Il ‘caso’ di Mohamed Shahin: dal suo rilascio dipende la tutela di tanti diritti
L’appello già firmato da 390 docenti e ricercatori delle università italiane e
l’intervento di Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere e le Politiche di
Sicurezza e Difesa e Pax Christi Italia fanno esplicito riferimento all’Articolo
21 della Costituzione italiana e a principi e norme del diritto umanitario
internazionale. E, anche ricordando che l’Egitto è la nazione dove è stato
ucciso Giulio Regeni, chiedono la liberazione dell’egiziano residente a Torino
che, a seguito di un decreto di espulsione ingiunto dal ministro degli interni,
il 24 novembre scorso è stato arrestato mentre accompagnava a scuola i propri
figli ed è recluso nel CPR di Caltanisetta per venire rimpatriato.
Tali iniziative e il sostegno delle comunità religiose di ogni culto e
confessione, in particolare il discorso pronunciato dal vescovo di Pinerolo,
Derio Olivero, rafforzano l’impegno del gruppo promotore delle manifestazioni
pacifiche e della petizione a cui tutti possono aderire apponendo la propria
firma.
LA PETIZIONE DEL COMITATO FREE SHANIN
Guida spirituale e figura fondamentale della convivenza interreligiosa a Torino,
l’imam Mohamed Shahin rischia di essere espulso in Egitto – un Paese noto per
torture, sparizioni forzate e repressione politica.
Il suo “reato”? Aver difeso Gaza, aver parlato di giustizia, aver partecipato
alla vita civile del nostro Paese in modo pacifico e trasparente.
Chiediamo che il decreto di espulsione venga immediatamente sospeso e che sia
garantito a Mohamed Shahin il diritto alla libertà espressione, alla protezione
internazionale e alla tutela dei diritti fondamentali.
Ricordiamo i casi di Giulio Regeni, Patrick Zaki, Abu Omar: l’Egitto non è un
Paese sicuro e consegnare un uomo innocente a quel regime significa metterlo
nelle mani di chi pratica sistematicamente la tortura.
Se permettiamo che un uomo venga sacrificato perché ha difeso Gaza, domani potrà
accadere a chiunque di noi.
Chiediamo al governo italiano di fermare questa ingiustizia.
Chiediamo alle istituzioni, alla società civile e alle comunità religiose di
mobilitarsi.
Chiediamo che l’Italia resti un Paese che rispetta i diritti umani, non uno che
li calpesta.
seguono – al momento – circa 16 MILA nominativi
petizione online: Fermiamo l’espulsione di un uomo innocente: no alla consegna
di Shahin al regime egiziano
L’APPELLO DI DOCENTI E RICERCATORI DELLE UNIVERSITÀ ITALIANE
Noi docenti, ricercatori e ricercatrici delle università italiane esprimiamo
profonda preoccupazione per la situazione di Mohamed Shahin, imam della moschea
Omar Ibn al-Khattab di Torino, attualmente trattenuto nel Centro di Permanenza
per il Rimpatrio di Caltanissetta a seguito di un decreto di espulsione emesso
dal Ministero dell’Interno.
La revoca del suo permesso di soggiorno di lungo periodo, e il conseguente
rischio di rimpatrio forzato in Egitto, sollevano interrogativi gravi sul
rispetto dei diritti fondamentali della persona. È noto che il sig. Shahin,
prima del suo arrivo in Italia oltre vent’anni fa, era considerato oppositore
politico del regime egiziano. La prospettiva di un suo ritorno forzato in Egitto
lo esporrebbe concretamente a rischi di persecuzione, detenzione arbitraria e
trattamenti inumani.
Le motivazioni alla base della revoca del permesso appaiono collegate alle sue
dichiarazioni pubbliche sulla situazione a Gaza e alle sue posizioni critiche
rispetto all’operato del governo israeliano. Se così fosse, ci troveremmo di
fronte a un precedente estremamente preoccupante: l’uso di strumenti
amministrativi per colpire l’esercizio della libertà di opinione, tutelata
dall’articolo 21 della Costituzione e da convenzioni internazionali cui l’Italia
aderisce.
Casi analoghi, registrati negli ultimi anni, confermano una tendenza a
sanzionare cittadini stranieri per opinioni politiche o per manifestazioni di
solidarietà nei confronti del popolo palestinese. L’impiego dei CPR in questo
quadro rischia di trasformarsi in una forma di repressione indiretta del
dissenso e di limitazione arbitraria dello spazio democratico.
È importante ricordare che Mohamed Shahin è da lungo tempo impegnato in pratiche
di dialogo interreligioso e cooperazione sociale. Numerose comunità religiose,
associazioni civiche e gruppi interconfessionali hanno pubblicamente attestato
il suo contributo alla costruzione di relazioni pacifiche tra diverse componenti
della città di Torino, evidenziando la natura collaborativa e aperta della sua
attività. In particolare, la Rete del dialogo cristiano islamico di Torino, in
un comunicato indirizzato al Presidente delle Repubblica e al Ministro
dell’Interno, ha evidenziato il ruolo centrale di Mohamed Shahin nel dialogo
interreligioso e nella vita associata del quartiere San Salvario.
Alla luce di tutto ciò, riteniamo indispensabile un intervento immediato per
garantire il pieno rispetto dei principi costituzionali, della Convenzione di
Ginevra e degli obblighi internazionali dell’Italia in materia di diritti umani
e protezione contro il refoulement.
Chiediamo pertanto:
* la liberazione immediata di Mohamed Shahin e la sospensione dell’esecuzione
del decreto di espulsione;
* la revisione del provvedimento di revoca del permesso di soggiorno di Mohamed
Shahin, garantendo un esame imparziale e conforme agli standard giuridici
nazionali e internazionali;
* la tutela del diritto alla libertà di espressione in ambito accademico,
culturale e religioso, indipendentemente dalla provenienza o dalla fede delle
persone coinvolte;
* la chiusura dei CPR, luoghi di lesione dei diritti umani.
Come docenti e ricercatori riconosciamo la responsabilità civica dell’università
nel difendere i valori democratici, promuovere il pluralismo e opporci a ogni
forma di discriminazione o compressione illegittima delle libertà fondamentali.
seguono – attualmente – 390 FIRME
modulo per le adesioni all’APPELLO
IL COMUNICATO DI OPAL E PAX CHRISTI
Un cittadino egiziano residente a Torino da oltre vent’anni, alcuni giorni fa
Mohamed Shahin è stato espulso con un decreto del ministro Piantedosi poiché, a
suo dire, “ha un ruolo di rilevo in ambienti dell’Islam radicale incompatibile
con i principi democratici dell’Italia”.
Il provvedimento è stato possibile in base al Testo Unico sull’Immigrazione, il
decreto legislativo 23.7.1998 n° 286/98, che prevede si possa espellere un
cittadino extracomunitario, assegnando un’amplissima discrezionalità al giudice
o al ministro dell’Interno – com’è accaduto in questo caso – nel valutare se il
soggetto in questione “costituisce un pericolo per la sicurezza dello Stato o
per l’ordine pubblico”.
L’Imam torinese avrebbe detto che l’attacco del 7 ottobre “è stato un atto di
resistenza, avvenuto dopo anni di occupazione”. Anche sottolineando con la
massima chiarezza che quell’azione terroristica non potrebbe in alcun modo
configurarsi come un’azione di resistenza, ed esprimendo la massima presa di
distanza da quelle parole, ci troviamo davanti alla condanna di un’opinione che,
per quanto inaccettabile, è garantita dall’articolo 21 della nostra
Costituzione. Ed è questo il punto: se le opinioni – alcune opinioni! – possono
costituire di per sé un pericolo per la sicurezza dello Stato, ci troviamo di
fronte a una destrutturazione e un indebolimento dello stato di diritto che mina
direttamente le fondamenta costituzionali del Paese.
Le autorità politiche e giudiziarie sono tenute al rispetto della Costituzione,
non a usare in modo arbitrario la norma, facendo ricorso alla repressione, alla
coercizione o alla censura.
Vi è inoltre una concreta possibilità che Shahin, oppositore di Al-Sisi, sia
consegnato nelle mani della polizia egiziana che numerosi rapporti di Amnesty
International e Human Rights Watch riportano usare la tortura in modo
sistematico, anche in relazione a casi come l’omicidio di Giulio Regeni. Questo
provvedimento rischia così di contravvenire allo stesso T.U. sull’immigrazione
che vieta espressamente di comminare espulsioni a danno di perseguitati per le
opinioni politiche nei paesi di provenienza.
Invitiamo tutti i gruppi e le associazioni pacifiste e nonviolente ad esprimere
la più ferma condanna attorno a questo grave abuso. Ci uniamo anche all’appello
delle comunità religiose e delle associazioni laicali di Torino al Presidente
della Repubblica, Sergio Mattarella, e al Ministro degli Interni, Matteo
Piantedosi, per chiedere il rilascio di Mohamed Shahin affinché possa riprendere
la sua permanenza in Italia e la sua opera di dialogo e solidarietà.
2 dicembre 2025, O.P.A.L. e Pax Christi
IL COMUNICATO DELLA FCEI
Il Consiglio della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) chiede
l’annullamento del provvedimento amministrativo che ha colpito l’imam della
comunità islamica di Torino, Mohamed Shanin, attualmente in stato di fermo al
Centro di permanenza per il rimpatrio di Caltanissetta e in attesa di essere
espulso in Egitto.
Questa richiesta è legata a due motivazioni.
Anzitutto, per quanto gravi possano essere le azioni contestate, la Corte di
Cassazione ha ribadito che il diritto italiano vieta l’estradizione in un paese
dove il soggetto rischia la pena di morte. L’imam è stato colpito da un
provvedimento amministrativo che tuttavia rischia di aggirare i distinguo e le
garanzie del processo penale. Riteniamo che la tutela della vita della persona
debba essere preoccupazione prioritaria della Repubblica.
Con l’occasione ricordiamo che da quasi dieci anni le autorità egiziane si sono
dimostrate opache e complici rispetto alla morte di Giulio Regeni, torturato e
ucciso quasi dieci anni fa. La memoria di Regeni dovrebbe essere ragione
sufficiente per evitare qualunque ipotesi di estradizione o espulsione in
Egitto, almeno finché le condizioni non cambino.
In secondo luogo, pur giudicando le parole dell’imam Shanin riportate dalla
stampa gravemente e profondamente sbagliate e mistificatorie della realtà,
riteniamo che le opinioni sbagliate debbano essere contrastate con parole per
noi giuste, non con la forza del privilegio di cittadinanza. Non possiamo
accettare la discriminazione secondo cui una persona di cittadinanza italiana
abbia maggior libertà di espressione rispetto a persone straniere residenti nel
nostro paese, o che possa difendersi in un processo civile o penale con tutte le
garanzie della legge mentre una persona straniera possa essere espulsa con un
provvedimento amministrativo.
Le frasi riportate dalla stampa farebbero dubitare che le posizioni dell’imam
siano quelle di un uomo del dialogo. Rimane la questione di vedere se noi,
persone di fede cristiana, possiamo aspirare a essere definiti donne o uomini
del dialogo, nel caso in cui l’imam venga abbandonato al suo destino in Egitto,
senza che abbiamo detto o fatto qualcosa per impedirlo.
I toni e i modi in cui viene trattato questo caso rappresentano l’ennesima
raffigurazione di un corto circuito, per il quale l’osteggiata “informalità”
della fede musulmana è anche frutto della mancanza di una specifica intesa.
Questo ci invita a sottolineare, ancora una volta, l’urgenza di una legge quadro
sulla libertà religiosa, grande assente nell’agenda politica degli ultimi anni.
Nel rilevare queste contraddizioni, ci troviamo insieme alle molte voci che
convergono nella mobilitazione contro le espulsioni “facili”. Fra queste voci,
quella del nostro partner ecumenico di lunga data, il vescovo Derio Olivero.
Sarebbe bello poter dire “prima gli italiani”, o “prima i cristiani”, nel senso
di essere noi i primi a dare il buon esempio per la tutela dei diritti.
Roma, 2 dicembre 2025 – Il Consiglio della Federazione delle chiese evangeliche
in Italia
Redazione Torino