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Caregiver: manca ancora una legge nazionale che riconosca questo ruolo
Il caregiver (letteralmente prestatore di cura) è una persona che presta cura e assistenza a soggetti non autosufficienti a causa di malattie o di gravi disabilità (https://www.caregiversummeet.it/wp-content/uploads/2024/06/caregiver-normativa.pdf). Fornendo sia supporto emotivo che pratico, il caregiver diventa un importante punto di sostegno nella vita di queste persone. Convenzionalmente, il ruolo di caregiver viene diviso in due categorie: il “caregiver informale”, solitamente un amico o un familiare, che nel caso di un adulto può essere il coniuge o il figlio, ed il “caregiver formale”, o la “assistente familiare”, come definita nel Ccnl di categoria e nelle norme di legge, comunemente definito badante per persone non autosufficienti o con gravi disabilità, ovvero un professionista che presta assistenza dietro retribuzione e che talvolta si sceglie di far convivere con il paziente per diverse necessità. Secondo i dati ISTAT, in Italia circa il 13,5% della popolazione è un caregiver familiare, ovvero più di 7 milioni di persone, di cui il 58% sono donne. Per poter assolvere ai compiti di cura, spesso i caregiver sono costretti a ridurre drasticamente l’attività lavorativa o, in casi estremi, abbandonare il lavoro. I compiti del caregiver sono numerosi e richiedono competenze diverse, anche mediche, con una disponibilità continua, inclusi orari notturni e festivi. Senza il loro contributo, il peso della cura ricadrebbe sul sistema sanitario e sulla collettività. Fondamentale ricordare che l’assistenza fornita coinvolge non solo la sfera economica, ma anche quella fisica e l’investimento di risorse soprattutto emotive. Comune a tutti i caregiver è lo stress psicologico, senso di incomprensione e isolamento. Il caregiver svolge questo ruolo a titolo personale, volontario e non retribuito, ridimensionando la propria attività professionale, trascurando la propria salute, e ritrovandosi socialmente isolato. I caregiver esprimono preoccupazione per il futuro dei loro cari, nel caso in cui non potessero più occuparsene. Oggi in Italia, il 24,0% della popolazione ha più di 65 anni di età. Nel 2050 le persone di 65 anni e più potrebbero rappresentare il 34,5% del totale secondo lo scenario mediano. Una significativa crescita è attesa anche per la popolazione di 85 anni e più, quella all’interno della quale si concentrerà una più importante quota di individui fragili, dal 3,8% nel 2023 al 7,2% nel 2050 con margini di confidenza tra il 6,4 e l’8%. Con amore e abnegazione assistono una persona cara che ne ha bisogno, ma per i caregiver dedicarsi a questa attività di cura ha un impatto non trascurabile sulla salute. Circa 4 su 10 (41%) riferiscono infatti di aver sviluppato malattie croniche di cui non soffrivano in precedenza (di questi, ben il 66% riferisce di aver sviluppato 2 o più patologie): in cima vi sono quelle psichiatriche, seguite da quelle scheletro-muscolari, cardiovascolari e gastro-intestinali. In particolare, le donne più giovani hanno una prevalenza maggiore di queste patologie rispetto alle coetanee. In più, l’assistenza a una persona cara comporta, sempre in misura maggiore per le donne, una rinuncia a visite mediche e ricoveri. Questa la fotografia scattata di recente all’Istituto Superiore di Sanità in occasione del convegno “Promuovere la salute delle persone caregiver familiari in ottica di genere: prospettive future”, promosso dal Centro di riferimento per la medicina di genere. Il quadro emerge da una survey nell’ambito del progetto “L’impatto del genere sullo stress psicologico e lo stato di salute nelle persone caregiver familiari“, a cui hanno risposto 2033 persone, 83% donne. “È di fondamentale importanza, ha sottolineato  Elena Ortona, direttrice del Centro di riferimento per la medicina di genere dell’Iss, mettere l’accento sulle differenze di sesso e genere nello stato di salute dei caregiver e delle caregiver familiari. Le donne, in particolare, si fanno carico in maniera preponderante del lavoro di assistenza e cura all’interno delle famiglie, specialmente quando si tratta di familiari non autosufficienti. Questo impegno costante e spesso gravoso ha un impatto diretto e profondo sulla loro salute. La ricerca evidenzia che le donne che svolgono il ruolo di caregiver sono maggiormente esposte a problemi di salute fisica e psicologica; di conseguenza, le disuguaglianze di genere possono generare a loro volta disuguaglianze di salute. Alla luce di ciò è fondamentale che le politiche socio-sanitarie, nel programmare interventi di sostegno rivolti ai caregiver e alle caregiver familiari, considerino le differenze di sesso e genere basate sulle evidenze scientifiche. L’integrazione di questa prospettiva è essenziale per attuare efficaci misure di prevenzione, volte a ridurre le patologie associate allo stress e a garantire un sostegno più equo e mirato”. A livello nazionale, seppur con ritardo e qualche incertezza, si sta lavorando per arrivare a una legge che riconosca pienamente il valore sociale ed economico dell’impegno quotidiano dei caregiver. Qualcosa si muove – e da tempo – nei territori, a partire dall’Emilia-Romagna che con la legge regionale denominata “Norme per il riconoscimento ed il sostegno del caregiver familiare (persona che presta volontariamente cura ed assistenza)” del 2014 ha riconosciuto, prima fra le regioni italiane, la figura del caregiver in quanto componente informale della rete di assistenza alla persona e risorsa del sistema integrato dei servizi sociali, socio-sanitari e sanitari, tutelandone i bisogni. Una legge modificata ed aggiornata lo scorso anno: https://demetra.regione.emilia-romagna.it/al/articolo?urn=er:assemblealegislativa:legge:2014;2. Nel 2024, con la legge regionale n. 5 anche la Regione Lazio è intervenuta a sostegno dei caregiver familiari, prevedendo una dotazione di 15 milioni di euro nel triennio 2024-2026, di cui i primi 5 milioni sono già stati assegnati ai distretti socio-sanitari per attivare i servizi nel corso del 2025. Tra le misure previste vi sono interventi di sollievo, che consentono al caregiver di prendersi una pausa con la garanzia di un’assistenza alternativa al domicilio o in struttura, oppure l’introduzione di un portafoglio personale fino a 1.000 euro annui da spendere per il benessere psicofisico del caregiver stesso, attraverso: palestra, corsi di aggiornamento, attività formative. Particolare attenzione è stata riservata ai giovani caregiver, spesso studenti che si trovano a sostenere un genitore in difficoltà, per i quali sono previsti crediti formativi scolastici e universitari, oltre a forme di premialità nei bandi pubblici. Ad oggi sono 12 le Regioni italiane che hanno approvato una normativa sul sostegno ai caregiver familiari, ma senza un quadro normativo nazionale restano interventi incompleti e parzialmente efficaci. In Parlamento sono depositate numerose proposte di legge sul riconoscimento del ruolo dei caregiver, quindi è forse arrivato il momento di approvare finalmente una legge organica nazionale. Da segnalare, infine, la Caregiver SumMeet, un progetto ideato da Cencora PharmaLex in sinergia con numerose Associazioni di pazienti. Si tratta di un format rivolto a tutti gli attori di sistema, finalizzato all’individuazione di soluzioni condivise che consentano la migliore definizione del ruolo del caregiver in tutte le sue rappresentazioni e forme. Una vera e propria Call to Action per sensibilizzare le istituzioni competenti sui bisogni del caregiver e sollecitare un concreto intervento normativo. Durante  l’evento istituzionale “Caregiver SumMeet” del 2024 fu presentata la prima Carta dei diritti del caregiver, aggiornata a luglio 2025. Qui la legge della regione Lazio sul caregiver familiare: https://www.consiglio.regione.lazio.it/consiglio-regionale/?vw=leggiregionalidettaglio&id=9483&sv=vigente.  Qui la Carta dei Diritti del Caregiver – aggiornamenti 2025: https://www.caregiversummeet.it/wp-content/uploads/2025/07/CARTA-DIRITTI-2025.pdf.  Giovanni Caprio
L’amianto non è stato ancora messo al bando dalle scuole italiane
L’asbesto, detto anche amianto, appartiene alla famiglia dei silicati naturali, ha caratteristiche strutturali e di resistenza al calore, basso costo e facile reperibilità ed è stato utilizzato nell’edilizia, nella nautica, nelle carrozze ferroviarie, nei mezzi di trasporto su gomma, e persino negli aeromobili, con circa 3.000 applicazioni. Un utilizzo che si è interrotto con la sua messa al bando, avvenuta con la L. 257/1992, poiché estremamente nocivo per la salute: il crisotilo (una fibra a serpentina), la crocidolite e l’amosite (fibre amfibole o rettilinee) sono i 3 tipi principali di asbesto che causano danni alla salute umana (patologie fibrotiche e cancerogene). Ma, nonostante la messa al bando, l’amianto è ancora diffusamente presente sul territorio, come denuncia instancabilmente Ezio Bonanni con il suo Osservatorio Nazionale Amianto – OMA (https://www.osservatorioamianto.com/) e da ultimo anche con “Il libro bianco delle morti di amianto in Italia – Edizione 2024“: https://www.avvocatoeziobonanni.it/wp-content/uploads/2025/04/LIBRO-BIANCO-Edizione-2024-.pdf. Secondo l’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA) questa è l’attuale situazione: la presenza di oltre 40 milioni di tonnellate di materiali contaminati da amianto; il censimento di circa 100.000 siti con amianto; l’assenza di una mappatura esaustiva delle aree a rischio. L’applicazione incompleta delle disposizioni legislative ha ostacolato le operazioni di bonifica, prolungando l’esposizione in ambienti particolarmente vulnerabili. Colpisce particolarmente però il fatto che l’amianto sia presente anche nelle nostre scuole, come denunciato dal XXIII Rapporto dell’Osservatorio Civico sulla Sicurezza a Scuola di Cittadinanzattiva. “La presenza di amianto negli edifici scolastici, si legge nel Report di Cittadinanzattiva, rappresenta un problema ancora irrisolto. L’ONA continua a segnalare contaminazioni in edifici scolastici di ogni ordine e grado; asili nido e scuole dell’infanzia; laboratori tecnici e professionali”. Particolare attenzione viene rivolta all’uso passato del DAS contenente crisotilo (30%), fino al 1993, che ha comportato l’esposizione del personale docente, in particolare nelle scuole materne ed elementari. Recenti rilevazioni indicano nuovi casi di mesotelioma tra il personale scolastico. Come è noto, le fibre di amianto, una volta inalate, possono provocare patologie anche a distanza di decenni. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, la latenza delle malattie correlate può raggiungere i 60 anni; l’esposizione a basse dosi è sufficiente ad aumentare il rischio di malattie gravi. La popolazione scolastica risulta particolarmente vulnerabile, data la lunga aspettativa di vita post-esposizione.  Ma qual è lo stato attuale delle bonifiche scolastiche? Nel 2021 l’ONA ha censito 2.292 edifici scolastici non ancora bonificati, rappresentando il 4,3% degli istituti contaminati. Si stima che siano esposti circa 356.900 studenti e 50.000 membri del personale. La contaminazione non riguarda solo le coperture esterne, ma anche elementi interni come impianti elettrici, pavimentazioni in linoleum. Le città più interessate: Torino, con 66 scuole contaminate; Milano, con 89 edifici; Genova, con 154 istituti. Dal 2012, l’ONA ha censito circa 4.800 scuole, con circa 2.500 interventi di bonifica effettuati. Cittadinanzattiva ricorda che l’Osservatorio Nazionale Amianto prosegue l’attività di monitoraggio e segnalazione del rischio amianto, anche attraverso la piattaforma ONA Guardia Nazionale Amianto. Questo strumento permette ai cittadini di inviare segnalazioni, anche in forma anonima, favorendo l’emersione di situazioni a rischio e collaborando con istituzioni, associazioni e cittadini per la tutela della salute pubblica e richiama il risarcimento record ottenuto per esposizione all’amianto. “A seguito dell’esposizione continua all’amianto all’interno della scuola, a fine 2021, si legge nel Report, fu assegnato un risarcimento record ad un’ex docente, deceduta dopo avere prestato servizio in una scuola dove era presente ancora la sostanza pericolosa. A stabilirlo fu il tribunale del Lavoro di Bologna, che ha condannato il ministero dell’Istruzione al risarcimento di un danno che sfiora il miliardo (per esattezza pari a 930.258 euro) per la morte nel 2017 di una docente, colpita da mesotelioma a causa dell’esposizione permanente all’amianto presente nella scuola in cui lavorava.” Qui per scaricare il Report di Cittadinanzattiva: https://www.cittadinanzattiva.it/notizie/17309-sicurezza-scolastica-il-18-settembre-la-conferenza-stampa-segui-la-diretta-e-scarica-i-materiali.html.  Giovanni Caprio
Obiezione di coscienza da parte di 170 persone che lavorano presso l’Istituto Superiore di Sanità
170 lavoratrici e lavoratori dell’istituto superiore di sanità presentano obiezione di coscienza: mai al servizio della guerra, mai complici di genocidio Ieri, giovedì 18 settembre, USB PI ISS ha consegnato al Direttore generale dell’Istituto Superiore di Sanità l’obiezione di coscienza di 170 lavoratrici e lavoratori, ricercatori, tecnici e personale amministrativo, che si rifiutano di partecipare o collaborare a progetti e attività che abbiano scopi bellici o dual-use e di collaborare a qualsiasi titolo con enti, istituzioni e aziende israeliani. Lavoriamo in un istituto che persegue la tutela della salute pubblica e ogni giorno contribuiamo con la nostra professionalità e con le nostre competenze a questo obiettivo, riteniamo che questa nostra funzione non sia compatibile con progetti che abbiano finalità belliche e con la collaborazione con uno Stato come Israele responsabile di genocidio. Per questo abbiamo presentato l’obiezione di coscienza, inoltre chiediamo a Presidente e Direttore Generale di interrompere qualsiasi rapporto con istituzioni scientifiche e con aziende israeliane e lunedì parteciperemo allo sciopero generale e alla manifestazione che si terrà a Roma. Unione Sindacale di Base