Crollo del potere d’acquisto con salari reali giù del 10,5% in 5 anni. I dati del Rapporto ISTAT 2025Anche il Rapporto Istat 2025 sulla situazione del Paese certifica il crollo del
potere d’acquisto degli italiani e l’avanzare del lavoro povero. Pur a fronte di
un aumento dell’occupazione (a fine 2024 gli occupati hanno raggiunto i 23,9
milioni,+3,6 per cento in media di anno rispetto al 2019), l’Italia resta il
Paese con il tasso di occupazione tra i 15 e i 64 anni più basso d’Europa,
soprattutto a causa dei livelli inferiori di partecipazione e occupazione delle
componenti giovanile e femminile. Rispetto al 2019, nel 2024 il tasso di
occupazione per la popolazione tra i 15 e i 64 anni è salito di 3,2 punti
percentuali, fino al 62,2 per cento, pure restando 15 punti inferiore rispetto
alla Germania, quasi 7 rispetto alla Francia e 4 in meno della Spagna. La
crescita è stata maggiore dai 45 anni in su e tra i laureati (dal 79 all’82,2
per cento), con un ampliamento del differenziale con i meno istruiti (per i
quali il tasso cresce di un punto, al 45,1 per cento). “Sono sempre ampi, scrive
l’ISTAT, i divari di genere e territoriali: il primo stabile a 17,8 punti,
quello tra Nord e Mezzogiorno in riduzione da 23,1 a 20,4 punti”. L’occupazione
a tempo pieno e indeterminato riguarda il 63 per cento dei lavoratori, in
aumento di 2,1 punti percentuali rispetto al 2023 e di 4,8 punti rispetto al
2019, ma oltre un terzo dei giovani occupati e quasi un quarto delle donne
sperimentano almeno una forma di vulnerabilità lavorativa. Nel 2024 l’82,9 per
cento degli occupati lavora a tempo pieno, ma il part-time riguarda il 30 per
cento delle donne e, spesso, non è una scelta. L’aumento delle retribuzioni
nominali nel biennio 2021-2022 non ha tenuto il passo con l’inflazione, e solo
nei successivi due anni ha iniziato a recuperare anche in termini reali:
rispetto a gennaio 2019, la perdita di potere di acquisto per dipendente a fine
2022 era superiore al 15 per cento e a marzo 2025 è pari al 10,0 per cento. Per
le retribuzioni lorde di fatto per dipendente stimate dalla Contabilità
nazionale, che includono gli effetti degli accordi decentrati e dei cambiamenti
nella composizione dell’occupazione, dal 2019 al 2024 la perdita di potere di
acquisto è stata più contenuta e pari al 4,4 per cento in Italia, al 2,6 per
cento in Francia e all’1,3 per cento in Germania, mentre in Spagna si registra
un guadagno del 3,9 per cento. E basse retribuzioni significa anche aumento
della povertà: la povertà assoluta coinvolge nel 2023 l’8,4 per cento delle
famiglie residenti (2,2 milioni di famiglie e 5,7 milioni di persone), in
particolare famiglie con figli, giovani, stranieri e residenti nel Mezzogiorno.
Rispetto al 2014, l’incidenza è aumentata di oltre 2 punti percentuali a livello
familiare e di 2,8 punti a livello individuale. Le famiglie con minori restano
le più esposte alla povertà assoluta: nel 2023 l’incidenza raggiunge il 12,4 per
cento (13,8 per cento a livello individuale), con un incremento di oltre 4 punti
rispetto al 2014. I minori in povertà assoluta sono circa 1,3 milioni.
Il Rapporto 2025 dell’ISTAT, tra le tante altre cose, non manca di considerare
la necessità di investire di più a diversi livelli per la salvaguardia
dell’ambiente: dalla gestione delle fragilità del territorio, alla riduzione
dell’impatto ambientale delle attività produttive, all’importanza della
transizione energetica, che si intreccia con la riduzione della dipendenza
dall’estero per l’energia. “L’Italia, si legge nel Rapporto, presenta elementi
di fragilità sul piano ambientale e l’impatto sulle attività economiche
dell’aumento di frequenza degli eventi estremi, attenuabili solo attraverso
l’attività di prevenzione, risulta particolarmente significativo: tra il 1980 e
il 2023 l’Agenzia Europea per l’Ambiente stima per l’Italia 134 miliardi di euro
di perdite dovute a cause ambientali, collocandola al secondo posto nella UE27
dopo la Germania con 180 miliardi e prima della Francia con 130. Un’analisi
realizzata tramite l’integrazione delle basi dati territoriali con il Registro
delle unità produttive ha consentito di stimare che nel 2022 il 18,2 per cento
del valore aggiunto di industria e servizi era prodotto in unità locali ubicate
in territori esposti a rischi naturali di frane e sismicità elevata”.
Anche sul fronte dell’istruzione le preoccupazioni non mancano. Nonostante i
miglioramenti riscontrati di anno in anno, il livello di istruzione della
popolazione italiana – certifica l’ISTAT – resta inferiore alla media europea.
Solo due terzi degli adulti hanno almeno un diploma di scuola superiore e appena
uno su cinque possiede un titolo universitario. A pesare sono il basso livello
di istruzione delle coorti più anziane e la scarsa diffusione dei percorsi
professionalizzanti terziari brevi, come quelli degli Istituti Tecnici
Superiori. L’abbandono scolastico precoce resta una criticità, in particolare
tra i giovani stranieri e nel Mezzogiorno. “La condizione socio-economica delle
famiglie, si sottolinea nel Rapporto, continua a incidere profondamente sui
percorsi scolastici, con divari ampi legati al titolo di studio dei genitori,
sui quali tornerò più avanti. Sul fronte delle competenze digitali, sempre più
importanti nella vita quotidiana, l’Italia nonostante i progressi mostra ancora
un ritardo. Meno della metà della popolazione adulta possiede abilità digitali
di base (45,8 per cento, +0,1 dal 2021), un valore inferiore alla media europea
(55,5 per cento) e distante dagli obiettivi del decennio digitale (80 per cento
nel 2030). Persistono forti differenze territoriali tra il Mezzogiorno e il
resto del Paese e si rileva un divario generazionale molto ampio tra adulti e
giovani, in larghissima parte associato ai livelli di istruzione”.
Qui per approfondire e scaricare il Rapporto:
https://www.istat.it/produzione-editoriale/rapporto-annuale-2025-la-situazione-del-paese-il-volume/.
Giovanni Caprio