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“Oggi si scrive una pagina di Storia”
UNA FOLLA OCEANICA A NAPOLI PER LA PALESTINA “Oggi si sta scrivendo la Storia a Napoli e nelle altre 80 città italiane che hanno invaso le strade per gridare: basta al genocidio, basta a ogni forma di complicità, basta a ogni relazione istituzionale ed economica con Israele, basta con le armi.” Una fortissima mobilitazione: quarantamila persone, dicono i numeri forniti dagli organizzatori. Uno tsunami umano che, stamattina a partire dalle 9, ha invaso piazza Garibaldi per partecipare allo sciopero generale in solidarietà con la popolazione palestinese. Sciopero indetto dai sindacati di base USB, CUB, SGB e altre sigle, e sostenuto dalla “flottiglia di terra” Movimento Globale a Gaza Campania, da associazioni, dall’UDAP (Unione Democratica Arabo-Palestinese), dalla Rete delle Comunità palestinesi, dal Centro Culturale Handala Ali e dai collettivi studenteschi. La imponente, che ha visto marciare tutti insieme lavoratori e lavoratrici, studenti, uomini, donne manifestazione, padri e madri – molti con bambini sulle spalle – scandendo un unico, ininterrotto coro che ha inondato la città, è stata civile e pacifica. “È una giornata epica, oggi siamo tantissimi. Dobbiamo fermare noi cittadini, studenti, lavoratori questa follia che sta attraversando il mondo e che ha oscurato la coscienza. Ma non è finita, perché questo Paese, questa città hanno ancora una coscienza da spendere. Palestina libera!”, lo grida dai megafoni un organizzatore. E tutti lo ripetono in un urlo collettivo che, come un’onda sismica, si allarga sulla folla a perdita d’occhio. Si avverte da subito che questa non è una manifestazione come le altre: c’è un’atmosfera che si carica sempre di più di un’emozione partecipata e fortemente sentita, ma si avverte anche tanta rabbia e fermezza nella condanna unanime, senza più contrattazioni. Dalla folla si alzano grida contro ogni forma di complicità, di silenzio o di parole timide e balbettanti. Ora è solo il tempo di azioni reali e concrete. Si chiede una presa di posizione chiara dell’Italia, ora, subito, senza più alcuna ipocrisia. La notevole adesione testimonia la forza del sentimento popolare, ma “siamo consapevoli che serve una strategia politica internazionale”. “Una manifestazione immensa, come non vedevo a Napoli dagli anni ’70. Ci sono tutti: lavoratori, studenti, attivisti e migliaia e migliaia di cittadini. Grazie, Napoli”, ha detto con voce commossa al megafono un anziano attivista del Centro Culturale Handala. Bandiere, striscioni, cori: un tripudio di colori e di voci di solidarietà. L’atmosfera è veramente carica di un’emozione intensa che stringe tutti in un unico senso di appartenenza. È appartenenza a una stessa umanità che qui oggi si vuole recuperare. Un cartellone scandiva: “E criature so’ tutt’ egual” – i bambini sono tutti uguali. Quella di oggi aveva una valenza enorme perché la mobilitazione per la Palestina e il sostegno alla missione umanitaria si sono incrociati con le rivendicazioni sociali, con lo sciopero per la difesa del lavoro e della sicurezza sul lavoro. Il grido dei portuali di Genova, “Bloccheremo tutto”, è diventato il grido di tutti: un fiume in piena che ha attraversato le strade della città. Un’ondata di indignazione che non può più essere contenuta: “Oggi, e la Storia ce lo ricorda, assistiamo alla consapevolezza della gente comune che prende le redini della lotta e chiede a voce alta azioni concrete da parte del governo.” Non è più il tempo delle dichiarazioni e dell’incertezza: è ora di agire. Quando i popoli scendono nelle piazze, cambiano la Storia. È questo uno dei tanti comunicati letti. Lo sciopero ha riguardato trasporti, scuole, università, fabbriche, logistica, settori del pubblico impiego, commercio, energia. C’erano gli studenti, tanti, tantissimi universitari e delle scuole superiori, e c’erano i loro professori. Hanno sfilato a testa alta dietro ai loro striscioni: “Rivogliamo la cultura, la conoscenza contro ogni tentativo da parte del ministro dell’Istruzione di impedire di parlare di Palestina nelle classi. Noi siamo la Palestina. Nessuno può rubarci il futuro.” Il portavoce del collettivo studentesco parla e, a tratti, la voce si incrina per l’emozione: “Non ruberete i nostri sogni, i sogni dei giovani palestinesi. Non ucciderete la conoscenza per comprare armi e finanziare lager in Albania.” Gli studenti lo sanno che questo è stare dalla parte giusta della Storia. “Oggi, contro le politiche del Governo, ci riprendiamo il diritto allo sciopero.” E qualcuno aggiunge un dato che è anche una speranza: qualche centinaio di studenti palestinesi ha conseguito la maturità nella sola scuola rimasta a Gaza. È un fiume umano che da Piazza Garibaldi comincia a scivolare verso la Stazione Centrale. Gli organizzatori hanno spiegato quale sarebbe stato l’itinerario. “Questa non è una passeggiata”, hanno avvertito, “ma un presidio itinerante, una risposta simbolica ma potente al ‘Bloccheremo tutto’, in coerenza con la griglia lanciata dai portuali di Genova e divenuto slogan di riferimento in tutte le manifestazioni successive.” Il corteo si è diretto verso la Stazione Centrale, invadendo ogni spazio e “occupando” i binari, generando il blocco temporaneo della circolazione ferroviaria. Ma la Stazione non è riuscita a contenere la marea umana, che continuava a costituire un lunghissimo corteo e occupava tutta la piazza. Qui, sui binari, sono stati letti comunicati da parte di rappresentanti dei sindacati. Il messaggio era chiaro e forte: “Se non si ferma il genocidio, noi bloccheremo ogni luogo, ogni fabbrica, ogni istituzione”. E ancora: messaggi con una portata sociale che hanno accomunato tutte le categorie di lavoratori presenti. “I soldi frutto del nostro lavoro devono essere spesi per i lavoratori, per le famiglie, le aziende, la salute, l’istruzione e la ricerca, la sicurezza sul lavoro. E a questo proposito vogliamo denunciare che ancora oggi è morto un lavoratore, senza che nessuno risponde di questi omicidi, perché in Italia non è previsto il reato di omicidio sul lavoro.” E concludevano: “La nostra Costituzione è il faro che ci guida. No alle armi, no alla guerra: non saremo mai complici del futuro di morte che ci state preparando”. Una dottoressa, a nome del foltissimo gruppo di sanitari ospedalieri presenti, ha preso la parola per esprimere quanto sia aberrante non poter salvare vite umane, vedere morire bambini di fame e di stenti oltre che per le bombe. Ha ricordato tutti i colleghi sanitari che sono morti, che hanno speso la loro vita per salvare vite umane: 1167 sanitari palestinesi uccisi. “Abbiamo chiesto al Presidente della Regione De Luca che blocchi le forniture sanitarie con marchio israeliano e di escludere Israele dal prossimo PharmExpo della Salute e del Benessere, che si svolgerà dal 24 al 26 ottobre alla Mostra d’Oltremare di Napoli.” Seconda tappa: l’Università, dove già c’era un presidio di studenti che si sono uniti al corteo, che ha continuato a sfilare lungo tutto il Rettifilo fino a Piazza Municipio, per portarsi poi verso il secondo luogo di “occupazione simbolica”: il Porto di Napoli, per manifestare contro le grandi società – comprese le navi da crociera – che con Israele mantengono rapporti e traggono grandi profitti. Ma anche qui solo una parte dei manifestanti è riuscita ad entrare nell’area interna del Porto. Migliaia di persone sono rimaste rimaste in presidio fuori, nella grande area con vista sui resti archeologici. Gli slogan non si sono fermati mai. Lo slogan più gridato: “Genocidio, miseria e lutto: bloccheremo tutto”. Il corteo ha poi ripreso a sfilare per portarsi davanti alla Prefettura, simbolo del Governo, in Piazza del Plebiscito, occupando ogni punto dell’immensa piazza. Qui i manifestanti hanno espresso tutta la portata sociale della mobilitazione con slogan che chiedevano al Governo interventi a tutela della gente comune, del lavoro e del welfare, e interventi concreti e immediati per salvare ciò che resta di Gaza. “A cosa serve l’eventuale riconoscimento dello Stato della Palestina, come stanno facendo ormai molti Stati, se non resterà più niente della Palestina e dei palestinesi?”, ha gridato con una nota di disperazione nella voce Jamal della comunità palestinese di Napoli. Napoli oggi ha mostrato il suo volto più autentico: città di pace, di accoglienza, di Resistenza e di grandi mobilitazioni. L’ultimo grido che ha scosso la bellissima Cattedrale neoclassica: “Gaza resiste, la Palestina esiste”. E resiste Napoli, che continuerà nel pomeriggio la mobilitazione alla ex Nato di Bagnoli, dove è atteso il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per l’apertura dell’anno scolastico. Redazione Napoli
Miasmi molesti Montello Spa, Lettera aperta a Sergio Mattarella contro inazione istituzionale
Di seguito riportiamo la lettera aperta al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, scritta dal Comitato Rete Aria Pulita – Tomenone come appello urgente per la tutela della salute e dell’ambiente per riportare la problematica dei miasmi molesti persistenti della azienda Montello Spa e dell’inazione istituzionale da oltre cinque anni nella provincia bergamasca. Alla cortese attenzione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella Palazzo del Quirinale – Roma Egregio Presidente, Le scriviamo come rete di cittadini dei territori limitrofi al Monte Tomenone, in provincia di Bergamo, oggi esasperati, ma ancora fiduciosi nel valore della parola e della Costituzione. Da oltre cinque anni (oltre 1800 giorni) viviamo esposti a miasmi persistenti, molesti e spesso insopportabili, che compromettono la qualità dell’aria, della vita e della salute. I nostri figli crescono respirando sostanze che nessuno si assume la responsabilità di spiegare o fermare. Viviamo rinchiusi in casa dalla sera alla mattina, costretti a chiudere le finestre anche d’estate per non respirare l’aria contaminata da miasmi continui e penetranti. La nostra vita quotidiana è cambiata, ed è oggi interamente condizionata da un’aria irrespirabile, che penetra nelle abitazioni, scuole e luoghi di lavoro. Non parliamo più soltanto di disagio: parliamo di una quotidiana forma di violenza ambientale a cui nessuno pone fine. Non Le scriviamo per ottenere visibilità, né per muovere accuse generiche. Le scriviamo perché ci troviamo in uno stato di abbandono civile che nessuno ha il coraggio di nominare. Le segnaliamo una condizione che, in uno Stato costituzionale, non dovrebbe esistere: la normalizzazione della violazione della salute pubblica. Abbiamo scritto ai Comuni, alla Regione, all’ARPA, all’ASL, alla Protezione Civile. Abbiamo raccolto firme, organizzato incontri, presentato esposti. Ci è stato detto che “si monitora”, che “ci sono tavoli in corso”. Eppure la verità è chiara a tutti: gli enti conoscono la fonte di questi miasmi. Ma si limitano a prescrizioni infinite, inefficaci, che non risolvono nulla. Il problema persiste. E da troppo tempo. A rendere ancora più grave questa condizione insostenibile, è il procedimento di valutazione di un inceneritore tuttora in atto nella nostra area. A una comunità stremata e in attesa di normalità, si risponde con l’ipotesi di un inceneritore: un aggravio che contraddice ogni logica di prevenzione e rispetto verso chi vive questo territorio. Ci sentiamo invisibili, come se valessimo troppo poco per meritare tutela. Non c’è più nulla da monitorare: c’è da agire. Ma nessuno lo fa. Nel silenzio degli enti, chiediamo che Lei ci ascolti e faccia sentire la Sua voce – non per comandare, ma per richiamare alle proprie responsabilità chi ha il dovere di tutelare l’ambiente e la salute pubblica. Chiediamo che venga ricordato a tutte le istituzioni – locali e nazionali – che la salute non è materia negoziabile e che l’inerzia è una forma di violenza istituzionale. A conferma della gravità e della rilevanza nazionale della situazione, segnaliamo che: • L’onorevole Devis Dori ha presentato due interpellanze parlamentari specifiche: una sui miasmi persistenti e una sull’ipotesi di inceneritore nel nostro territorio; • Il programma televisivo Striscia la Notizia ha realizzato un servizio che documenta la condizione di disagio quotidiano e le richieste rimaste senza risposta; • Il portale Fanpage ha pubblicato un articolo d’inchiesta che riporta le testimonianze dei cittadini e ricostruisce i fatti. Restiamo a disposizione per ogni chiarimento e confidiamo in un Suo riscontro, affinché la voce dei cittadini possa finalmente trovare ascolto nelle sedi più alte della Repubblica. In allegato trasmettiamo documentazione che ricostruisce nel dettaglio la vicenda e documenta le segnalazioni rimaste prive di riscontro. Non chiediamo parole di circostanza. Vogliamo che qualcuno, finalmente, guardandoci negli occhi – anche da lontano – dica: “Vi abbiamo ascoltati. E ora si interviene.” Con fiducia, ma anche con determinazione, Le porgiamo i nostri più rispettosi saluti. ⸻ La Rete Aria Pulita – Tomenone lista civica ARIA NUOVA Comuni coinvolti: Albano Sant’Alessandro, Bagnatica, Brusaporto, Costa di Mezzate, Montello, San Paolo d’Argon, Gorlago Redazione Sebino Franciacorta
Appello a Mattarella di cinque studenti e studentesse di Gaza
Alla cortese attenzione del Presidente della Repubblica Italiana Prof. Sergio Mattarella Palazzo del Quirinale, Roma Signor Presidente, siamo cinque studenti di Gaza, ma sappiamo di parlare per altri e altre nelle stesse nostre condizioni. Siamo studenti e studentesse della Striscia di Gaza ammessi alle università italiane e Le scriviamo con la speranza che la nostra voce possa raggiungerLa e trovare ascolto presso la più alta carica della Repubblica, garante della Costituzione e dei diritti fondamentali. Abbiamo ricevuto con orgoglio la notizia di essere stati accolti dalle università italiane: per noi non è stato soltanto un traguardo accademico, ma anche un segno di vita e di futuro in mezzo a distruzione e privazioni. Entrare a far parte della comunità universitaria italiana significa per noi accedere a un diritto che la Costituzione italiana riconosce con chiarezza, all’articolo 34: “La scuola è aperta a tutti”.. “anche se privi di mezzi, tutti hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”. Eppure oggi questo diritto ci viene negato. I ritardi nel rilascio dei visti e l’assenza di un canale sicuro per lasciare Gaza ci impediscono di raggiungere l’Italia e di iniziare il percorso di studi per il quale siamo stati selezionati. Così restiamo ostaggi delle frontiere e privati del diritto allo studio e di una possibilità di un futuro. Per noi continuare a studiare e acquisire competenze significa anche rafforzare la nostra comunità e la nostra stessa esistenza. Significa coltivare la speranza di poter tornare un giorno nella nostra terra e di essere pronti a ricostruirla, con le conoscenze e le capacità che avremo maturato grazie alle università italiane. Signor Presidente, chiediamo che il genocidio venga fermato, chiediamo il rispetto dei diritti che la Costituzione italiana, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo riconoscono a ogni persona, senza discriminazioni. Per le università italiane siamo già studenti. In questo senso, siamo già parte della comunità di questo Paese. È per questo che ci rivolgiamo a Lei: per chiederLe di aiutarci a tutelare il nostro diritto allo studio, la nostra dignità, la nostra vita e il nostro futuro. Con rispetto e fiducia, Zaina, Aesha, Majd, Shahd, Mohamed e tutti e tutte coloro che come noi restano ancora dei “sopravvissuti”   Redazione Italia