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La Romagna non vuole essere complice di genocidio! Presidio 28 novembre 2025
Dal 10 ottobre 2025, inizio del cosiddetto “accordo di pace”, sono stati assassinati centinaia di civili palestinesi a Gaza come in Cisgiordania. Dall’inizio del genocidio sono passate tonnellate di componenti militari e dual use dal porto di Ravenna e dagli altri porti italiani con destinazione Israele, e le segnalazioni su svariati carichi sono state ignorate. Per questo: Venerdì 28 Novembre, giornata di sciopero generale, dalle ore 14.00 assieme altre città portuali italiane saremo in presidio in via Classicana 119 nei pressi della SAPIR (Società per l’approvvigionamento e la movimentazione delle merci in Adriatico) azienda di terminal portuali e logistica di cui il comune di Ravenna e la regione Emilia Romagna detengono una quota. Chiediamo l’interruzione del traffico di armi verso Israele, la fine del genocidio in corso, diciamo NO alla legge finanziaria di guerra, che incrementa le spese militari a scapito di welfare, servizi e futuro. Essere una comunità significa rifiutare l’ingiustizia, il silenzio e l’omertà. Scegliamo la giustizia, la dignità e il diritto dei popoli a vivere liberi. Siamo stanchз di essere resз complici attraverso le scelte degli Stati, delle istituzioni pubbliche e private a fronte delle gravissime violazioni dei diritti umani contro il popolo palestinese. Chiediamo trasparenza alle autorità competenti, un cambio di rotta da parte di chi amministra le infrastrutture e la città. Dopo quasi ottant’anni del regime di occupazione militare israeliana, di apartheid e colonialismo, sfociato nel genocidio a Gaza, non possiamo stare in silenzio.  E’ un dovere civico – oltre che politico – pretendere trasparenza sulla logistica della filiera bellica, pretendere che venga reso pubblico cosa transita dal nostro porto, che i  lavoratori del porto siano informati e possano esercitare il proprio diritto all’obiezione di coscienza nel posto di lavoro.  E’ anche un dovere giuridico l’obbligo di prevenzione del genocidio per gli Stati, per gli attori pubblici e privati e per tutt3 noi, secondo le ordinanze della Corte internazionale di giustizia. LA ROMAGNA NON VUOLE  ESSERE COMPLICE DEL GENOCIDIO! ADERISCONO: BDS Ravenna, Cambiare Rotta, Collettivo studentesco per la Palestina Forlì, Docenti per Gaza – nodo Romagna, Donne in nero Ravenna, Faenza per la Palestina, Forlì Città Aperta, Giovani Palestinesi Bologna, La Comune, Mercoledì per la Palestina Faenza, OSA Ravenna, Partito dei CARC Emilia-Romagna, Partito Comunista Italiano RA, Potere al Popolo RA, Ravenna in Comune, Ravenna Students for Palestine, Resistenza Popolare, Sanitari per Gaza Ravenna, SGB Ravenna, Slai Cobas. Redazione Romagna
Un incontro per riprendere il cammino con a fianco Marco
 Il gruppo Organizzatori “In cammino per la pace e il disarmo” si è ritrovato il 26 ottobre 2025 a Pracchia per ricordare Marco Frigerio, mente e importante riferimento del gruppo, che se ne è andato il 7 agosto u.s. lungo il sentiero della seconda tappa del percorso partito da Monte Sole e che avrebbe dovuto portare il gruppo a Sant’Anna di Stazzema per la ricorrenza del 12 agosto. L’incontro è partito proprio dalle parole di Marco che ricordavano l’emozione dell’incontro con i ragazzi del “campo della pace”, dei 54 conflitti che affliggono questo momento e delle pesanti responsabilità / interessi del mondo occidentale, del suo neo colonialismo mai terminato, della necessità del ripudio della guerra come soluzione dei conflitti, dello stretto collegamento fra antifascismo e pacifismo, ma anche con la parità dei diritti / femminismo intersezionale. Il gruppo ha condiviso di partire dalla volontà di coltivare l’idea di “un’altra memoria”, a partire dalla necessità di rinnovare la cerimonia per il ricordo dell’eccidio a Sant’Anna di Stazzema e recuperarne il vero senso, lontano dalle attuali parate, di aprire lo sguardo non solo a tutti gli eccidi in cui gli italiani sono stati vittime, ma anche dove sono stati invece i carnefici, come in Jugoslavia, Grecia, Albania… Riportiamo un estratto delle parole di Marco Frigerio all’alba del 12 agosto 2023 alla Vacchereccia (Sant’Anna di Stazzema) che sono ancora pienamente attuali alla luce del percorso della guerra in Ucraina e di quanto sta succedendo in Medio Oriente e in particolare a Gaza e in Cisgiordania. “Io faccio come sempre il primo intervento, supero la pausa del silenzio. Parto da me: per me è stato un cammino bellissimo. Mi emoziono a pensarci. È stato bellissima la giornata di ieri, quando sono venute qui le ragazze del campo della pace. Probabilmente l’emozione più forte. Vedere dei giovani e delle giovani che sono capaci di fare questa scelta, che è una scelta politica, per la pace. Oggi in Europa, dire “io sono da parte della pace”, pronunciare la parola utopia, è una scelta politica bellissima, che prescinde ovviamente dai partiti, che prescinde dagli schieramenti, che diventa quello che si vuole essere per la comunità. In qualche modo è veramente un puntello che aiuta noi, che tutto sommato un partner purtroppo ce l’abbiamo. Questi ragazzi che ho incontrato la prima volta nel 2019 qui, a volte hanno, soprattutto i ragazzi tedeschi, un dubbio: quello di essere qua in qualche modo “fuori posto”. Di essere gli eredi veramente di quello che è successo là, qui e in tutto il distretto. E noi siamo i primi a dirgli che non sono stati tedeschi, sono stati nazisti. Ma è un ragionamento che si allarga perché sono stati tedeschi come sono stati gli italiani in Croazia, i francesi in Algeria. Si può continuare in tutto il mondo a trovare questa voglia e questo desiderio permanente di sovrapporsi agli altri, di “sovradeterminarli”, di decidere quello che loro devono scegliere come giusto e come sbagliato. Tra parentesi, è una cosa mia personale, io lo chiamo anche patriarcato, ma ve lo dico dopo. E’ la guerra che va negata. Non è questo episodio, questo popolo, questo periodo storico. È la guerra che deve essere veramente disertata. Siamo partiti il 6 agosto ed è l’anniversario della bomba atomica su Hiroshima. Noi, almeno la mia generazione, l’ha sempre vissuto come il “momento della vittoria”: 150.000 civili bruciati vivi in un attimo, vissuti come il momento della vittoria, non sono un bel viatico per capire cos’è la pace. Oggi, diciamo che nelle stanze del potere non lontano da qui, in Francia, si sta decidendo se in Niger ci sarà una guerra e probabilmente se questa guerra si allargherà a Burkina Faso, Mali, Benin, Costa d’Avorio. Stiamo creando le basi per una guerra semicontinentale in Africa che è ancora una guerra di dominio, ancora una guerra per avere ciò che hanno loro, però spacciandola per democrazia. C’è stato un colpo di Stato e ci dicono che per riportare la democrazia bisogna fare la guerra. C’è stata un’invasione in Ucraina e ci dicono che per riportare lo Stato normale delle cose bisogna fare una guerra. La guerra è ancora la soluzione come 5.000 anni fa, come probabilmente 10.000, 100.000 anni fa. Sovrapporsi all’altro con la violenza e con la forza. Dire “pace” oggi vuol dire anche porsi il problema di chi, ad esempio, dal Niger arriverà sfuggendo agli stupri, sfuggendo alla distruzione, sfuggendo alla morte, attraverserà un deserto per arrivare fino a qui e troverà le nostre guardie di confine che sono la Tunisia e la Libia adesso che li rimanderanno indietro, li metteranno in lager, specialità libica. Non torneranno perché non hanno nulla a cui tornare. Hanno solo la miseria ma la miseria più nera a cui tornare. Quindi attraverseranno il Mediterraneo e anche lì sappiamo come va a finire. Ci si mette in un altro modo l’Europa a determinare di chi può venire e chi no. Ma non lo fa in un modo che spaccia per civile. Lo fa semplicemente lasciandoli in mare a morire. Secondo me c’è un problema da porci, grosso, visto che poi l’anno prossimo si voterà per l’Europa, su cosa sta facendo l’Europa. Io penso che l’Europa stia facendo la guerra in Ucraina mandando armi e sostenendo solo una parte e rifiutando tutte le proposte di pace che arrivano dal Vaticano come dalla Cina. Nessuno ha ancora detto in Europa in modo insistente “sediamoci a un tavolo”, “fate tacere le armi”, “parliamo finché non troviamo un accordo”. L’Europa questa cosa neanche la prende in considerazione. D’altra parte sta combattendo ancora per i suoi ex interessi coloniali in Africa e non solo in Africa. Ci sono 54 conflitti attivi nel mondo e sono tutti, tutti, tutti determinati dall’Europa, dagli Stati Uniti, dal mondo occidentale ricco, bianco e pieno di privilegi. Un’altra cosa che dobbiamo chiederci è se non stia facendo purtroppo da tantissimi anni la guerra ai migranti: (…) l’anno scorso per portare qui tutti i migranti che sono arrivati in un anno sarebbe bastato un traghetto alla settimana che partisse dalla Tunisia e li avrebbe portati qua tutti vivi, sani, in salute, in sicurezza. Quei bambini che poi fingiamo di piangere perché muoiono annegati a due passi da Lampedusa, sarebbero arrivati qui tranquillamente e avrebbero trovato in Europa parenti, concittadini, vicini di casa, persone disposte ad aiutarli e trovargli un lavoro e inserirli. Cioè, stiamo facendo la guerra a persone che potrebbero arrivare serenamente qua come arrivavano gli italiani nelle stesse condizioni di miseria e di dopoguerra nel Sud America o in America meno di un secolo fa. È una cosa indecente ed è una guerra che l’Europa sta facendo a povera gente, senza averla nemmeno dichiarata, ma spacciandola spesso come virtù e avendone dei benefici elettorali a destra come a sinistra, mi dispiace dirlo. È un momentaccio e, personalmente, riparto da me: io credo che antifascismo e pacifismo, non possono che andare a braccetto, siano le due chiavi sicuramente per superare la logica di guerra o quantomeno per continuare a diffondere questa malattia che cerchiamo di diffondere in tutti i modi con le bandiere, con la partecipazione a manifestazioni con i post su Facebook. La pace è ancora possibile. Io ci aggiungo sempre un pezzettino che è quello mio personale, che è frutto del mio percorso sul femminismo intersezionale e vi leggo una frase di una signora che poi è morta due anni fa si chiamava “bell hooks”, era una signora afroamericana e si può dire proprio una signora qualunque che ha cominciato a porsi il problema del femminismo, ha studiato, si è laureata, poi ha scoperto che una parte delle femministe bianche che erano con lei volevano soltanto avere una parità di diritti con i loro mariti per poter sfruttare ancora i neri e quelli che non avevano abbastanza soldi per difendersi. E allora ha detto no, il femminismo è un’altra cosa, è intersezionalità: se vi risolvete il problema come donna ma non come nera e non come povera, non avete risolto i miei problemi, mi avete soltanto cambiato il colore del gioco e questa signora si è specializzata è diventata una femminista meravigliosa e ha scritto questa cosa che è rivolta ovviamente soprattutto ai maschi del gruppo, che non me ne vorranno, in parte anche alle donne perché sono figli della stessa cultura patriarcale: “Ciò di cui c’era, e continua a esserci bisogno, è una visione della maschilità in cui l’autostima e l’amore di sé come esseri unici formino la base dell’identità. Le culture del dominio ledono l’autostima sostituendola con l’idea che il proprio senso di sé provenga dal dominio sull’altro. La maschilità patriarcale insegna agli uomini che il loro senso di sé e la loro identità, la loro ragione d’essere consistono nella loro capacità di dominare gli altri. Affinché ciò cambi i maschi devono criticare e mettere in discussione il dominio maschile sul pianeta, sugli uomini meno potenti, sulle donne e sui bambini”. Quello della pace è un lavoro che comincia da noi: a volte, è sempre esperienza personale, decostruendo il maschile che c’è in noi e cercando di renderlo più umano e più di cura per tutta l’umanità. Paolo Mazzinghi