che retrocede dalla seconda alla terza posizione con 88,3. La speciale classifica dei Politecnici è guidata, invece, anche quest’anno dal Politecnico di Milano (con un punteggio di 98,8 punti), seguito dal Politecnico di Torino (92,5), che occupa la seconda posizione. Terzo in graduatoria lo IUAV di Venezia (86,7). Chiude la classifica il Politecnico di Bari con il punteggio di 85,2. Per quanto riguarda la classifica degli atenei non statali, con specifico riferimento ai grandi atenei (oltre 10,000 iscritti) la Luiss si conferma al pari dello scorso anno al vertice della graduatoria con il punteggio totale di 94,2, davanti all’Università Bocconi (91,4) e all’Università Cattolica (78,0), rispettivamente in seconda e terza posizione. Tra i medi (da 5.000 a 10.000 iscritti) è ancora la Lumsa a primeggiare (83,0), a cui si accodano lo Iulm (79,6) e l’Università Suor Orsola Benincasa (75,2), che chiude questa classifica. Tra i piccoli (fino a 5.000 iscritti), più numerosi, la Libera Università di Bolzano mantiene la prima posizione (con un punteggio di 95,2), seguita in seconda posizione dall’Università di Roma Europea (87,0) e, in terza, dall’Università Campus Biomedico di Roma (86,8). Al quarto posto sale, guadagnando una posizione l’Università degli Studi internazionali di Roma (86,6), a cui si accoda Liuc-Università Cattaneo (84,6 punti, -1 posizione), che si qualifica quinta. Sale al sesto posto l’Università degli Studi Link (80,8, +2 posizioni), seguita dall’Università di Enna Kore (79,8, +1 posizione) e dall’Università LUM De Gennaro stabile in ottava posizione (78,4). L’Università di Milano San Raffaele (73,0) e l’Università della Valle d’Aosta (72,8) si inseriscono al penultimo ed ultimo posto. Il CENSIS certifica anche che crescono le immatricolazioni: secondo i dati provvisori dell’Anagrafe Nazionale degli Studenti Universitari, nell’anno accademico 2024/2025 si registra un sensibile incremento degli immatricolati, aumentati del 5,3% rispetto a marzo 2024. L’area disciplinare Giuridica, economica e sociale raggiunge il 35,4% delle immatricolazioni, grazie ai corsi di laurea in economia con il 43,1% delle nuove iscrizioni. Seconda per numero di immatricolazioni è l’area delle discipline Stem (28,6%, di cui il 42,6% nei corsi di ingegneria industriale e dell’informazione). In terza posizione si colloca l’area Sanitaria e Agro-Veterinaria con il 18,4% di immatricolati (di cui il 66,7% in ambito medico-sanitario e farmaceutico). In quarta ed ultima posizione l’area Artistica, letteraria ed educazione (il 17,6% degli immatricolati, di cui il 29,1% ha scelto corsi di laurea del gruppo educazione e formazione). Qui la Classifica del Centro Studi Investimenti Sociali delle Università italiane (edizione 2025/2026): https://www.censis.it/sites/default/files/downloads/Classifica%20Censis%20delle%20Universita%20Italiane%202025-2026.pdf.  Giovanni Caprio
La ricerca non ha nulla da festeggiare col nuovo dl Università
Con 78 voti favorevoli e 59 contro, il Senato ha approvato il decreto legge Università e ricerca, che ora passerà alla Camera. Ci si aspetta che anche lì passerà senza problemi, e si avrà così un ulteriore provvedimento sul mondo dell’accademia e della ricerca scientifica che non tocca assolutamente i […] L'articolo La ricerca non ha nulla da festeggiare col nuovo dl Università su Contropiano.
CPR: “COSTI ELEVATISSIMI E RIMPATRI AI MINIMI STORICI”, LA DENUNCIA DI ACTIONAID ED UNIBA
Il lavoro di ricerca di Action Aid e dell’Università di Bari, ha fatto emergere nuovi dati che riguardano i 14 centri di reclusione per persone considerate non in regola con i documenti, in Italia e in Albania. Dall’analisi dei dati dai quali parte la denuncia, emergono costi elevatissimi e rimpatri ai minimi storici. Nel frattempo sono 287 i migranti giunti a Lampedusa dopo che le motovedette di guardia costiera, Frontex e Guardia di Finanza hanno soccorso 5 barconi.  Due dei migranti, con intossicazione da idrocarburi, sono stati trasferiti in elisoccorso al Civico di Palermo. Sui barconi, salpati da Zuwara e Zawija in Libia, gruppi di egiziani, siriani, iraniani, bengalesi, eritrei, pakistani e somali. “Il più costoso, inumano e inutile strumento nella storia delle politiche migratorie italiane”. Con queste parole ActionAid e l’Università degli studi di Bari definiscono il CPR di Gjader che, nel 2024, è stato “effettivamente operativo” per appena 5 giorni per un costo giornaliero di 114 mila euro. Il dossier, pubblicato sul portale “Trattenuti”, esamina i costi e l’efficienza del centro albanese, nato in seguito alla stipula del discusso protocollo tra Roma e Tirana. A fine marzo 2025, spiegano ActionAid e Unibari – a Gjader erano stati realizzati 400 posti. “Per la sola costruzione (compresa la struttura non alloggiativa di Shengjin) sono stati sottoscritti contratti, con un uso generalizzato dell’affidamento diretto, per 74,2 milioni – si legge nella ricerca. L’allestimento di un posto effettivamente disponibile in Albania è costato oltre 153mila euro. Il confronto con i costi per realizzare analoghe strutture in Italia è impietoso: nel 2024 il Cpr di Porto Empedocle è costato 1 milione di euro per realizzare 50 posti effettivi (poco più di 21.000 euro a posto)”. Inoltre, secondo i dati pubblicati sul portale, per l’ospitalità e la ristorazione delle forze di polizia impiegate sul territorio albanese, l’Italia ha speso una cifra che si aggira attorno ai 528 mila euro.  Nell’aggiornamento dei dati su tutti i Cpr presenti in Italia, ActionAid e l’Ateneo pugliese evidenziano inoltre come nel 2024 si sia registrato il minimo storico dei rimpatri negli ultimi dieci anni. Ci espone i dati della ricerca di ActionAid ed UniBari, Fabrizio Coresi, esperto migrazione di Action Aid. Ascolta o scarica
APPROVATA MOZIONE A FAVORE DELLA PALESTINA, CONTRO LA GUERRA E IL RIARMO AD INGEGNERIA.
Con Alessandro Maria Bellucci, studente, e Alberto Budoni, professore, parliamo del documento approvato dall'Assemblea di Facoltà di Ingegneria lo scorso 10 luglio.  COMUNICATO STAMPA. La Facoltà di Ingegneria Civile e Industriale dell’Università “La  Sapienza” di Roma assume una posizione chiara sulla persistente violazione dei diritti umani in Palestina e sull’allarmante processo di riarmo europeo. Giovedì 10 luglio 2025, l’Assemblea di Facoltà ha approvato un documento articolato in 11 punti riguardanti la situazione umanitaria in Palestina e, con riferimento al più ampio contesto internazionale, le implicazioni etiche della ricerca. Il percorso che ha portato a questa decisione è iniziato oltre un anno fa, su iniziativa di un Comitato composto da studenti e docenti, nato per promuovere il dibattito su questi temi all’interno della Facoltà, dibattito che si è poi sviluppato attraverso una serie di incontri, tavole rotonde e momenti di consultazione aperta. Il Documento approvato contiene il proponimento di contribuire alla ricostruzione dei territori palestinesi più colpiti, in stretta collaborazione con le comunità locali e le organizzazioni umanitarie, e individua una serie di iniziative concrete finalizzate, da un lato al supporto alla popolazione e al rafforzamento del sistema universitario palestinese, dall’altro a rompere ogni forma di sostegno alla politica di occupazione illegale condotta dallo Stato di Israele, con particolare attenzione al ruolo che le istituzioni accademiche possono svolgere in tal senso. Il documento propone di attivare iniziative di visiting professorship esclusivamente destinate a docenti provenienti dalle università palestinesi, in particolare da quelle istituzioni distrutte o gravemente danneggiate dai bombardamenti israeliani, con Documento articolato in 11 punti riguardanti la situazione umanitaria in Palestina e, con riferimento al più ampio contesto internazionale, le implicazione etiche della ricerca. particolare attenzione alla questione di genere. Tra le altre misure, si sostengono il diritto allo studio di studenti e personale tecnico palestinese mediante percorsi formativi in presenza e a distanza e borse di studio analoghe al progetto IUPALS della CRUI, lo sviluppo di corsi di laurea con doppio titolo e iniziative specifiche per garantire la continuità del percorso tecnico‑scientifico delle donne colpite dalle aggressioni militari. L’assemblea come primo passo concreto al fine di favorire i rapporti con le istituzioni accademiche israeliane caratterizzate da un impegno riconoscibile per la pace, la giustizia e il rispetto del diritto internazionale, propone al Senato accademico della Sapienza la sospensione temporanea dei 25 accordi internazionali con le istituzioni accademiche israeliane che non esprimono una condanna esplicita delle azioni intraprese dal Governo israeliano nella Striscia di Gaza e non si oppongono alla politica di occupazione illegale dei territori palestinesi. La Facoltà, nel manifestare la propria preoccupazione di fronte al numero crescente di guerre e all’allarmante processo di riarmo europeo, a partire da una riflessione sul ruolo della tecnologia nello sviluppo degli armamenti, si propone di istituire un Osservatorio di Facoltà sulle tecnologie dual use, per analizzare le implicazioni etiche e sociali della ricerca e per sostenere le iniziative dei Dipartimenti a favore della popolazione palestinese e della pace. L’Assemblea ha inoltre approvato l’invito ai Dipartimenti a non svolgere attività di ricerca finalizzate allo sviluppo di sistemi d’arma in sé e più in generale allo sviluppo di quei dispositivi che arrechino direttamente danno alla integrità fisica e morale della persona. Infine, la Facoltà richiede all’Ateneo di non stipulare accordi di collaborazione di alcun tipo con aziende esclusivamente attive nella produzione e commercializzazione di armamenti. Il documento approvato si conclude con l’auspicio che esso trovi il necessario sostegno degli organi di Ateneo e che possa contribuire alla creazione di una rete di collaborazione tra tutte le Facoltà della Sapienza, affinché l’Ateneo possa assumere sempre più un ruolo attivo nella costruzione di percorsi di pace. Comitato Promotore della Facoltà di Ingegneria Civile e Industriale (La Sapienza).
Agenti infiltrati: Potere al Popolo e organizzazioni giovanili rispondono agli attacchi
Cinque agenti sotto copertura hanno preso parte alla vita politica di collettivi universitari e movimenti legati a Potere al Popolo. Tra assemblee, presìdi ed elezioni, il racconto di chi ha scoperto di essere stato spiato per mesi: la testimonianza del portavoce del partito e degli attivisti di tre città — Roma, Napoli e Bologna — che oggi hanno manifestato sotto i rettorati delle proprie università. Sono passate più di quattro settimane da quando Fanpage.it, con un’inchiesta firmata da Antonio Musella, ha rivelato la presenza di un agente della Polizia di Stato infiltrato nelle attività di Potere al Popolo a Napoli. A quell’inchiesta ne è seguita un’altra, ancora più dettagliata, che ha confermato un’operazione estesa, articolata e coordinata dalla Direzione centrale della Polizia di prevenzione, l’antiterrorismo, che ha coinvolto almeno cinque agenti sotto copertura, attivi tra ottobre 2024 e maggio 2025 in diverse città: Napoli, Roma, Bologna, Milano. Nonostante la gravità della vicenda, si sta infatti parlando di infiltrazioni all’interno di un partito politico legalmente costituito, presente alle elezioni, e di movimenti studenteschi come Cambiare Rotta e CAU, il governo continua a non rispondere e a non fornire nessun chiarimento alle tre interrogazioni parlamentari presentate da Alleanza Verdi-Sinistra, Movimento 5 Stelle e Partito Democratico. Dal Ministero arriva solamente una vaga disponibilità a “riferire in Aula”, annunciata dal Ministro Piantedosi, tuttavia rimasta finora lettera morta. Nel frattempo, Il Fatto Quotidiano ha raccontato le frizioni interne al Viminale: la gestione della comunicazione da parte della Polizia di Stato, che inizialmente, con “fonti qualificate”, ha smentito qualsiasi coinvolgimento, ha generato “irritazione” tra i vertici ministeriali, ma anche su questo il Ministero ha cercato di chiudere ogni spiraglio, diffondendo una nota ufficiale in cui nega che vi siano mai state tensioni. Lo scorso venerdì, in una conferenza stampa al Senato, il portavoce di Potere al Popolo Giuliano Granato, assieme ad attivisti di CAU e Cambiare Rotta, ha parlato di allarme democratico, e con lui anche Don Mattia Ferrari di Mediterranea e il giornalista Ciro Pellegrino, coinvolti nel caso Paragon contemporaneo all’infiltrazione in Potere al Popolo, hanno chiesto che il governo riferisca sull’accaduto. Il portavoce di Potere al Popolo Giuliano Granato durante la conferenza stampa in Senato Secondo Giuliano Granato, l’argomentazione secondo cui l’infiltrazione sarebbe stata diretta esclusivamente verso i movimenti giovanili e solo incidentalmente verso Potere al Popolo non regge alla prova dei fatti: «L’infiltrazione è avvenuta ai danni di Potere al Popolo, e il fatto che un partito politico venga infiltrato da agenti dell’antiterrorismo è gravissimo; tanto più che inizialmente le stesse “fonti qualificate” avevano detto che non c’era alcuna autorizzazione della magistratura, né si trattava di agenti sotto copertura: avevano parlato addirittura di un singolo agente che si era avvicinato al partito per simpatia politica o perché si era innamorato di una militante». Granato sottolinea la gravità del fatto che un partito politico venga infiltrato da agenti dell’antiterrorismo e ricorda che, inizialmente, le stesse fonti di polizia avevano smentito tutto, negando il coinvolgimento della magistratura e parlando di un singolo agente mosso da motivazioni personali. Ora, invece, si scopre che gli agenti erano cinque, formati insieme, operativi nelle stesse realtà nello stesso periodo. All’ipotesi che si tratti di una coincidenza risponde: «Ci vogliano far credere che si sono tutti innamorati contemporaneamente di militanti di Potere al Popolo…». La questione va a toccare anche i diritti e le libertà degli studenti. Per questo motivo, Cambiare Rotta e CAU, insieme al partito, hanno promosso presidi in dodici università italiane, chiedendo alle istituzioni accademiche di prendere posizione contro le infiltrazioni. Le attiviste del CAU, in presidio sotto il rettorato della Federico II di Napoli, spiegano come l’azione repressiva abbia colpito il cuore stesso della vita universitaria: gli agenti infiltrati erano presenti nelle sedi accademiche, frequentavano regolarmente assemblee e attività, interferendo di fatto con l’autonomia del corpo studentesco: «Questa operazione, oltre a colpire Potere al Popolo, è stata un’azione vile di controllo anche sugli organi e sulle cariche elettive delle università. Per dieci mesi —  dice Irene, attivista del CAU Napoli —  sono stati spiati collettivi che esprimono rappresentanti nei dipartimenti e che avevano, in alcuni casi, senatori accademici: figure che non solo sono riconosciute dallo statuto universitario, ma vengono persino retribuite dagli atenei. È proprio per questo – proseguono – che l’università, intesa come istituzione, dovrebbe sentirsi direttamente colpita». Le nuove disposizioni previste dal Decreto Sicurezza, sottolineano, potrebbero inoltre obbligare gli atenei a fornire informazioni sugli studenti ritenuti “pericolosi” per la sicurezza nazionale, minacciando così la libertà di organizzazione politica anche all’interno degli spazi universitari: «Se l’università vuole davvero continuare a essere un avamposto democratico — affermano — ha il dovere di esporsi». A Bologna gli attivisti di Cambiare Rotta, come in altre città d’Italia, hanno organizzato un presidio sotto il Rettorato dell’università, a cui hanno partecipato moltissime organizzazioni studentesche e sindacali: «Di fronte a questo attacco repressivo —  dice Leili Hizam, membro del Consiglio degli Studenti — abbiamo risposto lanciando questi presidi davanti ai rettorati, innanzitutto chiedendo delucidazioni e risposte alla Ministra dell’Università e della Ricerca Bernini e a tutto il Governo Meloni. Vogliamo sapere chi è stato il mandante di quest’operazione e a questo proposito lanceremo una petizione da portare poi al ministero. Oggi anche a Bologna abbiamo chiesto che i nostri rettori si esprimessero in solidarietà ai propri studenti che sono stati colpiti da questo attacco repressivo messo in campo dal governo. I rettori delle università si sono dimostrati disponibili e hanno detto che ci riceveranno.» Emiliano Palpacelli
UNIVERSITÀ: IN VIGORE LA RIFORMA DELL’ACCESSO A MEDICINA, NIENTE PIÙ NUMERO CHIUSO?
Sono aperte le iscrizioni alla facoltà di Medicina e chirurgia. Fino al 25 luglio le studentesse e gli studenti aspiranti medici potranno iscriversi liberamente al cosiddetto “semestre filtro”, che prevede una serie di corsi di base uguali per Medicina, Odontoiatria e Veterinaria. Dall’anno accademico 2025/2026, infatti, entra in vigore la riforma dell’accesso ai corsi di laurea in Medicina, fortemente voluta dal governo Meloni e dalla ministra Bernini. La riforma prevede uno slittamento del test di selezione – che rimane – alla fine dei primi sei mesi, quando si svolgerà il test di sbarramento effettivo sulla base del quale verrà stilata la graduatoria nazionale di accesso che consentirà, a chi ne fa parte, di trasformare l’iscrizione iniziale in una vera e proprio immatricolazione. Il numero chiuso, dunque, resta. Ne parliamo con Elisa Frigeni, referente milanese di Udu-Unione degli Universitari. Ascolta o scarica.
Una terra in comune: soliderietà alla popolazione di Gaza
Con una ricercatrice della Rete Universitaria per la Palestina (RUP), presentiamo il progetto “Una terra in comune - Un sostegno diretto a famiglie di Gaza”, una campagna partita dal basso per iniziativa di un gruppo di docenti universitari, ricercatrici, ricercatori e personale tecnico-amministrativo di diverse università, italiane e straniere, aderenti alla rete. Si tratta di un progetto ispirato al desiderio di sostenere la popolazione civile di Gaza, ormai ridotta allo stremo, in una situazione umanitaria gravissima e ormai completamente priva di acqua,  cibo ed elettricità. Il progetto mira a fornire sostegno diretto a un gruppo di famiglie, attraverso donazioni ricorrenti e messaggi di solidarietà e vicinanza. E' possibile aderire qui. Il discorso si allarga poi alla altre iniziative di solidarietà con la popolazione di Gaza portate avanti dalla Rete Universitaria per la Palestina tra cui mobilitazioni per la sospensione degli accordi di ricerca con le università israeliane.  
Per essere efficace il bando “Italian Universities for Palestinian Students” deve essere modificato
Magnifiche Rettrici, Magnifici Rettori, Gentili colleghe e colleghi, come Rete Ricerca e Università per la Palestina (RUP), piattaforma nazionale di lavoratrici e lavoratori della ricerca e dell’università nata per esprimere solidarietà concreta al popolo palestinese in un momento di gravissimo assedio, crisi umanitaria e minaccia alla sua stessa esistenza, scriviamo in merito al recente bando “Italian Universities for Palestinian Students” (IUPALS) per borse di studio destinate a studenti e studentesse palestinesi. Pur muovendo da una posizione critica, desideriamo preliminarmente sottolineare che condividiamo l’ispirazione di fondo che anima questa iniziativa e riteniamo fondamentale che l’università italiana agisca in modo coeso e responsabile a sostegno della popolazione palestinese, duramente colpita da decenni di occupazione coloniale israeliana e oggi vittima, sulla base del pronunciamento della Corte internazionale di giustizia, di plausibile genocidio. Proprio per rendere effettiva e non solo simbolica questa volontà, riteniamo necessario segnalare importanti criticità dell’iniziativa che, se non affrontate, ne vanificheranno l’impatto, rendendola di fatto inaccessibile alle persone che potenzialmente ne dovrebbero beneficiare. In primo luogo, abbiamo rilevato che, a partire dal bando quadro, che prevede un corso di italiano in presenza a Ramallah o Betlemme (la cui iscrizione scade il 23 maggio), i singoli atenei hanno emanato bandi specifici con diversi criteri di accesso, anche riguardo ai corsi di lingua italiana. Alcuni atenei prevedono corsi online o da frequentare in Italia, altri impongono la frequenza obbligatoria in presenza a Ramallah o Betlemme. > Questo requisito rappresenta una barriera insormontabile per le studentesse e > gli studenti di Gaza e un ostacolo significativo anche per molte studentesse e > studenti della Cisgiordania a causa delle forti limitazioni alla mobilità > imposte dal regime militare israeliano. Tale obbligo, inoltre, viene richiesto prima della certezza dell’assegnazione della borsa. Questo aggrava la difficoltà di accedere al bando per persone che vivono sotto assedio, con connessioni internet instabili o inesistenti, senza elettricità e in condizioni di quotidiana emergenza e minaccia alla propria vita. La pretesa che in questo drammatico contesto si riesca a seguire corsi preliminari online o in presenza è irrealistica e suona come un vincolo non necessario che rischia di tradursi in una forma di esclusione mascherata da procedura burocratica. Un ulteriore elemento critico riguarda la documentazione da allegare alla domanda. La richiesta di certificazioni ufficiali (come titoli di laurea o transcript accademici) entro scadenze strettissime e in formato digitale non tiene conto delle difficoltà materiali e logistiche che affrontano molte potenziali candidate e candidati, in particolare a Gaza, dove le case, come le infrastrutture universitarie, sono state completamente distrutte dall’esercito israeliano negli ultimi 18 mesi di assedio e l’accesso ai dati è estremamente limitato o impossibile. Vi chiediamo, dunque, perché non vengano adottate disposizioni che prevedano l’ammissione di autocertificazioni temporanee, da convalidare in caso di assegnazione della borsa. > Particolarmente problematica è l’obbligatorietà del passaporto come unico > documento di identità valido per la domanda di borsa – come nel caso del bando > del Politecnico di Torino. In una realtà in cui sono moltissime le persone palestinesi a cui Israele nega un passaporto e in cui altrettante non sono in grado di rinnovarlo, si può ricorrere all’utilizzo di carte d’identità locali o predisporre meccanismi di verifica alternativi, come la convalida da parte del Consolato generale italiano a Gerusalemme. L’assenza di un passaporto non è una scelta, ma una conseguenza diretta della condizione di apartheid e assedio a cui è sottoposto il popolo palestinese. Più in generale, ma non meno importante, il bando, rivolto a studentesse e studenti dei “Territori Occupati” non prevede alcuna misura concreta per facilitare l’uscita di chi proviene da Gaza, né per garantire la sicurezza del viaggio, né un dispositivo efficace per il rilascio dei visti o per il ricongiungimento familiare. Nessuna garanzia diplomatica, nessun canale prioritario per l’evacuazione, nessuna unità operativa che tenga conto della complessità e della pericolosità del contesto. > Non siamo davanti a una situazione di “fragilità istituzionale”, ma a una > realtà di occupazione militare e di plausibile genocidio in corso. Ignorare > questa condizione nel predisporre un programma di mobilità accademica equivale > ad abdicare alla responsabilità politica e umanitaria che l’iniziativa IUPALS > dovrebbe invece assumere. A ciò si aggiunge la disomogeneità dei requisiti e delle tempistiche tra i 35 bandi pubblicati dai diversi atenei, in cui la scadenza del 23 maggio per l’iscrizione ai corsi di italiano, a due settimane dalla pubblicazione del bando – si somma alla complessità tecnica della compilazione delle domande e all’assenza di regole uniformi. In un contesto emergenziale e di rischio per la vita delle studentesse e degli studenti palestinesi potenzialmente beneficiari, questo livello di frammentazione si traduce in esclusione sistemica. Alla luce di quanto sopra, rivolgiamo un appello alla Conferenza dei rettori e delle università italiane (CRUI) affinché intervenga con urgenza per armonizzare e semplificare i criteri del bando IUPALS, rimuovendo vincoli burocratici e logistici penalizzanti. In particolare, chiediamo: • l’eliminazione dell’obbligo di corsi di italiano prima dell’assegnazione della borsa; • la possibilità di presentare documentazione provvisoria; • il riconoscimento di documenti di identità alternativi al passaporto; • l’attivazione di canali diplomatici prioritari per garantire l’effettivo accesso al territorio italiano, incluso il rilascio dei visti e la facilitazione dell’uscita sicura dai territori occupati, in particolare da Gaza, per le vincitrici e i vincitori del bando; • l’armonizzazione dei bandi dei 35 atenei e la pubblicazione di uno schema chiaro e accessibile dei corsi di laurea che possa orientare la scelta delle studentesse e degli studenti. > Esprimiamo forte preoccupazione per un’iniziativa che, pur nata con intenti > solidali rischia di trasformarsi, nei fatti, in un dispositivo escludente e > penalizzante, alimentando il divario tra principi dichiarati e pratiche reali. È urgente che la CRUI si metta in contatto con il Ministero dell’Università e della ricerca affinché coordini con il ministero degli Esteri e della cooperazione internazionale l’accesso delle studentesse e degli studenti palestinesi ai bandi IUPALS in termini di ottenimento dei visti per l’Italia e di passaggio sicuro delle frontiere, siano esse con l’Egitto, per le persone provenienti da Gaza, con la Giordania, per le persone provenienti dalla Cisgiordania, o da Israele, per le persone provenienti da Gerusalemme. L’università italiana può e deve fare di più. Con fiducia e determinazione, porgiamo cordiali saluti. Rete RUP – Ricerca e Università per la Palestina 22 maggio 2025 L’immagine di copertina è di Renato Ferrantini SOSTIENI, DIFENDI, DIFFONDI DINAMOPRESS Per sostenere Dinamopress abbiamo attivato una nuova raccolta fondi diretta. 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Lettera aperta alla CRUI
-------------------------------------------------------------------------------- È più incoraggiante la consapevolezza dei ragazzi e delle ragazze di una scuola media di Alghero (IC 2 Alghero) che il tentativo dei Rettori delle Università Italiane di fare qualcosa per la Palestina -------------------------------------------------------------------------------- È con profonda indignazione e rammarico che ci rivolgiamo alla Conferenza dei Rettori delle Università Italiane per esprimere le nostre gravi perplessità e inquietudine riguardo al bando IUPALS pubblicato in data 8 maggio 2025. Il bando, il cui proposito ufficiale è quello di offrire strumenti di cooperazione e supporto alla popolazione studentesca palestinese, si configura nella sua concreta formulazione come un dispositivo sostanzialmente di facciata, inapplicabile e, per gli studenti di Gaza, completamente inaccessibile. Non solo esso tradisce lo scopo dichiarato di sostenere gli studenti palestinesi, ma contribuisce a una più ampia operazione di neutralizzazione politica del genocidio in corso e dello scolasticidio sistematico a cui la Palestina è sottoposta da decenni. Le modalità organizzative del bando, le tempistiche imposte, la frammentazione delle procedure, l’assenza di strategie logistiche, diplomatiche e istituzionali adeguate e, soprattutto, il linguaggio impiegato, ignorano o fingono di ignorare il contesto storico e politico in cui i destinatari del bando vivono. A Gaza non si stanno vivendo semplicemente “eventi dolorosi” ma un genocidio che negli ultimi 17 mesi ha ucciso più di 61.709 persone (ma sono 180.000 per la rivista Lancet) di cui 17.492 sono bambini, e ferito più di 111.588 persone, con un numero accertato di 14.222 bambini donne e uomini ancora sotto le macerie. A queste drammatiche e temporanee statistiche (che si fermano al Febbraio 2025) vanno aggiunti gli almeno 12.000 neonati a rischio di morte per fame, a causa del blocco degli aiuti alimentari imposto da Israele da settimane. Oltre alla intollerabile perdita di vite umane, colpite direttamente dalle bombe israeliane, Israele è responsabile della distruzione quasi totale delle infrastrutture, dei terreni agricoli, del sistema sanitario e del sistema educativo. Tutte le università di Gaza sono state interamente distrutte o danneggiate. Contemporaneamente in Cisgiordania assistiamo a una più brutale fase delle politiche coloniali di occupazione e di apartheid con lo sfollamento forzato di migliaia di palestinesi, la distruzione di interi campi di rifugiati e violenza di coloni armati che occupano terre e case palestinesi. La popolazione studentesca e accademica vive sotto un regime di restrizione della propria libertà accademica da decenni, con chiusure delle strade, checkpoint, rastrellamenti e uccisioni, arresti e repressione costanti. Tutto questo non comincia a partire dal 7 ottobre 2023, ma rappresenta una intensificazione di un processo di colonizzazione della Palestina che ha radici ben più lontane e nel corso dei decenni si è intensificato in tutte le geografie della Palestina e da almeno 19 anni vede la striscia di Gaza sottoposta a continui bombardamenti, ad assedio e chiusura ermetica. Riteniamo che definire questa lunga e sistematica storia di violenza coloniale come “eventi dolorosi” non sia semplicemente una scelta semantica infelice: si tratta di una rimozione intenzionale del contesto storico-politico che finisce con lo svuotare di senso qualsiasi dichiarazione di solidarietà e trasforma lo strumento del bando IUPALS in una operazione di “gaslighting” dei palestinesi: un tragico quanto orribile gioco di manipolazione, con cui ci si vuole semplicemente lavare la coscienza. La modalità di accesso alle borse di studio offerte in questo bando fingono infatti di ignorare la realtà in cui vivono gli studenti e le studentesse palestinesi a Gaza e in Cisgiordania: da Gaza nessuno può uscire, non c’è quasi elettricità, non c’è cibo né accesso a cure mediche, non ci sono uffici che rilascino certificati, centinaia di docenti universitari sono stati uccisi dall’esercito israeliano. In Cisgiordania i checkpoint, il muro di separazione e la violenza dei coloni rendono i movimenti estremamente difficili e, se possibili per alcuni, lunghissimi e irti di ostacoli. In tutto questo, pretendere la compilazione di documentazioni complesse, la navigazione tra 35 bandi differenti con regole non uniformi, l’adesione a scadenze irragionevoli – a partire dalla data assurda del 23 maggio per l’iscrizione ai corsi di italiano, appena due settimane dopo la pubblicazione del bando – è un atto che riteniamo cinico. Il bando infatti non offre alcuna misura concreta per facilitare l’uscita da Gaza, né per garantire la sicurezza del viaggio, né un dispositivo reale per il rilascio dei visti o il ricongiungimento familiare. Nessuna garanzia diplomatica, nessun canale prioritario per l’evacuazione, nessuna unità operativa dedicata alla complessità di un contesto che non è un “territorio fragile” ma una terra occupata la cui popolazione è sottoposta a genocidio. Aggiungiamo che riteniamo inaccettabile che le università italiane, che per lunghi mesi hanno taciuto e hanno tacitato o ignorato le voci dissidenti di studenti e docenti, si limitino ad offrire un pugno di borse di studio in assenza totale di una piu’ sostenuta strategia strutturale e politica. Il bando IUPALS, così com’è, non risponde alla violenza dello scolasticidio, ma rischia di legittimarla divenendo uno strumento di autopromozione istituzionale e di lavaggio della coscienza accademica nazionale. Le università italiane devono assumere una posizione chiara, pubblica, vincolante: rifiutare ogni forma di cooperazione con le università israeliane complici della repressione e della cancellazione del diritto all’istruzione; disinvestire da progetti, enti e agenzie che alimentano la macchina da guerra e la narrazione coloniale israeliana; resistere la trasformazione delle università in istituzioni che, nascondendosi dietro l’aura della neutralità, si rendono sempre più complici della produzione di tecnologie di sorveglianza, controllo e dominio. L’università deve tornare a essere un luogo di produzione di sapere libero, non uno spazio di gestione burocratica dell’impotenza politica. Deve farsi portatrice di giustizia, non di narrazioni accomodanti. Deve sostenere il diritto allo studio dei palestinesi a partire dalla Palestina, sostenendo – concretamente, materialmente, politicamente – la istituzioni e le realtà accademiche palestinesi che sotto le bombe continuano a insegnare, a pensare, a vivere. Perché queste borse di studio abbiano un senso, è necessario un completo ripensamento dell’intero progetto IUPALS: devono essere prorogate immediatamente le scadenze, semplificate radicalmente le procedure e centralizzati i criteri. Va istituita una task force operativa congiunta tra università, ministeri e autorità palestinesi per facilitare evacuazioni, visti e ricongiungimenti. Ma soprattutto, va riconosciuto apertamente che studiare da Gaza o da Nablus oggi è un diritto imprescindibile. Ogni borsa di studio deve essere pensata come tale: un atto nel più ampio quadro di una presa di posizione politica a difesa del popolo palestinese e per il suo diritto alla vita e allo studio, non un mero gesto di carità, che non arriva neppure a raggiungere i destinatari. Le università italiane devono scegliere se essere parte della normalizzazione del genocidio o se supportare un processo di giustizia. Oggi, con questo bando, hanno scelto la prima. Ma è ancora possibile correggere il tiro. Noi, come rete di docenti, ricercatori, studenti e lavoratori universitari, chiediamo che la CRUI attui le seguenti misure. Proroga immediata e significativa delle scadenze per l’iscrizione al progetto IUPALS, al fine di garantire un accesso realistico agli studenti nei territori occupati, in particolare Gaza. Semplificazione radicale e centralizzazione delle procedure di candidatura, eliminando la frammentazione dei bandi universitari e unificando i criteri. Revisione completa dei requisiti linguistici e documentali, tenendo conto del contesto e delle condizioni materiali estreme in cui vivono i candidati. Creazione urgente di una task force congiunta tra università italiane, Ministero degli Esteri, autorità palestinesi e organizzazioni umanitarie per facilitare il rilascio dei visti, l’uscita dai territori assediati, e il ricongiungimento familiare. Adozione di una linea politica chiara e pubblica da parte della CRUI e delle università italiane, che includa la sospensione delle relazioni con le istituzioni accademiche israeliane complici, il disinvestimento da soggetti e imprese legate all’industria bellica e coloniale, e la denuncia dello scolasticidio. -------------------------------------------------------------------------------- Per adesioni: letteracrui@gmail.com Un gruppo di accademiche e accademici italo-palestinesi. Huna Falestin – Centro Culturale Handala Napoli; RUP Ricerca e Universita’ per la Palestina; Comitato Palestina UNIOR; GPI – Giovani Palestinesi D’Italia; Coordinamento UNIMI per la Palestina; MSP – Movimento Studenti Palestinesi; Normale per la Palestina: SNS4Palestine; Coordinamento Napoletano Donne della Scienza; “Chi si Cura di Te?”, associazione di medicɜ specializzandɜ e di professionisti della salute con una rappresentante eletta nel senato accademico di UniBO; Docenti per Gaza; Uni Parma – ParTeR ‘Partecipatory Teaching and Research’ (gruppo ricerca); Uni Parma – Osservatorio Partitetico studenti docenti ‘contro la normalizzazione della guerra’; Atenei romani in mobilitazione – Assemblee precarie della Sapienza, RomaTre, Tor Vergata; Assemblea Precaria Universitaria – Milano; Comitato petizione Gaza – Universita’ di Bologna, Assemblea Precaria Trento; Assemblea Precaria Genova; Assemblee Precarie Universitarie. -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo Lettera aperta alla CRUI proviene da Comune-info.
“POLIZIA E MIGRANTI IN CITTÀ. NEGOZIARE IL CONFINE NEI CONTESTI LOCALI”: INTERVISTA CON GIULIA FABINI, AUTRICE DEL LIBRO
  Domenica 25 maggio, alle 18.00, appuntamento con il Collettivo Rotte Balcaniche a Schio, provincia di Vicenza, nel nuovo spazio di via Manin 26 per un incontro con il Comitato “Verità e Giustizia per Moussa Diarra” e con Giulia Fabini, ricercatrice in sociologia del diritto e della devianza presso l’Università di Bologna ed autrice del libro “Polizia e migranti in città. Negoziare il confine nei contesti locali”. Il binomio immigrazione-sicurezza è la chiave di lettura attraverso cui viene raccontata e governata la migrazione in Italia. Il controllo dell’immigrazione è, infatti, sistematicamente demandato alla polizia: dalle frontiere esterne fino alle stazioni ferroviarie, la polizia sorveglia, filtra, punisce, deporta. Proprio in una stazione ferroviaria, a Verona, il 20 ottobre 2024 Moussa Diarra veniva ucciso dalla polfer con tre colpi di pistola. Ma questa vicenda non inizia né finisce con quei tre colpi: è la storia di un ragazzo che ha trascorso gli ultimi otto anni di vita tra burocrazie impietose, documenti che scadono prima ancora di essere rilasciati, precarietà abitativa, mancanza di accesso alle cure. È una storia che ora continua nella lotta per la verità e la giustizia, ma è anche una storia come tante, che ci parla di una società razzista e securitaria dove ormai manca l’aria. L’intervista a Giulia Fabini, ricercatrice in sociologia del diritto e della devianza presso l’Università di Bologna ed autrice del libro “Polizia e migranti in città. Negoziare il confine nei contesti locali”. Ascolta o scarica