Coesione familiare padre-figlia: illegittimo il rifiuto della Questura, la P.A. condannata alle spese per entrambi i gradi di giudizio
Il caso riguarda un cittadino albanese che presentava la pratica di coesione in
sede con la figlia presso la Questura di Bergamo la quale, con decreto emesso il
27.12.2022, rigettava l’istanza.
Il provvedimento veniva impugnato e si chiedeva il suo annullamento per
violazione e falsa applicazione degli artt. 5 comma 6 e 19 comma 2 lett. d-bis
del D.Lgs. 286 e art. 32 Cost.
Il giudice di prime cure del Tribunale di Brescia dopo un lungo processo che
vedeva impegnava le parti nella produzione di documenti, ascolto di testimoni,
rigettava il ricorso e lo condannava alle spese in favore della amministrazione.
La sentenza di primo grado veniva impugnata presso la Corte di Appello di
Brescia rilevando che l’istanza veniva avanzata in qualità di padre della
cittadina albanese titolare di permesso di soggiorno e che a sostegno della
domanda il richiedente produceva sia alla questura in sede amministrativa che al
Giudice di prime cure in sede giudiziale la documentazione diretta a provare che
la figlia era l’unica che poteva mantenerlo economicamente – documentazione
ritenuta non idonea dalla Amministrazione – come si legge nel provvedimento di
rigetto, ove si evidenziava anche che l’interessato percepiva una pensione di
anzianità nel Paese di origine a far data dal 10.1.2021 e che in Albania viveva
un altro figlio.
L’appellante produceva già in primo grado anche:
* il certificato pensionistico da cui risulta che percepisce una pensione per
“anzianità urbana” pari a 8588 Leke al mese (corrispondenti a 88,30 euro
mensili) somma all’evidenza del tutto inidonea per mantenersi anche in
Albania;
* una dichiarazione notarile (tradotta e apostillata) del figlio residente in
Albania, che dichiara di vivere con la moglie e con i loro due bambini e di
avere una difficile situazione economica per cui non riesce a mantenere anche
il padre;
* una dichiarazione (tradotta e apostillata) della banca Credins Bank che
attesta che il figlio, pur essendo cliente della Banca ed essendo registrato
con il n. (…), non possiede un conto corrente individuale oppure un conto
sullo stipendio individuale.
* una dichiarazione (tradotta e apostillata) del Sindaco del Municipio dove
risiede il figlio che attesta che quest’ultimo “non esercita attività privata
nel territorio del nostro municipio”;
* una dichiarazione (tradotta e apostillata) del Sindaco del Municipio che
certifica che il figlio non percepisce sussidio economico;
* una dichiarazione di una vicina di casa del nucleo familiare, che dichiara
che da due anni il ricorrente/appellante vive con la figlia, il genero e il
nipote che lo mantengono e lo assistono in tutto, anche per i suoi gravi
problemi di salute accertati in Italia e che lo costringono a continui
accessi ospedalieri.
L’appellante inoltre produceva la certificazione unica 2024 del marito della
figlia del richiedente, che attesta un reddito, nel 2023, di euro 20.768,00.
La Corte di Appello ritenendo l’appello fondato lo accoglieva ed in riforma
della sentenza di primo grado dichiarava illegittimo il decreto di rifiuto della
Questura di Bergamo con condanna alle spese per entrambi i gradi di giudizio con
la seguente motivazione:
“Va evidenziato che il testo originario dell’art. 29 TU 286/98 prevedeva che lo
straniero potesse chiedere il ricongiungimento “per genitori a carico” e non vi
era alcun riferimento all’eventualità che fruissero di mezzi di sussistenza o di
un sostegno familiare nel Paese d’origine. Intervenne poi la Direttiva CE
2003/86 che evidenzia, nei “considerando” introduttivi, che il ricongiungimento
familiare dovrebbe riguardare in ogni caso i membri della famiglia nucleare
(coniuge e figli minorenni) – n. 9 – mentre, in relazione agli ascendenti,
prevede: “dipende dagli Stati membri decidere se autorizzare la ricongiunzione
familiare per parenti in linea diretta ascendente” – n. 10 – , prevedendo poi,
in conformità a tale principi, all’art. 4 I comma che gli Stati membri debbano
autorizzare l’ingresso e il soggiorno della prima categoria di familiari
(coniuge, figli minorenni) e prevedendo al II comma che invece gli Stati membri
possono in via legislativa o regolamentare autorizzare l’ingresso e il soggiorno
degli “ascendenti diretti di primo grado del soggiornante o del suo coniuge
quando sono a carico di questi ultimi e non dispongono di adeguato sostegno
familiare nel paese di origine”.
Il capo IV della Direttiva, nel disciplinare le condizioni richieste per
l’esercizio del diritto al ricongiungimento familiare prevede, all’art. 6, che
gli Stati membri “possono respingere una domanda di ingresso e soggiorno dei
familiari per ragioni di ordine pubblico di sicurezza pubblica o di sanità
pubblica”.
A tale direttiva seguì, per effetto del Decreto Legsl. 5/2007, una modifica
dell’art. 29 lettera D) volta a adeguare la normativa nazionale alla Direttiva
CE prevedendo che il ricongiungimento familiare poteva essere chiesto per i
“genitori a carico che non dispongono di adeguato sostegno familiare nel paese
di origine o di provenienza”. Venne anche introdotto l’art. 29 bis che ha
esteso, sempre in attuazione della direttiva CE, la previsione specifica del
ricongiungimento anche agli ascendenti dello straniero al quale era stato
riconosciuto lo status di rifugiato.
In seguito, con il Decreto Legislativo 160/2008 l’art. 29 venne nuovamente
modificato, questa volta in modo restrittivo, prevedendo che lo straniero possa
chiedere il ricongiungimento per “i genitori a carico, qualora non abbiano altri
figli nel paese di origine o di provenienza, ovvero genitori
ultrasessantacinquenni, qualora gli altri figli siano impossibilitati al loro
sostentamento per documentati gravi motivi di salute.
Ciò posto, l’appellante ha documentato la sussistenza dei presupposti di cui
all’art. 29 e pertanto la domanda va accolta e il provvedimento emesso dal
Questore della Provincia di Bergamo va disapplicato in quanto illegittimo, con
conseguente accertamento del diritto del richiedente a ottenere il permesso di
soggiorno per motivi familiari.
Il Ministero degli Interni-Questura di Bergamo, soccombente, va condannato a
rifondere alla controparte le spese dei due gradi di giudizio secondo i
parametri dei giudizi avanti al Tribunale e alla Corte di Appello, spese che si
liquidano come da dispositivo”.
Questo caso è stato molto faticoso per il ricorrente poiché ha dovuto affrontare
due gradi di giudizio prima di vedere affermare il suo diritto a permanere con
la figlia ed ottenere il permesso per motivi familiari.
Corte d’Appello di Brescia, sentenza n. 819 del 12 agosto 2025
Si ringrazia l’Avv. Uljana Gazidede per la segnalazione e il commento.
* Consulta altre decisioni relative all’unità familiare, in particolare:
* di coesione familiare;
* di ricongiungimento familiare.