Negri oltre Negri. Lavoro, soggettività e critica del capitaleMilitante, intellettuale e interprete innovativo di Marx e del marxismo, Antonio
Negri è stato una delle figure più influenti, ma controverse, del pensiero
critico contemporaneo. La sua traiettoria ricca e transdisciplinare testimonia
la straordinaria vitalità di una riflessione teorica e politica che, da oltre
sessant’anni, è mossa da un unico obiettivo: “la ricostruzione di una forza di
classe che, quanto prima, rivoluzioni questo folle mondo di sfruttamento e
ingiustizia in cui viviamo”. Dalle inchieste operaie condotte negli anni
Sessanta all’interno delle riviste operaiste Quaderni Rossi e Classe Operaia
alla quadrilogia inaugurata da Impero (2000), passando per i lavori dedicati al
formalismo giuridico, a Hegel, Keynes, Cartesio, Lenin, Marx, Spinoza e
Foucault, fino ai più recenti sviluppi della sua teoria del “potere costituente”
e del “comune”, Negri non ha mai separato l’esigenza di un’analisi materialista
della congiuntura storica dalla passione rivoluzionaria. L’eredità teorica e
politica del suo lavoro è enorme, molto complessa e in continua evoluzione,
proprio come la realtà dei rapporti di sfruttamento e di dominio che ha
continuamente cercato di cogliere e sovvertire.
Data la sua immensa produzione intellettuale e considerando che qualsiasi
selezione di testi sarebbe stata necessariamente arbitraria e incompleta, non
forniremo una bibliografia di riferimento per la convegno. Ci proponiamo invece
di delineare i principali sviluppi della sua carriera, per facilitare
l’individuazione dei temi di discussione. Se ci limitiamo alle dimensioni della
sua ricerca appena menzionate – ovvero l’analisi del capitalismo, le
trasformazioni del lavoro e delle soggettività politiche – queste ci portano
dall’epoca del regime fordista-keynesiano di accumulazione del capitale e della
sua crisi alle cosiddette mutazioni “post-fordiste” legate al neoliberismo,
all’ascesa del capitalismo cognitivo e al processo di globalizzazione del
capitale.
1. La centralità dell’operaio di massa e lo sviluppo del primo operaismo
La prima fase corrisponde alla formazione dell’Operaismo italiano, una delle
correnti neomarxiste più innovative della seconda metà del XX secolo, con Negri,
Raniero Panzieri, Mario Tronti e Romano Alquati tra i suoi principali fondatori.
Questo primo Operaismo si struttura come una teoria della lotta di classe
articolata su una serie di principi metodologici che, nella prospettiva di
Negri, mantengono sempre una persistente validità, portandolo a opporsi con
forza all’idea di una rottura tra il primo Operaismo e il cosiddetto
“Post-Operaismo” che si sarebbe sviluppato a partire dagli anni Ottanta-Novanta.
Quattro proposizioni riassumono il nucleo teorico, o l’invariante strutturale,
dell’Operaismo di Negri:
Una visione della dinamica del capitalismo che sottolinea la precedenza logica e
storica dell’antagonismo del lavoro vivo rispetto alle trasformazioni del
capitale. L’adozione di un approccio che adotta deliberatamente il punto di
vista del lavoro, facendo del metodo della co-ricerca (cioè dell’indagine
condotta con i lavoratori) lo strumento privilegiato per produrre conoscenza
critica e organizzare la classe operaia.
L’introduzione della nozione di “composizione di classe”, più precisamente di
composizione tecnica e politica di classe, che, secondo Negri, costituisce
“l’unica base materiale a partire dalla quale si può parlare di soggetto”. Una
concezione del lavoro vivo come non-capitale, che Negri sviluppa in una teoria
della potenziale “autonomia” del proletariato. Secondo questo approccio, mentre
il capitale non può valorizzarsi senza lo sfruttamento del lavoro, il “lavoro
vivo”, al contrario, potrebbe organizzare la produzione e la società al di fuori
del capitale come relazione sociale.
Nel corso degli anni Sessanta e della prima metà degli anni Settanta, questo
approccio è stato applicato alla figura del lavoro chiamata dagli operaisti
“operaio massa”, e combinato con la rilettura del Libro I de Il Capitale di
Marx, e in particolare del capitolo su “Macchinismo e grande industria”, per
definire i quadri analitici e i presupposti organizzativi e strategici della
lotta di classe nel capitalismo industriale. A partire dai primi anni Settanta,
le prospettive aperte dal femminismo marxista italiano, e in particolare dalle
pensatrici militanti che collaborarono con la cattedra di Negri all’Università
di Padova (come Mariarosa Dalla Costa, Leopoldina Fortunati e Alisa Del Re),
giocarono a loro volta un ruolo fondamentale nella rilettura di Marx e nella
comprensione delle trasformazioni del lavoro. In questo contesto, uno dei
contributi di Negri, nella sua duplice veste di ricercatore accademico e
militante rivoluzionario, è stato quello di evidenziare lo spostamento della
“composizione di classe” dalla fabbrica alla metropoli. In questo periodo ha
anche sviluppato una teoria del contropotere e del doppio potere, proponendo un
rinnovamento originale della teoria di Lenin, nonché della teoria marxista del
diritto costituzionale e dello Stato. Il lavoro teorico e l’organizzazione
politica condotta da Negri e dai gruppi ispirati all’operaismo hanno
indubbiamente alimentato l’intensità del conflitto sociale in Italia in quel
periodo, quando le lotte portarono alla crisi del “compromesso fordista”.
2. La sconfitta dell’“operaio massa”, l’esperienza della repressione e
dell’esilio: Verso l’elaborazione di un nuovo operaismo
La prima fase dell’opera di Negri si conclude verso la fine degli anni Settanta
ed è seguita dall’esperienza del carcere e dell’esilio in Francia. In quel
momento, Negri diagnostica lucidamente l’esaurimento del ciclo di lotte
dell’“operaio massa” – dovuto ai processi di robotizzazione e di
esternalizzazione della produzione – che metteva irreversibilmente in
discussione la centralità della fabbrica fordista. Allo stesso tempo, individua
in modo perspicace come lo sviluppo della “fabbrica diffusa”, della
terziarizzazione e del precariato vadano di pari passo con una crescente
“intellettualizzazione” e “femminilizzazione” dei processi lavorativi. Secondo
Negri, queste trasformazioni portano all’emergere di nuove soggettività
politiche, che hanno trovato la loro prima e potente espressione nel movimento
del ’77 in Italia – un laboratorio di idee e di lotte che è ancora considerato
un importante riferimento per pensare il rinnovamento del pensiero e della
prassi rivoluzionaria nella seconda metà del XX secolo.
In questo contesto, Negri inizia l’analisi del passaggio dalla “composizione di
classe” dell’“operaio massa” a quella dell’“operaio sociale”. Negri non ha mai
abbandonato questa categoria, ma ha cercato di arricchirla progressivamente con
nuove determinazioni, come il lavoro “immateriale”, “cognitivo”, “biopolitico”.
Inoltre, da questa analisi della “composizione di classe postmoderna” Negri ha
sviluppato il concetto di “moltitudine”, che rappresenta un tentativo di
cogliere la soggettività politica della lotta di classe nel capitalismo
globalizzato contemporaneo. In questo sforzo teorico, hanno giocato un ruolo
essenziale la co-direzione della rivista Futur Antérieur con Jean-Marie Vincent,
durante il suo esilio in Francia, e l’intenso dialogo con altre figure
intellettuali di spicco dell’epoca, come Étienne Balibar, Giovanni Arrighi,
Immanuel Wallerstein, Denis Berger, Félix Guattari, Gilles Deleuze, André Gorz e
altri. In questa seconda fase del suo lavoro di ricerca, Negri è gradualmente
portato ad avviare un profondo rinnovamento del primo Operaismo, secondo una
logica che si sviluppa attorno a cinque assi principali:
Il primo si basa sull’inchiesta operaia condotta nell’area metropolitana di
Parigi. Analizzando i suoi bacini di “lavoro immateriale”, Negri e i suoi
collaboratori si concentrano sulla nuova “composizione” del lavoro al centro dei
processi economici che inizialmente hanno chiamato “post-fordismo” e
successivamente definito “capitalismo cognitivo”. In questo quadro, l’accento è
posto sulla potenziale autonomia e capacità di auto-organizzazione delle nuove
figure lavorative, nonché sulla loro natura “biopolitica” e “riproduttiva”. Il
secondo asse riguarda lo spostamento dell’asse di lettura dei testi di Marx. La
posizione privilegiata occupata dal Capitale nel primo Operaismo viene
sostituita dai cosiddetti Grundrisse, in particolare dal famoso “Frammento sulle
macchine”, dove Marx sviluppa il concetto di “General Intellect” e l’ipotesi
della “crisi della legge del valore”. A questo proposito, uno dei maggiori
contributi di Negri rimane innegabilmente il libro Marx oltre Marx (1979). Il
terzo asse riguarda l’integrazione della filosofia francese contemporanea
nell’approccio dell’operaismo, in particolare le intuizioni di autori come
Maurice Merleau-Ponty, Gilles Deleuze, Félix Guattari e Michel Foucault. Il
dialogo con questi pensatori ha portato Negri a estendere il percorso aperto in
Marx oltre Marx, sviluppando una concezione della storia, delle istituzioni e
della soggettività che rompe con il paradigma dialettico hegeliano e con le
visioni teleologiche dello sviluppo storico. Dalla lettura dell’opera di
Foucault, Negri offre anche un’interpretazione originale della dimensione
“biopolitica” insita nella resistenza del lavoro vivo alle tecnologie e ai
dispositivi del “biopotere” capitalista. Il quarto asse riguarda il superamento
di un approccio al rapporto capitale/lavoro che, nel primo Operaismo, si
concentrava sul cosiddetto “centro” dell’economia globale. Nel libro Impero
(2000), Hardt e Negri rinnovano l’operaismo attraverso un’analisi dei processi
di globalizzazione capitalistica e dei nuovi orizzonti rivoluzionari che essi
potrebbero aprire. Il concetto di “moltitudine” serve anche a comprendere meglio
la proliferazione e la convergenza delle lotte all’interno dei movimenti di
alter-globalizzazione in un orizzonte intersezionale che combina le dimensioni
di classe, genere e razza su scala globale. Il quinto asse riguarda il tema del
“Comune”, che Negri ha definito sia come espressione ontologica della
cooperazione operaia, sia come la forma stessa attraverso cui una soggettività
rivoluzionaria si organizza e crea alternative politiche. Questo asse di
riflessione ha ispirato una serie di ricerche che hanno portato allo sviluppo
della tesi del “Comune” come nuovo “modo di produzione”.
Il convegno si propone di riunire studenti, ricercatori e attivisti, di diverse
provenienze e generazioni, intorno ai vari temi sopra menzionati. L’obiettivo è
proporre contributi che illuminino i concetti, le ipotesi e gli sviluppi del
pensiero di Antonio Negri, evidenziandone la rilevanza e la capacità di
anticipazione, ma anche le contraddizioni e i limiti che ha incontrato e/o le
controversie che ha suscitato.
Il programma del convegno, i partecipanti, i vari panel e gli orari della
conferenza sono presentati qui sotto:
Immagine di copertina tratta dalla locandina dell’evento
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