Marco Cavallo arriva al CPR di Ponte Galeria. Intervista con lə attivistə della rete Stop CPRMarco Cavallo, il grande cavallo azzurro di cartapesta realizzato da Vittorio
Basaglia e Giuliano Scabia insieme a internatə e operatorə del manicomio di
Trieste, arriverà il 27 settembre davanti al CPR di Ponte Galeria. È il simbolo
della legge Basaglia e della chiusura dei manicomi. Oggi si rimette in marcia
per un’altra battaglia: quella per l’abolizione dei centri di detenzione
amministrativa per le persone migranti. La mobilitazione prevede due momenti: la
mattina sotto il CPR, con un corteo, e il pomeriggio a Ostia, con un presidio
davanti all’ospedale Grassi per sensibilizzare cittadinanza e personale
sanitario.
Il CPR di Ponte Galeria è una ferita nascosta. A differenza di altri centri,
inscritti nel cuore del tessuto urbano e percepiti come tali, quello romano
resta ai margini: geograficamente isolato, politicamente rimosso, socialmente
invisibile. È questa condizione a rendere la giornata del 27 settembre un
passaggio molto importante. È un’occasione per indurre la città a fare i conti
con questa inquietante presenza. È una tappa del lungo percorso di Marco Cavallo
contro i CPR italiani. Il viaggio è stato organizzato dal Forum per la salute
mentale.
La tappa romana è stata costruita insieme alla rete Stop CPR Roma: un network di
attivistə che intreccia saperi, inchieste e iniziativa politica. Un corpo a
corpo contro l’ordinaria presenza CPR nel paesaggio istituzionale. Abbiamo
intervistato lə attivistə della rete Stop CPR Roma sulla mobilitazione del 27 e,
più in generale, sulle specificità del CPR di Ponte Galeria e sulle prospettive
abolizioniste.
Marco Cavallo arriva davanti al CPR di Ponte Galeria il 27 settembre: perché
avete deciso di legare questo simbolo della lotta contro i manicomi a quella
contro i centri di detenzione per migranti?
L’iniziativa nasce da un’idea del Forum Salute Mentale, che abbiamo accolto come
Rete Stop CPR Roma a livello territoriale. Portare Marco Cavallo davanti al CPR
di Ponte Galeria significa tenere insieme due storie: la chiusura dei manicomi
con la legge Basaglia e la lotta di oggi contro i CPR, i nuovi manicomi, luoghi
di segregazione dove si rinchiudono persone migranti non per un reato ma per uno
status amministrativo.
Con questo doppio appuntamento previsto per il 27 settembre vogliamo riprendere
parola sulla detenzione amministrativa in Italia e rompere il silenzio con un
messaggio semplice: chiudere i manicomi ieri, chiudere i CPR oggi.
Cosa succederà concretamente il 27 settembre? Quali linguaggi, pratiche e forme
di partecipazione avete scelto per dare visibilità alla protesta davanti al CPR?
Sabato 27 settembre 2025 è previsto un doppio appuntamento. La mattina dalle ore
10:30 saremo sotto il CPR di Ponte Galeria con “Marco Cavallo” e il Forum della
Salute Mentale. Ci vediamo alla stazione (FS) Fiera di Roma e insieme andremo in
corteo fino ai cancelli del CPR: niente slogan né bandiere di parte, solo
bandiere di tessuti di scarto. Lo faremo con la musica del Samba Precario, con
le letture e testimonianze a cura di Anna Ferraioli Ravel e Lino Musella e la
lettura di una lettera alle persone detenute, lo faremo per farci sentire da
dentro, e per portare solidarietà alle persone che oggi sono nel CPR di Ponte
Galeria.
Ci ritroviamo poi il pomeriggio per un secondo appuntamento, alle ore 15:30 a
Ostia sotto l’Ospedale G.B. Grassi, per un presidio con volantinaggio per
sensibilizzare cittadinanza e personale sanitario sulle condizioni nei CPR e per
chiedere al personale medico di non validare i trattenimenti.
Quali sono le caratteristiche specifiche del CPR di Ponte Galeria rispetto ad
altri centri in Italia?
Il CPR di Ponte Galeria ha una triste specificità: è l’unico in Italia con una
sezione femminile (5 posti). Da tutta la penisola le donne vengono trasferite
qui e, come in una crudele “lotteria”, possono ritrovarsi detenute in un CPR
spesso senza saperne il perché.
Molte delle donne trattenute presentano profili che richiederebbero particolare
tutela: rischio di tratta, esperienze di violenza di genere, e/o vulnerabilità
psicologiche – condizioni che dovrebbero escludere la detenzione amministrativa
persino secondo le leggi razziste italiane.
Anche quando questi fattori non emergono, si tratta spesso di lavoratrici in
condizioni di subordinazione economica, che hanno lavorato per anni a nero,
frequentemente nel lavoro domestico di cura. Scaduto il permesso, dopo aver
subito sfruttamento lavorativo ed economico, finiscono in detenzione e poi
nell’espulsione, aggiungendo la beffa al danno.
Molte forze politiche parlano di riforma o di miglioramento dei CPR. La vostra
rete chiede invece l’abolizione: per quali motivi i CPR non sono riformabili?
Puoi abbellire una gabbia, ma rimarrà sempre una gabbia. Per questo la
prospettiva non può che essere abolizionista, non ci sono riforme possibili che
siano accettabili, non ci sono diritti che possono essere tutelati dentro a un
lager, qualsiasi diritto fondamentale è sistematicamente violato al loro interno
da quasi trent’anni.
Adesso è ora di chiuderli definitivamente perché violano la dignità umana, e a
dirlo non è solo la società civile, ma anche organismi di monitoraggio
sovranazionali indipedenti, come il CPT, il Comitato europeo per la prevenzione
della tortura, che lo denuncia da anni.
La postura abolizionista poi ci interroga non solo sullo smatellamento della
stuttura detentiva in sé, ma anche su ciò che produce queste strutture a partire
da un regime di frontiera razzista e coloniale che criminalizza una certa
mobilità.
Come nasce la rete Stop CPR Roma? Quale composizione ha? Quali prospettive
promuove ? Ci sono prossimi appuntamenti in programma?
La rete Stop CPR Roma nasce poco meno di due anni fa e riunisce attivist3 che
con diverso background di attivismo territoriale si uniscono nella lotta contro
la detenzione amministrativa.
Nella nostra città esiste da anni il CPR di Ponte Galeria, l’unico su scala
nazionale a prevedere anche una sezione di detenzione femminile: partire da qui
per noi significa raccontare cosa accade davvero dietro quelle mura e costruire
solidarietà in città.
La nostra prospettiva è quella abolizionista, a partire da questo facciamo
informazione, promuoviamo iniziative, presentazioni e appuntamenti in piazza.
A breve torneremo sotto il CPR di Ponte Galeria e sotto all’Ospedale Grassi di
Ostia, e stiamo lavorando per andare nelle Università in autunno, con momenti di
formazione per giovan3 student3 e comunità accademica, in particolare
nell’ambito sanitario.
Chi vuole unirsi o ospitare un incontro può scriverci: la rete è aperta,
orizzontale e cresce con il contributo di tutt3.
Dal vostro punto di vista, cosa ci dice l’esperienza dei CPR sullo stato della
democrazia e dei diritti in Italia ed Europa oggi?
I CPR sono la punta dell’iceberg di un sistema di razzismo istituzionale. Uno
Stato che costruisce galere per chi è povero, migrante e senza documenti, è uno
Stato che ha scelto di difendere i privilegi bianchi e criminalizzare la
mobilità umana razzializzata. È il frutto di decenni di leggi e politiche che
hanno trattato le persone migranti come un problema di sicurezza, come corpi da
controllare, contenere, espellere: dalla Turco–Napolitano alla Bossi–Fini, fino
ai “decreti sicurezza” e alle strette più recenti.
Questa logica non è neutra: normalizza l’eccezione, indebolisce le garanzie
dello Stato di diritto, produce opacità (accessi difficili, controllo
indipendente limitato), esternalizza responsabilità a gestori privati, e scarica
sul corpo delle persone recluse il dramma dell’isolamento, del trauma e dello
sfruttamento. In Europa vediamo lo stesso schema: esternalizzazione delle
frontiere, accordi con Paesi terzi, hotspot e respingimenti di fatto. L’apertura
del CPR di Gjader in Albania e gli accordi fuori confine sono l’ennesimo passo
di una politica che sposta i diritti sempre “più in là”, fuori dallo sguardo
pubblico.
L’immagine di copertina è di Kevin Dooley
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